Infinite Darkness | Mattheo R...

ViolaWyse द्वारा

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A volte il silenzio, l'indifferenza e la solitudine diventano parte della tua vita, diventano quotidianità e... अधिक

Dedica
Playlist
CAST💫
1. Again
2. Secrets, lies and fake pieces
3. Eavesdrop and Discover
4. Controlled Mind
5. Compulsory education
6. Punishment and hate (1)
7. Punishment and hate confused (2)
8. I know you try to fool me but maybe you don't for a few seconds
9. I don't see the common thread even though I know it exists
10. Instinct
11. We can't speak
12. No it does not
13. Things change because i want
14. Tackling even just a small piece is already a lot
15. Strange moments, astral if you can call them that
16. The pieces came together without thinking about it
17. You are so obnoxiously you
18. You're an imbecile asshole

Prologo

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ViolaWyse द्वारा

«Eh, sì, tutti son buoni a farsi forti, al dolore degli altri, eccetto chi lo deve sopportare.»
William Shakespeare


SHEILA MCKENZIE

Ricordo quel giorno molto bene, è stato il giorno dell'inizio infernale, il giorno in cui lui ha distrutto l'intera famiglia e la mia vita.

Era Natale, il 25 dicembre, avevo sei anni ed ero felice, quella felicità pura, quella che non ha ancora conosciuto il male o il semplice buio, quella che vive nella luce eterna, quella che il dolore non sa neanche cosa significhi.

Mi ricordo ancora che stavo seduta sul pavimento davanti all'albero di Natale pensando a quanto questa festività fosse affascinante e bella, a quanto ero contenta di stare in casa con la mia famiglia, a cenare e aprire i regali, a condividere sorrisi e risate con i miei parenti e quanto un'effimera lucina ti possa condurre alla gioia eterna.

A quanto fosse rilassante osservare e toccare la neve, giocare con quella cosa morbida e fredda, che sembrava sabbia ma gelida e compatta, a osservare il cielo mentre tanti piccoli fiocchi di neve cadono sul suolo e sul tuo corpo, queste erano le cose migliori e incantevoli che accadevano a Natale.

Mancava poco all'arrivo dei miei nonni, zii e dei due cuginetti, Mike e Liberty, il primo aveva solo un anno in più di me mentre la seconda un anno in meno. Ero così allegra e spensierata di poter finalmente rivedere tutti loro, perché era la cosa più bella dell'anno, la cosa che aspettavo per mesi.

Mi ricordo che a un tratto avevo sentito un tonfo dalla cucina, così mi ero girata e avevo cercato di capire di cosa si trattasse ma non volevo alzarmi, ero così comoda e rilassata lì.

Ero rimasta seduta per tutto il tempo, dopo quel rumore non ce né furono stati altri quindi non mi ero spaventata o chiesta niente, pensavo che era caduto qualcosa per sbaglio.

Ma poco prima del cenone vidi mamma uscire dalla cucina e diregersi verso il bagno, l'aveva fatto così velocemente che non riuscivo a vederla ma una cosa l'avevo vista bene.

Sangue. Sangue che colava dalla testa di mia mamma, della persona a cui volvevo più bene.

Mi ero alzata per andare a controllare che stesse bene ma prima di arrivare alla porta del bagno papà mi venne incontro e mi disse che lei stava bene e che era solo vino, che gli era scivolato addosso, io non gli credevo ma non avevo scelta, era mio padre e io mi fidavo ingenuamente, come giusto che sia.

Fino a quel momento era stato un buon padre, mi insegnava molte cose, facevamo sempre qualcosa insieme, giocava con me, mi portava al parco o al lago, mi abbracciava e si era sempre comportato bene.

I miei genitori erano molto importanti per quanto riguarda la società, lavoravano nel ministero, non molto alta come posizione ma era buona.
Erano due Serpeverdi, mamma mezzosangue mentre papà purosangue, e molto probabilmente anche io ero serpeverde, avevo dei tratti molto tipici ma volevo così tanto esserlo che era ovvio lo fossi.

La loro storia era molto semplice in verità, si erano conosciuti a una festa a Hogwarts e da lì in poi si erano frequentati.

Non eravamo famosi come altri, ma eravamo qualcosa e poi per tutti eravamo una comune e semplice famiglia, amorevole e unita.

Quindi non dovevo dubitare delle sue parole, ma i miei occhi avevano visto bene, e quello era sangue e non vino ma loro dovevano oscurare quella visione se no sarebbero stati guai.

Lasciai perdere e mi rimisi seduta sulla coperta adagiata al pavimento, questa volta però con in braccio il mio peluche preferito, Darcy, era il mio fedele amico, non mi aveva mai abbandonata. Era un semplice peluche di un orso polare, nonno me lo aveva regalato appena nata e da quel momento non me ne ero mai separata.

Restai quindi sotto all'albero a sognare e a dimenticare in fretta quel momento appena vissuto, momento che alla fine era solo l'inizio di tutto quello che la mia famiglia avrebbe dovuto affrontare.

Dopo pochi minuti sentii il campanello suonare così mi alzai e corsi verso la porta, ad aspettare che entrassero tutti.

Qualcuno aprì il cancello e dopodiché sentii i passi di tutti loro, leggeri e lenti dei miei nonni e pesanti e veloci dei miei cugini.

Aprì la porta dopo pochi tentativi, non ero molto alta anzi ero bassa o nana come mi chiamava nonna, mi chiamava così ormai da qualche anno e io ne avevo fatto l'abitudine, ormai non ero io se non mi chiamavano così.

Aperta la porta trovai davanti Mike e Liberty che si lanciarono addosso a me, creando un abbraccio di gruppo, mi sentii piena, piena di calore e amore famigliare.

Dopo i miei adorati nonni fecero la loro comparsa da dietro i miei zii e il mio cuore iniziò a battere più forte.

«Nonna! Nonno!» esclamai tutta felice.

«Nana, tesoro mio vieni qui.» mi chiamò nonna.

E io corsi da lei che mi prese in braccio mentre mi sorrideva e io sorridevo con lei.

Nonno invece si avvicinò e mi pizzico la guancia sinistra e il naso, lo faceva sempre fin da neonata ormai era come un saluto tradizionale per noi. Quindi allungai il mio esile braccio e gli pizzicai la guancia destra.

Con i miei nonni avevo sempre avuto un rapporto stupendo, al di là delle parole e della parentela, noi eravamo amici, migliori amici. Ci raccontavamo tutto e loro erano le persone migliori che io avessi mai conosciuto.

Mia nonna mi rimise giù e tutti noi ci direggemo verso la cucina per mangiare, io ero mano nella mano con nonna mentre i miei cuginetti erano scappati a guardare Tracy, la mia gatta.

Tracy era una trovatella, l'avevo trovata due mesi prima vicino alla foresta, non aveva nulla e con tutte le probabilità del mondo era stata abbandonata. Aveva il pelo nero e lungo per i pochi mesi aveva, i suoi occhi erano azzurri come il mare profondo.

Aveva pochi mesi di vita così decisi che la volevo tenere, lo chiesi ai miei genitori e loro acconsentirono, ed io ero felicissima di potermene prendere cura.

E dopo due mesi era sana e tranquilla come una piuma, era molto forte e si era ripresa in poco tempo.

«Ehi lasciate in pace Tracy!» dissi a Liberty e Mike che nel mentre gli stavano toccando le zampine.

Quando l'avevo trovata nel bosco aveva le zampine piene di ferite e spine, soprattutto quelle posteriori.
Aveva sempre avuto paura che qualcuno o qualcosa gli sfiorava la zampina posteriore destra, era quella con più graffi, e se anche provavi ad accarezzarle o toccarle si irritava, a me ormai me lo lasciava fare ma c'era voluta molta pazienza e amore per riuscirci.

«Oh sei noiosa cuginetta Sheily.» disse Mike prima di correre insieme a sua sorella verso la cucina.

Io lasciai la mano di mia nonna e andai un attimo dalla mia amica pelosa preferita, gli accarezzai la testa, cosa che lei amava, e poi gli lasciai un piccolo bacio su di essa.

Dopodiché andai anche io in cucina dove tutti avevano già preso posto a tavola e lo presi anche io, ero al fianco sinistro di Liberty e al fianco destro di nonna.

La prima cosa che feci era stata osservare il piatto, colmo di abbondante cibo preparato dalla mamma, era molto brava a cucinare, aveva sempre avuto una passione per ciò.

Alzai lo sguardo verso di lei e vidi una cosa che mi fece rabbrividire.

Mamma sulla fronte aveva un cerotto enorme, almeno per me era grande, non sapevo che cosa fosse successo e se realmente quello di prima fosse stato qualcosa di grave, non ero ancora a conoscenza di tutto.

Anche nonna notò il cerotto, e corrucciò la fronte e poi guardò negli occhi la mamma.

«Cara che ti è successo?» gli chiese poi.
«Nulla, è solo che prima facendo le scale con degli scatoloni non ho visto il gradino e sono inciampata.» rispose ma non convinceva più di tanto.

Noi gli scatoloni di Natale li avevamo portati giù più di quattro giorni fa e non mi risultava che in casa li avessimo, quindi quando è caduta se gli altri giorni non aveva quel bozzolo? E soprattutto perché non me l'aveva detto? E se fosse successo prima, quando avevo sentito quel tonfo? Ma proveniva dalla cucina quindi non credevo che fosse quello, ma allora cosa era successo?

Troppe domande e nessuna risposta, direi classico, ma non avevo mai voluto risposte concrete come in quel momento.

Non sapevo nulla e l'unica cosa che pensavo era perché mia mamma non mi avesse detto niente e avesse fatto finta di nulla.
Io e lei ci dicevamo ogni cosa che ci faceva stare male, e le bugie non le dicevamo mai perché fin da quando mi ricordo io e la mia famiglia abbiamo fatto un patto, niente bugie perché non servivano a niente e soprattutto la verità non deludeva mai.

In mente avevo un sacco di domande, per esempio perché non me l'aveva detto? Perché aveva deciso di usare le menzogne invece che la verità? Perché d'un tratto la mia famiglia era così strana?
Come ho detto la mia mente è colma di domande ma nessuna risposta.

Ma a quanto pare ero l'unica a porsi questi dubbi perché tutti gli altri dopo la risposta di mia madre si misero a mangiare tranquillamente e chiacchierare mentre io ero immersa a pensare a quello che era successo.

Lo sguardo però a un certo punto finì su mio padre che mi osservò con un faccia piena di rabbia, sembrava quasi che qualcuno lo avesse alterato e da sereno fosse diventato rabbioso.

Mi accorsi che le sue labbra si muovevano ma non emettevano suoni, sforzandomi a capire cosa stesse dicendo capii che era una minaccia, qualcosa che mi stupì perché non si era mai comportato così, anzi pensavo che non lo potesse neanche fare.

«Non parlare, non aprire quella stupida bocca, hai capito ragazzina?» era questo che le sue labbra comunicavano e io di colpo scossi la testa in segno di assenso.

Ero completamente scioccata e in totale confusione, non capivo perché mi avesse detto quelle parole, non capivo perché mi avesse trattata così male e soprattutto non capivo cosa voleva che non dicessi?

Avevo visto prima quella scena ma papà aveva detto vino ma io sapevo che era sangue ma erano in cucina, cosa era successo veramente?

Non mangiai molto e parlai poco durante la cena, ero ancora in stato di shock per prima. Non ero decisamente colpevole di qualcosa e non comprendevo perché lui avesse preso così tanta rabbia in un solo momento.

Non mi aveva mai trattata in quel modo e soprattutto era stato come se voleva che solo io lo vedessi così, perché quando poi distolse lo sguardo da me e lo rivolse agli altri aveva un sorriso e una risata normale e felice.

Mentre io me ne stavo lì immobile a capire perché lui si fosse comportato così e perché la mamma avesse quel cerotto gigante.

Nonna mi vedeva e cercava di tirarmi su il morale e chiedermi cosa avessi.

«Tesoro mio che ti succede, non ti piace il cibo?» chiese con dolcezza
«No non è quello, il cibo è buonissimo, non è nulla sono solo un po' stanca.» mentì pentendomene il secondo dopo.

Io e nonna non ci dicevamo mai le bugie, come per tutta la famiglia, ma lei era una delle persone a cui mentire era un tabù, lei mi aveva sempre capita era per questo che dirle menzogne era un'enorme sciocchezza.

Non le avevo mai dette, lo so sembra strano ma è vero, sono cresciuta così. Ma dato che mia mamma aveva mentito e papà mi aveva minacciato non ero più sicura di niente.

«Ma tesoro oggi hai dormito un po'?» chiese preoccupata.
«No non riuscivo ero felice di potervi rivedere.» dissi la verità ma avevo dormito solo mezz'ora, di solito almeno due ore, avevo sempre sonno.

«Va bene allora sai cosa tesoro mio, magari vai su in camera e cerca di dormire un po' se sei stanca, o anche sul divano, ti va bene?» mi propose
«Certo nonna.» acconsenti

Tutto pur di andarmene da quella stanza e da tutta quella confusione.

Dovevo ragionare e capire cosa fosse successo ma il mio piccolo cervello non elaborava le informazioni, c'erano dei pezzi mancanti nella storia intera, cosa che io non sapevo e che non avevo visto o sentito.

Per esempio mamma come si era fatta male? Magari c'entra quel tonfo che ho sentito come detto prima, ma con lei c'era papà e erano in cucina, ma se quel tonfo c'entrasse tanto da essere il creatore di quel cerotto?
Poi perché papà mi aveva trattata in quel modo, cosa avevo fatto? E poi da quando era così aggressivo con me?

Mi alzai dalla sedia e mi incamminai verso il salotto ma prima sentii qualcuno chiamarmi, era mamma.

«Sheily dove vai?» chiese mentre poi tutti si girarono verso di me.

«È stanca Elly, gli ho detto di andare a riposare.» Nonna rispose per me e mamma annui soltanto.

Così mi accinsi ad andare quando però i miei occhi si posarono su mio padre. Era seduto e aveva la mascella tesa, mi stava guardando con occhi pieni di furia e paura, ma non capivo perché.

Perché ce l'aveva tanto con me? Io non avevo fatto niente che potesse farlo arrabbiare.

Andai comunque in salotto, dove presi in braccio Tracy e la portai sul divano con me per dormire, mi sdraiai sul fianco destro e lei si accocolo nell'incastro pancia gambe, dato che le avevo piegate, a lei piaceva tanto stare lì.

Riuscì ad addormentarmi solo dopo minuti interi, passati a pensare a come fossero successe quelle cose, a come papà fosse così arrabbiato e strano, a come mamma avesse mentito perché sapevo che l'avesse fatto e a come io avessi mentito.

Sembrava che la mia vita fino a quel momento stesse cadendo a pezzi, non avevo più certezze, mi ritrovavo con più paure e nubi, ero piena di dubbi e vuoti perché tutto quello che credevo di sapere sui miei genitori si era rivelato falso, e ora non sapevo cosa pensare, non sapevo quale erano le verità e quali le bugie.

Mi svegliai di soprassalto per colpa di un brutto sogno, mi accorsi che nonna era seduta sul divano affianco a me e mi stava guardando mentre la sua mano accarezzava la mia guancia.

«Nonna...cosa ci fai qui?» chiesi con la voce lieve per il sonno.

«Sono venuta a svegliarti tesoro, è il momento del dolce, so che ami molto il dolce. Vuoi venire?» domandò con un tono così delicato e soave, che il ricordo dell'incubo per un momento sparì.

«Certamente nonna arrivo subito.» esclamai ma ero ancora scombussolata, non passava però la sensazione brutta di quell'incubo.

Lei si alzò e mi porse la mano, io prima spostai Tracy dal divano appoggiandola sul tappeto e poi presi la mano di nonna e insieme andammo in cucina.

Vidi tutti seduti a parlare mentre mamma sistemava dei fiori in un vaso, quei fiori però mi parevano familiari. Erano dei fori neri, sembravano rose ma in realtà erano viole molto scure, ce le aveva regalate un amico di famiglia di cui non mi ricordavo minimamente il nome.

Ma una cosa che mi ricordavo bene era che quei fiori stavano in un vaso preciso in cucina, l'avevamo comprato io e mamma al mercatino dell'usato qui vicino, era di vetro e pieno di decorazioni in stile antico, amavo quel vaso anche perché avevamo deciso di decorarlo a modo nostro mettendoci intorno diversi nastri neri.

Mamma aveva promesso che sarebbe sempre rimasto lì e che non lo avrebbe mai rotto o buttato, quindi mi stupii che non ci fosse e che lo stesse cambiando, me lo aveva promesso, volevo scoprire perché lo stava cambiando.

Mi avvicinai a lei e le poggiai la mano sulla gamba per farle capire che ero qui e che ero io.

«Oh Sheily ti sei riposata e ora stai bene?» domandò mamma mentre si fermò dal sistemare il nuovo vaso.
«Sì mamma. Ma perché stai cambiando il vaso, dove è il nostro?» chiesi a mia volta.

Non poteva essere che infrangeva una promessa, mamma le rispettava sempre, tutte, anche quelle più complicate alle più semplici, e io ero uguale, cresciuta da quei ideali e abitudini.

«Oh ehm tesoro si è rotto...so che ho promesso che non si doveva mai rompere ma mi è caduto perché avevo le mani bagnate, mi dispiace tesorino.» il tono che usò fu così dispiaciuto ma dentro di me capii che c'era qualcosa che non andava, non era la verità.

«Mamma è tutto okay, volevo che restasse lì per sempre ma non ti preoccupare.» la rassicurai ma mentii a me stessa perché in realtà ci ero rimasta molto male ma sapevo che quello che mi aveva detto era una menzogna, l'ennesima oggi.

Lei di risposta mi diede un bacio sulla testa per poi tornare a sistemare il vaso, io mi misi seduta al mio posto e quando arrivò il dolce, che era un soufflé al pistacchio e cioccolato, io amavo sia il pistacchio che il cioccolato quindi mamma mi faceva sempre metà e metà mentre agli altri quello che preferivano.

Li preparavamo insieme, sempre, amavo cucinare dolci, mi emozionava preparare il composto e metterlo in forno soprattutto se li facevo con la mia famiglia.

Ma mentre mangiavo pensavo soltanto a come in un giorno le convinzioni che avevo erano cadute come fiocchi di neve in una bufera, come le persone sembravano altro ma si erano mostrati in qualcosa mai visto e io non sapevo come fosse successo tutto ciò.

Sapevo che mamma non aveva fatto cadere il vaso, sapevo che non fosse caduta dalle scale tenendo uno scatolone, sapevo che papà nascondeva qualcosa e sapevo che dopo quel giorno tutto sarebbe cambiato e la mia si sarebbe rivelata un inferno.

💫

MATTHEO RIDDLE

Pensare che molti desiderano vivere o essere me è divertente. Mi chiedo perché lo vogliono? Perché volerlo assolutamente?

Ma soprattutto loro, quelli che lo vogliono sempre, sanno il vero significato? Sanno ciò che comporta? O è solo un loro volere idiota e sciocco?

Perché essere il figlio del signore oscuro non è proprio una cosa da andarne orgogliosi. Tutti credono sia bello perché tuo padre è potente ma non è così, mi tratta come se fossi lo spazzino al suo servizio, come se non avessi sentimenti.

E mamma.....mamma è volata in cielo, ha aperto le sue splendide ali che teneva nascoste da troppo tempo e se ne è andata, portando via l'unico motivo per cui ancora resistevo, per cui ancora credevo nell'umanità. Ma di lei non voglio parlare, mai devo pensarla invano.

E come se non bastasse ho un fratello, più grande di me, di un anno per la precisione, ma la maggior parte del tempo non so dove si trova o se sta bene, non che mi importi, quindi il padre che mi ritrovo se la prende solo con me, mi ordina di fare qualcosa, losco o pericoloso che sia io lo devo rispettare.

La mia vita non è mai facile, tutto fuorché semplice, e l'unica certezza è che eseguire è la sola cosa che devo fare.
Anzi l'unica che mi è mai stata insegnata, l'unica che io conosca.

--✧--

12 years ago, Mattheo

Mio padre mi aveva dato molti compiti da svolgere fino a quel momento, e la maggior parte era stata semplice e sbrigativo ma ora, all'età di sette anni, mi ha dato il compito, secondo lui, più importante di tutti, il compito in cui non devo fallire a nessun costo.

Per lui è così importante parlarmene e ribadirlo ogni secondo che passavo con lui, e pochi sono quei momenti perché io voglio stare il più lontano possibile da lui, da quel mostro senza cuore e anima, senza persona, da quel mostro che è mio padre di sangue.

Io non capisco neanche perché è così importante, non è niente di che, certo non è sbrigativo e veloce ma non è complicato, una semplice cosa da svolgere ogni giorno.

Non comprendo perché ci tiene tanto ma nel tempo scoprirò il motivo, e probabilmente vorrò aver disubbidito all'istante, senza esitazione.

Poiché vorrò essere stato cosciente dell'enorme casino e immenso problema che era quel dannato piano, avrò voluto disubbidire.

Ma non accadrà niente di tutto ciò. Mai.
Perché non mi sarebbe passato per la mente il reale motivo, neanche per un millesimo di secondo.

Errore davvero irreparabile.

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quando incontri la persona giusta poi è così difficile lasciarla andare, diventa il tuo punto di riferimento, la tua casa, il tuo tutto.