Miami Heat | VK

By berenicelibri

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🇺🇸 Miami, Florida. In una realtà dedita al lusso ed al perbenismo, Jeongguk, annoiato milionario, è alla di... More

⚠️disclaimer⚠️ {spazio autrice}
presentazione {spazio autrice}
I.
II.
III.
IV.
V.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
XVII.
XVIII
XIX.
XX.
Epilogo.
{nota autrice}

VI.

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By berenicelibri

Ira e rabbia. Passione e irrazionalità. Stoltezza e follia. Jeongguk bruciava di sentimento incontrollato. Quel fuoco indomabile, tanto a renderlo nervoso.

Ma a che servirebbe un mondo mediocre, se tale non fosse animato dalle passioni? Che sia questo il modo in cui si è generato tutto il resto.

Jeongguk amava dar sfogo alle sue ire fumantine, non le reprimeva - perché tenerle chiuse nel suo spirito gl'ingenerava frustrazione.

S'incolpava per non rendere al di fuori tanto quanto dimostrasse nel suo introspettivo. Si biasimava per esser mangiato dalla paura, per non riuscire a manifestare il suo essere esuberante, qualora fosse in presenza di altri.

Picchiettava i suoi piedini congiunti, seduto alla panca d'entrata della sala riunioni della Kim&Kim's Company. Stava lì a dondolarsi, e "Pff..." a sbuffare di noia innervosito, nell'attesa che i suoi cugini uscissero.

"Tsk! Che strazio..." mormorò a bassa voce.

Vestiva col suo Valentino preferito. Una camicia da bowling in cotone e patch firmato.

I suoi bermuda blu, ad intonarsi perfettamente col colletto del suo indumento a prima vista camp. Pretendeva che quel kitschfosse alla moda; per la verità era semplicemente anticonvenzionale.

"Uff..." sbuffò ancora.

Parlava spesso fra di sé. Era un ottimo interlocutore; l'unico lo ascoltasse per davvero. Vi si trovava d'accordo, mai nessuna sentenza da dover argomentare. Qualora non avesse avuto voglia del confronto, vi si ritirava.

Le persone attorno a lui avrebbero creduto fosse folle. Non gl'importava; gl'interessava il solo commento estetico. Che dicessero di lui non un riduttivo apprezzamento; piuttosto una reale moina per il suo impegno nell'apparire.

"Signor Garcia, la pratica del tribunale sarà avviata il prima possibile..." una voce irruppe nel silenzio d'attesa di Jeongguk. Guardava penzolare davanti ai suoi occhi le due ciocche bionde splendenti alla luce del sole mattutino. "...le invieremo i documenti il prima possibile, così che Smith possa rendersi conto della gravità." Seokjin uscì dalla sala riunioni seguito dal suo cliente.

Nemmeno lui s'immaginava quanto Jeongguk lo adorasse. Non intendeva gelosia nei confronti di suo cugino, piuttosto una semplice devozione, ammirazione innata che, sin dagli anni dell'infanzia, gli aveva fatto desiderare di riuscire a conquistare la sua sicurezza.

Sicuro, spavaldo e cinico. Ottime qualità per il migliore avvocato di tutta Miami. E se ne avesse avuto un minimo, un minor biasimo avrebbe pesato su di lui.

"La ringrazio Avvocato Kim." finalmente quel Garcia ebbe un volto. "Le farò avere il pagamento prima possibile." un carattere singolare. Garcia portava dei baffetti ingrigiti su un volto abbronzato. Quel suo accento messicano lo distingueva dagli altri.

"Non si preoccupi. Sappiamo dove cercarlo." Seokjin ancora cinico e pungente. Quella perfidia, propria di un esecutore brillante quale fosse.

"Arrivederla Signor Garcia, e... non badi a mio fratello. Ha sempre voglia di scherzare." Namjoon uscì dalla porta trasparente della sala. Seguiva Seokjin, impegnato in un insensibile sghignazzo. E puntualmente lo fulminò col suo sguardo netto a tale infantilità.

Geniale, ma bambinesco. Ciò da sempre gli aveva rimproverato il fratello più piccolo. "Non esiti a chiamarci qualora ne abbia bisogno." Namjoon, con quel suo sorriso rassicurante.

"Oh, non si preoccupi. So di essere in buone mani." Garcia li lusingò.

Quella scena, di fronte a Jeongguk. Fermo immobile a fissare i suoi cugini che congedavano il cliente tanto rammentato. Lo osservava dal basso seduto, chino su di sé. Lasciava che i suoi bermuda, quasi ascellari, stringessero ancor di più la sua esile vita, contro la cinta Gucci.

"Oh! Un'altra cena al Gables andata in malora?" Seokjin si volse verso di lui. Era già pronto, di primo mattino, allo scherzo. Garcia se n'era appena andato.

Jeongguk, stizzito, sbuffò. Volse di scatto - nell'incrociare le sue braccia al petto - lo sguardo alla vetrata avanti a lui. Rifletteva il mare brillante del golfo. I suoi occhi apparivano castani per la luce.

"No." sbottò. Per Jeongguk era già insostenibile. "Idiota..." sussurrò fra sé.

"Se non ci fossi m'inventeresti, piccolo mio." gli recava ancor più fastidio. D'altronde era intenzionale.

"Jin... per cortesia." lo fermò il fratello. "Buongiorno, Jeongguk. Come stai?" Namjoon gli si rivolse cortese.

"Come sto?" alzò un sopracciglio al cugino. "Chiedilo - piuttosto - al qui presente infame Kim Seokjin." stizzito, fece pressione sulle braccia per sollevarsi dritto.

Namjoon guardò l'altro avvocato con aria interrogativa, piuttosto giudicatoria. "Cos'hai combinato?"

"Io?" una mano al petto per discolparsi. Seokjin aveva calcolato tutto. "Io non ho fatto assolutamente niente."

"Non fare l'innocente, coglione!" Jeongguk gli puntò il dito conto.

"Uhm... forse ti riferisci all'appuntamento con Malcom? Ti ho procurato un vero sugar daddy e tu mi ripaghi così?" gli mise un broncio bambinesco a scherno.

"Cosa hai fatto?!" Namjoon spalancò gli occhi in fronte al fratello. "Chi è questo Malcom?! E senza prima parlarne con me!"

"Ah, non preoccuparti fratellino." Seokjin scosse la mano con un gesto sbruffone. "Malcom è un tipo a posto-"

"Un tipo a posto?" Jeongguk alzò di nuovo il sopracciglio. "Un tipo a posto?!" ripeté ad alta voce.

"Ehi, Gguk. Cos'ha che non va, il mio amico Malcom?" quella scena si svolgeva davanti agli occhi di Namjoon incredulo.

"Mi hai presentato un sadico. Mi ha perfino dato dei fogli che dovevo firmare per farmi sculacciare e torturare-" cinguettò deciso. "Ti sembra un tipo a posto?"

Seokjin scoppiò in una risata malvagia. "Mi tolgo dal dramma, famiglia. Se mi cercate sono al piano bar a consolarmi con una cola."

"Vaffanculo, testa di cazzo." gli sussurrò Jeongguk. Era troppo timido per fargli una piazzata plateale.

Seokjin si allontanò tranquillo, fiero che il suo piano malvagio avesse funzionato alla perfezione. D'altronde, anche Namjoon - nel profondo - sperava che Jeongguk perdesse la voglia di trovarsi uno sugar daddy.

"Gguk, ascoltami..." suo cugino si massaggiò la tempia. "...sono sicuro che troverai la persona giusta quando smetterai di cercare." si avvicinò a lui quasi ad abbracciarlo. "Qualsiasi cosa sia successa, voglio tu sappia che..."

La porta scorrevole si aprì di scatto. Qualcuno fece irruzione nell'andito in cui i due cugini stavano animatamente parlando.

A quel semplice movimento, a quel sussurro silente di corpi fruscianti. Jeongguk si voltò verso il rumore percepito. Spalancò gli occhi incredulo.

"E tu che ci fai qui?!" con lo sguardo esterrefatto, Jeongguk non riuscì a trattenersi in quell'esclamazione. Scrutava la figura davanti a sé. Non riusciva a credere in una tale coincidenza.

"Gguk...? Tutto bene?" Namjoon, dubbioso, non riuscì a spiegarsi il perché di quella reazione improvvisa.

"Nam, stai attento. Questo tipo è sotto copertura." impanicato distolse lo sguardo da quella sagoma imponente per lui. "Lavora per la CIA, vuole incastrarti..."

Namjoon aggrottò i sopraccigli. "Gguk, ma che diamine..." non capiva quella sua ansia ingiustificata.

"Mi sembra di essere stato chiaro, piccoletto." la sagoma si dette voce. Di nuovo, un suono caldo e leggiadro sfiorò Jeongguk. Musicale, quel rumore gli arrivò alle orecchie. "Non sono della CIA."

L'uomo affascinante senza nome. Si poggiò con la spalla allo stipite della porta aperta.

Con un lieve sorriso lo guardava beffardo, a prendersi gioco di lui.

"Ehi, Gguk." Namjoon lo rassicuro. "È tutto okay, non spaventarti." gli sorrise appena si rese conto che le accuse erano tutte volte al suo collega - quell'uomo, per il biondo, ancora misterioso. "Ti presento, Taehyung."

"Piacere, Jeongguk." e lui gli avvicinò la mano. Stavolta - a quella seconda presentazione - con l'intenzione di stringergliela.

"T-Taehyung..." Jeongguk ripeté quel nome tanto cercato; si morse involontario il labbro.

"Per caso vi conoscete già?" Namjoon era a suo agio. Guardava il collega col sorriso stampato sulla faccia, felice di quella forse nuova conoscenza. Il più piccolo dei fratelli Kim era tanto ingenuo.

"S-sì... cioè no- ehm, voglio dire..." il biondo balbettava.

"Ci siamo incontrati al Palat per caso." rispose Taehyung per lui.

"Ah! Felice che vi conosciate già, allora." adesso volto al cugino. "Gguk, puoi stare tranquillo. Taehyung è un collega- lavora in associato con la Kim&Kim's Company per il caso Garcia."

"Perdonami, Nam." s'intromise l'altro. "Tutta colpa mia. Non ho avuto modo di presentarmi a dovere."

Bugiardo - pensò Jeongguk.

Se non fosse stato per lo squillo inopportuno del cellulare di suo cugino, si sarebbe dileguato veloce. Così, a scacciare l'imbarazzo. Non gli premeva di rimanere solo con Taehyung.

Non gli suscitava timore; non lo metteva in soggezione. Il suo era solo imbarazzo, nato per le circostanze in cui si erano conosciuti.

Sapere che avesse praticato quelle cose schifose - come a lui piaceva definirle - gli causava un certo tremito inspiegabile, incontrollabile. Il solo averlo vicino, lo rendeva strano.

"Oh, scusatemi. È importante." Namjoon pose lo schermo del telefono al petto. "Mi trovate al piano bar." si allontanò, intento nel partecipare a quella chiamata sottovoce.

Jeongguk e Taehyung. Rimasero soli.

L'uomo sulla trentina poggiato allo stipite della porta, con lo sguardo vago. Il biondo con gli occhi fissi increduli su di lui.

"Non è vero che non ti sei presentato a dovere." da dove gli venisse tutta quella confidenza. "Non ti sei presentato affatto."

"Sarei dunque un bugiardo?" Taehyung lo sfidò.

"Mmh- un po'." sfoggiò tutta la sua aria saccente, e questo perché Taehyung gliene dette modo. Poté continuare quel giochetto retorico, a malo modo interrotto qualche sera prima dall'uomo stesso. Jeongguk incrociò le braccia. Abbassò gli occhi, tendendo i muscoli dei suoi sopraccigli. Premeva di darsi un tocco di superficialità davanti a Taehyung.

"Perdonami, mi dispiace se sono stato scortese." gli parlava ancora dallo stipite, con lui di fianco. "Credevo non ti avrei più rivisto- Miami è grande..." gli sorrise.

Doveva accettare quelle scuse tanto oneste.

"Non ti sarebbe costato niente essere gentile." ancora con fare saccente. Si sede' sulla panca d'entrata, con la gamba a dondolare per la tensione.

"Dimmi, Jeongguk." imitò il suo gesto. "Quante possibilità c'erano che tu fossi proprio il cugino degli avvocati con cui lavoro?" in poco fu vicino a lui. Cercò il contatto, ma senza sfiorarlo - senza risultare invadente, in modo che l'altro non si sentisse a disagio. "Una su mille." poggiò la testa al muro.

"Continuo ad essere dell'idea che l'educazione non costi." si rifiutava di guardarlo, tanto vicino al suo volto.

"Ma io sono ricco." lo schernì. "Se è costoso posso comprarmela."

Lo prendeva in giro, come se fosse stato il più sciocco degli stupidi. Il corpo di Jeongguk era tutto un ribollire di fastidio. Tuttavia, c'era altro. Non seppe distinguere quella nube confusa; era troppo concentrato nel non farsi mettere i piedi in testa.

"Il vero ricco non ostenta, huh!" sbottò, ancora senza guardarlo.

"E tu saresti il vero ricco?" mai mettersi contro l'avvocato del fastidio.

"Sì." bene o male dove' difendersi.

"Allora perché vai in giro con un'orribile maglia camp di Valentino ed una pacchiana cinta di Gucci?" gli sghignazzava divertito. A Taehyung non stava antipatico, tutt'altro. Gli piaceva controbattere con lui; quel biondino inviperito che cercava di trattenersi dall'andare su tutte le furie era il suo nuovo passatempo preferito.

"E tu perché vai in giro vestito da anziano?" Jeongguk. Un ragazzo con la puzza sotto il naso.

"Ancora con questa storia dell'anziano, per favore..." si conteneva nel ridere.

"Non è colpa mia se a trent'anni entri in un locale in con la camicia da sciagurato e i pantaloni della guerra in trincea."

"Oh!" si poggiò una mano sul petto, falsamente ferito. "Mi sento offeso."

"La camicia cipria è da sfigato." si voltò a lui, guardandolo dal basso.

"Però hai guardato nello scollo..." fu avventato da parte sua.

Jeongguk divenne rosso in volto. Taehyung poté percepire il suo imbarazzo ben visibile. "Non ho guardato nello scollo!"

"Farò finta di crederci." e si alzò. Ogni mossa di Taehyung - da ottimo avvocato quale fosse - era ben calcolata sul nascere. Si alzò dalla panca, onde a far ristabilire gli umori di Jeongguk, ormai non più vicino a lui.

Lasciò che la tensione lo abbandonasse; che non avesse modo di vederlo finir d'arrossire. Con lo sguardo, volto alla vetrata davanti a loro, percorreva le scintille di luce che saltellavano sull'oceano.

"Hai accettato alla fine con quel tipo- come si chiamava...?" verso l'immensa distesa salata, gli parlava dalle sue spalle.

"Malcom." Jeongguk si fece serio. Si schiarì la voce. "N-no."

Il perché di quella domanda. Il perché a Taehyung interessasse sapere se Jeongguk avesse di fatto accettato la scellerata proposta di Malcom. Il suo acceso interesse verso la risposta a tal quesito suscitava in Jeongguk il bisogno di dissetare la sua curiosità.

"Meglio così. Era un sadico." Jeongguk non si aspettava il suo sferzante giudizio; d'altronde era un avvocato. Ma non poteva nemmeno dargli torto, per il furbo lacchezzo del cugino.

"Credo che non uscirò con nessuno sugar daddy per un po'..." ammise amareggiato.

"Mi dispiace, Jeongguk." si volse a lui, con le mani infilate nelle tasche dei suoi pantaloni cachi.

"Sono un tipo speciale." si scostò i capelli. "Non per tutti." guardò altrove. Distolse il suo modo di fare serio; gli si intrattenne adesso saccente.

"Credevo di essere entrato nella parte solenne del discorso." Taehyung gli avanzò un ghigno.

"Il mio è un discorso serio." lo guardò, incrociando le braccia. "Per te il sesso non è un discorso serio?" Jeongguk non scherzava affatto. Lasciò da parte il suo esser saccente, la sua volontà di gioco, il suo atteggiamento ludico e di scherno atto a risponder bene alle inviperite battute retoriche di Taehyung. Per Jeongguk il sesso era un discorso serio.

Non aveva mai baciato un ragazzo; non aveva mai sfiorato il proprio corpo a cercare un legame fisico con qualcuno. Ma già sapeva. Le sue intenzioni erano chiare; idee obiettive - precisa informazione - così da fargli desiderare un rapporto consenziente e protetto.

"Puro divertimento. Niente che possa andare oltre."

"Per me lo è." fu sicuro.

Taehyung non gli permise di bloccare il discorso lì. Desiderava continuare a parlare con lui; ogni scusa era buona, purché mirasse a tirar per le lunghe quella conversazione fra due sconosciuti - poi in fondo.

Dal canto suo, a Jeongguk piaceva ricevere da parte di Taehyung tutte quelle attenzioni.

"Perché non lo hai mai fatto, Jeongguk. È tutt'aspettativa, niente di che... a volte anche noioso." incrementava la sua sfiducia già con piccole scintille di cinismo. Non un tipo realistico, piuttosto incline al pensar negativo. E Jeongguk lo percepì.

"Non lo hai fatto con la persona giusta." penzolava le gambe giù dalla panca, adesso coi palmi sotto le sue cosce lasciate nude dai bermuda.

"Affatto." si volse ancora verso l'oceano. "Il motivo è un altro."

Taehyung emanava un certo alone di mistero, nonostante avesse gli rivelato il suo nome.

"Ehm... quale?" Jeongguk volle sapere.

"Non te lo dico." di nuovo. Il biondo sbuffò.

Un segno di disprezzo con gli occhi, da parte del biondo. "Mi critichi perché insisto con la storia dell'anziano, e poi tu continui a dirmi non te lo dico." gli fece il verso, adesso a lamentarsi.

"Hai ragione." quella lieve lusinga. "Non posso far conversazione con te in questo modo."

"Uhm- cosa?" Jeongguk si scostò sull'attenti. Tremò all'idea che Taehyung volesse interrompere la loro conversazione.

"Mi stai simpatico, Jeongguk."

"Ah! Tu - a me - antipaticissimo." il biondino si stizzì.

"Peccato." l'uomo alzò le spalle in segno di resa. Un gesto falso, fittizio; dove' intrattenere quella parte per continuare a giocare con lui. Far finta di essersela presa, simulare un atteggiamento permaloso era il modo in cui avrebbe ingannato l'animo sensibile di Jeongguk.

Gli volse immediato le spalle; le sue intenzioni erano quelle di andar via.

Di fatto, il suo passo incominciò lento, finché Jeongguk non lo afferrò per il manico arricciato della camicia. "Ehi, dove vai?" cinguettò. Taehyung lo guardò, senza dare a notare compiacimento e soddisfazione.

"A casa dal mio cane... almeno a lui sto simpatico." finto permaloso.

"C-cane?" ne rimase basito. Taehyung non era proprio il tipo da cane.

"Sì." gli affermò. "Ho un piccolo chihuahua."

"N-non sei sposato?"

Si morse la lingua. Tradì sé stesso con quella richiesta curiosa. Certo era una domanda legittima. Ma non affar suo - nemmeno di fondamentale importanza - sapere se Taehyung fosse sposato. Con una donna, s'intende.

Non poté bloccarla sul nascere. Gli sorse a getto, impossibile da fermare.

"No, non sono sposato." perplesso, Taehyung alzò un sopracciglio. Jeongguk ancora gli teneva stretto il lembo della manica.

E lì, in quel frangente di solitudine, percepirono una certa tenzione elettrica, nata da un contatto a loro prima sconosciuto. "Vivo da solo, Jeongguk." gli disse.

A quel punto, mollò la tanto caparbia presa.

Jeongguk si ricompose. "N-non hai una moglie?" ormai si era scavato la fossa. Ma se avesse dovuto sprofondare nel baratro della vergogna, lo avrebbe fatto con classe. Tanto valeva scender fino al fondo.

"Io non ostento, Jeongguk." lo ammise. Per la prima volta, l'acuta sensibilità di Jeongguk era stata surclassata dalla bravura nel recitare di Taehyung.

Gli occhi del biondo s'allargarono a vista. "E chi ostenterebbe?" realizzata la sua sottile arguzia, rispose stizzito. Era un chiaro e palese riferimento nei suoi confronti. "Io non ostento. Il mio è orgoglio."

Incrociò le braccia, adesso in fronte a lui. Impettito, arrabbiato, con gli occhi sbarrati a mostrargli una certa disapprovazione per ciò che gli avesse detto. "Per caso ti vergogni?"

Jeongguk lo punse là dove avesse la carne debole. Che non s'accettasse non l'avrebbe mai affermato; Taehyung era stato bravo nel recitare una parte a lui imposta dal ben pensare comune. Che gli stesse stretta, il biondo vicino a lui, lo poté percepire nel medesimo frangente di quell'infelice affermazione.

Si vergognava di sé stesso; talvolta a disagio di parlar su cose - per sé stesso - intime. Ma Jeongguk non si spiegava il perché lo volesse nascondere proprio a lui.

D'altronde, non aveva niente di speciale che lo rendesse diverso agli occhi di Taehyung rispetto agli altri. Per lui era solo un conoscente; e celare le sue preferenze con lui, così come con qualsiasi altro, era per l'avvocato abitudinario.

"Vuoi un passaggio?"

Taehyung cambiò discorso. Sapeva che contro Jeongguk non avrebbe avuto alcuna chance di farla franca. Non era il tipo da piazzata plateale; nemmeno da lasciar passare cose che non gli andassero a genio.

"Mmh... no, grazie. Chiamo il mio autista."

Era lui a dover andarsene per primo. Quasi deluso da quella sua affermazione.

Mentì a dirgli che era la persona più fastidiosa che ebbe mai conosciuto, perché, al contrario di quanto dicesse, a Jeongguk piaceva ricevere tutte quelle attenzioni da un uomo molto più grande di lui. Lo faceva sentire vivo, all'altezza del tutto.

Ma con una sola frase lo deluse. E tale motivo di delusione non venne accettato dal biondo, segnato dall'orgoglio. Sotto quel frangente i due erano profondamente diversi.

Rimetteva insieme i pezzi di quella conversazione.

Lui, Taehyung - ad un passo dal suo volto. Così vicini, un attimo dopo tanto più lontani.

Jeongguk aveva la mente colmata da pensieri che lo attorniavano di uno strano sentimento. Non gli premeva la spiegazione sul perché si sentisse lusingato dalle attenzioni dell'uomo; non desiderava andare a fondo su di sé. Piuttosto era proiettato ad un pensiero estroverso.

L'Altro; ciò che stava al di fuori di sé.

Jeongguk cercava Taehyung.

BURN BOOK - Jeongguk's diary

Rullo di tamburi; suonano le campane della Pasqua. C'è grande festa alla corte di Francia. Persone & persone, non è nata Lady Oscar. Taehyung non è eterosessuale! Non è eterosessuale!

Io non mi sbaglio mai, ma questa è la prima volta in assoluto. Ed ammetto la mia contentezza per averci visto male.

Beh, in realtà non che m'importi di Taehyung - ovviamente. Chi vorrebbe mai stare con un cesso, anziano, rattrappito, zitello, rincoglionito (ha pure un chihuahua) del genere? Certo non io. Io sono la perfezione, e, in quanto tale, pretendo molto - ma molto - di più. A suo vantaggio, devo ammettere che è un bell'uomo, ma si sgrazia con quelle camicette da eterosessuale deficiente.

Non ho certo bisogno di un minorato mentale a rimproverarmi il fatto che io "ostenti". Con quell'aria da superiore ha avuto il coraggio di rinfacciarmi a mo' di ramanzina il mio orgoglio. E se proprio ti dà fastidio - mio caro depressed daddy - che io "ostenti', sappi che lo faccio quanto voglio. Io "ostento" quanto mi pare e piace, anzi sono proprio orgoglioso di come sono e voglio sbatterlo in faccia al mondo. Poverini quelli che non sono perfetti come me, huh!

Sinceramente meglio "ostentare", piuttosto che essere un cesso idiota represso come lui.

Mi ha fatto... ehm- pena (?).

Almeno ci ho preso che era zitello. Vive con il suo chihuahua... che sfigato!

Pff- oggi era proprio vestito male. Dei pantaloni cachi del mercato ortofrutticolo di Miami e una camicetta da contadinello dell'Ohio. Torna dalle mucche a farti leccare i capelli! Ew, ed ha pure il coraggio di biasimare il fatto che mi sia vestito camp. Il mio outfit Valentino non è camp. Camp sarai tu, coglione!

Sarebbe il mio sugar daddy perfetto, se non fosse così... borioso, e bigotto. L'attimo prima è fastidioso, poi scherza, poi è di nuovo serio. Lunatico, a dir poco (sospiro amareggiato frustrato).

Sono sprofondato dalla vergogna quando mi sono lasciato scappare quella domanda. Accidenti a me e alla mia boccuccia splendida - perché non tengo mai a freno la lingua!

Chissà cos'ha pensato quel pervertitello- non ci voglio minimamente pensare. Ha l'aria da santarellino, ma poi - mi ha detto - pratica quelle cose schifose di Malcom. Sculacciate, corde, tortura dei genitali... ma torturati il tuo piccolo cazzetto contadinello trumpiano!

Beh... almeno la pulce nell'orecchio gliel'ho messa; non si sa mai che abbia voglia di fare dello splendido sesso con me che sono altrettanto splendido. Si splendidizzerebbe anche lui! Ma- preferisce rimanere nella mediocrità più assoluta con quelle camicette sfigate da falso eterosessuale. Poverino, che pena Mr. Avvocatesso!

Stamattina non aveva quell'orribile leccata di vacca in testa, come la sera al Palat. Tutt'altro...

I suoi capelli erano lucidi, morbidi, pettinati precisi sui due lati della fronte; i suoi occhi brillavano alla luce del giorno, come due lustrini in mezzo al golfo di Miami. E le sue labbra... ma che dico!

Bleah, ew, che schifo! Mr. Taehyung contadino capitalista esci dalla mia testa! Smettila di darmi fastidio e vai a rompere il micropene del tuo sicuramente orribile chihuahua.

Devo assolutamente sapere tutto di lui. Quando è nato, il suo cognome, dove abita...

Non che sia interessato, eh. Nemmeno un po' (no, bleah, ew)! Devo farmi i cazzi suoi, devo sapere che posti frequenta per evitarlo.

Sparisci dalla mia visuale cesso rincoglionito decrepito!







nda: Vorrei che non passasse alcun tipo di messaggio discriminatorio. Mi preme si capisca l'idea di un profondo conflitto generazionale fra due personaggi provenienti da tempi totalmente diversi. Kim Taehyung, dall'epoca millennial; Jeon Jeongguk di generazione Z. Il primo nasce e cresce in un'epoca più bigotta, in cui la sessualità varia e fluida è meno discussa ed accettata; l'altro percepisce il vento del cambiamento dell'ultima e rivoluzionaria generazione. Accetto qualsiasi tipo di critica, purché costruttiva; non esitate a farmi sapere cosa ne pensate.

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