Come la luna sull'acqua chiar...

MaliaInk tarafından

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Andrea era partito, lasciando Serena sola con le macerie del loro passato e i fantasmi di un futuro mai reali... Daha Fazla

ALERT
PROLOGO
2.SOPRAVVIVERE
3. RIVEDERSI
4.RIAVVOLGERE
5.RIMORSI & RIMPIANTI
6.HERE WE GO AGAIN
7.(RE)START
8.LITTLE FREAK
9. ARMISTIZIO BIANCO
10.GEOCHRISTMAS PARTY
11.L'EQUAZIONE DI DIRAC
12.EQUILIBRIO TRA DOLORE E GIOIE I
13. EQUILIBRIO TRA DOLORE E GIOIE II
14. RIFLESSI E RITORNI I
15.RIFLESSI E RITORNI II
16.CATARSI
17. SE É QUELLO CHE VUOI
18.LASCIAR ANDARE
19. FIORI ROSA, FIORI DI PESCO
20.CHE RUMORE FA LA FELICITÀ?
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

1.TRA TE E IL MARE

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MaliaInk tarafından

Le luci al neon della sala abbagliavano e rendevano difficile vedere la grande platea riunita, entusiasta, nell'auditorium dove si teneva la conferenza.

Non che avessi avuto voglia di vedere qualcuno, ma quella luce artificiale era fastidiosa e irritante.

Volevo tornare nella mia stanza buia e sprofondare nel dolore come sempre.

Alle mie spalle, la grande gigantografia della copertina del primo disco dei Black Leater Jackets campeggiava maestosa, ma a me sembrava solamente una chimera pronta a ghermirmi.

Intercettai una domanda di una giornalista sull'eventuale preparazione di un secondo album in studio. Non era rivolto a nessuno in particolare, ma qualcosa mi diceva che si aspettassero che io rispondessi.

«In realtà...» intervenne Fabio, il nuovo manager «...siamo appena tornati dal primo tour mondiale della band. I ragazzi preferiscono non sforzarsi troppo, in modo da garantire un prodotto soddisfacente alle migliaia di persone che li seguono e li supportano.» sfregò le mani sul jeans scuro «Vi assicuriamo, comunque, che stiamo buttando giù qualche idea, anche se è ancora in fase embrionale, e che i primi a esserne informati saranno proprio i nostri cari e amati fans.»

La verità è che sta andando tutto a puttane. Questo avrebbe dovuto rispondere.

Sta andando tutto a puttane perché da quella serata primaverile il mio cuore si era fermato. Non scrivevo più, non suonavo più e non avevo neanche così tanta voglia di farlo.

Ero completamente fuori fase, un asteroide impazzito che ormai era uscito dall'orbita della felicità.

Ma il fatto è che forse non volevo neanche rientrarci nell'orbita. Ormai lui era sparito. Si era volatilizzato nel nulla e nessuno di loro aveva più avuto notizia. Neanche Daniele che si affannava a rintracciarlo.

Per quanto ne sapevo, poteva benissimo essere morto in una delle tante escursioni avventurose che amava tanto fare. Una fitta mi trafisse al solo pensiero, gettandomi ancor più giù di quanto già non fossi.

Eppure in quel dolore io stavo così bene. Forse ero masochista? Paradossalmente, il dolore al pensiero di averlo perso era nulla al confronto di quello che provavo quando in me si affacciava l'ipotesi che quel dolore, prima o poi, sarebbe svanito.

Non volevo lasciarlo andare. Non potevo lasciarlo andare. Perché lasciarlo andare voleva dire dimenticarlo, cancellarlo dai miei pensieri e dal mio cuore.

Preferivo morire piuttosto che dimenticarlo.

Se ricordarlo con dolore sarebbe servito a sentirlo vicino, allora lo avrei ricordato ogni secondo della mia vita. Per sempre.

Anche se questo implicasse essere masochista.

Del resto, la nostra storia è stata masochista.

«E ora un'ultima domanda per Serena.» alzai gli occhi sul giornalista dal completo inamidato « Silver rimane ancora al primo posto di tutte le classifiche nazionali ed internazionali. Tutti noi però ci stiamo chiedendo: è stata scritta pensando a qualcuno?»

Ed eccolo lì. Il sottinteso. Nessuno di noi aveva più nominato quel nome, il suo nome.

Nessuno. I ragazzi, le mie amiche. Nessuno si era più azzardato a nominare quel nome che comunque era una presenza ingombrante.

Nessuno aveva più nominato Andrea.

In realtà, neanche io lo avevo più nominato.

Eppure un tempo mi piaceva tanto nominare il suo nome.

Andrea.

Un nome così potente, come potente era lui. Un nome virile, che indica qualcuno di mascolino, ma anche forte e coraggioso. Tutte qualità che lui non ha.

Come al solito avevo cucito addosso ad una persona un abito che gli stava troppo stretto per indossarlo a lungo.

E, allora, visto che la persona che credevo non esisteva, tanto valeva farlo sapere al mondo intero.

«No. Non è stata scritta pensando a nessuno.»


                                                                                              💠

«Gatto malefico!» sorrisi alla piccola briga tra Elia e Milo. Quei due non riuscivano proprio ad andare d'accordo.

Il ragazzo si lasciò cadere sul dondolo accanto a me, sorridendomi contento. «Non hai mangiato nulla.»

«Beh..» scossi le spalle «..non ho molta fame.»

«E mi faresti un torto così grave?» finse un tono melodrammatico «Non riesco a tollerarlo!» portò platealmente una mano alla fronte e si stese sul dondolo, mimando uno svenimento.

Scoppiai a ridere, con lui mi riusciva naturale e forse era uno dei pochissimi con cui lo facevo.

Avevo conosciuto Elia nell'ospedale psichiatrico dove ero stata ricoverata, i suoi occhi azzurri così puri mi avevano conquistata fin dal primo sguardo.

Elia si trovava in quell'ospedale per via della droga. La ragazza con cui usciva si faceva in vena e, col passare dei mesi, era riuscita a trascinare giù anche lui. Ma fu quando lei lo lasciò per un uomo più grande e vecchio di lei, che lucrava sul traffico d'armi e di droga, che lui toccò il fondo, costringendo i genitori a ricorrere alle maniere dure.

Stringere un rapporto con lui venne spontaneo.

«Come stai?» mi chiese gentile, facendosi improvvisamente serio «Le interviste ti stancano.»

Scossi le spalle, senza sapere cosa dire. Ormai andavo avanti a fatica, mi trascinavo vuota e vagavo, sopravvivendo, di attimo in attimo senza effettivamente provare nulla. Tranne il dolore.

Ancora oggi, dopo tutto quel tempo, ricordare i momenti passati con lui era straziante. Ad ogni intervista, ad ogni firmacopie si ingigantiva, arpionandomi l'anima e non lasciarmi andare.

Da quando Andrea mi aveva lasciato non avevo fatto altro che aspettarlo, chiamando un numero che suonava a vuoto. Come con il tempo era diventato il mio sguardo.

Ormai avevo completamente perso la cognizione dello scorrere degli eventi e della ragione. Per troppo tempo mi ero svegliata piangendo, per troppo tempo avevo portato le mani tra le ciocche dei miei capelli strappandoli e per troppo tempo avevo preso medicine che mi stordivano, portandomi ad uno stato catatonico perenne.

Per molto tempo, la mia stanza era stata formata da pareti bianche asettiche, dalla flebo di liquidi per reidratarmi e dal bip degli elettrodi sempre troppo flebili.

Ero diventata un fantasma. Un'ombra di me stessa.

Della Serena che lui amava, non era rimasto più nulla. Con lui era partita anche quella parte di me che amava la vita, quella parte che non sarebbe tornata mai più.

                                                                                                  💠

Portai la mano sulla nuca che affondava su di me con maggior pressione. La sua bocca era estremamente calda e mi regalava una sensazione bellissima ed intensa ogni volta che facevano l'amore.

Mi lasciai andare a gemiti e mugugni più profondi, mentre stringevo la presa sulla ragazza e la stanza ci incendiava.

Sentii le mani di Serena accarezzarmi gli addominali contratti e sudati e tanto bastò per portarmi sull'orlo di un orgasmo potente, capace di farmi perdere in me stesso ed in lei.

Dopo qualche secondo di stordimento, aprii gli occhi e nella mia visuale comparvero due gemme d'ambra incastonati in una matassa di capelli arruffati. Le guance di Serena erano di un rosso molto simile al completo intimo che le avevo strappato di dosso, le succedeva sempre dopo che mi aveva dato piacere con la bocca e io le adoravo.

Si stese su di me, schiacciando le sue forme sul mio corpo asciutto ed appoggiò le mani sotto al mento, guardandomi innocente. Mi stava provocando di nuovo.

«Stai bene?» mi chiese «Non vorrei ti prendesse un infarto. Hai sempre una certa età.»

La sculacciai e lei miagolò un verso di dissenso. «Mi sembravi più loquace qualche minuto fa.»

Risi di gusto. «Scommettiamo che tra poco quello che sarà loquace tra i due non sarò io?»

Serena sorrise e cominciò a sfiorarmi la mandibola con la bocca, lasciandomi una scia di baci caldi che scendevano fino alla gola. Cominciò ad accarezzarmi le braccia e le spalle finchè non mi lasciai andare di nuovo in balìa delle emozioni che lei mi procurava.

Un dolore mi fece ripiombare nella realtà, annaspai in cerca d'aria ed il mio sguardo cadde sull'origine di quel dolore: un pugnale era conficcato nel mio cuore, facendolo sanguinare.

Sentii la vita che piano piano defluiva dal mio corpo e portai lo sguardo su di lei, che mi guardava vuota, priva di qualsiasi linfa vitale. «Dritto al cuore, come tu hai fatto con me.»

Aprii gli occhi, stordito da quel sogno e dalle emozioni che mi aveva lasciato. Scocciato, guardai i pantaloni della tuta stretti all'altezza dell'inguine. Non ce la facevo più e non sapevo quanto sarei riuscito a resistere.

Immaginavo che se avessi voluto avrei potuto soddisfare le mie voglie. Diana, l'ingegnere della piattaforma, non aspettava altro; ma non volevo essere toccato da nessun altro che non fosse stata lei.

Mi alzai dal divano, sbloccando il telefono. Era rimasto ancora fermo sulla foto di Serena presente nella mia galleria. Ricordavo quel giorno: doveva fare il vaccino contro l'influenza ed era terrorizzata, riuscii a corromperla con la promessa di una colazione nel suo bar preferito. Ricordavo la gioia nel vedere il grande muffin alla vaniglia nel piatto e i suoi buffi tentativi di non sporcarsi con la panna.

Sembrava così giovane e bella.

Chissà come stai ora. Chissà se avrai ritrovato il sorriso che io ti avevo cancellato dal viso.

La verità è che mi manchi tanto e non riesco a vivere senza di te.

Mi sono imposto una lontananza pensando che, col tempo, ti avrei dimenticata. Magari quando la rabbia e la delusione avrebbero lasciato posto alla consapevolezza di qualcosa che è finito, cristallizzato a quel momento, nel passato.

Ma il fatto è che ti amo ancora come il giorno in cui ti ho vista in quel video.

Uscii sul balconcino, l'aria salmastra mi avvolse e mi regalò un lieve giovamento. Il matrimonio di Daniele si stava avvicinando, e non potevo mancare.

Seppur controvoglia, dovevo andare a quell'evento e cercare di renderlo felice, anche lui aveva sofferto tanto a causa mia, ero in debito con lui.

Cercai di placare il sussulto del mio cuore al pensiero di rivederla. Dovevo resistere alla tentazione di vederla. L' avrei ammirata da lontano, il giorno del matrimonio, e poi mi sarei volatilizzato come piuma appena finita la cerimonia.

Non avrei permesso alle mie gambe di andarle incontro, alle mie braccia di stringerla e alla mia bocca di sussurrarle parole d'amore.

Dovevo evitarla il più possibile o sarebbe stato ancora peggio. Lei sarebbe stata peggio.

Non potevo farmi questo. Non potevo farle questo.

___________________________________

Salve a tutti e rieccomi!

Prima di tutto, grazie mille per i messaggi di affetto che avete avuto nei miei confronti.

Io sto bene, solo che l'ultimo anno di università è pesante e non sempre riesco a scrivere.

Però vi ho promesso che non mollo questa volta, e sarà una promessa che manterrò. Ve lo giuro!

Grazie mille ancora per il vostro affetto e spero che vorrete farmi sapere cosa ne pensiate del capitolo.

Un abbraccio!

Okumaya devam et

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