Ten days [Vmin]

By BTSFanficparadise

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[MINI STORIA]Questa storia la definirei "slice of life". È un semplice racconto di due ragazzi il cui rapport... More

Qualche parola prima di partire
-
"Mazzo di paranoie"
"Forse ho cambiato idea"
-
"Troppo diretto"
"Di ritorno"
"Emozioni disordinate"
"Casa nuova"
"Cuore rilassato"
"Dopo la neve, il ricovero"
"L'hai tradita?"
-
"Andiamo a ballare."
"Rimani in equilibrio"
"La parte migliore è sotto le coperte"
-
"Impaziente e innamorato"
"Ultima sera prima della fine"
"Il miglior posto."
"La resa dei conti"

"Sta nevicando?"

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By BTSFanficparadise

TAEHYUNG

Giorno 3

Sono in ritardo, di dieci minuti. Non dovrei provare l'ansia che provo, ma mi sento un pò in colpa. Se solo questa città avesse piú parcheggi. Stasera fa pure un freddo bestia. Avevamo pensato ad una passeggiata dopo cena, ma non credo che ne usciremmo intatti. A lunghi passi vado verso il ristorante. Ed eccolo, piccolo, raggiante. Bellissimo. Nel suo giaccone nero che si guarda intorno spaesato.

"Jimin, eccomi, grazie per avermi aspettato." Faccio un mezzo inchino.

"Non ho aspettato tanto." Allarga le braccia come un bambino che vuole essere preso in braccio. Le avvolge intorno al mio collo, proprio come ieri sera, quando era mezzo addormentato. Lo abbraccio volentieri. Si è dato moltissimo profumo, oggi. È profumato come una saponetta.

"Grazie comunque." Scendo a baciarlo, cogliendolo alla sprovvista. Un piccolo bacio a stampo che fa comparire un enorme sorriso sulle sue labbra. Perfettamente bello.

"Andiamo, ho ordinato a mio nome." Alla fine abbiamo optato per un 'all you can eat'. Non vedo l'ora di entrare. Non ho fatto merenda solo per questo motivo, sto morendo di fame. Potrei inglobarbi pure il cameriere.

Arrivati alla reception, dico il mio nome e ci guidano verso il nostro tavolo. In questo ristorante hanno il tablet per prenotare. Lo adoro. Arrivati, vedo che la seduta è uno di fronte all'altro. Odio quando è cosí, mi piace averle accanto le persone. Però è difficile usare l'ipad, se mi metto accanto a lui. Per stasera sopravviverò.

"Sai che dovrebbe nevicare?" In automatico cerco una finestra per guardare fuori, noi abbiamo un muro accanto.

"Stasera o forse stanotte." Aggiunge. Ho le catene nel caso?

"Spero non stasera, non ho idea di come si mettano le catene alla ruota."

"Io le ho messe un paio di volte, al massimo ti salvo io." Si propone lui. Ha messo un maglioncino bianco, molto leggero a collo alto. Sempre molto aderente, mostra i pettorali e la vita sottile. Molto, ma molto bello. Io ho optato per una giacchetta leggera. Visto che il giubbotto è molto pesante.

"Non ho mai capito come fanno a non danneggiare le gomme." Mormoro. Sono catene di ferro, sotto a gomme. Non si rompono? Mah.

"Non ne ho idea, ma sono utili." Se la ride. Io lo guardo. L'ho di fronte, ma è come se fosse lontano. Allungo una mano, cercando la sua. È fredda. Provo a portarmela alla bocca per scaldarla.

"Ieri sera sono proprio svenuto, mi dispiace." Posa la testa su una mano, si avvicina.

"Sono morbido e soporifero." Gli faccio l'occhiolino, lui alza gli occhi al cielo e mi guarda con tono di sfida.

"Lo sei." Ridacchio.

"Senza vestiti, lo sono ancora di piú." Altro occhiolino, lui lascia cadere la testa ridacchiando.

"Vedremo, vedremo." Allontana la mano dalla mia, mi guarda di sottecchi. Accendiamo lo schermo dell'ipad, iniziando ad ordinare. Lui ordina solo sei piatti, per il primo round, io il doppio. Quando vede il numero degli ordini, strabuzza gli occhi.

"Ecco perchè non vado a quello alla carta, sono una fogna." Constato.

"Ho notato. Da bere? Coca?" Annuisco. Per sgrassare.

Le pietanze arrivano, uno dopo l'altra. Ci ritroviamo il tavolo invaso da piatti. Non entrano tutti. Io faccio il mio, divorando i miei.

"Oggi come è andata a lavoro?" Dice, venendo a togliermi qualcosa dalla faccia. Mi solletica nel farlo.

"Stancante...tanto stancante. Ultimamente abbiamo un macchinario che va una volta si, una no. Presto arriverà quello nuovo. Ma sarà un problema installarlo. Tu?" Come ci penso mi viene angoscia. Dobbiamo mantenere attiva la produzione con un macchinario che non ne può piú di marciare. Quello nuovo arriverà fra un mese, ma ho paura che saranni molti di piú.

"Da me bene, dai. Tutto nella norma."

"Ma in che ufficio lavori?" Domando, non ho ancora capito che ruolo ha.

"Sono un impiegato amministrativo." Parla e si imbocca con un nighiri.

"Quello che sarei dovuto diventare pure io."

"Sei ancora in tempo." Per poco non si strozza. Non ha aspettato un secondo per dirlo.

"Si, sto mandando curriculum, il problema è che molti vogliono esperienza e per farla devi passare almeno sei mesi in stage. Gli stage o sono retribuiti una pena, o nemmeno quello. Divido l'affitto con Jungkook, però farei la fame a fare uno stage." Ascolta tutto attentamente. Pensa a qualcosa, lo vedo, cosa sta architettando?

"Potrei sentire mio padre se conosce qualcuno...che potrebbe avere bisogno." Alzo le mani, a fermarlo.

"No. Non ce n'è bisogno." La figura di suo padre mi mette molto ansia. I genitori a prescindere, poi quelli di Jimin. Che poi sono molto pacati e gentili, proprio come il figlio, ma mi mettono ansia. E mi chiedo pure perchè? Adesso che ci penso, perchè dovrebbero mettermi ansia?

"Se vuoi una mano, possiamo aiutarti. Indipendentemente da come andranno questi dieci giorni." Farebbe strano, farsi aiutare da lui. Ma proprio in generale. Ormai sono abituato a fare tutto da solo. Poi non vorrei deludere nessuno, nel caso non fosse il lavoro per me.

"Ci farò un idea, ma non voglio deludere nessuno. So che è il lavoro a cui ho sempre pensato, però, se poi non fa per me?" Lui annuisce, inghiottendo un altro pezzo di sushi. Io ormai ho fatto fuori metà dei miei piatti.

"Nessun problema, trovi un altro lavoro. Capita, no?" Poi strizza gli occhi, e fissa il riso nel mio piatto con fare strano. Pare proprio che abbia avuto una visione.

"Cosa c'è?"

"Mi sono appena accorto che questa cosa non l'ho mai detto a me stesso." Strizza il naso, stranito.

"Già, vale anche per te." Gli punto la bacchetta contro.

"Non ti trovi poi cosí bene?" Soppesa la sua risposta. Forse anche lui ha paura di deludere qualcuno.

"Se lo dico mi uccidi." Fa un sorriso sarcastico, poi guarda il piatto. Con le bacchette vaga, non sapendo cosa pescare. Finisce in uno dei miei piatti. Ridacchiando lo lascio fare. Mi ha rubato un involtino primavera.

"Perchè?"

"Perchè appunto, per alcune persone è una fortuna...per me quel lavoro è un po..." Si ferma, inclina la testa.

"Un pò? Non ti faccio nulla, al massimo vendo i tuoi reni su internet." Provo ad invogliarlo, poi mi conficco una cucchiaiata di riso alla cantonese in bocca. Sorride.

"È un pò noioso. Sono sempre le stesse cose. Ripetute. Ripetute. E ripetute. I colleghi non mi parlano perché sono il figlio del capo." Altro sorriso amaro.

"Perchè no?" Il sorriso sparisce. Le sue labbra diventano piatte. Sono molto curioso.

"Perchè parlano male di tutto e tutti. Puoi parlare male del capo, col figlio del capo? Sanno fare solo quello, ti giuro. Sono pochi i giovani. A volte mi pare di essere un alieno." Parla e non mi guarda nemmeno una volta in faccia, e come se parlasse solo con il cibo. Ha paura che possa innervosirmi, o che lo giudichi? In un senso tornerebbe, visto quello che gli ho detto ieri sera. Però non era quello che volevo trasmettere.

"Allora, credo che tutti i lavori mano a mano, siano ripetitivi. Però mi dispiace per i colleghi. Anche da noi accadono queste cose, però insomma...non mi pare cordiale isolarti." Gli alzo il viso, mi sorride ancora, poco convinto. Forse questa cosa lo fa stare male piú di quel che vuole dare a vedere.

"Ma proprio nessuno ti parla?"

"Ora nessuno, nessuno, no. Per lavoro si, per il resto no. Solo con mio padre parlo. Credo che lo abbia notato anche lui." Non mangia piú? Gli rubo un nighiri al tonno, lo guarda mentre me lo porto via. Non fa nulla.

"Forse è piú per i colleghi, che per il lavoro stesso, che non sorridi poi cosí convinto e mi hai fatto rubare un nighiri senza problemi?" Sospira.

"Molte persone mi passano per matto quando lo dico, ma non è bello nè facile fare il figlio del capo, nella sua azienda. La gente è gelosa, o fa di tutto per renderti le cose peggiori, o di te, non ne vogliono proprio sapere nulla." Mi pare un comportamento un pò strano. Anche nella mia azienda sono tutti un pò avversi ai piani alti, sopratutto noi operai. Però vedendo l'armonia dei miei uffici, ho sempre pensato fosse tutto ok, lassù. Forse valgono le stesse regole, se non piú spietate.

"Hai già provato a parlarci, magari a chiedergli un aperitivo?"

"Ci ho parlato, ma lo vedi quando fanno quelle facce false interessate. Sinceramente non mi sento a mio agio." Finisco il riso.

"Adesso i futuri figli del capo, mi staranno meno antipatici."

"O solo io, perchè sono io?"

"Beh, tu... Tu non fai testo. Adesso. Prima era una guerra, ma con me stesso." Finalmente, un sano sorrisso fa l'apparizione sul suo volto. Meraviglioso. Scintillante. Mi guarda, con molta intensità adesso. Provo a guardarlo pure io. Non so quanto riuscirò a reggere. Cerco la cocacola con la mano, rovescio un bicchiere.

"Attento." Ridacchia colpevole. Per fortuna era vuoto.

"Comunque sono brutte le sedute cosí." Mi lamento. Vorrei stargli accanto, non di fronte.

"In che senso?" Prendo la sedia e mi metto nel mezzo.

"Cosí." Faccio il labbruccio. Lui ne approfitta subito per avvicinarsi e guardarmi con la stessa intensità di prima. Mi fa cagare sotto, ma è stramaledettamente bello. Lo attiro in un bacio, a stampo. Non si ritrae, anzi, rimane davanti a me. In attesa, di un altro. Gli soffio sulle labbra, accarezzandogli una guancia. Il bacio lo da lui. Molto leggero e delicato. Abbastanza da far risvegliare tutti i miei ormoni.

"Vorrei tanto poter far le fusa." Chiudo gli occhi, lasciando che il mio corpo si rilassi sotto alle sue mani. Mi accarezza delicatamente. Non lo vedo, ma mi bacia di nuovo. Sorpreso mi spavento, ma lo lascio fare. Mi piace, eccome se mi piace. Riaperti gli occhi, lo becco a fissarmi.

"Ti va del sashimi?" Gli chiedo, un pò nel panico. Tutti questi contatti, mi stanno mandando in corto circuito.

"È un doppio senso?" Mi studia guardingo.

"Anche. Mi potresti ordinare un pò di sashimi?" Ride.

"Tutto bene?"

"Si, credo di si." Devo solo fare un sospiro e rilassarmi. È Jimin. Non una bomba a mano. Non poco sicuro, Jimin ordina altro sushi.

Finita la cena, andiamo a pagare.  Ci siamo già messi d'accordo che ognuno paga il suo. Evitando guerre su chi deve pagare. Aperta la porta ci troviamo in mezzo ad una bella sorpresa. Ecco perchè due bambini stavano litigando vivacemente  con la mamma per andare fuori. C'è la neve. E che neve.

"Mah?"

"Cazzo." Esclamo. Devo ancora mettere le catene. O meglio le devo mettere? Tutto si è magicamente contornato di bianco, come se qualcuno fosse passato a spolverare le strade di formaggio. Tocco per terra. Non è moltissima. Giusto uno strato misero. Due centimetri?

"È stupenda." Bofonchia lui. Io sto solo pensando a come tornerò a casa. Dal cielo ne sta cadendo tanta, illuminata dai lampioni si vede ancora di piú, fra la luce arancione e calda. Mi sta arrivando tutta in faccia. Sono dei bei fiocchettoni.

"Beh, lo avevano detto." Lui raggiunge la mia mano, con la sua. Attira la mia attenzione.

"Si..." Mi gratto la nuca.

"È meglio andare a casa?" Sorride.

"Però volevo stare con te." Mi lamento anche. Ma se viene giú troppa neve potrebbe essere un problema tornare sani e salvi.

"Posso aiutarti a montare le catene. Se vuoi e poi facciamo a pallate di neve."

"Potrebbe starci come idea." Sorride. È un giusto compromesso.

"Tu le hai montate?"

"Non ancora."

"Allora montiamo le tue, poi le mie." Sorride e annuisce.

Cosí facciamo, andiamo alla sua macchina e con pazienza mi insegna a metterle. In nemmeno venti minuti la sua macchina è pronta. Non è cosí tanto difficile come pensavo.

"Credevo richiedessero piú tempo." Ho le mani gelate.

"No, non tanto."

"Quindi...le mie posso montarle da solo." Raccolgo la neve dal tettuccio della sua macchina. Lui capisce al volo sparisce dietro al resto della macchina. Le mie mani chiedono pietà per il freddo, ma non ho i guanti.

"Stronzo." Sento sibilare. Lo raggiungo, attento a non scivolare. Carico il lancio, lascio la palletta, lo colpisco su un fianco. Che mira del cazzo.

"Adesso sta a me." La sua palla mi finisce sotto al collo. Un posto infimo, perchè si incastranfra la pelle e la maglia. Mi chino per eliminare il ghiaccio dal mio collo. Scende direttamente dentro la mia maglia. Impreco, mentre un altro proiettile mi finisce in testa.

"Stronzetto." Devo allontanarmi, mentre il pezzo di ghiaccio arriva direttamente sulla mia pancia. Rabbrividisco. Raccolgo altra neve dalla macchina vicina. Ne prendo molta di piú, questa volta. Ne faccio un bel pallone. Lui ne approfitta per colpirmi a tutta raffica con neve non compatta.

"Ma non vale cosí, brutto nano." Mi muovo verso di lui, scappa con un ridolino. Lo inseguo. Ha già percorso due metri e mezzo. È troppo lontano e mi stanno muorendo le mani, devo lanciare la palla, o muorirò congelato.

"Vieni qui." Scuoto i capelli, sono pieno di neve.

"Col cazzo." Dice ridendo. Repentinamente inizio a correre. Non si fa raggiungere però. È inutile. Allora glielo lancio, ovviamente lo schiva.

"Brutto furbetto." Continua a retrocedere, devo provare un'altra tecnica. Lo fisso, lui tutto divertito arretra, mani in alto. Se corro, scappa e ha piú vantaggio di me. È tutto ancora bello pulito. Non posso farlo vincere cosí.

"Cazzo..." Nel provare a scattare scivolo. Batto il culo a terra. Lo sento ridere di gusto. Alzo il dito medio. Fottuta neve.

"Ti sei fatto male?" Mi rimetto subito in piedi. Però lui non si avvicina. Il culo mi fa male. Lo massaggio.

"Un pò." Lo guardo con gli occhi socchiusi. Fa un passo, incerto se sia una trappola o meno. Io non volevo tendergli una trappola, ma cosí vicino, posso afferrarlo. Scatto. Lui guizza via.

"Ah...ah." Riesco ad afferrargli il giubbotto. Lo abbraccio, lo tengo stretto, si dimena ridendo. Vado verso una macchina, recupero un pò di neve e gliela spiaccico in faccia.

"Non va-le cosí." Sputacchia e prova a scappare. Si dimena proprio come un anguilla. Lo lascio. Recupera la neve, me la spara addosso. Faccio altrettando. Creiamo un'intera nube di neve.

"Basta. Mi arrendo." Alza le braccia. In segno di resa. Io mi fermo. Ma lui riprende.

"Mah...bugiardo." Questa volta lo placco e lo fermo, definitivamente. Ha fatto già abbastanza danni. Sono pieno di neve. Anzi, sono un pupazzo di neve. Scuoto i capelli. Ne cade tantissima. Sto pure gelando.

"Adesso posiamo entrambi le armi e firmiamo un armistizio, vero?" Si fa piccolo fra le mie braccia. Annuisce come un bambino, facendo gli occhioni.

"Se vola solo un fiocco di neve, ti faccio diventare il nuovo Olaf." Sono sicuro di quello che dico, sono praticamente un ghiacciolo.

"Non pensare di fare il furbetto con me." Ride, tirando la testa contro il mio petto.

"Mi arrendo." E sorride. Mille emozioni prendono il controllo di me. Cosí mi ha steso. Lascio lentamente le braccia. Sta fermo per adesso. Ne approfitto per scuotere via tutta la neve possibile. Cazzo che freddo. Quando torna l'estate? Col mare. Il caldo. Il sole. Al momento ne ho proprio bisogno.

"Eh." Jimin fa un finto scatto verso la neve. Ma è un bleff. Io lo guardo di sottecchi.

"Che ne dici se andiamo in macchina e ci scaldiamo?" Annuisco, spasmodicamente. Sto lottando per non tremare. Tira fuori le chiavi, sblocca le porte. Io mi scuoto per bene. Facendo cadere qualsiasi goccia d'acqua possibile. Lui si intrufola sul sedile del guidatore. Io in quello accanto. Accende subito il climatizzate al massimo. Apre le bocchette. Sputa solo aria fredda. Infatti le richiude. La macchina fa un rumore immenso. Ride.

"Ma cosa ti ridi? Dammi le mani." Io ho perso la sensibilità ai polpastrelli. Sento a malapena le sue mani fra le mie. Sono dei blocchi di ghiaccio pure le sue.

"Ti ho fatto il culo." Si avvicina, vittorioso.

"Solo perchè te l'ho concesso." Inclino la testa un paio di volte, enfatizzando il movimento per fargli capire che non sono serio.

"Tutte scuse." Finalmente l'aria calda arriva, apriamo le bocchette riscaldando le nostre povere mani.

"Però un bacino per firmare l'armistizio?" Do l'idea, poi magari concorda. Lui scuote la testa.

"Non ho detto che ero d'accordo."  Alza le sopracciglia, per sottolineare il concetto.

"Hai detto che ti arrendevi."

"Si...ma..." Non sa cosa aggiungere. Ho vinto. Mi impettisco, lui mi da uno schiaffetto sulla spalla.

"Ho lanciato piú neve, quindi sono io che scelgo le clausole dell'armistizio."

"Ti concedo solo questo." Mi ha completamente inondato di neve. Va riconosciuto.

"Bene. Quindi, per consolidare la nostra pace, c'è bisogno di un bacio..."

"Ma io cosa ho detto scusa?" Mano a mano, la macchina si sta riempiendo di aria calda. Poco a poco.

"Non hai specificato che tipo di bacio."

"Quale?"

"Alla francese." Io accetto. Completamente, ci sto. Infatti mi sporgo subito verso di lui.

"Sarà l'armistizio piú facile della st-..." Lo zittisco. Subito vado di lingua. Chiudo gli occhi. Il clima si fa subito serio e il bacio sempre piú profondo e sentito. Scendo con una mano sulla sua gamba, scosto il giubbotto per arrivare sui pantaloni. Lo accarezzo. Mugola in risposta. Se solo non fossimo in macchina.

"Aspetta." Gentilmente mi sposta. Fa una cosa che mai mi sarei aspettato. Allunga una gamba e mi sale sul bacino.

"Ma ci vedono." Nervoso mi guardo intorno. Il parabrezza è costellato di neve. Ma i finestrini sono quasi tutti puliti.

"Pace." Mi bacia, come faccio a non andargli dietro. Però non riesco a smettere di pensare a qualcuno che sale in macchina e ci vede. Continuo a baciarlo. Sono eccitato. Diciamo che il freddo mi ha fatto ritirare le parti basse e Jimin le sta facendo ritornare. Anche alla carica, aggiungerei.

"Vorrei tanto essere in casa." Mormoro per guardarlo, la luce non è molta.

"Non ti piace, vero?" Nego con la testa.

"Non c'è abbastanza privacy..." Mi lamento come una mammoletta, ma non me la sento qui.

"Scusa."

"No, tranquillo. Hai ragione, mi sono fatto prendere dagli ormoni e dalla fantasia."

"Fantasia?" Chiedo, ma non risponde.

"Magari un giorno, non in un parcheggio. Ma in un posto appartato." Annuisce con me. Perchè mi sento cosí storto? Mi dispiace, però non mi va, cosí. Spero capisca.

"Vuoi venire a casa mia?" Si propone? Controllo l'ora. Non è poi cosí tardi. Lo guardo, un pò confuso.

"Possiamo fare domani sera? Puoi venire anche a casa mia." Al momento non so perchè, ma non mi va di deviare e andare semplicemente a casa di qualcuno solo per quello. Vorrei fosse piú spontaneo.

"Va bene."

"Scusa." Ho l'impressione di aver rovinato il mood. Però cosa devo fare? Andare contro me stesso?

"Tranquillo. Non succede nulla, se non ci rotoliamo nudi in una macchina." Prova a rincuorarmi, lo ringrazio. Lo abbraccio, poi torna nella sua seduta. Finiamo di scaldarci, io mi sento sempre un pò tirato. Ho troppi pensieri per la testa, che vagano senza senso controllo. Devo zittirli. Lo guardo, lui mi guarda. Sorride. Senza motivo. Gli accarezzo una guancia. Sono grato che capisca. Come abbiamo visto, quella sera, non ho problemi ad aver rapporti, ma non qui. Non credo nemmeno sia l'unica cosa piú importante.

"Cosa vuoi fare?" Ovviamente c'è un'aria un pò strana, adesso.

"Buttarmi in un falò."

"Concordo." Si sta bene però. Mi accascio sul sedile. Guardo il vetro ricoperto di bianco.

"Vuoi che ti accompagni alla macchina?" Annuisco.

"Vedo dell'angoscia nei tuoi occhi." Fa partire la macchina, mi metto la cintura.

"Un pò, ho paura di aver rovinato la serata. Però so anche che non è vero, la mia testa è in conflitto." Sospiro. Siamo su strada. È stramaledettamente sexy al volante. L'ho sempre pensato.

"Ha ragione l'ultima parte. Mica esiste solo il sesso, per quanto, vicino a te, sia difficile non pensarci." Gli sono grato che dica ciò, l'ultima parte, soprattuto.

"Sei un peperino." Avvampa, non guardandomi. È colpevole però. Sarò felice di soddisfarlo in un altro momento.

"Dimmi dove ti devo portare. Peperino." Rimugina le parole, sorridendo.

"Esatto. Per di quà, è un pò lontana. Non trovavo parcheggio." Con tranquillità la raggiungiamo.

"Sempre la solita tigre eh." Gli indico la vecchia hyundai. La chiamavo tigre, per il suo lento accelerare. Per adesso posso permettermi solo questa.

"Si. Tu invece hai cambiato." Annuisce. Beh, prima aveva la vecchia volvo di suo padre. Col lavoro avrà pensato di prendere qualcosa di nuovo. Come questa.

"È il momento di andare. Grazie per la serata." Lo bacio, a stampo. Questa volta.

"Grazie a te, per le risate e la compagnia." Scendo a baciarlo sul collo, si tende come la corda di un violino. E infila una mano nei miei capelli per tenermi a se. Allontanandomi lo vedo aprire lentamente gli occhi. Forse è ancora eccitato? O gli è piaciuto.

"Ti ricordi, giusto, come mettere le catene?"

"Si, vai a dormire, su." Gli do un paffetto sotto al naso, poi mi ritiro, prima che possa colpirmi. Sceso dalla macchina, mi saluta con la mano. Poi se ne va. Sospiro. Non dovrei sentirmi cosí. No? Tutto è andato bene a parte questo. È solo un piccolo evento. Non posso farmi trascinare da esso. La prossima volta andrà meglio.

"Taehyung, adesso muovi il culo." Mi dico tremando al freddo. Devo tornare a casa e scaldarmi per bene.





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