REBORN

By sallyyycanwait

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Cassandra è la sorellina minore del piú spietato boss di New York. Quando i loro genitori sono morti e Klaus... More

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CAPITOLO 3
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CAPITOLO 6
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CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
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CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
CAPITOLO 43
CAPITOLO 44
CAPITOLO 45
CAPITOLO 46
CAPITOLO 47
CAPITOLO 48
CAPITOLO 49
CAPITOLO 50
CAPITOLO 51

PROLOGO

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By sallyyycanwait

« Cass, Cass! »
« Che vuoi? »
« Ti va di guardare l'alba? »
« Eh? »
« L'alba, ti va? »

« ...Hai una sigaretta? »

Cassandra non aveva neppure aperto gli occhi chiari, non aveva neanche riconosciuto la persona a cui apparteneva la voce che l'aveva svegliata.
Non era certa se avesse smesso di risponderle o fosse lei che ormai non sentiva più, comunque tornó a dormire, perchè era quello che il suo corpo implorava. Volse il capo dall'altro lato, i capelli le rimasero incollati sul viso.

« Cazzo, cazzo, Cass! »
« Guardala da sola l'alba, cazzo. »
« Non è quello... che schifo... »
Un sospiro pesante si levó dalle narici della giovane, non capiva con chi stesse parlando, solo dopo qualche secondo il suo cervello mise a fuoco il viso della sua migliore amica, o una specie. Si conoscevano da quando erano piccole, non avevano scelto di diventare inseparabili, eppure lo erano, legate da due famiglie che avevano deciso per loro un destino simile. « Che schifo, Cass... »
Cassandra grugnì infastidita, serró i denti e mosse le dita delle mani intorpidite per spingerle contro il materasso e usarle come leva per tirarsi su. Appena staccó il corpo dalla superficie morbida un dolore profondo e lancinante le perforó le tempie, e si allargó oltre la nuca da dietro, fino al collo. Cazzo. Si portó la mancina contro la parte superiore del naso. Non aveva ancora voglia di aprire gli occhi. « No, aspetta— rimettiti come prima! » Sentì Vanessa avvicinarsi, le mise una mano su una spalle e fece per spingerla nuovamente verso il basso.

Cassandra a quel punto s'infastidì ancora di piú, con un gesto veloce le colpì il braccio e si liberó dell'amica. « Ma che problemi hai. » mormoró piano, scuotendo il capo. Schiuse le palpebre, la luce troppo forte dell'alba appena sorta le brució le iridi cristalline, abbassó il mento d'istinto, sulle gambe aveva un lenzuolo chiaro, non teneva per niente caldo.
Non c'erano coperte?
Come c'era arrivata lì?

Cadde una goccia rossa sul tessuto di cotone bianco. Poi due, tre.
Assottiglió lo sguardo. Sangue. Scivoló con lo sguardo più indietro, anche il suo top era sporco di rosso. Ecco a cosa si riferiva Vanessa.
« Era di Missoni. »
L'amica parve improvvisamente allarmata. Allargó lo sguardo scuro e vispo. « Ma non è che dobbiamo chiamare un
dottore? »
« Ma che dici. » La voce era ancora resa ruvida dal sonno.
Vanessa alzó le spalle. « Che ne so. »

Cassandra si prese un momento di pausa, recuperó le forze necessarie per porre la sua domanda. « ...Hai una sigaretta? »
« Mh. » Vanessa si volse in direzione opposta, camminó a piedi nudi sul parquet e arrivó al lato della poltroncina che stava difronte al letto, sollevó da terra una borsetta di Vuitton e tiró fuori dalla tasca interna due sigarette, le teneva sparse perchè era troppo piccola e il pacchetto non c'entrava. Se ne portó una alle labbra, l'altra la lanció sulle coperte leggere che coprivano le gambe di Cassandra. « Tieni anche questi. » Le fece arrivare anche dei fazzoletti di carta.

« Mh. »
Vanessa scosse la testa, i ricci neri ballarono attorno al suo viso spigoloso. « Comunque l'alba era bella. » Si, ci credo.

« Non è che hai qualcosa per la testa? »
« In che senso? » Le dita olivastre dell'amica si allungarono all ricerca di un posacenere.

« Nel senso che mi fa male, una cosa per il dolore. »
« Si, in bagno. » Lasció la borsetta costosa a terra, prima peró ne estrasse un accendino di YSL, comprato a Parigi qualche settimana prima.

Quando Cassandra lo ebbe tra le mani se lo rigiró lentamente sotto gli occhi. « È stra tamarro questo coso. »
« E che me ne frega. Anche avere i vestiti sporchi di sangue. »
« ...È un Missoni. » La voce adesso era nasale, aveva premuto contro le narici un fazzoletto bianco, la sigaretta stretta tra le labbra e l'altra mano occupata ad accenderla. Per poco non diede fuoco al fazzoletto.
Vanessa piegó le labbra carnose in un sorrisetto dovertito, come se quella non fosse casa sua, il suo letto. « Si, pieno di macchie rosse. »

Il freddo le fece tornare alla mente il sio cappotto caldo di lana. Avrebbe tanto voluto indossarlo. « Credo di aver perso il cappotto. »
« È in bagno. »
« E perchè? »
« Perchè te lo sei tolta prima di vomitare. »
« Ah, menomale, è uno dei miei preferiti. »
« Si? »
« Mh. E perchè tu ricordi ogni cosa?
Perchè stavi bene? »
« Perchè non ho esagerato, con niente. » Santarellina.
« Che palle. » Un colpo di tosse le graffió la gola appena prese un tiro dalla sua Winston.
« Io so quando fermarmi, Cass, tu vai avanti finchè non crolli. »

La bionda non aveva il fiato per arrabbiarsi.
« Mi sembri mio fratello. »
Peccato che non ci parli più.
« Non è che ha sempre torto. »
« Dici così solo perchè te lo scoperesti. »
« Me lo scoperei anche se non fossi d'accordo con lui. »
Cassandra si mise a ridere, smise quando si accorse che la testa le faceva troppo male, ancora. « Che troia. » Vanessa si limitó a a rivolgerle uno sguardo colpevole.

« Quello di ieri chi era? »
« Chi? » Cassandra non capì.
« Quello che ti ha salutato. » Chi?
« Non mi ha salutato nessuno che non conoscessi anche tu. »
« Si, mentre uscivi per andare a fumare... »
« Non ho visto nessuno, e menomale che ero io quella che non sapeva gestirsela. »

« Uno ti ha salutato. » Lo ribadì con un tono più serio. Ma perchè era così importante?
Cassandra roteó lo sguardo, scocciata.
« E io? »
« Gli hai tipo sorriso. »
Prese un altro tiro.
La bionda fece per pensarci, poi decise che non le interessasse. « ...Senti non me lo ricordo. » Per qualche motivo il suo cervello aveva archiviato quella cosa tra le memorie non importanti, e le andava bene così.
Vanessa alzó le spalle. « Peccato. »
« E perchè? »
« Era carino. » Cassandra storse la bocca, se lo fosse stato sul serio se lo sarebbe ricordata.

« Il naso mi sanguina ancora? »
« No. »
Allora posso tornare a dormire. Spense la sigaretta ancora a metà nel posacenere, poi crolló stanca nel letto, sporca di sangue e di una serata che per fortuna non ricordava. Cercó di tirarsi sul corpo anche le coperte pesanti, rimaste all'esrremità del materasso. Probabilmente da ubriaca non aveva avuto molto freddo.

« Ma prima lavati, almeno. »
« Ma tu non hai sonno? »
Vanessa alzó un sopracciglio, rivolse un'occhiata veloce al cassetto vicino al comodino, poi assottiglió le iridi marroni. Le labbra si contorsero in un ghigno malizioso, incupì perfino l'alba e il sole appena nato. Cassandra la osservó per qualche secondo. « Non ci credo, tirala fuori. »
« Ma se stavi sanguinando fino ad ora. »
« Non rompere. » Si mise sulle ginocchia e scansó bruscamente le coperte. Un'ondata di freddo gelido si scontró sulle sue gambe.

Vanessa sospiró rassegnata, non poteva farle nessuna predica. « È nel comodino. »
Cassandra allungó le dita sul pomello in ferro battuto del cassetto del comodino lucido, era sicuramente antico, qualche eredità di parenti nobili. « Grazie. » Tiró fuori una bustina trasparente, all'interno della povere bianca pareva risplendere illuminata dai raggi del sole che la raggiungevano dalla finestra.
S'inginocchió a terra, davanti al comodino per raggiungere l'altezza giusta. Cercó qualcosa che somigliasse ad una carta di credito, ne trovó una nella sua borsetta, abbandonata vicino al letto.

Arrotoló freneticamente una banconota tra le dita pallide e fece scivolare la cocaina nel naso.
Grazie a Dio. « Menomale che ce l'avevi. »
« Non l'hai finita vero? »
« Ti pare? Mica voglio morire oggi. »
« Andiamo a fare colazione? »
« Si, prima nascondiamo questa. » Prese tra le dita la stessa bustina di prima e ripulì quello che rimaneva sul comodino con un gesto della mano, veloce. « Stasera c'è quella festa di inaugurazione del nuovo locale del tuo amico... come si chiama... » Parlava veloce, aveva le pupille allargate ed era quasi contenta.
« Il Notre-Dame? »
Si passó una mano sotto il naso come se avesse dovuto pulirsi da qualcosa. « Si, quello a Parigi. »
« Ma siamo in Italia. »
Cassandra alzó le spalle, come se stesse ribadendo una cosa ovvia. « Appunto, siamo vicine. »
« Sei pazza. »
« Dai, almeno così faccio divertire anche Klaus, a saltellare da un posto all'altro per capire dove sono. »
« Cioè è per questo che lo fai?
Per un dispetto? »
« Tanto lo so che mi fa controllare di nascosto. »
Pareva esaltata, nervosa, un po' nevrotica mentre giocava con le dita stringendole e piegandole.

Si alzó di scatto, stava per mettersi a cercare il cappotto quando capì che non potesse uscire di casa con il top sporco di sangue. « Senti non è che mi presti qualcosa? »
« Prendi quello che vuoi dal mio armadio. »

Vanessa era italiana, o meglio, lo era la sua famiglia, perchè lei in Toscana non ci aveva mai vissuto. Conservavano alcune proprietà in cui entrambe ogni tanto si rifugiavano, come quella in montagna, a Cortina; l'ultima volta che i genitori di lei c'erano stati, entrambe andavano ancora a scuola. La mantenevano lì, solo per ricordare all'Italia che ci fossero, che fossero sempre troppo ricchi per considerare quella villetta uno spreco.

« Ma scusa perchè non andiamo a Berlino o in quei posti lì? Lì le discoteche sono meglio. »
Cassandra si era già messa a cercare nell'armadio qualcosa che le stesse bene, i gusti erano simili a quello dell'amica, ma non sceglieva mai a caso i propri abiti: l'apparenza era fondamentale, era la cosa più importante. « Ci andiamo dopo, no? »
Vanessa fece per pensarci, poi annuì. « Si, hai ragione. »

La bionda tiró fuori da un cassetto un maglione di cachemire firmato Cucinelli, caldissimo. « Peró sbrighiamoci, voglio comprare qualcosa da mettermi lì. »
« Cioè non vuoi passare a prendere i tuoi vestiti? »
« Dovrei tornare in America? »
« Scusa sei venuta qui solo con quella roba addosso? »
« Eh si. Tanto potevo usare le tue cose, no? »
« E ora vuoi ripartire senza avere niente? »
« Ho le cose importanti, il resto si compra. »
« Quali sarebbero le cose importanti? »
« Passaporto, telefono, trucchi... carta di credito. »

« Sei unica. »

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