Miami Heat | VK

By berenicelibri

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🇺🇸 Miami, Florida. In una realtà dedita al lusso ed al perbenismo, Jeongguk, annoiato milionario, è alla di... More

⚠️disclaimer⚠️ {spazio autrice}
presentazione {spazio autrice}
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
XVII.
XVIII
XIX.
XX.
Epilogo.
{nota autrice}

XII.

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By berenicelibri

Forte di me stesso, non mi ero mai sentito così leggero. Forse è stato lui, quel giovane tanto adorabile a ridurmi così. In questo stato pietoso, di devozione verso la sua persona, verso il suo sesso.

Me ne compiaccio, non ho mai sentito il mio corpo così confidente. Mi sprona a dare il meglio di me, per accontentarlo; gode delle mie lusinghe, dei miei nomignoli. Gode del mio stesso sapore, del mio stesso ardore. Io e lui non siamo nient'altro che fuoco, assieme.

L'ho spinto al limite, solo per provare fin quanta forza d'animo, quanta volontà ci fosse dentro a quel corpicino. Mi seduce, non posso affermare il contrario; ho bisogno di lui.

Ho bisogno di te, Jeongguk.

Custodisci il mio cuore perché io non ne sono in grado. Custodiscilo fra le tue mani candide, all'apparenza delicate, ma forti - non fragili quanto le mie.

Abbiamo fatto sesso. Ma non dal sapore amaro.

Ogni volta, prima di te, il rapporto carnale aveva il gusto di una tazzina di caffè, accompagnata dall'odore di sigaretta bruciata; adesso assapora d'adrenalina pura. Ed io mi sento di parlarti nuovo, con una voce diversa.

Ho toccato il tuo corpo perché pura energia; ho baciato le tue labbra perché questo è l'unico modo che ho per sentirmi vivo. Sei l'unico in grado di guarirmi, di rinsavire le mie perdite, di curare il mio animo nevrotico.

Hai sfiorato il mio corpo con l'intento di provocarmi, per rispondere al piano tanto meschino che io - un semplice e superficiale avvocato - non posso far altro che causarti per ricambiare il tuo impegno. Non so amare, perdonami; non sono in grado, non all'altezza della tua passione, per la mia infimità.

Non è mia la colpa, lo ammetto. Ma non riconosco di chi altro possa essere. Ogni scusa è buona per cercare via traverse a cui chiedere salvezza.

E tu, Jeongguk, sei arrivato per caso, al momento giusto.

E quella sera mi hai baciato, provocato, così che ho preso i tuoi fianchi, per guardarti negli occhi e toccarti. Per scrutare ogni minima sfaccettatura del tuo animo, al fine di veder che non mentivi. Non mentivi, certo; sono io quello in errore, ma tu sembri guarirmi da ogni male.

Ho leccato la tua intimità, quella che mi hai offerto. E sentirti gemere - persino fin dentro le mie ossa - è stata vita. Ti ho toccato, dato piacere. Ho sentito la vita rinascere in me. Tu, Jeongguk, mi hai reso ciò che altri hanno strappato, e dunque non voglio allontanarmi da te - voglio stare con te.

Per favore, rimani. Prometto che cercherò di essere all'altezza, prometto che mi prenderò cura di te.

Piccolo mio, non posso dimenticare come gemevi il mio nome quando i nostri corpi si sono uniti. E di come chiedevi di più; ed io ti davo di più. Perché essere amato è ciò che la tua purezza merita.

Quanto mi manchino le tue labbra, quanto ne senta già la forte distanza.

Il sogno viene spezzato dallo sbattere di porte. E ti sei rivestito in fretta, ignorando ogni conseguenza.

Perché tu, Jeongguk, vai fiero di come sei, ed io, uno stupido vergognoso del suo essere.

Ti ammiro, ti sono devoto.


"E, dunque, è andata proprio così?"

Davanti ad un caffè caldo, fumante e sporco di zucchero, Seokjin fumava alla maniera francese. Sbatteva la sigaretta incenerita sul piattino di fronte Taehyung, che cercava di ricostruire i minimi frammenti del suo ricordo.

"Sì, Jin. È andata proprio così." l'avvocato sospirava durante quella folle narrazione. Era inusuale che fosse proprio lui a raccontare al cugino del suo amasio ciò che era capitato con Jeongguk. "Ma non ti ho raccontato ancora la parte migliore." ghignò un sorriso.

"Ti ricordo che sono una persona sensibile. Anche se sono il più bravo avvocato di Miami, tieni a mente che su queste spalle gravano certi pesi ed incombenze, quindi - mio omonimo - vacci piano a parlar di cazzi."

"Gentilezza e strafottenza sono proprie della vostra famiglia?" sorseggiò il suo caffè.

"Non è colpa nostra se siamo degni di venerazione." Seokjin gli aspirò in faccia. "Piuttosto, cos'è successo dopo?"

Taehyung si guardò in torno. "Stavamo... facendo sesso- Jeongguk mi ha detto che aveva casa libera, ha gridato senza remore-" Taehyung mise insieme un racconto frammentario. Ricostruire razionalmente la fonte della sua gioia gli era impossibile, fino al punto che vacillasse fino a dir cose sconnesse.

"Ho detto vacci piano!" Seokjin si stizzì.

"Fammi almeno finire." Taehyung prese un altro sorso al cenno del collega. "Sono entrati i suoi genitori."

"Mia zia vi ha visto scopare?!" l'avvocato spalancò gli occhi, tenendo quel ghigno divertito, pronto a prendere l'altro in giro. "Mia zia vi ha visto scopare- non posso crederci!"

"No, idiota." Taehyung si schiaffò una mano sulla fronte. "Non ci ha visto scopare, per fortuna."

"Allora? Dove sta la parte interessante?" Seokjin necessitava di un pretesto per metterlo alla berlina, dispettoso com'era.

"Jeongguk si è rivestito- la stanza del biliardo era un completo disastro..."

"Scomodo il tavolo per scopare?" lo prese in giro.

Ma Taehyung lo ignorò. "Quando sono entrati, sono morto di vergogna. Jeongguk aveva i pantaloni al contrario, l'involucro del preservativo era in bella vista per terra- mio dio, che imbarazzo!"

"Non vedo perché tu debba vergognartene." Seokjin fece un tiro profondo.

"Come, prego?" lo guardò di sbieco. "Ci hanno sorpresi quasi mentre stavamo scopando - non ti basta per rendere il tutto imbarazzante?"

"Chaewon prima o poi doveva aspettarsi che Jeongguk le portasse qualcuno in casa. Non poteva rimanere illibato per l'eternità." Seokjin spense la sigaretta nel posacenere. "Tu, piuttosto." alzò gli occhi felini a Taehyung. "Ti turba il fatto di essere stato colto dopo una scopata o il fatto di essere stato sorpreso insieme ad un ragazzo?"

Taehyung s'irrigidì. Seokjin aveva centrato il punto, ed al contrario non poteva contraddirlo. "Tsk! Che dici, niente di tutto ciò."

"Ah, no Tete?"

"Chaewon è molto giovane." l'avvocato sviò il discorso sotto lo sguardo interrogatorio di Seokjin. "Quanti anni ha?"

"Ha partorito molto presto... ricordo avesse a malapena diciotto anni. Ci eravamo appena trasferiti." parlò di sua zia.

"È molto bella." fece una pausa. "Proprio come Jeongguk." e quel sorriso gli nacque spontaneo. "Che lavoro fa?"

"Hai presente il vino che ti compri al supermercato?" Taehyung gli alzò un sopracciglio. "Bene, lei è responsabile della distribuzione vinicola in tutta Miami."

"Wow." l'avvocato spalancò gli occhi.

"Di fatto, Jeongguk lo abbiamo cresciuto io e Namjoon. È stato difficile - molto difficile - conciliare il suo lavoro con quello di madre."

"Infatti, è cresciuto stronzo come te!" Taehyung lo provocò.

Ma nessuno poteva vincere in retorica contro di lui. "Un piccolo stronzo che ti piace."

"Piuttosto, suo padre- ehm, Samuel... mi sembra un tipo a posto." ulteriormente, Taehyung cambiò discorso. Voleva sapere tutto ciò riguardasse la persona che gli stava più a cuore.

"Sì, con Jeongguk hanno - ed abbiamo - fatto un ottimo lavoro." Seokjin la chiuse lì, perché, conscio di quale fosse la vera questione, sapeva che il problema non era Jeongguk.

"Gli ho stretto la mano, non mi sembravano in imbarazzo tanto quanto me e Jeongguk."

"Te l'ho detto, sono due tipi alla mano-"

"Pensa che, quando Chaewon ha visto il preservativo a terra, ha tirato un sospiro di sollievo." Taehyung, involontario, arrossì. Accompagnò a quella delicata reazione un dolce sorriso.

"Ipocondriaca dalla nascita. Quando ha il raffreddore è una tragedia."

"Samuel mi ha sorriso." gli brillarono gli occhi a nominare quella figura paterna. "Sono stati gentili- se ne sono andati subito dopo le presentazioni."

"Chaewon e Samuel sono molto aperti come genitori." Seokjin si accese un'altra sigaretta. "Non hanno mai fatto pesare a Jeongguk ciò che tu, invece, vedi come un problema." lo attaccò spudorato. Il suo processo all'intenzione verso Taehyung era ormai partito. Egli doveva esser spronato; non diversamente, avrebbe lavorato su quell'anima traboccante di tedio.

Taehyung capì, ma ne finse il contrario. "Cosa intendi?"

"Non fare il finto tonto." Seokjin, cinico, lo mise alla prova. "Mi sto riferendo al fatto che hai fatto sesso con un maschio." glielo disse a tono, in modo da farsi sentire anche a chi fosse vicino. Era tutt'un piano per provocarlo.

"Shh... abbassa la voce." si mise l'indice sulle labbra.

"E questa ne è la prova."

Taehyung si arrese all'evidenza. Egli, un turbine di disastri racchiusi e celati nella sua psiche, si guardò attorno, sperando di non aver attirato eccessiva attenzione. "Non riesci ancora ad accettarlo, dopo tutti questi anni." Seokjin lo mise con le spalle al muro.

"Per favore, Jin... non gridare, non voglio dare spettacolo."

Il volto di Taehyung s'incupì del tutto. Svelare i suoi tabù celati, a freddo con Seokjin, lo metteva a disagio. Si strusciò le braccia, come avesse i brividi; si guardò attorno, disorientato. Percepiva alienazione col mondo circostante, quasi non vi appartenesse. Un'unica ombra in fronte a lui, Kim Seokjin. Un boia, un giudice che lo mettesse alla gogna. Quelle dell'avvocato erano semplici domande di scherno, ma lette da una tale prospettiva nevrotica parevano inquisizione.

"Perché? Cosa c'è di male nel dire che sei-"

Taehyung lo censurò. "Smettila!"

"Piuttosto, hai mai affrontato l'argomento col tuo psicoanalista?" Seokjin dominava la conversazione.

Taehyung sbuffò. "Non ne ho nemmeno l'intenzione."

"E le tue crisi depressive? Quelle a che punto stanno?"

Seokjin teneva una posizione alquanto rilassata. C'era abituato nell'interrogate i propri imputati con quei dialoghi botta e risposta, da cui lui, degno di bravura attribuitagli, ne usciva sempre vincente. Di fatto, sapeva già la risposta a quella domanda.

"Ho smesso di prendere farmaci." si accese una sigaretta.

"Taehyung, sei pazzo, per caso?!"

Un gesto di ribellione, perché talvolta veniva soffocato da quelle terapie pressanti e distruttive del suo essere. "No, sono abbastanza lucido e cosciente per pensare che quel veleno presto o tardi mi ucciderà!"

"Si può sapere per quale strana ragione hai smesso di prenderli?"

"Mi sembra troppo romantico per esser vero."

Seokjin capì, ma non fiatò d'una parola. Piuttosto lo guardò pungente, cercando di non far uscir sentenze dalla bocca di Taehyung, per cui potesse perdere le staffe.

"Ascoltami, Taehyung." s'incupì, quasi arrabbiato; quella tanta premura che gli copriva l'animo, in quanto suo amico. "Non puoi negare di soffrire di un disturbo depressivo - non puoi farlo. Tanto meno mentire a te stesso non è certo il modo giusto per venirne fuori-"

"Sono anni che ne soffro." gli occhi suoi, liquidi. "Non sarà certo una stupida pausa dai medicinali a farmi peggiorare."

"Non ti stai curando adeguatamente. E ciò ha influito sulla tua ultima crisi."

"Sta' zitto, per favore." uno sbuffo di disapprovazione.

"Devo ricordarti di come è andata a finire? Devo ricordarti che ti ho ripreso da terra incosciente?" tale, una retorica infallibile. "Di chissà quali droghe ti eri fatto, Taehyung. Non ho intenzione di perdere un fratello, tanto meno un amico."

Taehyung schioccò le labbra, volgendosi a guardare altrove. Gli occhi di Seokjin lo intimorivano. "Che t'importa? Non puoi semplicemente far finta di niente come tutti gli altri? Far finta di non vedere, pur sapendo; lasciarmi marcire nella mia stessa fossa?"

"Non dir cazzate, mi importa di te. Ti voglio con me." puntò deciso il dito sul tavolo. "Senza di te, non avremmo vinto il caso Garcia; senza di te avrei, un fratello in meno. Senza di te..." tirò fuori la sua ultima arma vincente di una così splendida argomentazione. "...Jeongguk non sarebbe lo stesso."

Smise di respirare. Il cuore di Taehyung si fermò per una frazione di secondo.

L'apatia venne falciata da una voragine di sentimenti; un afflato caldo prese a rinsavirgli l'anima.

A quel solo nome spalancò gli occhi. La vita si rigenerava dentro di lui; il sangue a circolare, il cuore a battere di nuovo, il respiro a farsi regolare. E tutto solo per mezzo di un semplice nome.

Perché dietro di ciò, vi era la chiave per accedere inconsciamente al suo cuore. E Taehyung lo sapeva, ma preferiva non ammetterlo. Nascosta dietro la nevrosi e l'apatia, vi era un'anima in attesa di essere risvegliata dall'amore, un fuoco in attesa di essere liberato, e che per molti anni era rimasto oppresso, tanto da implodere in una putrida malattia dell'essere.

Taehyung deglutì.

"Riformulo la domanda, avvocato." Taehyung guardava ancora Seokjin parlargli sicuro. "Devo ancora ricordarti come è finita l'ultima volta?"

Si schiarì la voce. "No." ed abbassò gli occhi.

La cenere consumava lenta i loro mozziconi. In quel frattanto, il silenzio li divise del tutto. Fino a creare una voragine intensa fra l'uno e l'altro. Seokjin lo puntava, in attesa di risposta; Taehyung guardava a terra, pensando a delle parole degne per spezzare quella tristezza che circolava fra i due antri.

"Ho smesso di prendere i medicinali a causa sua."

"Vai avanti." Seokjin s'accovacciò ad ascoltarlo meglio.

"Durante l'ultima crisi ho avuto paura di non essere all'altezza, di non essere abbastanza per lui. Me ne rendo conto - usciamo insieme da poco, ma è bastato quel poco, per farmi rivivere come..."

"Come prima che tuo padre morisse?" Seokjin ebbe il coraggio, là dove Taehyung mancò.

"Come prima che mio padre morisse." fece ancora silenzio.

"Il tuo psicoanalista lo sa?"

"No, non lo sa, e non ho nemmeno intenzione di dirglielo - causerebbe più danni del previsto." fece un lungo tiro di tabacco. "È stato strano." rigirava fra le dita il niente. "Dopo la nostra prima conversazione, ho sperato di ricontrarlo, perché non avevo mai avuto con nessuno quella- ho percepito qualcosa... cioè, voglio dire- non me lo aspettavo, è successo tutto così per caso."

Il racconto di Taehyung era sconnesso. Pezzo dopo pezzo, Seokjin avrebbe dovuto ricostruire quella confusione che lo stesso aveva per la testa. L'avvocato balbettava, arrossiva, tremava mentre ragionava, addirittura aveva i brividi. Mostrò all'amico quella fragilità nevrotica che celava spesso dietro al riso ed alla battuta pronta. Taehyung si difendeva con l'ironia, la risata, pure il divertimento, per scacciare angoscia e inquietudine. "Ho smesso di prendere i farmaci, dopo la nostra prima uscita." continuò la sua narrazione. "I giorni successivi, è andato tutto a meraviglia. Ci scrivevamo, lui mi chiamava. Abbiamo parlato molto, abbiamo fatto sesso solo due volte."

"Dettaglio che potevi evitare." Seokjin sdrammatizzò.

Ma Taehyung lo ignorò. "Non è stato un preciso evento scatenante a far partire il tutto, semplicemente ho pensato io stesso di non esserne..."

"Credi che i farmaci abbiano perso il loro effetto...?" gli alzò un sopracciglio.

"Non credo- è passato troppo tempo dall'ultima volta che li ho presi, poi il resto lo sai."

"So anche che se continuerai così, oltre che a ferire te stesso, ucciderai anche Jeongguk." Seokjin cambiò del tutto espressione. Si fece più dolce e premuroso. Taehyung, di fatto, sgretolò le sue difese, era vulnerabile e Seokjin non ebbe più motivo di andarlo a punzecchiare per farvi fuoriuscire parole di verità. "È un ragazzo molto sensibile al contrario di quanto sembra."

"Il cuore più puro che abbia mai incontrato." solo la verità.

"Taehyung, ascolta." il discorso si fece serio. "Non voglio metterti alcun tipo di pressione, ma devi sapere che per me Jeongguk è molto importante, e che la sua felicità sta molto a cuore a me, così come a Namjoon." l'avvocato prese un sospiro. "Non voglio assolutamente che tu gli spezzi il cuore, perciò smettila di stare in negazione, continua a prendere i tuoi farmaci - in modo corretto - e cerca di vivere dei bei momenti insieme a lui."

"So di aver fatto una mossa avventata, ma, Jin, con lui sto davvero bene. Voglio continuare a sentire quelle sensazioni- mi rendono vivo, lo capisci? Ho bisogno di lui." Taehyung stringeva il pugno. Non mentiva, credeva davvero che Jeongguk fosse la reale chiave per fuggire dal suo incubo.

"Vorrei non lo considerassi come un oggetto per una tua personale realizzazione." Seokjin tornò cinico.

"Non intendo assolutamente usarlo come una personale realizzazione, Jin!" si schiaffò una mano sulla fronte disperato. "Con lui mi sento bene, sono me stesso. Fratello, non posso farne a meno."

"E pensa che ho fatto di tutto per fargli cambiare idea!"

"Come prego?" Taehyung s'insospettì.

"Stai tranquillo, Romeo." tornò sullo scherzo. "Non l'ho convinto a starti lontano."

"Allora cosa?" alzò il sopracciglio all'amico.

"Lo ammetto, gli ho dato l'idea dello sugar daddy in modo assai scherzoso. E lui - piccolo monello - l'ha presa piuttosto sul serio." spense l'ultima sigaretta. "Namjoon gli ha presentato alcuni dei suoi amici, e fortunatamente sono stati tutti appuntamenti andati in malora."

"Sei proprio stronzo." Taehyung lo guardò di sbieco.

"Ah! Niente di personale, Taehyung." mimò un gesto con la mano. "Pensa che ho anche pagato un attore per fargli cambiare idea e rimediare al guaio..."

"Malcom..." fece Taehyung con le labbra.

"Esatto. Speravo che si mettesse l'anima in pace, ma poi... ha incontrato te. E gli hai pure offerto un appuntamento..." Seokjin lo guardò malizioso negli occhi.

"Sì, fratello. Sei definitivamente uno stronzo coi fiocchi."

"Che ci posso fare, sono il migliore sulla piazza." si lustrò la camicetta. "Miami non sarebbe la stessa senza la Kim&Kim Company." Taehyung sbuffò. "...e senza di me."

"A volte mi chiedo se te la credi per davvero oppure se lo fai apposta. Non riesco mai a capire se dici il vero o il falso." ancora, lo guardò ad occhi stretti.

"Abilità retoriche innate. Io dico sempre il vero, ma è bene non fidarsi." prese un sorso dal suo rum dimenticato al tavolo. "Intendo sicuramente il vero quando dico di volerti staccare il cazzo, se Jeongguk verrà a piangere disperato da me perché il suo sugar daddy gli ha spezzato il cuore." mise un broncio borioso.

"Quanto sei antipatico."

"Offrimi il caffè. Ti ho fatto la terapia." cambiò repentino argomento.

"Cosa?! Assolutamente no! Paghi tu, sei tu il più ricco."

"Mi dispiace, ho lasciato il borsellino a casa." iniziarono a becchettarsi - inevitabile con Seokjin.

"Ah! Elvira è una santa, come fa a sopportarti tutti i giorni?!" fece riferimento a sua moglie.

"Il nostro matrimonio ha dei segreti irrivelabili." tagliò corto. "Adesso, se vuoi scusarmi, me ne torno al lavoro, e grazie per la dose quotidiana di depressione, fratello!"

Seokjin se ne andò muovendo il braccio in aria.

Quella frangetta iconica, a tagliargli la fronte, lo rendeva ancor più strafottente agli occhi dei suoi avversari. Taehyung lo conosceva bene, molto meglio di chiunque altro - come lo ebbe definito in precedenza, un fratello.

Si preoccupava per lui, lo metteva in guardia, talvolta con modi rudi, propri di sé. Ma il torto certo non era dalla sua parte. Taehyung rimase da solo, al tavolino. Vinse Seokjin, perché dove' pagare lui il loro conto.


Cuore, anima, passione. Avrò mai il coraggio di dirtelo piccolo mio. Raccontarti del mio passato, dirti cosa sento, come tu mi hai cambiato. Come tu mi hai migliorato.

Speravo fosse attrazione carnale, perché dalla carne ci si stacca più facilmente che dal cuore. Il cuore, il ventre di ogni nascita.

Perdonami, Jeongguk, se non sono all'altezza; perdonami se non sono abbastanza per te. Se temo di danneggiarti, di farti diventare marcio, come me.

Non è stato facile, ma ho ceduto. Le richieste del mio psicoanalista sono state pressanti. Scrivere un proprio diario su ciò che sento. È curativo - ha detto, ma io non gli ho creduto. O almeno, finché non ho incontrato te.

Non posso dirlo a nessuno, se non tenermelo per me stesso. Tutta gioia, passione... forse sono esagerato, ma questo è ciò che sento, e non ho intenzione di negarlo.

Qualcosa è cambiato in me, Jeongguk. E solo grazie a te.

Buonanotte, cucciolo.

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