Cieli di Sangue - La nuova di...

By Chiarasaccuta_writer

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{Libro Secondo della trilogia Cieli di Sangue} I regni di Kaewang e Sunju sono in pace, ma i sovrani si trova... More

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By Chiarasaccuta_writer

L'ultima cosa che Areum avrebbe voluto, era quella di sentire Dier lontano da lei. Lo osservava da lontano, mentre parlava con uno dei generali del khan riguardo la formazione che avrebbero dovuto assumere durante la guerra. Non la degnava di uno sguardo, come se il solo fatto di conoscerla gli facesse ribrezzo.

Areum si passo le mani fra i lunghi capelli sciolti e si diresse verso la propria tenda. Se Dier non voleva parlarle, non sarebbe andata da lui a implorare perdono. L'aveva già fatto con Yong, e non era servito a niente.

La ragazza entro nella gher e camminò a fianco del tavolo, dove sostavano le sue missive. Hwa dormiva a fianco del piccolo braciere, con la coda colma di peli grigi avvolta intorno al naso, per riparlarlo dal freddo. Areum sorrise e le fece una carezza sul musetto, per poi sospirare.

Aveva inviato quella mattina una missiva al padre, non a Yong. Aveva smesso di scrivere al fratello già da tempo. Eppure, era preoccupata. Da morire. Sentiva una strana sensazione formicolare sul fondo dello stomaco, angoscia, forse.

«Areum» la chiamò una voce femminile, sulla soglia. La giovane si voltò, trovandosi di fronte lo sguardo ferreo di Delger. Aveva un arco dietro la schiena e i capelli intrecciati a numerose piume, azzurre come i suoi abiti turchesi. «Vieni, devo dirti una cosa.»

«Che succede? Siamo stati attaccati?» domandò Areum, lanciando uno sguardo al proprio, di arco.

«No, abbiamo ancor un giorno" Delger scosse la testa e uscì fuori dalla tenda, Areum aggrottò le sopracciglia e si avviò al suo fianco, raggiungendola sotto il sole che andava via via abbassandosi. Quando sarebbe calata la notte, ci sarebbe stato un festeggiamento propiziatorio. Il giorno dopo sarebbe cominciata la battaglia.

«Dunque, qual è il problema?»

«Baylagh, la terza moglie del khan, è una specie di sciamana» mormorò Delger, prendendole un braccio. Era molto più alta di Areum e odorava sempre di mirtilli e lamponi. Amava i frutti rossi. «Una delle mie ancelle è passata vicino la sua gher, l'ha sentita parlare come se fosse in una specie di trance... E le cose che ha udito, erano tremende.»

Areum inspirò a fondo, mentre i Taigat si armavano per la battaglia. Tomur aveva decretato che anche le giovani donne combattessero, avevano bisogno di tutto l'aiuto possibile. «Cos'ha detto quella donna?»

«Che quando la mezzaluna toccherà il centro del Cielo Azzurro, dalle carni dei Taigat fluiranno fiumi di sangue...» mormorò Delger, abbassando il capo, pallida come un cencio.

Areum si umettò le labbra, sentendo la mente piombare nella confusione più nera. «Perché... lo stai dicendo a me?»

«Perché la mia tribù non sarà qui prima di due giorni, e il padre di Ovaal ci raggiungerà alla fine del khurultai. Cadremo se non fai qualcosa» mormorò, nell'istante in cui Tomur fuoriuscì dalla propria tenda per raggiungere Dier.

Areum vide il khan stringere il braccio del nipote e consultare insieme a lui la situazione, più tranquillo che mai. «Il khan sembra sicuro, però. Non teme le parole della sua terza moglie?»

«Dubito che Baylagh gli abbia riferito qualcosa...» mormorò Delger, passandosi le dita ingioiellate fra le trecce. «Guardala, è lì. Di solito non esce mai alla luce del sole, si dice che abbia la pelle bianca come i fiori di loto delle montagne.»

Areum, effettivamente, non aveva mai visto Baylagh in faccia. Quella donna era un fantasma alla tribù, si faceva vedere in viso solo dal khan. Camminava con il volto coperto da un lungo velo amaranto che scivolava fino ai fianchi, da cui poi si librava la gonfia gonna del deel avorio.

Quando la donna passava, i soldati chinavano la testa, e con loro anche le donne. Persino Dier, non appena vide il velo di Baylagh, smise di parlare con il khan e si inchinò. C'era quasi una sorta di sacralità in lei, che Areum aveva visto solo agli esorcisti che, di tanto in tanto, venivano a visitare Yong. Ma c'era un ricordo, della sua infanzia, che non le lasciava scampo e che lei continuava a soffocare sotto strati di terra.

«Nemmeno di fronte a Ovaal vige tutto questo rispetto» soffiò Delger, con la voce ricolma di gelosia.

Areum incontrò per un attimo lo sguardo di Dier, ma lui abbassò gli occhi neri, fingendo di non averla vista. La principessa sbuffò una risata amara, mentre Baylagh posava la mano pallida sulle vesti onice del khan.

«Non riesco a sentire, forse dovremmo avvicinarci» replicò Areum, che voleva solo una scusa per stare di fronte a Dier. Cercò di compiere un passo, ma Delger le strinse la mano, scuotendo la testa. «Che c'è?»

«Resta qui. L'ultima donna che si è avvicina a Baylagh è morta di emorragia. Quella è una megera» mormorò Delger, mentre Tomur ascoltava la voce fievole della moglie.

Il secondo in comando, Dier e persino uno dei generali lì presenti, sorrisero, quasi avessero ritrovato la speranza. Eppure, Tomur non rilassò il viso nemmeno una volta. Si limitò ad annuire e rivolgersi alla tribù, che gli si era raggruppata intorno, in attesa di buone nuove.

«Baylagh ha visto il futuro della battaglia, e, in esso, i Taigat trovavano la vittoria!» esordì il khan, con voce potente. «Calpestavamo i corpi dei nostri nemici sotto gli zoccoli dei cavalli. Non abbiate paura!»

Areum esalò un respiro profondo nel sentire i soldati esultare e le donne elevare versi animaleschi in direzione del cielo.

Delger era rimasta rigida, dietro di lei, e sussurro in maniera flebile. «Ha mentito al khan.»

«Ma perché?» domandò Areum. «Cosa giova a lei se la tribù crolla? È persino la favorita.»

Lo sguardo di Delger si spostò a destra, e Areum lo seguì, notando la figura stentorea della khatun sulla sommità di un masso. Ovaal osservava la situazione dall'alto, con un'espressione severa sul viso pallido segnato dalle rughe.

«Io credo che stia facendo il doppio gioco. Che abbia stregato Tomur con chissà quale sortilegio, e che in realtà cerchi solo di scalare le vette del potere» sussurrò Delger, stretta nelle spalle. «Per quello che so potrebbe anche essere in combutta con Ogodei. Viene da una piccola tribù, nessuno sa niente di lei.»

Areum strinse i pugni, pregando che la missiva arrivasse quanto più in fretta possibile nel regno di Kaewang. Aveva bisogno di suo padre, ora più che mai. «D'accordo... non lasciamoci prendere dal panico.»

«Siamo spacciati, Areum!» esclamò Delger, sull'orlo di una crisi di nervi. «Non importa quanto veloci siano i nostri cavalli, non riusciremo nemmeno a scappare dalla furia di quell'orda. Probabilmente dopo che ci avrà sconfitti catturerà tutte le donne della tribù e farà di noi il suo harem.»

Areum strinse i pugni e si voltò di nuovo, in direzione di Dier, intento a esultare insieme agli altri membri dell'esercito. In un attimo, le venne in mente le mattinate trascorse insieme al precettore di corte. Dier sonnecchiava spesso quando si intavolavano i trentasei stratagemmi, necessari per vincere qualsiasi guerra. Sia mentale che fisica.

«Attacca Wei per salvare Zhao...» mormorò Areum, abbassando lo sguardo. Delger la fissò stranita, mentre lei avanza verso il cavallo, a falcate. «Attacca Wei per salvare Zhao...»

«Areum, cosa stai dicendo?» le chiese Delger, notandola dirigersi verso il suo cavallo. «Cosa fai?! Mi ascolti?!»

Areum afferrò la criniera. Non, aveva bisogno di selle, né di redini. Cavalcava da quando aveva cinque anni. E poi, non aveva tempo per preparare l'equino. «Voglio accertarmi di una cosa!»

Delger non ebbe modo di fermarla che la principessa scalciò sui fianchi del cavallo, allontanandosi dalla valle per dirigersi verso il passo Gangwon. L'ultima cosa che vide, quando si voltò, fu lo sguardo del khan che, da lontano, la seguiva con attenzione.

**

Areum scese da cavallo quando arrivò in prossimità del passo Gangwon. Aveva percorso il sentiero sterrato e con le cosce strette sui fianchi del cavallo, quando aveva sentito le prime voci maschili, aveva deciso di abbandonare l'animale per paura di essere scoperta dal suono degli zoccoli.

«Torna alla tribù» sussurrò, battendo una mano sul collo dell'equino. Avrebbe saputo dove dirigersi.

Il cavallo nitrì, per poi dirigersi lungo la strada a ritroso, così che la principessa potesse raccogliere le proprie gonne smeraldine e dirigersi in direzione dell'accampamento nemico.

In pochi passi, si ritrovò dispersa in una moltitudine di gher montate alla meglio. Esse si ergevano su delle palizzate molto fragili. Gli uomini avevano evidentemente scelto di spendere più nelle armi che nel loro accampamento. I fuochi restavano sempre accesi, anche in pieno giorno, le donne stavano cucinando carne di ogni sorta, perché si diceva che rafforzasse le membra degli uomini del Khusai.

Areum si nascose dietro un cumulo di gabbie di legno, pronte per trasportare i prigionieri di guerra, e poi individuò quella che era la gher a nord. La più grande di tutto l'accampamento. Colei che avrebbe ospitato il khan. Areum aveva sentito parlare di Ogodei khan. Si diceva fosse un uomo giovane, appena ventisettenne, che aveva ucciso il padre e si era impossessato di una tribù di media grandezza. Si diceva anche fosse pronto a conquistare il khusai. Ardito per un ragazzo di quell'età, macchiatosi di patricidio, cercare di piegare le terre selvagge. Forse voleva dimostrare qualcosa.

Ma tutti avevano una debolezza, e Areum lo sapeva. Zampettò così in direzione della gher, restando sempre ai lati posteriori. Non si sarebbe avvicinata all'entrata principale, presieduta dalle guardie. Era primo pomeriggio, in molti si trovavano a pranzare, e il khan doveva essere dentro la gher. Così, Areum scostò uno dei lembi di feltro, creando una piccola fessura da cui notò Ogodei sostare di fronte a un tavolo.

Era davvero giovane, con una lunga treccia che pendeva su una spalla e una folta pelliccia che ammantava il suo corpo. Al suo fianco vi era un bambino, di appena cinque anni.

«Aav» lo chiamò il piccolo, sorseggiando una brocca di latte. «Madre mi ha detto che quando vincerai ci sarà grande festa.»

Madre. Come Areum aveva immaginato. Da quello che aveva saputo, nessuno sapeva se Ogodei fosse sposato o meno, o se avesse una prole. Di solito i khan erano soliti a sposare subito due o tre donne per intessere alleanze, uno come lui non si sarebbe mai fatto mancare delle donne.

Ogodei accarezzò con affetto la guancia del figlio, prima di caricarlo fra le braccia. Sembrava amarlo.

Un'idea guizzò nella mente di Areum, ma la ricacciò indietro. Sapeva quanto fosse deplorevole colpire un bambino, lo aveva già fatto in passato e il peso della colpa l'aveva uccisa dentro, ma che altre alternative aveva? Attacca Wei per salvare Zhao. Attacca il bambino per salvare i Taigat.

«Non ci sarà solo grande festa, Genghis. Quando finalmente vincerò questa guerra, la tribù mi rispetterà e tua madre...» Areum fu costretta a chiudere il lembo, non appena Ogodei sollevò gli occhi verso di lei. Non doveva averla vista, il vento soffiava impetuoso nel passo Gangwon, poteva scambiarlo per esso. «Tua madre... finalmente diventerà la mia khatun.»

«Vostro padre non ne sarà felice, mio khan" la voce burbera di un uomo rimbombò all'interno della gher. Areum si guardò intorno, con le mani strette contro il feltro e le orecchie tese.

«Che mio padre possa bruciare» sibilò Ogodei, con tutto l'odio che possedeva. «E tu con lui, Subedei.»

«Nipote, non parlarmi così. Non vorrei che tuo figlio assistesse a delle violenze in così tenera età» sibilò l'uomo, appena entrato. Areum aggrottò le sopracciglia e cercò di aprire di nuovo la fessura, quando una mano ferrea si strinse intorno ai suoi fianchi, costringendola a voltarsi.

La ragazza sentì il respiro mozzarsi in gola. Era finita, dovevano averla catturata, eppure, solo quando incrociò gli occhi neri di Tomur, sentì il cuore calmare i battiti. «Voi...»

«Che diamine ci fai qui?» le chiese il khan, lasciandole il fianco. Areum lo osservò guardarsi intorno, prima di afferrarle di nuovo il braccio e sgusciare in direzione delle gabbie dietro cui si era nascosta poco prima. «Vieni.»

Areum si lasciò trascinare, posando una mano sul legno massiccio e udendo il suono pesante del passo di alcuni uomini. «Non dovevate seguirmi.»

«Non ci tenevo a mandare le spoglie del tuo corpo a Kaewang» sibilò il khan, tenendo le dita serrate intorno al suo polso. «Ora cerchiamo di tornare alla tribù, dopo mi racconterai cosa diamine ti è passata per la testa, altezza

Areum schioccò la lingua contro il palato. Avrebbe voluto artigliare il braccio di Tomur fino a vedere il sangue colare sulla pelle olivastra, ma doveva astenersi. «Cercavo di capire una cosa.»

«Come farti uccidere?»

«Divertente. È questo il famoso umorismo del Khusai di cui tutti parlano?» domandò Areum, quando Tomur la costrinse ad avanzare dietro dei cumuli di paglia.

Il khan si nascose di nuovo, lanciando uno sbuffo nell'aria. «Dimmi una cosa: stai cercando attirare l'attenzione di Dier comportandoti in modo sconsiderato?»

Areum per poco non si strattonò, decise di mordersi la lingua pur di non perdere la calma. «Che ne sapete voi di me e Dier?»

«So che ti sta alla larga da ieri notte, e che quando ti sei allontanata non ha nemmeno pensato di seguirti. Strano, dato che, mio malgrado, siete l'una l'ombra dell'altro» sussurrò Tomur, impossibilitato a passare a causa dell'attraversamento di un plotone. «Dannazione. Sono armati bene...»

Areum alzò gli occhi al cielo, delusa più che mai dal comportamento di Dier. Aveva temuto di essere giudicata ed era proprio quello che era accaduto. Si avvicinò così alla schiena del khan e fece capolino oltre la sua spalla, notando le frecce dalla punta acuminata che svettavano nelle faretre dei loro avversari. «Sono venuta qui per capire se Ogodei khan avesse una falla... un nervo scoperto.»

«Non hai un minimo di esperienza in fatto di guerra. Cosa volevi dimostrare?» le domando Tomur, burbero come al solito.

«Ho studiato l'arte della guerra e i trentasei stratagemmi. So cosa sto facendo.»

«I trentasei stratagemmi? Ma per favore. Solo a Qiong utilizzano quelle stupidaggini» sibilò Tomur, mentre la principessa si ritirava dietro la sua schiena. «Tu non dovresti nemmeno partecipare alla battaglia, Areum.»

La giovane per poco non si mise a urlare. Era stufa di quelle insinuazioni, ma doveva mantenere la calma. Autocontrollo. «Baylagh ha detto che vinceremo, quindi di che vi preoccupate?»

Tomur non rispose. Non subito almeno. Si limito a far scivolare in maniera spontanea la mano nella sua, quando il passo di alcuni uomini si fece più vicino al cumulo di paglia.

Areum trattenne il respiro e si aggrappò alla mano del khan, sentendo il cuore rimbombare nelle orecchie. Credeva quasi di essere morta, quando il passo degli uomini si allontanò di nuovo.

Tomur non aveva respirato. Ricominciò solo qualche istante dopo aver scampato il pericolo. «Anche Baylagh può sbagliare. Essere prudenti è meglio che essere negligenti.»

«Delger sostiene di averla sentita proferire il contrario» mormorò Areum, chiudendo gli occhi, mentre il vento le accarezzava le guance. Aveva ancora le dita intrecciate a quelle del khan e nessuna fretta di distaccarsene.

Tomur riprese a camminare, conducendola fuori dai recinti della tribù, dove il suo cavallo era stato legato a un albero. Erano fuori dai territori di Ogodei. «Fai male a fidarti di Delger. È adirata perché non la favorisco da settimane. Farebbe qualsiasi cosa pur di vedere Baylagh morta.»

Areum aggrottò le sopracciglia e, quando Tomur le lasciò la mano, la sentì sbattere contro il fianco. In un attimo, si sentì come scoperta. Quel senso di protezione che aveva provato, si era dissolto. «Delger non mi sembra quel tipo di persona.»

«Delger è doppia, Areum. Ovaal la tiene a distanza, io la tengo a distanza. Secondo te per quale motivo?» Le domandò Tomur, salendo in sella e facendole cenno di raggiungerlo. «Ti tratta bene perché sa che scorre sangue nobile nelle tue vene. Crede che le concederai qualche favore da principessa. Ha tentato di avvelenare Ovaal in passato, per diventare khatun al suo posto. Stai allerta.»

A quanto pare ciò che accadeva al palazzo veniva replicato anche nelle steppe, o forse il problema era una poligamia non voluta? Areum aveva sempre apprezzato la scelta di suo padre di non prendere altre mogli, ma non ne aveva mai compreso a fondo le ragioni. I ministri avevano sempre parlato male di Naemul e della sua scelta, ma forse suo padre era stato saggio. Si era risparmiato molte grane, all'interno del matrimonio.

Areum si avvicinò al cavallo del khan, nero come i suoi capelli, e ne accarezzò la criniera. «Sarebbe meglio per me andare a piedi. Le persone si farebbero un'idea sbagliata, se mi vedessero cavalcare insieme a voi.»

Tomur le afferrò un braccio e, senza chiederle il permesso, la caricò bruscamente sulla sella. Areum per poco non sentì lo stomaco annodarsi e faticò a mettersi a sedere, sostenendosi con la schiena al petto del khan. «Tomur!»

«Non fare storie. Ti sei messa già abbastanza in pericolo» sibilò il capo tribù, stringendole i fianchi per evitare di farla cadere al suolo. «E, per quanto mi dispiaccia, la mia tribù è responsabile della tua incolumità. Io per primo, ne sono responsabile, in quanto khan.»

«E la cosa vi dispiace tanto, Tomur?!» sbottò Areum, che ne aveva abbastanza di tollerare quella presa di posizione.

«Certo che mi dispiace» Il khan scosse i fianchi del cavallo, risalendo così il passo Gangwon, scandito da massi e grossi cespugli. In lontananza, si vedeva Goryeo, una delle città di confine di Kaewang, con i tuoi tetti rossi e arcuati, che segnavano la linea del cielo. «Spero che almeno l'esperienza fra i Taigat ti stia facendo bene, quando verrai richiamata a palazzo potresti sentire la mancanza delle steppe.»

«Oh, state attento, c'è la possibilità che possiate sopportarmi in eterno» ribatté Areum, appoggiando la testa alla sua spalla. Vide Tomur soffocare una risata e, di rimando, anche lei sorrise, in maniera fin troppo spontanea. «Che c'è?»

«In eterno...» mormorò l'uomo, facendo sì che il cavallo rallentasse. «Sarebbe una punizione divina.»

Areum rise di nuovo, insieme a Tomur, rilassandosi poi fra le sue braccia. Non sapeva come avrebbero reagito i più e, soprattutto, Dier quando l'avrebbe vista ritornare insieme a suo zio sulla stessa sella. Di solito, uomo e donna non cavalcano insieme. Non era un'abitudine ben vista, specialmente se non si possedeva alcun legame amoroso, ma le condizioni erano quelle.

E Areum non aveva altra scelta che adeguarvisi.

Anche se non era detto che le dispiacesse. E a giudicare da come Tomur la stringeva, ispirando l'odore dei suoi capelli appena lavati, forse nemmeno a lui dispiaceva troppo.

Areum posò una mano sul braccio del khan quando il cavallo saltò per evitare un arbusto caduto, rendendosi conto che fosse ancora stretta proprio sui fianchi, appena sotto l'ombelico. Tomur la cingeva completamente e lei... non provava la necessità di allontanarlo.

Di solito succedeva con tutti gli uomini, a volte persino con Dier. Aveva bisogno di non essere toccata, perché la prolungata vicinanza con un essere maschile a volte la turbava.

Ma con Tomur questo... non succedeva. Quando l'aveva tenuta per mano, si era sentita al sicuro. E anche adesso, sapeva che avrebbe potuto addormentarsi sul suo petto, e forse non sarebbe davvero accaduto nulla di male. Niente avrebbe potuto scalfirla e... 

E quella consapevolezza, la fece sentire profondamente a disagio.

**

Aav: padre (in mongolo)
Attaca Wei per salvare Zhao: Quando il nemico è troppo forte per essere attaccato direttamente, allora attacca qualcosa a lui caro. Sappi che non può essere invincibile. Da qualche parte deve avere un punto debole che può essere attaccato.

E QUINDI RAGAZZI, chi sta mentendo? Delger o Baylagh? Voi dalla parte di chi state? Areum è più confusa che persuasa, non solo in fatto di guerra ma comincia a esserlo anche in fatto di uomini :D, e non ditemi POVERO DIER, perché si sta comportando in maniera davvero pessima u-u. Diamo a Cesare quel che è di Cesare, così si dice giusto?

Eppure, Areum non riesce a togliersi di dosso questo vizio di attaccare i bambini per risolvere i problemi. Secondo voi Areum si rivelerà di nuovo scorretta o il senso di colpa per quello che è accaduto in passato la fermerà dal compiere azioni avventate? Dier si riprenderà? E Tomur?

Lasciatemi dire che il khan si sta dimostrando quasi premuroso nei confronti di sua altezza :3

Ma c'è ancora il rito propiziatorio prima della battaglia finale, abbiamo ancora qualcosa da vedere u.u

Aspetto le vostre reazioni, questo è uno dei miei capitoli preferiti! 

PS: Ovviamente Areum non è al corrente della malattia del padre t.t

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