Ten days [Vmin]

بواسطة BTSFanficparadise

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[MINI STORIA]Questa storia la definirei "slice of life". È un semplice racconto di due ragazzi il cui rapport... المزيد

Qualche parola prima di partire
-
"Mazzo di paranoie"
"Forse ho cambiato idea"
-
"Troppo diretto"
"Di ritorno"
"Emozioni disordinate"
"Cuore rilassato"
"Sta nevicando?"
"Dopo la neve, il ricovero"
"L'hai tradita?"
-
"Andiamo a ballare."
"Rimani in equilibrio"
"La parte migliore è sotto le coperte"
-
"Impaziente e innamorato"
"Ultima sera prima della fine"
"Il miglior posto."
"La resa dei conti"

"Casa nuova"

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بواسطة BTSFanficparadise

JIMIN

Giorno 2

Taehyung ha suonato il campanello, sto andando ad aprire. Prima sbircio dallo spioncino. Eh si, è proprio lui. Sblocco la serratura e apro la porta. Me lo trovo davanti, alto, con un profumo delizioso. Mi arriva subito alle narici.

"Ciao." Si china subito per un bacio, quando le sue labbra arrivano sulle mie, mi trovo impacciato ad assistere al bacio. Lento, danzante. Prima di lasciarmi stampa un paio di baci sulle guance. Rimango un pò stordito da tutto questo calore improvviso.

"C-ciao." Replico. Lo guardo a bocca aperta, frastornato, in senso buono però. Non me lo aspettavo, per niente. Lui sorride leggermente, porgendomi un piccolo mazzo di fiori. Strabuzzo gli occhi. Finiranno mai le sorprese con lui?

"Sono per te." I fiori arrivano fra le mie mani. Li annuso. Non vengo investito da un forte odore di fiori, ma da un odore leggero e dolce. Ricorda la primavera. Non vedo l'ora che arrivi la nuova stagione.

"Grazie." Devo mettermi sulla punta dei piedi per baciarlo. Mi ero dimenticato di essere cosí basso in confronto a lui. In realtà è sempre stata una cosa molto attraente.

"Ho sempre amato quando ti mettevi in punta di piedi per baciarmi." Avvampo, colpevole. E a me piaceva farlo. Mi faceva sentire piccolo. Una sensazione piacevole, che adesso mi colpisce come un treno. Era veramente cosí bello? Per le poche volte che me lo concedeva, si. Rimbambito lo guardo, ricordandomi che devo farlo entrare. Non possiamo rimanere sulla porta.

"Vieni, ti faccio vedere l'appartamento." Lo faccio passare. Oggi si è messo gli occhiali, pare un intellettuale con questo giaccone marrone. Si toglie gli stivali, ho già messo le ciabatte per lui.

"Non è molto grande, ma per adesso è quello che mi serve." Lasciamo l'entrata, incontriamo il soggiorno con il piccolo divano a due posti. Non ce la tv, non la guardo mai. Però c'è qualche libro a destra e sinistra. La libreria è piccola, è vederli sparpagliati per casa crea atmosfera.

"Leggi?" Chiede sarcastico.

"Si, mi rilassa. Parole, personaggi, tanti mondi. Tu non leggi?" È sarcastica anche la mia domanda. So che non legge, che odia passare il tempo davanti alle pagine.

"Tantissimo." Infatti, sarcastico, lo dice. Con le mani nelle tasche del giaccone, fa una piroetta.

"Non hai la tv." Dice.

"Per lo piú guardo il telefono." Gli faccio capire. Mi sono scordato di fargli togliere il giacchetto.

"Aspetta, il giaccone..." Provo a toglierglielo, ma fa prima di me. Mentre mi guarda. Quello sguardo è cosí losco, ma anche cosí caldo. Ricorda quello di un predatore durante la caccia, eppure è anche giocoso. Non so bene come spiegarmelo, forse è la mia parte paranoica a vedere il primo.

"Lo porto io." Fa l'occhiolino, prima di andare a sistemarlo. Forse era uno sguardo flertante. Ecco come posso descriverlo. Torna leggero, mostrando fiero il suo maglione natalizio. Gonfia il petto. Ci sono le renne sopra. Natale non è passato?

"Vieni. Ti porto verso la camera." Inconsciamente lo prendo per mano, la lascio subito guardandolo. Come se avessi infilato la mano in una trappola per topi. Lo odiava, cosa dico, lo detestava. Si incazzava sempre come un leone. Questa volta non è cosí, il suo sguardo è tranquillo. Proprio lui riporta la sua mano nella mia e la stringe debolmente.

"Dove volevi portarmi?" Il mio cervello si è completamente resettato.

"In-in camera." Lo trascino con me, verso la porta.

"Cosí, nemmeno ceniamo?" Chiudo gli occhi.

"È un problema?" Chiedo. Lui ridacchia. Si lascia trascinare. Apro la porta mostrando il letto appiccato al muro e il mio 'studio' col pc, la stampante e un'altra piccola libreria con i miei manga preferiti.

"No, non lo è. Sono manga quelli?"

"Si, questi li leggi?" Abbandona la mia mano, va a vedere.

"Sono molto piú veloci e leggeri dei libri. Poi hanno le figure." Scruta bene fra i piccoli numeri.

"Sbaglio o questo te lo regalai. Ne hanno fatti cosí tanti, dopo?" Strizza gli occhi. Parla della mia serie preferita. Non ricordavo che me lo avesse regalato lui. I ricordi riaffiorano. È vero. Per il mio compleanno. Mi compro i primi volumi. Dicendomi che li fissavo sempre e non li ho mai presi. Non lo so, stavo seguendo già troppe serie, non volevo iniziarne un'altra.

"Si. I primi due volumi. Ne sono usciti una trentina." Strabuzza gli occhi.

"Wow." Osserva bene ogni angolo della stanza, curioso.

"Hai pulito, o sei il solito precisino?" Scruta bene me e la camera, poi esordisce con questa domanda, venendomi incontro.

"Il salotto ti sembra preciso?" Due occhioni marroni, guizzano veloci dietro le lenti, si avvicinano. Stringo i fiori nella mia mano. Quanto è bello. Dovrei darmi un contegno, ma è la verita. Non posso scappare da lei, nè da me stesso.

"Per me lo è." Sorride. Si appoggia allo stipite della porta, mi ci avvicino pure io. Lo guardo. Io sono un metro e settanta. Lui ha venti centimetri piú di me sotto ai piedi. La sua altezza l'ho trovata sempre stramaledettamente sexy. Non posso pensare ad altro.

"Se ci basiamo su i tuoi canoni, si. Forse è preciso." Sorride. Io mi sono imbambolato. Chissà se riuscirò a sbloccarmi.

"Mi fai vedere il resto? O stiamo qui a guardarci?" Scuoto la testa. Ha ragione. O meglio. Dove eravamo rimasti? Ai manga? Si. 

"L'ulima, ma non per importanza, la cucina e la c'è il bagno. Lo porto in cucina. Cerco qualcosa in cui mettere i fiori. Ma non ho vasi, nè brocche. Lui intanto curiosa. Provo con un bicchiere. Il piccolo mazzo ci sta a stento. È molto colorato. Non sono fiori di stagione, credo, visto che è febbraio. Sono coloratissimi. Alcuni ricordano i tulipani, sono gialli, altri delle margherite arancioni.

"Non ho vasi, li ho messi in un bicchiere." Compare alle mie spalle, guarda il mio lavoretto e annuisce soddisfatto.

"Per adesso credo che gli basti." Porto contento il 'vaso' al centro del tavolo. E adesso? Cosa gli faccio fare? Visto che non ho nulla di divertente in casa.

"Cosa mangiamo stasera? Cosa prepara lo chef Park?"

"Hai già fame?" Si tocca lo stomaco e annuisce. Sono le sette e mezzo. Siamo usciti da poco da lavoro.

"Non lo so. Fammi vedere il frigo. Ahhh, si. Bistecca." Non so perché, ma lo faccio ridere. Tiro fuori la bistecca di manzo. Dovrebbe bastare per due persone.

"Questo è il secondo. Non idea per il primo. Cosa ti va?"

"Per me possiamo mangiare la bistecca, con qualche verdura."

"Andata." Vado a cercare la padella, mettendola poi sul fornello. Provo a mettere la bistecca sul fuoco.

"No, aspetta. Cosí ti viene bollita." Ferma la mia mano, con la sua.

"Facciamo scaldare la padella giusto un minutino, poi la metti. Cosí fa la crosticina." Con le mani, iniziana gesticolare come un insegnante, per farmi capire.

"Ecco perchè non mi veniva mai con la crosticina."

"Fidati di chef Kim." Gonfia di nuovo il petto, come un gallo.

"Chi? Sce-min?" Gioco con le parole. Annuisce, ancora piú fiero.

"Hai osato darmi dello scemo?" Chiude un occhio, lasciando l'altro aperto in una faccia buffa.

"Si." Poi, purtroppo guardo meglio le renne sulla sua maglia. Non sono delle semplici renne in fila. Una è sopra all'altra. Si stanno accoppiando. Cosa potevo aspettarmi? Nulla. È una sorpresa pure per un tipo come lui.

"Ma che...le renne." Mi avvicino per vedere meglio. Lui fa l'occhiolino.

"Ma cosa ti sei messo?" Inizio a ridere. Si, le renne, si stanno accoppiando, ripetutamente sul suo maglione.

"Bello vero, arte contemporanea. Se vuoi possiamo sperimentare la posizione delle renne." Gli tiro una pacca sul petto. Sapevo che sarebbe finito lí il discorso.

"Abbiamo già dato, ieri, non ricordi?" Volta lo sguardo, schiocca la lingua e arrossisce.

"Hai vinto tu." Si arrende. Scuoto la testa. Ieri sera siamo stati molto basici. Ma non credevo non fosse il caso di fare cose strane. Chissá, magari avremo tempo per altre mosse oltre al missionario. Allungo una mano. Posa le mani su i miei fianchi, ha già intuito come mettersi. Mi scordo che ho davanti lui.

"Bacio?" Chiede.

"Chi lo sa?" Il suo corpo è contro il mio, sento tutta la sua presenza. Letteralmente. Scende in un bacio. Tiro fuori un pò di lingua, timida. Lui ride. Facendomi sentire la sua. Questo gesto mi fa scaldare dentro, a poco a poco. Un bacio delizioso. Attento e ben dettagliato.

"Mhh." Mugolo. Lui è il primo ad allontanarsi, con un bel sorriso stampato in faccia.

"Baci ancora bene." Avvampo, lo guardo colpevole. Non me la cavicchio tanto male. Però non da tirarmela.

"Anche tu." Muove le braccia dietro di me, sento un 'plat' e la carne che sfrigola sulla padella. Anche io sto cuocendo dentro, come quel pezzo di carne. È cosí appiccicato a me. Apre la dispenza, ancora con me davanti. Io non mi scorteccio nemmeno di un millimetro. Anzi, lo guardo divertito dal basso.

"Il sale è sul bancone." Gli muovo il barattolino. Lo apre e sala la carne. Poi si pulisce su i pantaloni.

"Hai qualcosa da cucinare per contorno?"

"Carote." Alza i sopraccigli in modo ambiguo.  

"Ma smettila." Gli do un'altra pacca, andando a recuperare le carote. Mi ero dimenticato delle sue capacità di scovare qualsiasi doppio senso.

Passiamo il resto della cena in silenzio, e forse anche un pò di imbarazzo. Credo che sia piú che normale. Anzi, sarebbe strano il contrario. Ci sono solo i rumori delle nostre mandibole in funzione e quello del frigorifero che resetta il motore. La bistecca ovviamente è buonissima. Viene polverizzata in tempo zero. Lui si è preso l'osso, lo ha pulito come se fosse stato un cane. Lo guarda nel piatto, soddisfatto.

"Ho ancora fame." Ridacchia. Io sono pieno, ma chissà, i giganti di un metro e novanta, hanno bisogno di piú sostentamento.

"Delle patatine ti vanno bene?" Annuisce. Le vado a prendere. Lui comincia a sparecchiare, mettendo tutto nel lavabo.

"Tieni." Gli do un pacchettino merenda. Lo guardo fra le sue mani. Forse è meglio dargliene due. Gli lancio pure il secondo, lo afferra al volo.

"Merendine per nano, buone." Esclama, andando verso il soggiorno.

"Dopo ti do una mano a lavare i piatti. Ora rilassiamoci." Salta nel divano di culo, fa un tonfo sordo. Io mi siedo accanto a lui, arrampicandomi sulla sua spalla un pò meccanicamente. Dobbiamo ancora lavorarci.

"D'accordo." Mi fa entrare meglio, metto le gambe sulle sue e mi abarbico come un gatto bello pasciuto. Nel silenzio apre il pacchettino, si infila una manciata di patatine in bocca, iniziando un vero e proprio sgranocchio. Rumoroso al punto giusto. Poi da cosí vicino sento tutto. Ingoia. Ne prende altre, vuotandosi il pacchetto direttamente in bocca. Sgranocchia come un castoro. Ridacchiamo insieme, mentre ne prende altre. Lo lascio mangiare. Tranquillo, sto sulla sua spalla. Vedo tutti i muscoli del suo collo flettersi. La mascella poi. È un mangione. Lo è sempre stato. Gli accarezzo una guancia, la sento muoversi per mangiare. Non importa. Lo accarezzo delicatamente.

"Mangia con calma, non ti strozzare." Gli bacio il collo, per far arrivare meglio messaggio. Lo sento rilassarsi, era teso.

"Finito questo arrivo." Si giustifica. Ridacchio, strusciandomi su di lui e il maglione di lana poco casto, nonostante mi stia grattando la faccia.

"Eccomi." Nonostante gli abbia detto di fare con calma, spazzola anche il secondo pacchetto in tempo zero. È un'aspirapolvere, diamime.

Scende meglio nell'abbraccio. Adesso sa di patatine e sale. Un sapore molto basic. Gli bacio la guancia. Sospira, ma lo sento ancora molto teso. Alzo il viso, aspettando un bacio. Mi guarda.

"So di patatine, ti avverto." Dice come se non me ne fossi accorto. Mi fa tenerezza. Il primo bacio che arriva è a stampo. Ne arriva un altro. Gioca. Poi arriva il bacio serio. Schiudo subito la bocca, volendo di piú. Ha la bocca salata. È anche morbida. Sembra un mashmallow salato. Avvicino le gambe a lui, decisamente troppo voglioso per i tempi. Wow. Il mio corpo è molto frustrato a quanto pare. Interrompo il bacio per guardarlo. Si toglie gli occhiali, mi vede meglio senza?

"Sei salato, non sai di patatine. Constato." Sorride, rassicurato. Ci accasciamo insieme contro lo schienale.

"Nel mentre che non ci siamo visti, cosa hai combinato nella tua vita da nanetto?" Nasconde la parola nanetto, baciandomi la guancia.

"Ho cercato di non pensare a te, e riprendermi, i primi mesi. Poi mio padre mi ha messo subito al lavoro. La cosa mi ha aiutato a non pensarci piú...però sei qui." Lo ripeto, perchè non ci credo. Magari ripetendolo altre volte la cosa si fa piú reale.

"Tu?"

"Piu o meno, siamo sulla stessa onda. I primi mesi dopo la rottura sono stati una tortura. Ho chiesto ai miei genitori se potevano aiutarmi con le prime sedute dal terapista, poi ho dovuto trovare un lavoro, per mantenerle. Sai, io ti amavo, tu mi amavi. C'era qualcosa che non andava, in questo caso ero io." Non so bene come rispondergli. Non posso dirgli che ha ragione, di netto. Ma non saprei come altro commentare visto che è la verità.

"In ufficio come si lavora?" Taglia il silenzio lui. Lo bacio sul collo ringraziandolo del cambio argomento.

"Bene, però è un pò noioso. Sono fortunato, eh, a ricoprire la parte che mi è stata data. Però è un pò noiosetto. I colleghi stanno tutti zitti, o se aprono bocca è per parlare male dei colleghi. Con me non lo fanno spesso perchè sono il figlio del direttore." A volte fa ribrezzo, vedere tutte quelle persone chine, sugli schermi. Con me non parlano quasi mai. Hanno paura che gli faccia il culo. Io? Almeno guadagno bene.

"In effetti. Hai un'enorme fortuna, non lo dico con invidia negativa, ma quella positiva. Cosa che non conoscevo prima e si michiava al tutto quel guazzabuglio che avevo dentro."

"Mi invidiavi?" Annuisce.

"Con tutto il rispetto, ma hai sempre avuto tutto. Dal mio punto di vista...mi stavi un pò sul culo, ero geloso. Ma adesso ho compreso. Non è colpa mia se io sono nato in una famiglia negligente e tu in una famiglia come si deve. Con soldi e sopratutto affetto." Alza la testa, posa il mento sulla mia. Lo sento un pò agitato? No, non credo. Respira calmo.

"È un concetto che forse sto comprendendo adesso. Io ci sono nato, per me è sempre stata la normalità. Cioè...non so come spiegarlo." Dovrei sentirmi fortunato, eppure a volte non ci riesco. Guardo la vita degli altri, li vedo sposarsi, avere figli. Poi ci sono io. Perso nella mia 'fortuna' e nel vuoto. Senza stimoli, senza bisogni. Come se fossi un fantoccio di carta.

"Senza stimoli, direi... Ci sono cose che nemmeno io posso avere, però." Lo dico, non avendo bene presente cosa.

"Un sogno? Lo ripetevi spesso." Ecco cos'era. All'università, le persone parlavano delle proprie aspirazioni. Dei sogni nei cassetti. Io non ne ho mai avuto uno. Sapevo solo che dovevo recuperarmi una laurea e finire a lavorare con mio padre.

"Si... Sai, a volte avere tutto non è una fortuna." Mugola un pò, in dissenso.

"Forse non la vediamo proprio alla stessa maniera. Io volevo tantissimo quello che hai tu, ma per te non è poi cosí magico, perchè lo hai sempre avuto...mi sto attorcigliando con le parole." Tira fuori la lingua, la morde coi denti.

"Allora...lascia perdere tutto quello che ho detto. Ognuno ha il proprio mondo, pensa al suo e prova a superare se stesso." Ci riprova, si ferma un attimo a pensare.

"Questa frase l'ho già sentita, ma non mi sono mai soffermato sul vero significato." Aggrotto la fronte. In effetti guardo le vite degli altri, ma io ne ho una, totalmente sconnessa dalla loro.

"Io devo ancora lavorarci per bene." Aggiunge.

"Anche io, mi sa..." Dico poi, sussurrando.

"Non è tanto facile." Nego con la testolina. Il confronto... è ovvio che altri siano piú avanti, o indietro di me, dovrei smetterla di farmene una croce.

"Dico un'ultima cosa, poi chiudo il discorso." Fa un enorme sospiro, mi alzo col suo petto.

"So che questo pensiero non mi fa bene, però a volte guardo quelli un pò piú fortunati di me...nel campo famiglia, e mi dico. Ma io, quando sono nato, cosa avevo di diverso? Perchè a me? Cosa avevo di diverso dal bambino accanto alla mia culla? Non l'ho deciso io da chi nascere...sembra un discorso catastrofico, però, a volte me lo chiedo." Come lo dice il suo corpo si tende, lo osservo mentre si sfoga e parla. A volte capitava di fare una chiaccherata, ma raggiungevano livelli cosí profondi?

"Credo sia lecito, farsi certe domande." Annuisce, si porta un dito alla bocca e inizia a mordichiarselo. Non morde le pellicine, nemmeno le unghie, lo morde e basta.

"Basta capire che è una cosa che non posso cambiare, quindi la devo accettare...ci sto lavorando. Come tutto del resto." Da un ultimo morsetto, poi mi guarda. Colgo l'attimo per avvicinare il mio naso al suo. Allunga la lingua, e me lo lecca. Ridacchio, non mi scosto. Non ne ho voglia.

"Non scappi?" Faccio 'no,no' con la testa.

"Stai facendo un buon lavoro secondo me." Una risata profonda mi vibra contro.

"È ancora presto per dirlo." Dovrebbe accettare questo complimento. Per quello che ho visto adesso, è cambiato molto. Sta mostrando il suo vero essere, senza fare lo scorbutico. Struscio di nuovo il naso contro il suo, scappando poi in un bacio. Ci uniamo ancora. Lui però muove in avanti la faccia, a scendere nel mio collo. Rabbrividisco per i primi baci, caldi e calcolati. Mi spingo all'indietro, voglio sdraiarmi. Mi segue. Rimango io sul bordo, lui contro lo schienale.

"È un pò scomodo questo divano." Cerca in tutti i modi di trovare una posizione comoda, ma non entrerà mai tutto.

"Divano per nani." Gli comunico.

"Ho notato." Accavalla una gamba su di me. È troppo grosso. Appena si calma, sono io a baciarlo sul collo. Teneramente. Ci sta.

"Vuoi le coccole o...?"

"O?"

"Rotolarsi nudi." Risponde. Mi fa ridere. Però mi sembra veramente in ansia. In effetti è un pò teso.

"Tranquillo, per ora coccoliamoci, se poi abbiamo bisogno della camera da letto, ci andiamo. Nessuna pretesa. Io sto benissimo accocolato come un ghiro." Mi acchioccio di piú. Fa un lungo sospiro, poi rilassa qualsiasi parte del corpo. Forse siamo tesi sessualmente, ma qui, per adesso, si sta da dio. Forse devo ringraziare che non sono uno spilungone come lui.

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