of study sessions and crumple...

By timetotilde

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"non era colpa mia. ve lo posso giurare, che non era davvero colpa mia." in cui momo ha bisogno di ripetizion... More

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By timetotilde

I nostri primi due incontri erano stati a dir poco disastrosi a livello sociale; certo, ci eravamo portate molto avanti con il compito, molto più avanti di quello che avrei fatto da sola, non potevo mica lamentarmi. Ma la nostra amicizia? Nemmeno l'ombra. Le nostre conversazioni si limitavano a un 'ciao' (se ero fortunata, tutto d'un fiato, senza balbettare) e tutto ciò che riguardava la filosofia di Epicuro, interrotti da risate nervose e battute fuori luogo che non facevano davvero ridere nessuna delle due. La nostra ironia era assurdamente simile, il problema era che forzavamo battute senza che ce ne fosse l'occasione. Della serie "voglio farti ridere, ma non so come". Non sapevo più che pesci pigliare, ero totalmente persa: non avevo più speranze, 0, vuoto totale. Per quanto ci provassi, non riuscivo mai a comportarmi in maniera normale di fronte a Jihyo. Mai. Io, da stupida, avevo pensato fosse fattibile; insomma, bastava ricordarsi come mi comportavo con le altre mie amiche e farlo anche con lei, no? Era facile! Lo facevo tutti i giorni! Ma no. Per quanto ci avessi sperato, quella tecnica non aveva decisamente funzionato. E quindi eccomi, in un mare di niente, ancora incapace di spiccicare una parola e controllare il mio povero, dolorante, cuore perdutamente innamorato. Dio, salvami. (Fa ridere perché io, in Dio, nemmeno ci credevo.)

Silenzio tombale tra le pareti della biblioteca. Un sospiro.

-Ah, questa è la mia parte preferita! La parenklisis, più conosciuta come clinamen. E'- è il modo in cui Epicuro giustifica il caso.

Nei nostri incontri, avevo potuto osservare come in realtà Jihyo fosse molto più insicura di quello che dimostrava di essere: tutta quella facciata era solo un meccanismo di sopravvivenza, ma lei era particolarmente brava a fingere che fosse vero. Oh, quanto volevo essere come lei. Certo, non era perfetta come l'avevo sempre vista: si imbarazzava facilmente, aveva un umorismo discutibile (come già specificato) e, come me, a volte si incespicava nelle sue stesse parole. Però, dal mio punto di vista, era sempre un angelo. La manna scesa dal cielo. Il personaggio super raro che non riesci mai a trovare nei videogiochi. Il mio innato complesso di inferiorità peggiorava tantissimo in sua presenza, e mi sentivo come se non fossi nessuno e non potessi niente davanti a lei, però... però era Jihyo: avrei preso quello che potevo prendere, finché potevo prenderlo. Meglio di niente. Poteva pure calpestarmi, e non avrei battuto ciglio. Nonostante le mie paranoie, assurdamente, eravamo molto più simili di quello che potesse trasparire dal nostro comportamento usuale, e forse era proprio per quello che nessuna delle due osava fare il primo passo.

-Oh, sì, penso- penso di aver ascoltato, quella lezione.

Jihyo accennò a una risatina.

-Ah sì? Strano.

Il suo tono non era mirato ad offendere. Lo distinsi subito da quello odioso delle nostre compagne di classe, che mi prendevano in giro mascherando le offese con mezzi scherzi. Il tono di Jihyo era un tono ben preciso, e si poteva tradurre più o meno così: "Non ti voglio offendere. Mi hai dato l'occasione per scherzare, e io l'ho colta. Spero ti faccia ridere, ma non mi aspetto niente.". Mi piaceva quel tono. Significava un passo in avanti nella nostra (circa) amicizia. Risi anche io.

-Non è che- non è che non mi piaccia la filosofia, eh. È che stare attenta... stare attenta è un attimo difficile per me, ecco.

Jihyo, ancora sorridente, spostò lo sguardo sul suo libro, sfogliando alcune pagine. Era bellissima. Il sole entrava dalla finestra, e donava riflessi dorati ai suoi capelli castano chiari. Amavo come le stavano, anche se non era il suo colore naturale: lei stava bene con tutto. Non sarei mai riuscita a trovare qualcosa che seriamente mi dispiacesse della sua persona.

-Lo so. Sei sempre distratta. Ti vedo sognare ad occhi aperti.

Mi vede? Presta attenzione... a me? La guardai con sguardo interrogativo.

-Mi vedi? Allora sei distratta anche tu.

notai, indicandola. Jihyo si fermò, interdetta. Colpita e affondata.

-F-forse. A- a volte. Non- non siamo qui a parlare di questo.

Sul mio viso prese posto un sorriso furbo, ma serviva solo a mascherare il nervosismo che mi aveva invaso da capo a piedi. Cosa? Quindi mi guarda davvero? Eh? Jihyo si schiarì la gola, poi batté le mani una volta, per rompere il silenzio.

-Allora! La filosofia di Epicuro va contro gli stoici. Gli stoici pensavano che tutto succedesse per necessità, ma Epicuro pensava che se non esiste il caso, se l'uomo non può decidere, allora non può essere libero. Per questo giustifica gli eventi casuali con il Clinamen. Inclinazione della caduta libera degli atomi. Quindi secondo Epicuro la realtà fisica è soggetta al caso, oltre che alla necessità. Capito?

La fissai per qualche secondo, sbattendo le palpebre. Eh? La mia mente era ancora ferma al discorso precedente, e non aveva propriamente afferrato il cambio di argomento. Quando smetterai di scappare dalla verità? Tanto un giorno ti prenderà comunque. Il mio cuore si calmò, rassegnato. Parlare con Jihyo era sempre una montagna russa di emozioni. Sarà per la prossima.

-Non... proprio...?

Jihyo sembrò pensarci un attimo, corrucciando le sopracciglia. Poi cominciò a gesticolare, cercando di spiegarmi il concetto:

-Beh, a cosa serve essere in biblioteca a studiare? A niente, l'abbiamo deciso noi, è un caso. Ma non abbiamo deciso noi di dover studiare, ce lo ha detto la prof, perché sennò hai la materia sotto: questa è una necessità. Se non lo fai perdi qualcosa.

Abbassai lo sguardo sul libro.

-Quindi... il clinamen è quando mi distraggo a filo... ceh, in realtà il mio cervello ha bisogno di dopamina, quindi non lo è, però-

Jihyo sembrava a tanto così da scoppiare a ridere.

-Il clinamen è questo. Io, te, a studiare. Potevi avere chiunque, ma sono capitata io. Caso, non necessità.

Oh.

-Ha senso.

commentai, fissando il libro con le sopracciglia corrucciate. E aveva davvero senso, giuro! Però... con lei che mi guardava così, e mi spiegava le cose come se non ci fosse nulla di più semplice... ci stavo mettendo un attimo più del solito a capire i concetti, ecco. Jihyo fece spallucce, un mezzo sorriso a curvarle le labbra all'insù.

-Lo so. Senti, tu inizia a scrivere giù qualcosa, io devo andare in bagno. Due minuti, giuro.

Jihyo si alzò quasi troppo velocemente dalla sua sedia, come se fosse di fretta, ma io, così concentrata nell'atto di sembrare normale, non me ne accorsi; risposi con un "Trà" bofonchiato, e la guardai svoltare l'angolo dietro lo scaffale dei libri storici. Un sospiro di sollievo lasciò i miei polmoni, grati di poter respirare normalmente per qualche minuto. Dio, che impresa esistere accanto a Jihyo. Era stressante, seriamente. Ero stufa di fare tutte quelle figure di merda, di avere tutti quei dubbi insulsi vagabondare nella mia mente; come potevo risolvere i miei dilemmi... senza confessare i miei sentimenti? Sbuffai. Il mio sguardo tornò lentamente sugli innumerevoli fogli di appunti sparsi sul tavolo di fronte a me, e la mia mano destra si infilò sovrappensiero nella tasca della felpa, quasi come fosse un movimento automatico. Ma qualcosa non andava. Mi fermai un secondo.

Un biglietto. In tasca avevo un biglietto. Che cosa...? Non mi ricordavo minimamente di avercelo messo. Lo scontrino del discount in cui hai preso il pranzo...? No, quello è nella giacca. E poi questa è carta. Decisamente non uno scontrino. Mi dimenticavo di tante cose, ma ero piuttosto sicura di non essere stata io a mettere quel biglietto nella mia tasca. Che cosa poteva essere? Chi era stato? La curiosità ebbe la meglio, ed estrassi il fatidico pezzo di carta stropicciato dalla tasca, aspettandomi di trovare una delle mie note inutili scritte durante la lezione, o un promemoria di quando sarebbe tornata a casa la mamma quella sera. L'unica cosa che non mi aspettavo fu quella che trovai:

"ho una cotta per te >.< -jihyo"

Eh? Il mio cervello reagì nella maniera più semplice e immediata: si spense. Stetti a fissare il biglietto per un tempo indefinito, come se le parole potessero cambiare da un momento all'altro, come se volessi assicurarmi che non fosse solo un'illusione dettata dalla mia fervida immaginazione. Che cazzo...? Jihyo? Una cotta? Per me? Ridacchiai, incredula, pensando fosse uno scherzo idiota dei miei compagni di classe. Dopotutto, ero piuttosto ovvia durante le lezioni: o disegnavo, o guardavo lei. Non ci voleva un genio per capire le implicazioni dietro a quello sguardo. Il mio cuore stava battendo a mille contro la mia cassa toracica, agitato dalla remota possibilità di essere la crush della mia crush. Ma era impossibile, insomma. Chiediglielo, no? Sì, ovvio, che stupida, bastava chiederglielo. Se non è vero, stai una merda, ma ti metti il cuore in pace. Se è vero... asfkasjdkaljsfhsld.

Calma, respira, non urlare, non piangere, non muoverti. Jihyo era tornata. Se avessi prestato un attimo più di attenzione, avrei notato come si fosse asciugata i palmi delle mani sulla gonna, e il suo respiro sembrasse irregolare, come avesse corso, oppure aspettasse con ansia qualcosa; si sedette di nuovo di fronte a me.

Silenzio. Ora, o mai più. Alzai lo sguardo, mostrandole il foglietto.

-È- è davvero tuo?

Le mani mi tremavano. Il cuore mi stava battendo a mille, ed ero a tanto così da vomitare il pranzo da quanto l'ansia mi stava stringendo lo stomaco. Jihyo mi fissò per qualche secondo, le labbra socchiuse e gli occhi sbarrati di chi è stato colto in flagrante a commettere un crimine; poi le sue guance si tinsero di rosso acceso, e cominciò a giocherellare, sovrappensiero, con il colletto della camicia. Dev'essere uno scherzo. Seriamente? Distolse lo sguardo, optando per farlo vagare per la stanza.

-Euhhh...

Serrò le labbra, sopprimendo un sorriso. Poi si rassegnò, e rilassò le spalle.

-Forse..?

Si voltò verso di me, visibilmente imbarazzata. Spalancai gli occhi, e mi indicai.

-Io- io ti piaccio?

Lei annuì. Sbattei le palpebre un paio di volte, scettica. Dio, parla! Sembri omofoba a startene così impalata. Corrucciai le sopracciglia, e mi appoggiai sul tavolo, avvicinandomi a lei.

-Sei proprio sicura? Ceh non- non sono omofoba, è- è una domanda seria, sei- sei proprio sicura?

Jihyo ridacchiò, poi mi imitò, appoggiandosi al tavolo a sua volta. Dovevamo proprio sembrare due stupide, così, accasciate sul tavolo, a discutere sottovoce.

-Sì.

Ero confusa. Proprio allora che avevo finalmente realizzato uno dei miei tanti sogni proibiti, mi sembrava così surreale che non avevo potuto fare a meno di accertarmi della sua veridicità. Era assurdo, troppo assurdo per essere vero.

-Perché io?

-Perché no?

-Perché sì?

-Perché sì, letteralmente, questo- questo è letteralmente il significato del clinamen.

Jihyo scoppiò a ridere, appoggiandosi nuovamente allo schienale della sedia, e io la imitai. Inizia a piacermi, sto clinamen. La indicai, sopprimendo un sorriso e scuotendo la testa, e le dissi:

-Tu e il tuo clinamen mi farete uscire pazza.

Fece spallucce.

-Beh, almeno l'hai capito. Win-win.

Le mie guance iniziavano ad avere i crampi da quanto stavo sorridendo quel pomeriggio.

-Era tutto un piano per spiegarmi il clinamen, vero?

Rise di nuovo.

-No, Momo, mi piaci davvero.

Non può essere vero. Nonostante tutte le prove a favore della tesi, ancora il mio cervello fatica a metabolizzare. Insomma, come poteva Jihyo, la dea, così bella, e impavida, così intelligente e perfetta, stare con... me? Era inverosimile. Gli opposti si attraggono, sì, ma... Jihyo meritava di meglio, ne ero certa. Mi avvicinai di nuovo, e sussurrai:

-...ma sei proprio sicura di voler stare con una come me?

Jihyo sorrise sarcasticamente.

-Chiedimelo un'altra volta, e cancello il file della relazione e ti lascio qui.

Spalancai gli occhi.

-Per favore, no.

Jihyo annuì, come a dire "immaginavo", mentre riordinava alcuni fogli di appunti. Pensavo la conversazione fosse finita lì, invece lei domandò:

-Tu, invece?

Alzai lo sguardo.

-Uh?

Diamine, mi stavo perdendo. Se non se n'era andata fino ad allora, di sicuro l'avrebbe fatto a provare sulla sua pelle tutti i problemi di distrazione che mi portavo dietro.

-Ci staresti, con una come me?

Oh. Scoppiai in una risatina nervosa. Il mio piede cominciò a battere contro il pavimento. Cazzo. Il cuore mi balzò in gola: rimbombava come una cassa a livello della mia faringe, lasciando il petto a soffrire una sensazione elettrizzante simile a una scossa. La mia mente era totalmente vuota; solo un mantra echeggiava tra le pareti del cervello, e faceva più o meno così: diglielo, diglielo, diglielo. Così, quasi contro la mia volontà, glielo dissi, un po' sparato fuori, e molto meno carismatico di come l'avevo programmato in tutti quei mesi di film mentali prima di andare a dormire:

-Uhm, sì? Credo tu sia l'ULTIMA persona a saperlo.

Jihyo si fermò, appoggiando i fogli al tavolo. Era sbigottita; andiamo, io posso piacere a te e la cosa più ovvia, cioè che qualcuno abbia una cotta per te è inverosimile? Amo, guardati! Sei una divinità greca!

-No... sei seria?

Indicai il tavolo con le mani, come a dire "guarda tu stessa".

-Ho letteralmente bisogno di ripetizioni da quanto mi distrae la tua presenza.

Mi guardò, sorpresa.

-E' per quello che non ascolti mai a filo??

-No, beh, sai... l'ADHD... però- eh. Circa?

Un sorriso furbo si formò lentamente tra i suoi lineamenti.

-...era tutto un piano per uscire con me, vero?

Sorpresa dalla domanda, la mia mano urtò lo spigolo del tavolo; Jihyo ci mise tutta la sua forza di volontà per non scoppiare a ridere davanti alla mia smorfia di dolore.

-No! Non so nemmeno come parlarti, Hyo, non mi sarei mai mandata al patibolo da sola.

Le hai appena detto che non le sai parlare? Ma sei scema? Ora ti dirà che sei una sfigata! Dovevamo aver parlato troppo forte, perché la bibliotecaria esclamò:

-Silenzio!

Ci voltammo all'unisono, e la donna ci fulminò con lo sguardo. Quell'esclamazione mi aveva spaventato, e Jihyo ridacchiò. Stette a guardarmi per qualche secondo, poi mormorò, con un sorriso dolce dipinto in volto:

-Mi hai chiamato Hyo.

OH. Non me n'ero accorta. Arrossii. Non pensa che tu sia una sfigata E le piace il soprannome che le hai dato! Doppia vittoria! Aridaje Momo, ma sei una bestia!

-Cute.

commentò tra sé e sé, mentre rimetteva a posto una penna nell'astuccio.

-Tu sei cute.

Non so da dove mi venne fuori quel tentativo di flirt, ancora me lo chiedo; Jihyo, ancora una volta, non rispose, optando per nascondersi la faccia nelle mani, cercando inutilmente di nascondere il suo imbarazzo.

-Possiamo tornare a Epicuro?

Liquidò la questione con una risatina, le sue guance ancora tinte di rosso sbiadito. Era bellissima. E lei pensa lo stesso di te! Ancora faticavo a crederci. Ero pericolosamente vicina a scoppiare a ridere istericamente; non sarei più riuscita a concentrarmi sui miei compiti, quello era sicuro. La conversazione ancora aleggiava nell'aria, ma sapevo che non saremmo andate molto oltre se non avessi fatto qualcosa il prima possibile: quindi, mentre Jihyo sistemava il layout della relazione su Google Docs, io presi un post-it fluorescente dal plico che tenevo nello zaino.

"ti va un gelato? (offro io) :)"

scribacchiai, con la penna blu, sulla carta rosa shocking. Poi accartocciai il foglietto, e lo lanciai dall'altra parte del tavolo, accanto alla mano di Jihyo. Appena lo vide, alzò lo sguardo, un sorriso già a curvarle le labbra; lo aprì, e subito scrisse una risposta sul retro. Me lo rilanciò. La sua calligrafia era elegante quasi quanto lei.

"okay <3"

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