Predestinati || Charles Lecle...

By x_double-sided_x

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Quando Damien Morin, cardiochirurgo di Amanda, annunciò ai suoi pazienti del suo trasferimento al centro medi... More

Premessa
Prologo
1. «... ti prego non urlare»
2. «Lei puoi farlo correre» I
3.«Ancora tu!»II
4. «Chi è Schumacher?» I
5. «Mi chiamo Charles Leclerc» II
7. «Quel giorno è arrivato» I
8. «La tua ragazza mi piace» II
9. «L'Amanda di Charles?»
10. «Carino quello al centro, non trovi?» I
11. «Noi non scoperemo nella sua Ferrari Lucas!» II
12. «Posso dormire con te?» I
13. «Se non ti conviene... li c'è la porta» II
14. «Scusa» III
15. «Carino quel verso... cos'era?» IIII
16. «Bel sogno eh?»
17. «Chiudi quella merda di bocca Arthur!» I
18. «Hai fatto un sogno erotico Amanda?» II
19. «Dobbiamo parlare»
20. «No Charles... Amanda non è qui»
21. «Vuoi che lo dimentichi?»
22. «Amanda sali in macchina!» I
23. «Il ragazzo del sogno erotico eri tu» II
24. «Sono malata»
25. «Sono suo marito» I
26. «Non mi saluti nemmeno?» II
27. «Vinci e ti lascerò giocare con me»
28. «Ma chienne?»
29. «Volevi uccidermelo?» I
30. «Io.Ti.Voglio.Adesso» II
31. «Me lo avevi promesso»
32. «Charles non è qui»
33. «Eravamo predestinati io e te...»
34. «Sono venuta a riprendermelo»
Epilogo
Miei cari lettori...

6. «A cosa devo quel bacio?»

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By x_double-sided_x

🏎

Non facevo altro che leggere e rileggere la cartella clinica che stringevo tra le mani, mentre camminavo a grandi passi verso la via di casa. Il calore che circolava nell'aria era insopportabile, così come le goccioline di sudore che scivolavano via dalla mia fronte.

'Si attesta che la paziente Amanda Roussel nata a Parigi il 08/12/2002 è affetta da cardiopatia congenita complessa ed è stata sottoposta ad intervento di Banding dell'arteria polmonare e successivamente ad intervento di correzione radicale secondo Rastelli con impianto di protesi biologica eterologa Contegra n.14. Pertanto la paziente necessita di terapia medica e di controlli ambulatoriali periodici in attesa di una valutazione cardiochirurgica per la rimozione del cercine sottovalvolare.'

Presi fiato prima di rileggere ancora una volta il foglio successivo che il Dottor Morin mi aveva consegnato poco fa.

'Buon risultato chirurgico. Minimo shunt interventricolare residuo. Piccolo sperone sottoaortico con attuale gradiente all'L VOT max di 30 mmHg. Lieve insufficienza valvolare aortica. Lieve IT con pressione in ventricolo destro di circa 60 mmHg. Gradiente all'efflusso ventricolare destro di 50-55 mmHg. Ventricolo destro dilatato ed ipertrofico con discreta contrattilità. Buona contrattilità del ventricolo sx. Assenza di versamento pericardico.'

Per essere brevi: ero un disastro. Fin dall'inizio della gravidanza tutta la mia famiglia era consapevole del fatto che sarei nata con problemi cardiovascolari, ma comunque accettarono la cosa.

Non ho molti ricordi della mia infanzia. Non ricordavo cosa mi fosse successo quando ero ancora un piccolo esserino. Tutti i ricordi che avevo in mio possesso erano solo parole. Storielle raccontate dai miei genitori.

Sono sempre cresciuta con la consapevolezza di essere una ragazza diversa. Ero forte e coraggiosa. Forse, per chi non facesse parte di questo mondo, non poteva comprendere appieno le mie parole, considerandomi semplicemente una presuntuosa. Invece, per tutte le altre persone che condividevano queste imperfezioni, potevano capire che tipo di forza e coraggio avevo.

Il motivo maggiore del mio trasferimento non era stato il trasferimento del Dottor Morin. Sicuramente fare avanti e indietro da Monaco a Parigi ogni mese per una visita di controllo non era così tanto tragica come situazione. Ero qui semplicemente perché era arrivato il momento di finirla. Avevo bisogno di un ultimo intervento. L'ultimo passo per chiudere definitivamente questa storia. Dopodiché sarei tornata a casa.

Ma il mio soggiorno a Monaco molto probabilmente sarebbe stato più lungo del previsto.

"Mi dispiace Amanda ma al momento ho le mani legate, sai anche tu che c'è bisogno di un donatore, se ti impianteremo un'altra valvola artificiale questa storia non avrà mai fine".

Il problema più grande però, era che la valvola artificiale che era impiantata ora nel mio corpo, stava iniziando ad essere troppo piccola. Avevo bisogno di una valvola umana, una che sarebbe cresciuta insieme a me. Era da tutta la vita che mi preparavo per questo momento, ma a quanto pare, dovrò essere ancora un po' paziente.

Sorrisi spontaneamente quando una macchina mi sfrecciò davanti ad alta velocità facendomi svolazzare i capelli. Un po' d'aria... aria calda certo, ma comunque aria. Portai lo sguardo sulla macchina che continuava ad avanzare sulla strada. Era una Ferrari. Non sapevo con esattezza quale delle tante, ma il cavallino grigio che sfoggiava sul cofano nero mi faceva intuire che fosse una Ferrari. Presa dall'istinto mandai un bacio volante alla macchina, ormai lontana, in segno di ringraziamento.

Ad ogni mio passo la strada da fare si accorciava e la casa di nonna Josette era sempre più vicina, eppure mi sembrava ancora così lontano. Un opzione sarebbe potuta essere quella di prendere il bus, eppure, preferivo farmela a piedi piuttosto che entrare in quella scatoletta maleodorante. Non potevo contare sulla Jeep della nonna, visto che al momento, era in suo possesso. Se solo avessi qualche amico.

Nonostante nonna Josette mi avesse presentato qualche amico, questo non significava che fosse anche mio. E poi con tutta sincerità, tutti gli abitanti di questo principato mi davano l'aria di essere degli snob. Quei classici tipi di persone che si asciugano il sugo con dei bigliettoni da cento. Tutti amanti della ricchezza e della gloria. Cose che se non sono accompagnate dall'amore o da altre qualità incoraggianti e rafforzanti non hanno senso. Non fraintendetemi, i soldi oggi giorno erano essenziali, questo lo pensavo senza ombra di dubbio, ma come tutti sanno, non sono quelli che danno realmente la felicità.

Trasalii quando il rombo del motore di una macchina si fece spazio tra le mie orecchie. Voltai il  capo verso destra, ritrovandoci ancora una volta la Ferrari nera di pochi minuti fa. Mi ripassò dinanzi, questa volta più lentamente, e poi andò dritta sfrecciando via. Che strano. I suoi finestrini erano oscurati, per questo mi era difficile vedere chi ci fosse dentro. Inoltre non vestiva solo di nero, ma anche di bianco e di rosso, come la bandiera monegasca. Scrollai di poco le spalle, sicuramente era stata solo una casualità.

Tirai fuori il telefono dalla tasca posteriore dei miei Jeans quando lo sentii vibrare. Lessi il nome della persona che mi stava telefonando e poi schiacciai sul bottoncino verde, rispondendo alla chiamata.

«Ciao nonna».

«Oh tesoro, eccoti finalmente. Ti ho chiamato un centinaio di volte, perchè non mi hai risposto?».

«Stavo facendo un'elettrocardiogramma nonna, non potevo risponderti».

«Il dottore che dice?».

«Ne parliamo a casa nonna, okay?».

«Si d'accordo, anche se credo che farò tardi, puoi cucinare tu qualcosa? Se vuoi puoi anche ordinare del cibo».

«Si nonna va bene, ci vediamo a casa».

«A dopo tesor... Ah no, aspetta Amanda!».

«Si?» mi trattenni dallo sbuffare, asciugandomi con il dorso della mano le goccioline di sudore che continuavano a scendere dalla mia fronte. Dannato calore.

«Mi ha chiamato Maxime...» lasciò la sua frase in sospeso lasciandomi trasalire. Nonna Josette non aveva la minima idea di cosa fosse successo negli ultimi quattro giorni. Non sapeva che dopo quella sua strana metafora, mi ero recata al kartdromo di Maxime, non sapeva della mia guida sul kart sfasciato, ne tantomeno sapeva del massaggio che avevo ricevuto dal suo amico.

«Si... E quindi?» cercai di fingere che l'argomento non mi interessasse.

«Voleva sapere come stavi, ci teneva a porgerti ancora le sue scuse e sperava di poterti rivedere. Dimmi tesoro... c'è forse qualcosa che devo sapere?». Fantastico, grazie Maxime!

Aprii bocca per parlare ma un rombo ormai familiare attirò la mia attenzione per la terza volta. Voltai il capo verso la strada, trovandoci ancora una volta la stessa macchina, che questa volta camminava ancora più lentamente. Era pari alla mia velocità, sembrava quasi che stessimo facendo una passeggiata insieme.

«Amanda? Tesoro? Sei ancora li?».

«Ne riparliamo questa sera nonna» non le diedi il tempo di rispondere che chiusi la chiamata.

Cercando di sembrare tranquilla, rimisi il telefono nella tasca posteriore dei miei jeans e poggiai lo sguardo sulla strada dinanzi a me provando ad allungare il passo. Sentii il cuore tamburellarmi più velocemente quando la macchina continuò ad affiancarmi. Che il guidatore mi abbia visto mentre gli lanciavo quel bacio? Tra l'altro, i finestrini oscurati non mi tranquillizzavano, anzi. E se ci fosse stato qualche vecchio miliardario monegasco in quella Ferrari? Insomma, Monaco era piena di gente del genere.

Stanca di provare quel senso di angoscia decisi di fermarmi, facendo fermare di conseguenza anche la macchina. Puntai il mio sguardo sulla Ferrari che brillava maestosamente dinanzi ai miei occhi e incrocia le braccia al petto provando ad ottenere un'aria minacciosa. Avanti vecchietto sta a te la prossima mossa...

Aspettai impaziente che il proprietario della macchina abbassasse il finestrino, e quando lo fece dinanzi ai miei occhi si presento una splendida faccia da schiaffi.

«Ciao Amanda». Fanculo.

«Che razza di problemi hai? Mi hai spaventata!». In tutta risposta Charles appoggiò la testa allo schienale in pelle della sua auto ridendo. Certo, ridi pure tranquillo.

«Sali Amanda, ho l'aria condizionata accesa». Non mi diede il tempo di controbattere che rialzò immediatamente il finestrino.

Non feci storie, anzi, mi trovai costretta a ringraziarlo nella mia mente per essersi trovato al momento giusto nel posto giusto. Almeno per una volta. Aprii con cautela lo sportello della sua Ferrari e presi posto sul sedile in pelle, beandomi dell'aria fresca che prese a circondare il mio corpo. Con la coda dell'occhio notai che Charles indossava la cintura di sicurezza e quindi la indossai anche io. Successivamente strinsi al petto la cartellina medica che reggevo precedentemente tra le meni, sperando che passasse inosservata.

«Quindi Amanda» Charles riprese a guidare portando il suo sguardo su di me anzichè sulla strada. Me ne sto già pentendo. «A cosa devo quel bacio?».

«Non so di che cosa stai parlando» fingermi finta tonta sarebbe stato meno imbarazza del rivelargli che ero intenta a sudare peggio di un ippopotamo.

«Certo» tolse una mano dal volante e lo vidi afferrare una bottiglietta d'acqua dal porta oggetti «Tieni Amanda è per te». Afferrai la bottiglietta che aveva in mano mormorandogli dei ringraziamenti.

«Non c'è di che. Mi dispiace per averti spaventata, non era mia intenzione» si voltò ancora una volta a guardarmi regalandomi un piccolo sorriso che mise in risalto le sue fossette. Va bene scuse accettate.

«Perchè mi sei passato davanti tre volte?».

«La prima volta è stata del tutto casuale in realtà, io e mio fratello eravamo diretti in aeroporto quando dallo specchietto retrovisore ho visto una strana tipa che mi mandava un bacio volante». Una strana tipa, wow, che grande considerazione che aveva di me questo ragazzo. «Fatto sta che quella strana tipa ti assomigliava tanto e quindi per sicurezza sono ripassato, ed effettivamente eri tu, quindi ho lasciato mio fratello in un bar qui vicino, ne ho approfittato prendendoti dell'acqua e sono ritornato da te».

Dovetti mordermi con forza il labbro e voltare il capo verso il finestrino alla mia desta per nascondere il sorrisino che era spuntato sulle mie labbra ed anche il rossore che regnava ormai sulle mie guance.

«Come mai eri diretto in aeroporto?» cercai di deviare l'attenzione dall'imbarazzo che mi aveva causato.

«Parto, insieme a mio fratello, andiamo a Maranello in Italia».

«Oh capisco» annuii riportando questa volta lo sguardo su di lui «E tuo fratello non ha una bella Ferrari con cui andare in aeroporto?» chiesi con un pizzico di ironia, senza neanche sapere il senso della mia domanda. Dovrei imparare a non buttare fuori ogni pensiero che mi passa per la mente.

«No, al momento è solo in possesso di una splendida Alfa Romeo, ma se vuole una Ferrari nessuno gliela negherebbe».

«C'era da aspettarselo» mormorai non curante delle mie azioni «Siete dei classici figli di papà». Che io sia dannata.

«Come scusa?» chiese Charles con un tono al quanto buio «É questo che pensi di me? Sul serio? Che sono un figlio di papà?».

«Ho forse fatto il tuo nome?» cercai di rispondere a tono, anche se molto probabilmente non era necessario.

«Non hai fatto il mio nome, ma non ci vuole tanto a capire che la frase fosse diretta a me o a mio fratello. Dimmi Amanda, lo conosci? Ti ha forse fatto qualcosa?».

«Ritira gli artigli Charles, ho solo espresso un mio pensiero. Qui a Monaco siete tutti così, ricchi fino al collo».

«No Amanda quello non era un pensiero, era un giudizio! Sei proprio come ogni singola persona esistente, giudichi senza nemmeno conoscere».

«Cosa? Sei incoerente! Mi hai appena giudicata e nemmeno mi conosci» alzai il tono di voce gesticolando un pò troppo. Era meglio il caldo a questo punto.

«Io giudico in base a quel che vedo».

«Beh di sicuro quella volta quando mi sei venuto addosso al supermercato mi hai definita "una delle tante ragazze ossessionate da te"» mimai delle virgolette con le dita citando le sue stesse parole «E li non avevi idea di chi io fossi».

Charles si girò nella mia direzione sorrisone, come se questo piccolo litigio per lui fosse ormai già passato. «Sei stata tu a venirmi addosso Amanda, non io».

«Lo scontro più brutto della mia vita!» ribattei infantilmente incrociando le braccia al petto.

«Ci saremmo conosciuti lo stesso, con o senza scontro al supermercato».

«Ah si? E perchè?».

«Ci siamo incontrati da Maxime è vero, ma a prescindere anche da questo mia madre e tua nonna sono molto amiche». Ottimo. Strano però. Non ricordavo che nonna Josette mi avesse presentato sua madre. Non che sapessi come fosse fatta tra l'altro.

«Vi prendete una vacanza? Tu e tuo fratello intendo» chiesi, cercando di deviare completamente l'attenzione dal vecchio discorso.

«No Amanda» non riuscii a non notare il sorriso di entusiasmo che spuntò sulle labbra di Charles «Le vacanze sono finite, soprattutto per me, io ed Arthur dobbiamo tornare a lavoro. Ormai siamo grandi e responsabili tanto da procurarci da soli il necessario per vivere». Più del necessario direi.

«E che tipo di lavoro fate tu e tuo fratello?».

«Diciamo che...» sulle sue labbra spuntò ancora un altro sorriso, questa volta più furbo «...lavoriamo con le macchine».

Provai a chiedere più informazioni, giusto per non rimanere in silenzio, mi fermai però quando notai che la macchina aveva smesso di camminare. Eravamo arrivati, ed io non me ne ero nemmeno resa conto. Era stata la macchina troppo veloce o il tragitto troppo breve? Scacciai quella domanda che nemmeno io riuscivo ad interpretare dalla mia mente e, sempre con delicatezza, scesi dal veicolo.

Prima di richiudere lo sportello, mi chinai a novanta verso di lui dato che la macchina tendeva ad essere molto bassa. «Grazie per il passaggio».

Aspettai una risposta da parte sua, ma quest'ultimo sembrava più concentrato su altro. Charles aveva lo sguardo puntato sul mio petto, ma non sapevo di certo cosa fosse intento a guardare. Le opzioni erano due: la cartella clinica o il seno. Tra le due non sapevo quale fosse la peggiore.

«Ci vediamo presto Amanda» Charles sembrò risvegliarsi da uno stato di trance dedicandomi solo quelle quattro parole accompagnate da un occhiolino furbetto. Non mi diede neanche il tempo di richiudere lo sportello decentemente che rimise in moto e sfrecciò via dalla mia visuale. D'accordo, stava guardando il seno.

***

«Quindi dobbiamo aspettare un donatore...» affermò nonna Josette infilandosi in bocca un'altra patatina fritta.

«Si, senza donatore non possiamo fare molto. Nel caso però non dovesse arrivare il dottore dovrà impiantare un'altra valvola artificiale» non riuscii a non sbuffare.

Nonna Josette mi poggiò una mano sulla spalla, accarezzandola dolcemente. «Arriverà tesoro ne sono sicura».

Le rivolsi un sorriso di circostanza ritornando alla mia cena. Avevo ordinato un pollo e delle patatine fritte dato che la voglia che avevo di cucinare era ben poca. La nonna era ritornata più tardi del previsto, molto probabilmente per uno straordinario, e avevo preferito espettare il suo arrivo per cenare. Perciò ora eravamo intente a divorare ciò che rimaneva di quel povero pollo dinanzi al televisore che al momento trasmetteva il telegiornale. Avrei preferito vedere un film ma Nonna Josette aveva insistito dicendo che voleva vederlo.

«Oh tesoro, è tornata una mia amica dalle vacanze ultimamente e la settimana prossima siamo ospiti a casa sua».

«D'accordo, com'è che si chiama?».

«Pascale Le... Oh ci siamo, alza il volume fa presto» la nonna tamburellò questa volta con forza la mano sulla mia spalla incitandomi a fare l'azione da lei richiesta. Mi lasciai scappare una piccola risata mentre schiacciando sul tasto + del telecomando.

Afferrai il mio bicchiere d'acqua assetata e puntai lo sguardo sullo schermo del televisore, incuriosita dalla notizia che tanto aspettava di vedere la nonna.

«Ultima notizia della serata: dopo una breve pausa estiva ritorna finalmente la formula1 che riaccendere ancora una volta l'animo di milioni di tifosi» la telecronista bionda sorrise falsamente per poi venire sovrastata da varie macchine di formula1. Dai Nonna mi aspettavo di meglio.

Guardai le immagini di macchine che sfrecciavano e duellavano su vari tracciati, accompagnate da un sottofondo musicale al quanto rock, fin quando non notai un dettaglio particolare.

«Ehi ma quella è una Redbull!» sorrisi guardando la macchina di un blu notte sorpassare un'altra rossa «É fantastico, sono anche in formula1?».

Nonna Josette si voltò velocemente nella mia direzione lanciandomi un piccolo schiaffo sulla nuca. «Noi non tifiamo per loro Amanda» mi puntò minacciosamente un dito contro per poi riportare la sua attenzione sul televisore. Ma che cazzo! 

Guardai imbronciata il susseguirsi ancora di immagini che venne concluso con una scena a rallentatore. Era un pilota, vestito di rosso, che si lanciava a braccia aperte verso altre persone vestite di rosso. Fatto sta che c'era qualcosa di fin troppo familiare in quella scena. Una sigla, sul retro del casco di quel pilota. Una C e una L. Come quella che si trovava sul kart di... No! Andiamo era impossibile, giusto?

«A riaccendere però l'anima di tutti i tifosi italiani della rossa ci ha pensato il nostro caro pilota Monegasco che pochi minuti fa ha fatto il suo arrivo a Maranello» la telecronista continuò ancora il suo discorso, per poi essere sostituita da delle immagini che mi procurarono un nodo in gola.

«Non urlare ti prego».

«Farò tutto quello che vuoi, okay? Un autografo, una foto o un video... ma ti prego non urlare».

«Perchè... aspetta, non sai chi sono?».

«Usavo anche io quella tecnica nei campionati giovanili, quando la ruota anteriore non ne voleva sapere di restare a terra...».

«Parto, insieme a mio fratello, andiamo a Maranello in Italia».

«Diciamo che...lavoriamo con le macchine».

Era lui. Si, si, si era proprio lui. In televisione mostravano alcuni video, girati molto probabilmente dai vari fan, di Charles che firmava cappelli, maglie e vari pezzi di carda sfoggiando un dolce sorriso. Charles era...

«Non ci posso credere» mi alzai frettolosamente da tavola procurando un rumore alquanto fastidioso con la sedia. "Lavoriamo con le macchine". Oh andiamo Charles, quello ero molto di più del lavorare con le macchine!

«Tesoro che succede?» nonna Josette imitò la mia azione, alzandosi anche lei dalla sedia e venendomi incontro.

Indicai il televisore con esasperazione senza trovare nemmeno le parole giuste da dire: «Lui è... »

La nonna mi si parò davanti portandomi a conoscenza di qualcosa che avrei potuto e dovuto capire anche da sola: «Tesoro lui è Charles Leclerc, è il figlio della mia amica Pascale e corre come pilota di formula1 per la Scuderia Ferrari».

🏎
Credo che dopo questo capitolo sia giunta l'ora di entrare realmente nel vivo della storia. Se voi fosse stati nei panni di Amanda avreste percepito i segnali di Charles?

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