Mad Love - Minsung

Door _jj_003_

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jisung è un criminale, minho è un ragazzo normale. il loro incontro cambierà drasticamente le vite di entram... Meer

1) Run
2) You know me
3) Ridiculous
4) Not him
5) Take care
6) Do it
7) Fire

8) Panic

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Door _jj_003_

Erano passati un paio di giorni dalla notizia di quell'incendio, nello stesso punto in cui anni fa, c'era la casa in cui Jisung è cresciuto.

Il castano non riusciva a togliere quel pensiero dalla sua testa.
Cercava di non pensarci, ma ogni volta che guardava il telegiornale, o che gli capitava di ricordare qualcosa del suo passato, il pensiero tornava in mente, e persisteva.

Minho ormai se n'era accorto da un po'.
Capitava anche quando erano seduti a pranzo, il ragazzo si spegneva, come se entrasse in un altro mondo fatto solo di pensieri suoi.

Aveva anche provato a chiedergli a cosa stesse pensando, nonostante l'avesse già capito, ma Jisung rispondeva semplicemente "a niente", mentendo e cercando di cambiare discorso come se niente fosse.

Minho si era anche accorto di come il suo umore cambiasse ogni volta che usciva un discorso sul suo passato, sulla sua famiglia e che fine avesse fatto quest'ultima.
Perciò non fece più domande.
Aveva paura di farlo sentire a disagio, nonostante Minho avesse tanta curiosità ormai.

Per il resto, il loro rapporto era migliorato.
Jisung teneva di più a Minho, e Minho si stava sempre più innamorando del minore, nonostante non volesse ammetterlo a sé stesso.

C'erano stati altri baci tra i due, parecchi baci...ma non avevano mai parlato espressamente del loro rapporto.

Ormai le occhiate non erano più rabbiose, sfottorie o irritate.
I loro sguardi gridavano ciò che entrambi pensavano, ma che nessuno riusciva a dire.

Minho aveva portato un'altra volta Jisung fuori casa, ma ora desiderava sempre di più.
Avrebbe voluto passeggiare per le strade di Seoul come se fossero normali "amici", non come un criminale e il suo complice.

Perciò un pomeriggio, tornato a casa, raggiunse Jisung in cucina, lasciò le buste della spesa sul tavolo e ne prese una confezione da dentro.

Aveva un sorrisetto furbo in viso, e Jisung era confuso, ma gli piaceva vedere l'altro allegro.

"Che hai?"

"Jisungie, oggi ti trasformerò in un'altra persona!" disse mostrandogli la confezione di tinta per capelli che aveva appena comprato.

"Ma- perché quel colore?" chiese il (non ancora per molto) castano, guardando scettico la scatola.

"Secondo me staresti benissimo! Se non ti piace ho comprato un altro colore..." disse prendendo anche l'altra scatola.

"...ma tu hai già deciso, vero?"

"Esatto" sorrise fiero Minho, sempre più gasato e impaziente di colorare la testa del minore.

"...va bene, facciamolo"

Fu così che i capelli di Jisung diventarono di un blu notte spettacolare- e anche il lavandino del bagno di Minho, le sue mani e la felpa che indossava il minore.

Minho finì di risciacquare i capelli e glieli asciugò col phon.
Poi aspettò una reazione di Jisung, che continuava a muovere la testa per vedere i riflessi blu.
Sembrava parecchio contento del risultato, e Minho lo era forse più di lui, tanto che lo girò sulla sedia, gli prese il viso tra le mani e lo baciò.

Jisung sorrise sorpreso da quel bacio, e ricambiò, avvicinando il maggiore a sé.

"Sei stupendo, scoiattolino" sorrise dolcemente Minho e Jisung gli diede un veloce bacio a stampo.

Il minore si alzò dalla sedia, Minho iniziò a pulire e togliere il blu dalle sue mani, mentre l'altro si aggiustava il ciuffo allo specchio.

"Come ti è venuta questa idea?" chiese Jisung, e lì Minho si morse il labbro.

"Uhm...pensavo che magari così, potevamo uscire un po'...in centro" disse quasi consapevole di quale sarebbe stata la risposta di Jisung.

"Min, ne abbiamo già parlato. Un colore nuovo di capelli non cambierà la situazione." disse Jisung guardandolo e sospirando, dispiaciuto di dover deludere sempre le aspettative del maggiore.

"Mh...lo so" rispose Minho, abbassando la testa, continuando a mordicchiarsi il labbro inferiore.

"Mi dispiace Minnie" disse Jisung avvicinandosi all'altro e accarezzandogli la guancia.

"N-non fa niente, sono stato uno stupido solo a pensarlo" disse quasi arrabbiandosi con sé stesso, e questo fece ancora più male a Jisung.

Non capiva perché gli importasse ormai così tanto di Minho da sentirsi male a vederlo triste, ma non poteva farne a meno.

"Non è colpa tua, Min..."

Lì il maggiore non rispose, ma Jisung sapeva che avrebbe voluto negare. Si morse anche lui il labbro, volendo darsi uno schiaffo mentale per il pensiero che gli stava attraversando il cervello.

"E se...facessimo un'uscita veloce? In centro, sera tardi" chiese sperando in una reazione dal maggiore, che arrivò subito.

"Davvero?" chiese cercando di non mostrare la gioia che stava provando.

"Sì, magari non ci saranno troppi controlli in centro a quell'ora"

"Sì! Sì! Andiamo, mi va bene tutto!" disse saltandogli quasi addosso e abbracciandolo, riempiendolo di baci su tutto il viso.

Jisung rise e lo strinse a sé.

"Okay, okay...però mi serviranno gli occhiali da sole"

"Occhiali da sole di sera?"

"Sì, devo coprirmi un po'" disse ridacchiando e il maggiore annuì.

"Tutto quello che vuoi allora"

Fu così che quella sera, i due uscirono per la prima volta in centro, come due persone normali.

Minho era felicissimo e Jisung, nonostante all'inizio fosse un po' sull'attenti, man mano che passeggiavano e non incontravano nessun poliziotto, si rilassò.

Entrarono in un sacco di negozi, ancora aperti a quell'ora, provarono dei vestiti, stando mezz'ora nel camerino, facendo una sfilata davanti all'altro.

Una volta entrati a Zara, Minho prese per mano Jisung, trascinandolo ovunque vedesse qualcosa che gli piacesse, e successivamente nel camerino.

Jisung questa volta non aspettò che l'altro uscisse da solo con i vestiti da provare indosso, aprì la tendina del camerino quel poco che bastava per entrarci, e sorprese Minho ancora senza maglietta.

Appena lo vide, il maggiore si coprì con le braccia, ma non servì a niente.
Jisung aveva già visto tutto, e aveva un sorriso in viso che non fece altro che crescere mentre si avvicinava al corpicino del moro, che si faceva piccolo piccolo nell'angolino.

"J-ji- che fai? Esci!" disse senza essere ascoltato, finché il minore non si buttò sulle sue labbra, poggiando le mani sui suoi fianchi nudi e accarezzandoli leggermente prima di poterli tenere in modo più possessivo.

Minho si lasciò pian piano andare in quel bacio, poggiando le sue braccia attorno al collo di Jisung.

Jisung non faceva altro che pensare al suo corpo nudo, e più ci pensava, più gli veniva voglia di farlo suo. Ma non l'avrebbe fatto lì.

Si staccò lentamente dal bacio, per poi scendere a lasciare baci più delicati sul collo e sul petto di Minho, e quel tocco sembrava piacere al maggiore.

Jisung risalì alle sue labbra e si staccò subito dopo, lasciando tre centimetri di spazio tra il suo viso e l'altro.

"Sei troppo bello, Min. Ti voglio" sussurrò ad un fiato da lui.

Minho non ebbe il tempo di rispondere, che l'altoparlante del negozio annunciò l'orario di chiusura, e dovettero sbrigarsi.

Si divertirono così tanto quella sera, che persero la cognizione del tempo, e si fece sempre più tardi.

Una volta che i negozi iniziarono a chiudere, andarono in un bar, Minho prese un bubble tea alla ciliegia e Jisung alla pesca.

Continuarono a passeggiare in mezzo ai grattacieli di Seoul, che proiettavano video con luci sempre diverse. Chi pubblicità, chi notizie, chi offerte...
L'aria era fresca, ma non faceva freddo e si stava bene. Era piacevole stare lì, e Jisung si domandò quando fosse stata l'ultima volta che era stato in centro.

L'ultima volta che aveva fatto shopping, che era andato al bar e che era stato così spensierato con qualcuno.

Era quasi arrivata l'ora di andare a casa, quando però ad un certo punto, tutti gli schermi dei grattacieli intorno a loro si spensero, così come le luci delle case e dei lampioni per strada.

Ci fu un casino generale, e Jisung automaticamente tenne stretto Minho a sé, coprendolo con il suo corpo mentre si guardava intorno, tornato ormai sull'attenti.

"Ji, è solo un black up, stai tran-" le parole di Minho gli morirono in bocca quando il grattacielo più grande si illuminò di bianco, accecando quasi le persone che stavano lì.

Comparve subito dopo un'immagine di una scritta a sangue: "Ti sono mancato, Sungie?"

Jisung la lesse innumerevoli volte, ma ormai nella sua testa c'era solo il ricordo di suo padre.

Il suo battito era a mille, i suoni gli sembravano più forti e i volti delle persone ormai non li vedeva più.

Minho rimase scosso nel leggere quella frase, era confuso e non appena vide la reazione di Jisung si allarmò.

Si videro passare correndo accanto dei poliziotti, cinque o sei erano, sarebbero riusciti a catturare Jisung senza alcun problema, ma non stavano prestando attenzione a lui.

Jisung scattò in difesa non appena li sentì passare, e trattenne il respiro. Non si calmò neanche quando gli uomini li avevano superati.

Non riusciva più a pensare lucidamente, non si sentiva più al sicuro e questo stava avendo effetti estremamente negativi su di lui.

"Jisung" lo chiamò Minho, stringendogli il braccio mentre il blu lo teneva dietro di sé, come a doverlo proteggere.

"Jisung!" disse più forte. Con il brusio della gente attorno a loro nessuno li avrebbe sentiti, e sta volta Jisung gli rivolse uno sguardo.

"Andiamo a casa" disse Minho guardandolo negli occhi, cercando di calmarlo, accarezzandogli il braccio. Sentiva i muscoli tesi, pronti a scattare contro tutto e tutti, e non gli piaceva per niente vederlo così.

Jisung annuì, ma non sembrava neanche più essere lui.

Subito dopo spostò nuovamente lo sguardo, guardandosi attorno in cerca di qualunque cosa potesse attaccarli.

La scritta sparì e la luce tornò immediatamente dopo.

Minho si spostò, iniziando a camminare verso casa sua, trascinando Jisung dal polso, che lo seguì e gli si affiancò.

Camminarono veloci, raggiungendo le strade più vicine a casa di Minho in un niente.

Jisung aveva gli occhi spalancati, era ancora sull'attenti e il respiro si faceva sempre più pesante. Troppo pesante per una camminata veloce, a parere di Minho.

Salirono le scale velocemente, Minho aprì frettolosamente la porta di casa e Jisung spinse entrambi dentro non appena scattò la serratura.

Minho riprese fiato per qualche secondo, poi tornò a prestare attenzione a Jisung, che si era lasciato cadere a terra ed ora era seduto sul pavimento, mentre respirava pesantemente e guardava un punto fisso della stanza.

"Jisung, che hai?" chiese Minho, non capendo cosa gli stesse succedendo, preoccupandosi nel vederlo così.

La preoccupazione aumentò nel momento in cui Jisung non rispose, non sembrò neanche essere lì mentalmente in quel momento.

Minho gli si avvicinò, gli mise una mano sulla guancia e notò che fosse gelida.

Jisung non riusciva ancora a respirare bene, e questo fece allarmare Minho, che non sapeva cosa fare.

"Jisung, devi calmarti. Non è successo niente, siamo a casa ora, siamo al sicuro" gli disse, accarezzandogli il viso e le spalle.

Il minore stava sudando freddo, il suo petto si alzava e abbassava ad una velocità che spaventò Minho, e il suo corpo iniziò a tremare.

"Jisung ti prego, mi stai facendo preoccupare" disse il maggiore quasi in lacrime, non sapendo come reagire.

"Mh-" sentì il minore cercare di dire qualcosa, ma era come bloccato.

Ormai sembrava non respirare più, e Minho nel panico, fece l'unica cosa che gli venne di fare: lo baciò.

Prese il suo viso tra le mani, tenendolo fermo e unendo le loro labbra in un bacio disperato, cercando di aiutare il minore.

Jisung sembrò reagire, rispose al bacio e strinse la mano che Minho gli stava stringendo a sua volta, rilassando pian piano i muscoli.

Minho si staccò per farlo respirare e notò che Jisung si stesse calmando.

Ora tremava come una foglia, aveva gli occhi lucidi e riusciva finalmente a guardare il maggiore.

"M-min..." sussurrò, facendo scendere ulteriori lacrime all'altro, che lo abbracciò dolcemente e gli fece le carezze sulla schiena per calmarlo del tutto.

"Dio, mi hai fatto prendere uno spavento!" disse piangendo sulla sua spalla, e l'altro in tutta quella tensione, sorrise leggermente, mordendosi il labbro.

"Sto bene..." sussurrò ancora e Minho volle proprio dargli uno schiaffo, ma non lo fece. 

"Fallo di nuovo e ti uccido!" vide Jisung rilassarsi e ridere lievemente alle sue parole e si calmò, facendo dei respiri profondi.

"C-che cos'era...perché stavi così?" chiese Minho ingenuamente.

"Era un attacco di panico"

"C-che?!" Minho lasciò stare per il momento, aiutò Jisung ad alzarsi e gli diede dell'acqua. Poi lo portò in camera da letto e lo fece stendere, lo raggiunse e lo coccolò per un po'.

Jisung si sentiva ancora come se fosse in pericolo, ma cercò di non darlo a vedere per non far spaventare Minho.

"Era la prima volta che avevi un attacco di panico?" chiese calmo il maggiore.

"No, sono abituato ad averli...ma questo è stato forte. A te era la prima volta che ne vedevi uno, immagino" disse prendendolo un po' in giro, ma l'altro non fece caso a quella frase.

"Sei abituato?! Che significa??" spalancò gli occhi infatti, guardandolo stranito.

"Che li ho da quand'ero bambino. Li ho sempre avuti"

"Oh...e come- come hai fatto a...?"

"Calmarli? Non lo so nemmeno io. Dopo un po' ho iniziato a controllarli, ma non ne avevo uno così da anni"

"È stato quello che è successo in centro...perché hai reagito così?"

Jisung fece un respiro profondo, e capì che fosse arrivato il momento di raccontare la sua storia a Minho. Ormai si fidava di lui, non poteva tenerlo ancora all'oscuro.

"La mia infanzia non è stata facile, Min. Mia madre morì quando io avevo tre o quattro anni, e mio padre me ne ha sempre fatto una colpa. Ma la verità è che lui era un mostro. Lei si è tolta la vita per non dover più subire le sue torture.
E dopo che aveva perso il suo giocattolino, con chi doveva prendersela, se non con me?"

Disse con un tono spento, sembrava che stesse raccontando quella storia per la prima volta.

"Cosa ti ha fatto?" chiese Minho inorridito da quel racconto. Voleva saperne di più, ma sapeva che sarebbe stato meglio non sapere assolutamente.

"Mi ha reso esattamente come lui...un mostro.
La mattina mi svegliava buttandomi giù dal letto, e poi un calcio dritto nello stomaco.
Non mi preparava la colazione, non l'ha mai fatto. Ero diventato anche il suo schiavetto. Io cucinavo, lavavo i suoi vestiti e facevo la spesa.
Tutto ciò dopo i miei sei anni.
Appena tornavo da scuola a lui interessava soltanto che io gli cucinassi qualcosa da mangiare.
Poi usciva, tornava tardi. E quando tornava..."

"La scritta..." sussurrò Minho.

"Esatto. Così mi chiamava. Odiavo quel nome, odiavo quando sentivo la porta di casa sbattere violenta contro il muro, perché sapevo che lì iniziava la parte peggiore.
Mi portava nel seminterrato, m-mi legava...m-mi picchiava, mi faceva cose orribili-" la voce di Jisung si spezzò, e Minho lo strinse a sé.

"Non devi continuare se non vuoi, Ji." lo sentì tremare tra le sue braccia e cercò di coccolarlo.

"M-mi ha fatto diventare un mostro, Min! Io sono come lui- io non merito-"

"No! Jisung non dire niente del genere, non sei tu il mostro, ma lui! Tu non hai fatto niente, non è colpa tua, tu meriti tutto il bene del mondo" gli sussurrò alle orecchie, ignorando le lacrime che ora scendevano anche dai suoi occhi.

Ci furono minuti di silenzio, in cui si sentivano solo i singhiozzi di Jisung, poi continuò.

"I-io non ce la facevo più, Min...Non potevo sopportare ancora...e ancora"

Jisung si strinse a Minho, e lui gli accarezzò i capelli blu.

"L'ho ucciso. Sono stato io. Ho appiccato io quell'incendio, mentre lui era ubriaco nel suo letto, non riusciva a muoversi- l'ho chiuso lì senza via d'uscita" pianse, stringendosi nelle braccia del maggiore.

Minho sentì un colpo al cuore, ma non provava orrore nei confronti del minore, solo di quell'uomo, che aveva spinto un bambino così piccolo e innocente a commettere un atto così estremo.

"Dopo l'incendio ero rimasto orfano, e gli assistenti sociali mi portarono in un convento. C'era un- un maestro... mi sembrava impossibile, ma... abusava di me quasi ogni giorno. Per un anno intero"

Man mano che Jisung continuava con la sua storia, era sempre una fitta in più nel cuore di Minho.

"Scappai da quel convento, ma la polizia non mi credette quando raccontai tutto. Non so con quale coraggio lo feci, ma quei bastardi... risero addirittura di me, dissero 'sono solo le fantasie di un bambino', come cazzo potevano essere fantasie?!" disse pieno di rabbia, e lì Minho capì il motivo per il quale Jisung odiava la polizia.

"Gli rubai l'auto, credo tu lo sappia, era la notiziona della settimana in quel periodo. Non sapevo dove andare, cosa fare, chi chiamare...
Mi iniziarono a chiamare il 'Joker di Seoul' e credo diventai pazzo nel momento in cui quel nome iniziò a piacermi"

"Tu non sei pazzo, Jisung" rispose Minho.

"Sì che lo sono. Comunque sia, quella scritta oggi...non ha senso"

"Già...tuo padre morì in quell'incendio...non è che qualche suo amico conosceva la tua situazione? Ti sta facendo un brutto scherzo?"

"No...solo mio padre sapeva"

Si morse il labbro, pensandoci su.

"Min?"

"Mh?"

"Credo che mio padre sia vivo"

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