Limitless

By wildthoughts_12

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«Siamo tutti i cattivi nella storia di qualcuno, non importa quanto buono tu sia o quanto tu possa impegnarti... More

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Plot
Prologo
1.Caos
2.Sala computer
3.The new ones
4.Shadow
5.La prima della lista
6.My dream boy
7.Fine line
8.Ghiaccio
9.Tutor di fisica
10.Portafortuna
11.Eventually
12.Power over me
13. Danger
14. Guilty or innocent?
15.Without me
16.All night
17. It has always been her
18. Autolavaggio
19. Superstar
20. Bad blood
21. You're gonna wish you never had met me
22. I would die for you
23. Combinaguai
24. Pray for me
25. Just know that if you hide, it doesn't go away
26. Nothing hurts me now
27. Thriller - PRIMA PARTE
28. The game - SECONDA PARTE
29. Black out days
30. Just breathe
32. You know it's not the same as it was
33. I'm a prisoner to my addiction
34. Nessun posto
35. This could be the end of everything (1)
36. So why don't we go somewhere only we know? (2)
37. Car's outside
38. Something bad is 'bout to happen to me
39. Don't blame me love made me crazy (1)
40. If it doesn't, you ain't doin' it right (2)
41. Lord, save me, my drug is my baby (3)
42. You wish you never ever met her at all
43. We should open up, before it's all too much
44. Just the way you are
45. 'Cause your love is all I need
46. I told you once again I can't do this again
47. Teenage 𝓓ream
48. You're such a backstabber
49. Things fall apart, but nothing breaks like a heart
50. Due cuori spezzati coi lati combacianti
51. This place about to blow
52. Starry eyes
53. Out of my league
54. Pastello bianco
55.1 Once, I was seven years old
55.2 But why I love you, I'll never know
56. It's gonna be...
57. ...Legend...
58....Wait for it...
Dear Lord, when I get to Heaven, please let me bring my man
59. Dary!
59.2 Legendary!
59.3 Dopo le due di notte non succede mai niente di buono
60. And loving you was easy, it was you leaving that scarred
61. Maybe we were meant to meet, but not to be
62.1 Somewhere in the haze, got a sense I'd been betrayed
62.2 Call out my name
63. Choose your last words, this is the last time
64.1 Just stop your crying, it's a sign of the times
64.2 Welcome to the final show
65. Lights are on, but nobody's home
𝒜 𝓃 𝓃 𝒶 𝒷 𝑒 𝓁 𝓁 𝑒
66. This is a wild game of survival (1)
66. The Great War (2)
67. Always the fool with the slowest heart
68. We'll be a fine line...
69. ...we'll be alright
70. This was the very first page, not where the story line ends
Epilogo

31. Weakness

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By wildthoughts_12

peggio di un parto, ma ecco questo benedetto capitolo

Sky Pov's

Indovinate chi è che ha passato l'intera giornata sul letto?

Esatto, proprio noi 4.

Non abbiamo fatto altro che guardare The Vampire Diaries e sbavare su Damon Salvatore.

Perché sì, non ascoltate Ivy, team Damon da sempre e per sempre.

La nonna di Chloe inoltre, non smetteva di fare avanti e indietro portandoci ogni mezz'ora un dolce diverso, tanto da farmi chiudere in bagno in preda ad un mal di pancia terribile.

Ma almeno erano davvero buoni.

Per tutta la giornata non abbiamo fatto cenno a ieri, volendo aspettare che sia Angel ad intraprendere il discorso senza forzarla in alcun modo.

Ognuno ha i suoi tempi e bisogna rispettarli.

Adesso, io e Evelyn siamo ferme ad attendere Dean che ci passi a prendere. Angel voleva restare sola con Chloe e noi abbiamo tolto le tende, approfittando di questo per andare alla partita di rugby di T.

È tradizione andarci ogni anno e prendere gli stessi posti, quasi per scaramanzia.

Ha sempre voluto che noi fossimo lì presenti per lui, più di ogni altra cosa, perché il padre non era mai andato a vederlo. Nemmeno da piccolo.

E così colmava la sua assenza con la nostra presenza.

«Ti prepari da me?» chiedo ad Evelyn.

«Forse è meglio se ci incontriamo direttamente lì.» mormora imbarazzata. È da giorni che evita di venire a casa mia e non ho ben compreso il motivo.

«Come vuoi.» scrollo le spalle, accendendo il telefono solo per accedere a Subway Serf e giocare l'ennesima partita della giornata. Ho scoperto che è l'app che più utilizzo insieme tik tok che crea letteralmente dipendenza. Non faccio altro.

Ma poi dei fari accecanti puntati addosso attirano la mia attenzione, portandomi a socchiudere gli occhi e coprirmeli con il gomito. Inutile dire che si tratta di mio fratello Dean, che arriva sgommando e con Eminem sparato a mille, come suo solito.

Gli piacciono le entrate ad effetto.

«Cafone.» sbuffo entrando in auto, inserendo la cinta di sicurezza. Non si è mai troppo prudenti con i Miller.

«Io o Eminem?» mastica la gomma rumorosamente, sapendo quanto mi dia fastidio.

«Tu. Eminem non si tocca.» biascico, frugando dappertutto alla ricerca del pacco di chewing-gum.

«Come sta Angel?» mi domanda. «Le ho mandato alcuni messaggi da stamattina, ma vorrei saperlo anche da voi che l'avete vista.» aggiunge.

«Ancora scossa, questo è sicuro. Ora ha solo bisogno di qualcuno che le stia vicino. Da sola non potrebbe mai farcela.» dico.

«Pochi ce la fanno da soli.» borbotta Dean, stringendo la presa al manubrio, ricordando come me in questo momento, gli eventi di ieri sera.

Probabilmente nessuno di noi se lo dimenticherà mai.

«Vedi di muoverti ora che vai a prepararti. La partita inizia tra tre quarti d'ora.» mi raccomanda dopo minuti di silenzio.

«Sarò precisa come un orologio svizzero.» provo a fargli credere.

«Si, come sempre.» alza gli occhi al cielo, conoscendomi fin troppo bene.

«Ah, accompagna Evelyn a casa.» lo avviso e lui lancia uno sguardo dallo specchietto retrovisore ai sedili posteriori.

«Non vieni?» le domanda, aggrottando le sopracciglia.

«Vi raggiungo dopo.» sospira lei, guardando fuori il finestrino evitando qualsiasi tipo di contatto visivo.

«Devo passarti a prendere?» prova ad essere gentile mio fratello.

«Mi accompagna mio padre.» lo liquida rapidamente.

«Okay.»

Da quel momento rimaniamo in silenzio finché non arriviamo davanti casa di Ivy. «Ciao.» scende rapidamente dall'auto, senza darci il tempo di rispondere in alcun modo.

Si, c'è decisamente qualcosa che non va.

«È strana.» biascico.

«Non lo è sempre?»

«Ultimamente di più.»

«Avrà le sue ragioni.» scrolla le spalle, irrigidendo la mascella.

«Vedi che Will è in preda ai preparativi.» mi avverte, intraprendendo l'ennesimo discorso nel giro di 3 minuti.

Perché è questo quello che fa da sempre: evitare.

E sviare.

«Preparativi per cosa?» mi acciglio.

«Per l'11.»

Ah giusto, il nostro compleanno.

Io amo le feste per i compleanni, ma non per il mio.

È quel giorno dell'anno in cui ti fai più di mille aspettative per poi vederle andare in frantumi. Perché è tutto più bello nella tua mente.
Quasi non ci pensi agli imprevisti.

Ma poi capita che hai 9 anni, e al tuo compleanno tuo padre non c'è e tua madre, che ti aveva promesso la torta più bella e grande che sia mai esistita, non ti fa nemmeno gli auguri.

Avevo soltanto i miei fratelli e Trevor che insieme avevano costruito una montagna di biscotti, cospargendoli di panna, infilzandoci 9 candeline che io e Will soffiammo insieme.

Quello fu il compleanno più bello e triste di sempre.

E proprio da lì ho sempre odiato l'11 novembre.

L'unica cosa a renderlo decente era sempre stato lui con le sue sorprese, ma quando poi se ne era andato le cose cambiarono e così quel giorno è diventato il più brutto dell'anno.

Quasi non mi capacito di come le cose possano cambiare da un giorno all'altro.

Di come un giorno una persona conta per te più delle altre e il giorno dopo non è nient'altro che un estraneo con cui condividi ricordi.

Molto spesso, evito di pensare ai miei sentimenti. Non mi piace farci i conti.

Mi terrorizza.

Anche perché se riuscissi, anche solo per un attimo, ad ammettere a me stessa ciò che provo quando mi è vicino, non servirebbe lo stesso a niente.

Lui continuerebbe ad odiarmi per averlo mandato in carcere e poi perché se ne andrebbe di nuovo, prima o poi.

Ed io non ho intenzione di stare male come la prima volta che non l'ho più avuto tra le mie giornate.

Un dolore così acuto da non poterlo sopportare una seconda volta in una vita sola.

Per anni mi sono incolpata del fatto di aver rovinato la nostra amicizia, per poi rendermi finalmente conto del fatto che le cose tra noi erano già finite ancor prima di commettere quello stupido errore quella sera.

Lui era la mia persona, ma io non ero la sua.

Ma non gliene faccio una colpa, non si può obbligare qualcuno ad amarti.

Mi ero illusa per molto tempo di esserlo, e persino oggi quando i nostri sguardi si incrociano mi sforzo di vederci riflessi noi da piccoli, ma purtroppo le cose sono cambiate.

Lui, io, noi siamo cambiati. E non torneremo mai quelli di un tempo.

Quindi è inutile provarci, e rimanere delusi di fronte all'evidenza.

È meglio lasciar perdere e vivere quello che ci viene dato senza pensare al passato.

Lui non è più quel bambino che la mattina del mio compleanno mi faceva trovare dinnanzi la porta un mazzo di Dalie viola, le più difficili da trovare.

Perché Dalie?

Perché se cerchi su internet 'qual è il fiore più bello del mondo?', ti compare come una delle prime immagini quella di una Dalia.

E secondo lui, io ero il fiore più bello di tutti.

Quindi meritavo tutto ciò che c'era di speciale nel mondo, come dei fiori introvabili e meravigliosi.

Ma come ho detto, lui non è più quel bambino.

Lui è Trevor De Marco, il capo di una banda che terrorizza e denigra i miei amici. E si dal caso che questi siano la cosa più importante della mia vita.

Ancora più importanti di un ipotetico passato che non tornerà mai più.

E adesso devo iniziare a pensare alle cose che contano davvero, e non a quelle che potrebbero essere ma che non saranno.

Dopo stasera probabilmente finiremo per odiarci ancora di più. E ora come ora vi dico che va bene così.

«Lo sa vero che non festeggerò con lui?»

«Lo immagina, ma non ha intenzione di accettarlo. Sai che ti obbligherà, vero? Per lui non è veramente il suo compleanno se non lo festeggia insieme a te.»

«È meglio che se ne faccia una ragione. Sai non riuscirà a farmi cambiare idea.»

«Siete così testardi.» scuote la testa.

«Siamo.» lo correggo. «Non è che tu poi sia così da meno.»

«Hai notizie di Phil?» ho smesso di chiamarlo papà da fin troppo tempo.

«Non so nemmeno se è ancora vivo.» borbotta. «E sinceramente non mi interessa.»

«Potremmo chiedere in giro se qualcuno l'ha ammazzato.» propongo. «Sai... giusto per curiosità.»

«Le canaglie non muoio mai.» sputa infastidito. «E poi perché dovremmo? Per me può benissimo marcire sottoterra.»

La verità è che lui è quello che ha sofferto di più l'assenza di nostro padre. Da piccolo contava sempre su di lui, ma quest'ultimo finiva per promettergli cose che poi alla fine non manteneva mai.

E anche se non lo ammetterebbe mai ad alta voce e persino a se stesso, so che ogni martedì sera lui esce e va nell'unico bar aperto della zona solo con la speranza di trovare papà.

Perché è rimasto quel bambino che aspettava che il padre tornasse con i giocattoli che gli aveva promesso e che lo abbracciasse.

Arriviamo davanti al nostro palazzo malridotto e solo ora che mi accorgo che i lampioni dinnanzi casa si sono rotti, rendendo l'atmosfera ancora più tetra e angosciante. Probabilmente un giorno questo quartiere cadrà a pezzi e noi con lui.

Saliamo le scale e come sempre basta spingere un po' forte la porta di casa per farla aprire. Will si dimentica sempre di chiuderla.

Non che poi ci sia tanto da rubare.

La testa biondo platino di Will mi arriva al campo visivo, mentre si abbassa sul tavolino per sniffarsi una striscia di coca. Mi avvicino a passi pesanti, buttando in aria l'altra striscia che aveva intenzione di farsi che cade a terra come se fosse cenere.

«Che cazzo fai?» sbraita, alzandosi.

«Questa merda non entra in casa nostra.» sputo. «E tu devi smetterla di fare uso di queste sostanze del cazzo. Ti stai rovinando la vita.»

«Tanto piacere.» sbuffa. «Sai quanto mi è costata?»

«Non me ne frega un cazzo. Se ti vedo ancora con questa roba ti faccio rinchiudere.» dico severa e lui scoppia a ridere, voltando il capo verso Dean.

«Fa' sul serio?»

«Ha ragione.» dice versandosi una birra.
«Non ti ridurrai a questa merda come l'anno scorso.»

O alcol, o fumo. Questo è il riassunto della nostra vita.

«Cos'è questo baccano?» esce dal bagno Jake, con un solo asciugamano a coprirlo.

«Che orrore. Copriti per favore.» dice in tono melodrammatico Dean, coprendosi gli occhi con le mani.

«Ah e a proposito di soldi, prima ho contato i contanti presenti nel barattolo e stranamente questo mese possiamo pagare l'affitto senza problemi. Ci basteranno anche per l'altro probabilmente.» dice Dean.

«Davvero?»esclamo sbalordita.

«Alla festa di Halloween abbiamo venduto parecchio.» mi spiega.

«Ho. Ho venduto parecchio.» lo corregge Will. «Tu e Jake siete scomparsi ad un certo punto. Che cazzo stavate facendo?» Dean però non risponde scolandosi la birra in un lungo sorso mentre Jake si gratta il capo.

«Ma i Raiders non vi avevano detto di non vendere in questa zona?» gli ricordo.

«Sono troppo impegnati a cercare MJ per accorgersi di noi.» mi spiega Jake.

«Cazzo mi ero proprio dimenticata di lui.» mi batto la mano sulla fronte.

Rabbrividisco, sentendo un leggero fastidio alla ferita, come se si fosse riaperta. Ma in realtà è soltanto una questione mentale.

Un ricordo che sembra perseguitarmi e che non ha intenzione di lasciarmi in pace. Sono stata così impegnata a pensare ai problemi che mi circondano ogni giorno, da dimenticarmi di quel giorno.

Del giorno in cui MJ mi ha accoltellato.

Ma anche se durante il giorno facevo di tutto pur non pensarci, la notte tornavano gli incubi e mi svegliavo nel cuore della notte completamente sudata.

E se stesse ritornando?

I problemi sono sempre pronti a spuntare dietro l'angolo.

«Possiamo non pensarci?» sbuffa Dean.

«Prima o poi dovremmo prepararci al suo ritorno.» dice Jake.

«Si, ma non oggi.»

Ve l'ho detto che non sa fare altro che evitare i problemi.

«Vado a prepararmi.» borbotto, già in tremendo ritardo.

Mi infilo la giacca di pelle, per poi legarmi i capelli in una coda alta mentre scendo le scale.

Percorrendole così tante volte in un solo giorno posso dire di fare regolarmente esercizio fisico. Almeno questo è quello che mi ripeto per non sentirmi in colpa del fatto che non faccio nemmeno uno sport da anni.

Mi piace il divano, che posso farci.

«Evelyn ci raggiungerà dopo, giusto?» mi chiede Jake.

«Si. Sa di dover esserci per forza. Ci serve per il piano.»

«Potete ripetermelo? Giusto per sapere.» domanda Will.

«Ma se te l'ho spiegato meno di 10 minuti fa.» esclama Dean sconvolto.

«Ho bisogno di ulteriori chiarimenti.»

«Ci vendicheremo dei Raiders. Questo è quello che ti occorre sapere.» biascico. «Tu farai da palo.»

«Okay.» scrolla le spalle. «Ma come abbiamo la conferma che saranno al Blackpanther?»

«Ci affidiamo alla fortuna.»

«E questo sarebbe il vostro piano infallibile? Affidarsi alla fortuna?» inarca un sopracciglio Will.

«Si.» rispondiamo all'unisono io, Jake e Dean.

«Che Dio ci aiuti.» mette le mani a mo' di preghiera Will, guardando in alto.

«Sicura di voler essere tu ad occuparti di De Marco?» mi chiede Jake. «Possiamo sempre affidarlo a qualcun altro.»

«E a chi? A Dean? Tempo tre secondi e inizieranno a picchiarsi.» bofonchio.

«Potrei stupirti sorella.» interviene Dean.

«Si, come no. Facciamo come abbiamo organizzato senza cambiare nulla. Basta parlarne adesso.» dico e nella macchina cala il silenzio, se non fosse per il rutto mega galattico di Will.

«Sei un porco.» lo ammonisco disgustata.

«Mi era rimasto sullo stomaco.»

Arriviamo dinnanzi a scuola che pullula di gente e rispondo al messaggio di Damon che in teoria dovrebbe già essere qui.

All'improvviso delle mani si poggiano davanti ai miei occhi, rendendomi impossibile vedere qualcosa.

«Chi sono?» sussurra al mio orecchio la voce di Damon, trasformatasi in una più suadente e calda.

«Ti conosco?» sto' al gioco, sorridendo come un ebete.

«Molto bene.»

«È Damon.» mi suggerisce Will, spezzando l'atmosfera.

Sempre il solito.

«Grazie tante.» sbuffa Damon, palesandosi di fronte a me.

«Di niente.» gli da una pacca sulla spalla Will, prima di andarsene con non so chi.

«Non l'avrei mai detto che fossi proprio tu.» lo prendo in giro prima di dargli un bacio sulla guancia.

«Te l'ho mai detto che con la coda stai magnificamente?» mi accarezza i capelli e un brivido mi percorre la spina dorsale mentre senza permesso la mia mente ritorna a quella sera sul ring.

«Lasciali sciolti.» mi dice. «Mi piacciono di più.»

Sospiro, scacciando quel pensiero dalla mia testa.

«Dici che per stasera posso essere tranquillo o rischierò ancora la vita?»

«Non vorrei parlare troppo presto.»

Al peggio non c'è mai fine.

«Rassicurante.» borbotta mentre entriamo nella mischia. Mi fermo a comprare un megafono, per acclamare meglio T.

«Dove ci sediamo?» mi chiede mente osserviamo gli spalti.

«Lì.» indico la fila di posti liberi.

Ormai tutta la scuola sa che quelli sono riservati a noi da sempre.

Mi siedo sgranocchiando delle arachidi, e quando vedo Peter arrivare con il tutore a mantenergli la spalla, decido di accendere la modalità cafona.

Mi alzo in piedi, prendendo il megafono e portandolo alla bocca. «Ladies and gentleman, sembra assurdo ma è vero, Peter De Santa è tornato!» mi guardano confusi, mentre Peter saluta tutti come se fosse la regina Elisabetta insieme a Evan che batte le mani sorridendo come se stessero acclamando lui. «Avanti applaudite.» mormoro seria e fanno come dico ed alcuni si alzano persino in piedi.

Questo è il mio potere.

«Bentornato.» lo abbraccio delicatamente, attenta a  non farlo male.

«Prima figura di merda fatta.» mi rimprovera, sorridendo.

«Abbiamo ancora una serata davanti.» lo avverto e lui scuote la testa disperato.

Rimaniamo ad aspettare l'entrata della squadra e quando fa l'ingresso ci alziamo in piedi, iniziando ad urlare il nome di T, che ci sorride felice.

Ma ben presto il sorriso sul suo volto svanisce, quando facendo scorrere lo sguardo in mezzo alle nostre figure si accorge dell'assenza di qualcuno.

O meglio, di Chloe.

Forse deve averlo avvisato troppo tardi della sua assenza, e lui non ha potuto leggere i messaggi perché troppo impegnato ad allenarsi.

Come predetto, subito dopo aver presentato i nomi dei giocatori delle rispettive squadre, T si avvicina a noi.

«Grazie ragazzi.» dice sorridendoci, per poi rivolgersi a me. «Chloe? Sai perché non è qui? Non trovo il cellulare da un pezzo. Credo di averlo dimenticato a casa.»

«È rimasta con Angel.» annuisce comprensivo, prima di lanciarmi uno sguardo leggermente amareggiato.

L'arbitro continua a fischiare, cercando di attirare la sua attenzione ma T fa finta di non ascoltarlo, indeciso se chiedermi o meno qualcosa.

Ma poi cede e parla.

«Me la fai chiamare due secondi?»

«Ma certo.» gli sblocco il telefono, passandoglielo.

«Slaveir conto fino a 3!» urla il coach.

«Succhiami il cazzo.» gli risponde T, causando un mormorio generale mentre noi scoppiamo a ridere. «Senza di me non prendereste nemmeno un fottuto punt- Bambina.» sbraita ma poi la sua voce si trasforma quando Chloe lo risponde.

«Bambina.» lo imita Peter, ricevendo uno schiaffo dietro il collo da parte mia.

«Appena finisco questa partita del cazzo sono da te.» lo sento mormorare. «Va bene, guarderò The Vampire Diaries con voi.» alza gli occhi al cielo. «No, non ho alzato gli occhi al cielo.»

«Slaveir!»

«Sto arrivando! Cazzo, bambina devo andare. Ci vediamo dopo.» attacca e mi passa il telefono.

«Fagli il culo.» lo incoraggio quando l'arbitro lo richiama.

«Sono nato per questo.»

«C'è spazio anche per me?» la voce di Evelyn mi fa girare di scatto, vedendola in piedi con una semplice felpa nera e jeans dello stesso colore addosso.

Ma egualmente bellissima.

«Lì.» indico la parte finale dove si trovano i miei fratelli, ma appare titubante.

Così faccio scalare, così da farla entrare in mezzo a me e Peter.

«Che la partita abbia inizio.» esclama il coach Career, mentre l'arbitro finalmente fischia.

«Quindi dopo andremo al Black Panther? È confermato?» mi chiede Ivy.

«Si. Sai cosa fare, hai chiesto a tuo padre?»

«Si. È da anni che glielo vedo fare.» annuisco fiduciosa.

Voglio proprio sapere cosa ci riserverà questa serata.

Chloe Pov's

«Mi farei aprire in due come un avocado da Klaus Mikealson.» borbotta Angel, infilandosi una manciata di almeno 20 popcorn in bocca.

«Li stai facendo mangiare solo a me.» mi guarda di traverso.

«Non ne ho voglia.»

«È da tutto il giorno che non hai voglia di mangiare. Si può sapere cos'hai?» mette pausa e fortunatamente il mio angelo custode chiama per la terza volta.

Una prima di iniziare, una alla fine del primo tempo e una adesso che dovrebbe essere finita.

«Allora?» domando subito. Di sottofondo si sentono soltanto urla e cori e capisco subito.

«Abbiamo vinto bambina. Gli abbiamo fatto il culo!» grida euforico.

«Bravissimi!» sorrido. «Te l'avevo detto che avreste vinto.» in quel momento vedo Angel scattarmi una foto col mio vecchio telefono, dato che il suo gliel'ha rotto Mark.

«Dammi 10 minuti e arrivo.»

«Puoi anche stare e festeggiare con i tuoi amici. Io e te ci vedremo un altro giorno.» gli propongo.

Mi aveva promesso che avremmo passato il dopo-partita insieme, dato che sa che sono la sua più grande sostenitrice ma non voglio che sia obbligato.

«Preferisco passare del tempo con te. Mi basta anche poco se vuoi togliermi dai coglioni.»

«Linguaggio.» lo sgrido.

Sto provando a fargli usare vocaboli nuovi e non sempre le solite parolacce.

«Non farmi perdere altro tempo. Ci vediamo tra poco.» attacca e sono quasi tentata dal far finta di continuare a parlare con lui pur di non dover affrontata quella conversazione con Angel.

Con lei più che con tutti gli altri mi era sempre stato difficile mentire. Riusciva sempre a capire quando c'era qualcosa che non andava.

Ho anche pensato che fosse una veggente.
Magari qualche suo antenato le ha passato i poteri.

«Guarda come sei bella quando parli con lui.» mi fa vedere la foto dove si vede io che sorrido con gli occhi che brillano come stelle.

Le guance mi si tingono di rosso. «Sei innamorata, amica mia.»

«Macché innamorata!» la spintono, coprendomi il volto in fiamme.

«La mia piccola Chloe innamorata.» mi abbraccia, iniziando a farmi il solletico.

«Vederti felice è la cosa più bella che avessi mai potuto desiderare dalla vita.» mi accarezza i capelli.

«Ma io non lo sarò mai completamente se prima non lo sarai anche tu.» confesso.

«Per me ci vorrà un po'.» fa le spallucce come se se ne fosse fatta una ragione.

«Un po' non vuol dire per tutta la vita. Le cose arrivano quando meno te le aspetti e poi sappi che esiste sempre un equilibrio, in tutto. Nel mondo, nella natura, nelle relazioni. È scientificamente provato che non potrà mai andare sempre tutto male e che arriverà il momento in cui andrà meglio. Arriverà il momento in cui la vita smetterà di fare così male. Così come è provato che anche quando sei al picco della felicità tutto poi possa cambiare e precipitare.» le prendo le mani, intrecciandole alle mie. «Questo per dirti che presto avrai la tua rivincita. E che starai meglio. Nessun dolore dura per sempre.»

Ci abbracciamo e quando immergo la testa nell'incavo del suo collo, avvertendo il calore e l'odore della sua pelle che per me è sempre stato caso, è il momento in cui la mia maschera cade e scoppio a piangere. «Mi dispiace non essermene accorta prima e di averti lasciata sola.»

Troppo impegnata a pensare ai miei problemi e a stare con T per rendermi conto che la mia migliore amica, una tra le persone più importanti della mia vita, stesse soffrendo e che avesse bisogno di me.

«Ma no, Chloe.» mi prende il viso tra le mani. «Non ti azzardare a versare altre lacrime. Non te ne faccio una colpa, mai te ne farò una colpa. Non potevi immaginarlo.»

«Avrei potuto pensare di più ai dettagli. Ragionare sul perché di alcuni tuoi comportamenti e-» mi interrompe.

«Anche se tu ci fossi riuscita, io non avrei mai cambiato idea. Avrei messo il mio amore per lui al primo posto e avrei creduto che tu fossi dalla parte del torto. Perché fin quando tu stessa non ti accorgi di che mostro hai di fronte le parole degli altri saranno soltanto vento. Quindi no Chloe, non mi saresti comunque stata d'aiuto. Dovevo capirlo da sola. Ma ora da sola non riesco, non mi basto. Ho bisogno di te per riprendermi.»

«Ed io ci sarò, per sempre.» prometto.

«Lo so.» in quel momento un clacson assordante si propaga per le strade e solo quando mi affaccio cessa.

«Scendi due secondi!» urla T dalla macchina.

«Perché non sali?»

«Scendi!»

«Avanti scendi.» mi sprona Angel.

«Sicura?»

«Certo. Non sentirò la tua mancanza. Ho Klaus a farmi compagnia.»

«Sicura?» riprovo.

«Chloe.» mi sgrida. «Vedi di muoverti e scendi o T verrà arrestato per disturbo della quiete pubblica .» si perché T sta continuando a suonare il clacson. Probabilmente tra meno di cinque secondi mia nonna uscirà dalla sua stanza e andrà ad inseguirlo per le strade con la sua ciabatta omicida.

Mi infilo le scarpe e provo a sistemare i miei capelli infilandoci la famosa mollettina, per poi prendere una giacca qualsiasi.

Forse non sono mai stata brutta come oggi.

L'aspetto cadaverico, i brufoli che stanno per fuoriuscire a causa del ciclo imminente, le occhiaie visibili e le labbra più rosse del solito.

Si, faccio paura.

Arrivo giù, dove T finalmente è sceso dalla macchina e in mano ha quello che sembra un premio e al collo una medaglia.

Allarga le braccia, suggerendomi di buttarmi all'interno e così faccio, prendendo la ricorsa. «Bravissimo. Sono fiera di te.» gli stampo un bacio sulla guancia.

«Ridillo.»

«Sono fiera di te, T.» gli accarezzo la pelata, cosa che sono solita fare. Mi chiedo come starebbe con i capelli.

Giuro di non averlo mai visto con.

Si sfila dal collo la medaglia per poi appenderla al mio. «È tua.» dice semplicemente.

Lo guardo confusa. «Per la prima volta in tutta la mia vita non ho pensato a portare il conteggio dei miei punti. Prima lo facevo giusto per avere qualcosa di cui vantarmi con la gente, dato che il rugby è sempre stato l'unica cosa che fossi in grado di fare. C'era chi era bravo in matematica, chi in fisica, chi in letteratura ed io in nessuna delle materie scolastiche. Nemmeno una. Mi piace e piaceva solo e soltanto lo sport e mi sono sempre sentito in difetto per questo. Ho sempre creduto di essere stupido solo perché non riuscivo a farmi entrare in testa delle stupide formule. Solo con te e solo oggi mi sono reso conto che tutto questo non ha importanza.» prende fiato per poi tornare a parlare. «Non importa che io sia il primo, o ultimo, della classe o il capitano della squadra. A me importa soltanto che ovunque io vada ci sia tu con me, a supportarmi come mai nessuno ha fatto nella mia vita e a sgridarmi perché dico troppe parolacce. Ho solo bisogno di te Chloe. E l'ho capito nel momento stesso in cui non ti ho vista su quei spalti quando per tutto il giorno il mio unico pensiero era quello di volerti rendere fiera di me. Per questo la medaglia è tua, perché anche se non c'eri io giocavo solo per te. Cercavo di fare più punti possibili così che la partita finisse in fretta e non ci sarebbero stati i supplementari. E tutto questo per vedere te il prima possibile.»

Ora del decesso... non so nemmeno che ore siano.

«E adesso ho capito anche un'altra cosa.» dice avvicinandosi a me. «Che ti voglio tutta per me.» e due secondi dopo la sua bocca si incastra con la mia.

Per l'abissale differenza d'altezza mi prende subito in braccio ed io mi aggrappo con le braccia al suo collo, circondandogli poi la schiena con le gambe stringendolo forte a me. «Non sono pesante vero?» chiedo tra un bacio e l'altro.

«Non è il momento per parlare questo, bambina.»

Mi tortura le labbra con i denti, risucchiando il labbro inferiore fino a che non schiudo la bocca e ricambio il bacio con la stessa passione e lo stesso trasporto. Il suo sapore è fresco, un mix tra menta e birra che mi porta a pensare a quanto stupida io sia stata per privarmi di tutto questo per così tanto tempo.

Con le mani accarezzo i suoi bicipiti e il suo petto, ancora incredula di poterlo avere tutto per me.

Lui è così... perfetto.

I nostri corpi, i nostri respiri si fondono come se fosse uno solo. E solo in quel momento mi rendo conto che è tutto vero ragazzi.

Quella sensazione che leggiamo continuamente nei libri. Il battito cardiaco accelerato, le gambe che diventano gelatina, la felicità che scorre al posto del sangue nelle vene, lo sciame di farfalle nello stomaco che svolazza impazzito.

È tutto fottutamente vero.

Ho detto fottutamente. Ebbene sì.

Io sono fottuta. E completamente persa di T.

«Oggi sei ancora più bella di sempre.» dice, poggiando la fronte sulla mia mentre riprendiamo fiato.

«Non prendermi in giro.»

«Mai stato serio, bambina.»

«Adesso sei tu, comunque.» dice all'improvviso.

«Sono io cosa?»

«Il mio portafortuna. Ricordi?»

La conversazione avuta in macchina qualche settimana fa, quando gli chiesi cosa fosse il suo portafortuna.

E a quest'esclamazione, in preda all'emozione non posso fare altro che trovare coraggio e baciarlo di nuovo.

Mi appoggia al cofano dell'auto, sussurrandomi sulle labbra: «Lo sai di essere mia adesso?»

«Così come tu sei mio.»

A rovinare quell'atmosfera però è il suono di due mani che battono. Alzo lo sguardo e vedo Angel e mia nonna affacciate alla finestra che ci applaudono.

Per poco non mi sotterro.

«Abbiamo anche delle fan.» ridacchia T.

«Forse è il caso che tu salga. Mia nonna vorrà conoscerti.»

«E privarla di tale meraviglia?» si indica. «Certo andiamo. Ma non vorrai davvero obbligarmi a vedere quella merda con i vampiri?»

«Rimangiati subito quello che hai detto.» dico seria come mai lo sono stata.

«Non è che io abbia poi così tanta voglia di vederlo.» prova a convincermi. «Preferirei baciarti.» dice stampandomi un altro bacio sulle labbra. «Tutta la notte.»

«Contegno, Slaveir.» lo rimprovero.

«Con te non ci riesco, bambina.»

Tom Pov's

Silenzio punitivo.

È questo quello che sto subendo da parte di Trevor dalla festa di Halloween. A causa del bacio con Sky.

Se solo sapesse che non mi si era drizzato nemmeno per scherzo e che Sky non è esattamente il mio tipo.

Preferirei che si arrabbiasse con me, che mi urlasse contro e che addirittura mi picchiasse, piuttosto che guardarlo mentre si rifiuta di ascoltarmi e si comporta come se non esistessi.

Infatti, non appena torna a casa insieme a Kai, va dritto nella camera di Alexander per metterlo al corrente di quanto hanno scoperto, snobbando me completamente.

«Ancora niente?» chiedo a Kai.

«Quel bastardo sembra scomparso, cazzo.» sbotta, passandosi la mano tra i capelli.

MJ, dopo che gli abbiamo raso al suolo il locale e preso tutti i suoi soldi, non si è più fatto vivo.

Ma si sa che ad ogni azione c'è una reazione.

Ciò vuol dire che il peggio sta per arrivare. E non sapere quando e come mi sta facendo uscire fuori di testa.

Sarà perché avevo non programmato di attendere così tanto per una risposta al nostro attacco, sarà perché devo avere tutto sotto controllo, o sarà semplicemente perché ho bisogno di qualcosa.

Del brivido. Dell'adrenalina. Del pericolo.

È ciò per cui vivo.

«Freddie Junior ha detto di provare stasera al Black Panther per vedere se c'è qualche suo uomo che controlla ancora la zona.»

«E se non dovesse esserci?»

«Continueremo a cercare, non può essersi volatilizzato. Uomini come lui vivono per la vendetta. Sta solo aspettando il momento giusto.»

«Non dobbiamo abbassare la guardia.» lo raccomando.

«Quando mai lo facciamo?»

Mi butto sul divano, passandomi una mano sul viso prima di entrare su instagram e cercare il suo nome nella barra di ricerca.

Il cerchio rosso che contorna la sua immagine di profilo mi avverte del fatto che lui abbia messo una storia, ed io combatto con me stesso per non vederla. Ma poi cedo e la visualizzo, ma non con il mio vero account bensì con quello falso creato apposta per sapere quello che fa.

Stalker? Probabile. Ma ve l'ho detto ho bisogno di avere tutto sotto controllo.

Di avere lui sotto controllo.

Si tratta di un video dove ride insieme ad uno dei fratelli Miller: Will. Entrambi urlano con dei strani segni in faccia e si sbracciano come ultras tifando per l'amico impegnato a giocare ad una partita.

Lo rivedo per non so quante volte, facendo addirittura uno screen che immortala il suo sorriso, prima di spegnere il cellulare e buttarlo sul tavolo.

Un fottuto rammollito, ecco cosa sono.

Dopo la nostra ultima conversazione avvenuta in ospedale, non l'ho più visto da nessun altra parte. Ma ogni giorno lo cercavo su instagram per vedere come stesse e ogni giorno sembrava sorridere un po' di più.

Come se i suoi problemi fossero spariti.

A quanto pare ero io l'unico motivo per cui non rideva così.

Meglio così, mi dico.

Non sono in vena di correre dietro qualcuno con cui non potrò mai avere niente a che fare se non scopare qualche volta.

È stato bello, senz'altro, e indimenticabile, ma meglio che sia finito.

Meglio, sì.

Ma a chi cazzo voglio prendere in giro...

«Pronto?» mi chiede Alexander, prendendo le chiavi della moto.

Sono poche le cose che ci accomunano tra noi, ma quella principale è:

l'amore per le moto.

Probabilmente se mi chiedessero qual è la cosa alla quale tengo di più al mondo risponderei senza esitazione la mia Kawasaki Ninja rosso chiaro.

Potrei morire se le succedesse qualcosa.

Si, è una lei. Ironia della sorte.

Usciamo di casa e saliamo sulle rispettive moto.«Gara a chi arriva primo?» propone Kai, come sempre.

«Preparati a mangiare la polvere.» lo prendo in giro, infilandomi il casco.

«Tanto si sa che vince sempre Trevor.» sbuffa Alexander.

«Perché lui imbroglia.» dice Kai.

Trevor piega la bocca in un mezzo sorrisetto divertito, senza rispondere alla provocazione di Kai, con un luccichio di sfida brillare negli occhi.

«Al mio 3 partiamo.» dice Kai.

«1»

«2» Trevor, come suo solito, parte prima sfrecciando alla massima velocità lasciandoci lì ad imprecare.

«Come non detto.» sbuffo, provando poi a stargli al passo.

Senza rispettare i semafori, i cartelli stradali e rischiando di fare almeno tre incidenti, arriviamo davanti al locale ed io mi classifico come secondo.

Inutile dire chi è arrivato per primo.

«Comunque è impossibile.» si rifiuta Kai di essere arrivato ultimo. «Mi avete manomesso la moto.» ci punta il dito contro non sapendo più a cosa aggrapparsi.

«Magari un giorno ci riuscirai anche tu a vincere.» gli dà una pacca sulla spalla Alexander come incoraggiamento.

«Oh oh oh ma guarda un po' chi c'è.» Kai indica col capo il fondo della sala, dove i miei occhi si posano subito su Evan.

Scannerizzo la sua figura. Il solito cappellino con la visiera girata all'indietro che copre i suoi capelli lunghi che non taglia da mesi e spero non taglierà mai, la risata contagiosa che si sente da km di distanza e gli occhi che si rimpiccioliscono notevolmente quando sorride.

Mi mordo l'interno guancia per non sorridere anche io.

Accanto a lui ci sono i fratelli Miller al completo, e alcuni tizi che non ho mai visto prima di cui uno fin troppo vicino ad Evan.

Chi cazzo è?

«C'è anche Peter. Cazzo ma è immortale.» alza gli occhi al cielo Kai, provando ad avvicinarsi a loro ma Trevor lo ferma.

«Niente casini, okay? Ne abbiamo già abbastanza. Per stasera fate finta che non esistono.»

«Fallo anche tu però.» lo rimbecca Kai quando Trevor con la mascella serrata e i pugni chiusi, guarda Sky dal fondo della sala, seduta sulle gambe del lord.

«Eccovi arrivati.» appare Samantha con due birre in mano, prima di abbracciare poi per un lungo periodo Kai.

Abbraccio un po' molesto oserei dire.

Mi siedo sul divanetto di pelle, sorreggendomi la testa appoggiando il gomito sul bracciolo, guardandolo da lontano.

Sa che sono qui.

Lo vedo da come si muove, da come osserva ciò che lo circonda senza mai incrociare il mio sguardo.

È nervoso. Per questo non smetto di fissarlo.
Mi piace vederlo diventare vulnerabile solo grazie ai miei occhi.

Appena una cameriera mi passa di fronte facendomi gli occhi dolci, ne approfitto per chiederle un favore. «Vai da quel tizio laggiù, e portaci una bottiglia di champagne.» sussurro al suo orecchio, dandole un bigliettone da 100. «Se ti chiede da parte di chi è, rispondigli che lo sa già

Annuisce, prima di fare come le ho detto.

Mi godo la scena a metri di distanza, e quando la vedo riferire ciò che ho detto, finalmente ottengo uno sguardo.

Dura per pochi secondi, ma c'è.

La mia bocca si piega in un sorrisetto divertito, che però lui non ricambia.

La sua attenzione viene catturata dal ragazzo di prima, che continua imperterrito a premersi contro il suo corpo.

Evan stappa la bottiglia che io gli ho regalato con un sorriso a 360º gradi sulla faccia, come di chi ha in mente qualcosa e al posto di berla per fatti suoi, inizia a versarla nella bocca del tizio.

Gliele taglio quelle mani, cazzo.

Stringo il bracciolo del divano, infilzandoci le unghie così forte da strapparlo leggermente.

Quando poi i due iniziano a baciarsi, mi alzo alla velocità della luce ed esco fuori, non intenzionato a vedere altro.

Tiro un pugno al muro arrabbiato con lui per la sua sfacciataggine, con quello stronzo che si è permesso di baciarlo e con me stesso per essere arrabbiato.

Lui non è nessuno per te, mi ripeto.

È solo uno stupido che ti serviva per svuotarti le palle, niente di più, niente di meno.

A te non ti piace lui così come non ti piacciono gli uomini.

Tu sei normale come i tuoi amici.

Volevi soltanto divertiti e sperimentare nuove cose.

Alla fine sei andato con un solo uomo, non significa che sei omosessuale. È lui poi che si è affezionato a te e ti ha costretto a restare e continuare questa sceneggiata.

Appoggio la fronte al muro, stringendo gli occhi cercando di convincermi.

Non mi piacciono i ragazzi.

Non mi piacciono i ragazzi.

Non mi piacciono i ragazzi.

Non mi piace lui. Non mi piace il suo sorriso e non mi piace il suo odore.

Perché sono così? Che c'è di sbagliato in me?
Perché non posso essere attratto come i miei amici dalle ragazze?

Mi odio profondamente.

Vorrei tanto essere normale.

Premo i pugni contro le tempie, impedendomi di pensare a ciò che più mi fa male.

«Porca troia.» mi lamento a causa del dolore, massaggiandomi il polso.

Mi rollo una canna, nella più completa solitudine e ritorno su instagram, sempre sullo stesso account falso.

Ma quando accedo al suo profilo, vengo invaso da una strana confusione. Le mie sopracciglia si aggrottano quando vedo che quel cerchio rosso adesso è verde.

Sono nei suoi amici più stretti?

Apro la storia e stringo i pugni quando vedo la foto di lui che si bacia con lo stronzo, e la  scritta al centro di essa grande quanto la stessa foto dice:

'So che sei tu in questo stupido profilo. Forse è il caso che cominci a cacciare fuori le palle, non credi?'

Scuoto la testa, pronto a rispondergli e cogliere la provocazione ma rimango qualche secondo a pensarci. Gli darei la soddisfazione e la conferma che sono io a gestire questo account.

Me lo rinfaccerebbe per settimane, mesi, anni interi.

Ma forse questa possibilità mi preoccupa meno del fatto che non possa più parlarmi.

Cazzo, questa canna ha agito più in fretta del previsto.

Spengo il cellulare, rientrando nel locale e questa volta seduto a tavolino c'è soltanto Alexander che parla con Juliet, la sua nuova fissazione, che non me la conta affatto giusta.

Non a caso ho fatto ricerche su ricerche durante queste ultime notti per scoprire di più su di lei e la sua famiglia, non arrivando a nulla di interessante.

Kai e Trevor invece non ci sono.

«Tutto solo?» mi chiede la cameriera di prima, venendo a sedersi accanto a me dietro il balcone. Si è tolta la divisa e indossa una camicetta quasi completamente sbottonata che mette in risalto il suo seno prosperoso e sodo.

«A quanto pare.» borbotto, cercando di non essere indiscreto e di non guardarle troppo le tette.

Anche perché sembrano non funzionare.

«Vuoi compagnia?»

Non la tua.

La sua magari si.

«Non sono la persona adatta con cui passare questa serata.» l'avviso.

«A me invece sembra di si.» insiste, facendosi più vicina.

«Brad, due shottini di tequila per me e il mio amico...» mi guarda in cerca di una risposta.

«Tom.»

«Tom?»

Che cosa vuole? Anche il codice fiscale?

«Solo Tom.»

«Io sono Brianna, piacere.» mi allunga la mano che stringo per un secondo, prima di lasciarla perdere.

Riaccendo il telefono, non resistendo e  aggiorno la pagina di instagram trovandomi un'altra storia, sempre negli amici stretti.

'Non rispondendomi mi hai solo dato la conferma che sei proprio tu. La tua intelligenza non finisce mai di stupirmi.'

Scorro ancora, trovandone un'altra.

'Micheal bacia meglio di te'

Micheal, ecco qual è il suo nome.

Micheal Micheal, hai vita breve.

Ed ecco l'ennesima storia.

'Stavo giusto pensando se scoparmelo o meno, tu che mi consigli?'

Brianna sobbalza leggermente quando mi vede alzarmi senza preavviso. «Dove si trova questo posto?» chiedo, facendole vedere la foto coprendo la scritta.

«Lì infondo.» mi indica la porta al lato opposto della sala. Mi incammino verso di essa con passi felpati e pesanti e senza nemmeno bussare la spalanco, trovando Micheal avvinghiato ad Evan.

Lo prendo per il colletto della maglia, spostandolo dal corpo di Evan e lo spingo a terra. Puzza di acqua di colonia per vecchi decrepiti.

Dalle stelle alle stalle direi.
Sempre con modestia, ovvio.

«Esci di qui. Adesso.» sibilo.

«Amico, che c'è?» chiede Micheal guardandomi confuso.

«Amico? Non so nemmeno chi cazzo sei. Ho detto di andartene. Non lo ripeterò una terza volta.»

Micheal e Evan si guardano e quest'ultimo gli fa un cenno del capo, intimandolo a lasciare la stanza.

1 a 0 per me, testa di cazzo.

«Ciao user2345 trattino basso 6.» mi prende in giro. «Un hacker che non è neanche in grado di fare un profilo falso per bene. Fossi in te mi vergognerei.»

«Fossi in te mi starei zitto. Mi hai già fatto incazzare troppe volte questa sera.»

«Non era mia intenzione.» alza le mani in segno di difesa. «Ah e grazie per lo champagne.»

«Di niente, sembra esserti piaciuto.» ribatto disgustato, ricordando la scena di prima.

«Mai quanto a Micheal.» appena nomina quel nome gli sono addosso.

«Quando sei con me non voglio sentirti nominare il nome di un altro ragazzo.» gli stringo le guance con una presa ferrea.

«Costringimi a dire il tuo allora.» intrappola il mio labbro inferiore tra i denti fino a farmelo sanguinare. Un gemito strozzato scappa dalla mia gola, facendolo sorridere soddisfatto.

«Non avevi detto di non voler più avere a che fare con me?» mi acciglio, ritraendomi.

Sembra essersi completamente dimenticato di quella conversazione.

«Quante volte lo abbiamo detto entrambi durante gli anni e non è mai stato vero. Beh non lo è nemmeno adesso.»

Era stato diverso quella volta.

Credevo davvero che fosse un addio.

«Non sei lucido.» lo respingo.

«Approfitta di questo momento...» sussurra. «Potrebbero non essercene più.»

«Che vuol dire?»

«Vuol dire che ti sto chiedendo di baciarmi come se fosse l'ultima volta.»

«L'ultima volta che ti bacerò in assoluto sarà soltanto prima di morire. Non adesso.»

«A volte sei romantico.» borbotta iniziando a ridere. È completamente andato. «Altre invece uno stronzo di prima categoria.»

«Chi è Tom Philips veramente?» domanda più a se stesso che a me.

Questo dovresti dirmelo tu. Sei il solo che mi conosce davvero. E manco te ne accorgi.

«Chi vuoi che sia?»

«Colui che stasera mi scoperà proprio contro questa porta.» me la indica, per poi chiuderla a chiave.

Perché mi sembra tutto così strano e forzato?

Non si respira la stessa aria di sempre tra noi.
Persino i suoi occhi sono diversi.

Che cos'ha in mente di fare?

«Devo forse ripetermi?» dice, sorridendomi malizioso ma io continuo a stare fermo, con le braccia incrociate al petto ad osservarlo.

«Vuoi o no? Altrimenti trovo qualcuno disposto a farlo.»

«Sta' fermo.» sibilo, avvicinandomi con passi lenti e studiati.

«C'è qualcosa che non quadra, piccolo e innocente Evan.» gli giro intorno. La postura rigida, le mani che tremano leggermente mentre si aggiusta il cappello sulla testa e gli occhi che guardano da una parte all'altra.

«Assolutamente nulla.»

«Credi che io non ti conosca Evan?» aggrotto le sopracciglia. «Credi che non sappia riconoscere quando mi vuoi e quando invece no?»

«Lascia che te lo dimostri allora quanto ti voglio.» sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra, prima di premerle sulle mie.

Il suo alito sa di birra e tabacco, mentre la sua lingua si unisce alla mia in un bacio dannatamente straziante.

Non ho le forze nemmeno di respingerlo.

Le sue mani finiscono tra i miei capelli, che stringe leggermente causandomi un gemito roco che viene intrappolato dai suoi baci famelici.

«Allora?» sorride. «Continui a pensarlo? Continui a pensare che io non ti voglia?»

«Sta' zitto.» lo spingo verso di me, baciandolo davvero come se fosse l'ultima volta.

Come se volessi assaporare ogni parte di lui e renderla mia. Unicamente mia.

Sono uno stronzo, questo è poco ma sicuro. Ma non riesco a fare a meno di questo.

Di lui.

Di noi.

Mi slaccia i pantaloni facendoli cadere a terra e la mia erezione sbuca fuori, senza alcuna protezione. «Non indossi nemmeno più i boxer?»

«Con te non mi servono.» rispondo semplicemente.

«Giusto.» ridacchia, racchiudendo con la mano la mia spessa e dura asta di carne, iniziando a fare su e giù ad una velocità che mi toglie il respiro.

Sa esattamente come farlo. Sa esattamente quali sono i miei punti deboli.

«8 giorni senza il tuo cazzo e già mi era mancato.» sussurra al mio orecchio, leccandomi il lobo.

«Anche tu mi sei mancato.» ansimo, debole a causa del piacere che mi sta divorando.

Ho bisogno di scoparlo. Di fargli capire quanto potere ha su di me.

Divento di carta vetrata tra le sue mani.

«Voltati.» gli ordino ma lui scuote la testa, continuando a masturbarmi, aumentando la velocità dei movimenti.

«Voglio farti venire così. Sulla mia mano.»

Inizia a lasciarmi baci e morsi lungo la pelle del collo, che non fanno che peggiorare la situazione, finendo per farmi venire in un battibaleno.

Mentre riprendo fiato nella stanza si diffonde la sua suoneria, ma non risponde a telefono e decide semplicemente di scrivere un messaggio. E mentre lo fa, quasi sorride.

Si tratta di un sorriso soddisfatto. Se non lo conoscessi bene e sapessi che la cattiveria non fa parte di lui, oserei dire che sembra persino un sorriso malvagio.

Provo a baciarlo per riportare la sua attenzione su di me ma si scosta malamente, allontanandosi.

«Hey.» gli prendo il mento con le dita. «Che hai?»

«Quello che dovevo fare l'ho fatto.» si sistema,  girando la chiave nella serratura sbloccando la porta.

«Che stai dicendo?»

«Ci si vede in giro.» mi liquida, provando ad aprire la porta ma la blocco con la mano.

«Ma dove stai andando?» sbotto, rivestendomi.

«Via.» i suoi occhi sono fermi sulla mia figura, ma sembrano non guardarmi veramente.

O meglio, non sembrano guardarmi come sempre.

«Non farlo.» scuoto la testa.

Parla con me. Dimmi cosa c'è.

Permettimi di farmi perdonare in qualche modo.

Ti prego.

«Me l'hai insegnato tu.»  dice soltanto, prima di uscire senza neppure voltarsi e chiudersi la porta alle spalle.

Che cazzo è appena successo?

L'avevo detto che c'era qualcosa che non andava.

Sky Pov's

«Quel delinquente non fa che fissarci.» sbotta Damon, mentre mi accarezza dolcemente i fianchi.

«È l'unica cosa che può fare : guardarci da lontano.»

Ed è l'unica cosa che posso fare: guardarlo da lontano mentre Samantha gli riempie il collo di baci, ricercando le sue attenzioni.

«Non badare a lui.» aggiungo.

«Tua sorella sembra divertirsi parecchio.» gliela indico col capo mentre bacia, per l'ennesima volta, Alexander che non sembra poi così contento.

«Non parliamo di mia sorella, per favore.» mi supplica, facendomi ridere.

Cosa siamo io e Damon? Non l'ho ben capito.

So solo che quando sto con lui sto bene. E non mi va di rovinare tutto.

Le mani di quest'ultimo finiscono tra i miei capelli e potrei giurare di aver visto Trevor dilatare le narici e stringere i pugni.

Basta cazzo non guardarlo.

Mi volto verso Damon e con un tentativo disperato mi fiondo sulle sue labbra, sperando che questo serva a non farmi pensare a lui.

Mi sento in colpa, perché è come se lo stessi usando, ma ho bisogno di sentire qualcos'altro a parte il suo sguardo addosso.

Ho bisogno di sapere che c'è altro che mi fa sentire allo stesso modo. Di sapere che lui non è il solo ad attanagliarmi lo stomaco con una semplice carezza.

Ma pare proprio esserlo.

«Scusa.» sussurro per averlo preso alla sprovvista.

«Non devi mai scusarti. I tuoi baci sono sempre ben accetti.» e torna a baciarmi.

Ma non lo sento fin dentro le ossa.

Non mi fa male anche solo sentire il suo odore.

«Vuoi qualcosa da bere?» mi stacco all'improvviso, e lui difatti mi guarda alquanto confuso.

«O-okay.» si passa una mano tra i capelli quando io mi alzo, dritta verso il balcone.

Ma poi cambio traiettoria, avendo bisogno di acqua gelata sul viso per svegliarmi.

Ricordati del piano.

Prendi tempo e distrailo.

Forse aveva ragione Jake. Avrei dovuto lasciar perdere.

Non sono in grado di affrontarlo.

Per stare in pace con me stessa dovrei semplicemente evitarlo fino alla fine dei miei giorni.

Mi sciacquo il viso un paio di volte, prima di uscire dal bagno, togliendomi la giacca di pelle e rimanendo solo con un top bianco senza spalline particolarmente scollato.

Gli lancio uno sguardo di sfuggita, accorgendomi che il suo era già su di me come da tutta la serata. Arrivo al balcone, ordinando qualche shottino di tequila sperando che riescano a sbloccarmi.

«Con il lord non è ancora finita?»

Samantha.

«Nonostante le tue maledizioni, no.»

«Sembrate molto affiatati.» mi prende in giro.

«Buono a sapersi. Anche tu e Trevor lo sembrate molto.» glielo indico, ancora seduto a guardarci.

Chissà cosa gli passa per la mente mentre mi fissa in quel modo.

«Siamo solo buoni amici.» scrolla le spalle con un sorriso malizioso sulle labbra che stravolge completamente il senso delle sue parole.

Buoni amici, ci credo proprio.

«Mi fa piacere.» mi schiarisco la gola, fingendo che non esista.

«Hai una sigaretta?» le chiedo e lei la prende dalla tasca, infilandomela poi tra le labbra. Si avvicina al mio viso lentamente e con il solito sguardo di chi vorrebbe divorarmi, e con l'accendino brucia la carta. Il suo profumo mi invade completamente.
Prendo un lungo tiro e quando sembra schiudere le labbra per volere che io glielo passi, volto la testa e giro i tacchi, andando via da lei.

Non sono abbastanza ubriaca per stare ai suoi giochi stasera.

Mi dirigo verso l'uscita di emergenza, che sta alla parte opposta a quella dove Evelyn, Will, Jake e Dean stanno appena agendo.

Ore 23:34.

Evelyn ha detto che ci avrebbe messo almeno 15 minuti a moto.

Devo trovare un modo per distare Trevor.

Ma quando decido di tornare dentro, un odore fin troppo conosciuto mi arriva alle narici.

Lui.

«Che vuoi?» gli chiedo senza neppure voltarmi.

«Il tuo fidanzato è appena venuto a minacciarmi di starti lontano. Ne eri a conoscenza?» ridacchia leggermente, affiancandomi.

«Lui ha fatto cosa?» esclamo e quando noto che non ha intenzione di ripetere, sbuffo. «Che ti ha detto?»

«Di starti lontano altrimenti mi avrebbe mandato in galera per aggressione e cazzate varie.» scrolla le spalle.

«E tu...?» le parole mi muoiono in gola.

«Io cosa?» inarca un sopracciglio, sapendo perfettamente cosa voglio chiedergli davvero.

«Che cosa gli hai detto?»

«Non l'ho colpito se è questo quello che ti interessa.»

Non è quello che volevo sapere.

«L'animale che c'è in te si è saputo controllare per una buona volta, complimenti.» gli do' una pacca sulla spalla e si irrigidisce, accigliandosi per qualche secondo ragionando sulle mie parole.

«Potrei sempre cambiare idea.»

«Lo so. Sei l'essere più instabile dell'universo.» cospargo altra benzina sul fuoco.

Ben presto la sigaretta che aveva in mano si sgretola completamente.

«Attenta.» dice semplicemente.

«Mi chiedo se arriverà mai il giorno in cui picchierai anche me. Che da arrabbiato non ti sai controllare lo sanno anche i muri.» ridacchio nervosamente e lo sguardo che mi rivolge non credo che me lo dimenticherò mai.

Sembra sorpreso e deluso dalla mia presupposizione.

«Cosa hai detto?» quasi balbetta.

«Ho detto-» mi interrompe.

«No. Non ripeterlo.» vedo il suo pomo d'Adamo fare su e giù e mentre si aggrappa al davanzale gli vedo tremare entrambe le mani.

« Vuoi forse dirmi che mi sbaglio?» ma lui rimane in silenzio per poi scuotere la testa, come se stesse pensando qualcosa di assurdo.

Non nega e non afferma. Come sempre.

«Forse hai ragione.» dice d'un tratto, voltandosi verso di me.

Lo riconosco quello sguardo.

È quello che assume quando vuole ferirmi.

E la maggior parte delle volte ci riesce sempre.

«Avrei dovuto rispondere in maniera diversa al tuo fidanzatino.» ribatte e dalla tasca caccia la sua pistola. «Avrei dovuto puntargli la pistola addosso. Proprio qui.» l'acciaio freddo mi sfiora la tempia, che mi immobilizza all'istante.

Trattengo il respiro, quando in una frazione mi gira in modo da dargli le spalle e mi spinge contro il suo corpo. La mia schiena si adagia al suo petto e sembra quasi che combaciacino perfettamente.

«O qui.» la pistola scorre sotto il mio orecchio con una lentezza straziante. Mi sta uccidendo. «... O qui.» la pistola sfiora il mio collo, mentre la sua voce arriva come una carezza crudele all'orecchio.

Non riesco a respirare.

Si ferma al solco dei seni, mentre con la mano sinistra mi prende il fianco scoperto, spingendomi contro la patta dei suoi pantaloni.

La mia pelle è febbricitante a contatto con la sua.

«È forse questo l'animale che dicevi?» il suo respiro caldo mi solletica il collo, provocandomi dei brividi che vorrei soltanto scacciare. Odio l'effetto che mi fa la sua vicinanza.

«Convincimi a non premere il grilletto dopo ciò che mi hai detto.» lo sento sospirare profondamente quando inala l'odore dei miei capelli, per poi trovare rifugio nell'incavo del mio collo.

E proprio non riesco a staccarmi.

«Con te si riduce tutto sempre ad una pistola.» mormoro tremante, rilasciando un sospiro che assomiglia più ad un ansito.

«Mi piace il contrasto tra la vita e la morte.» replica.«Mi piace avere il potere di comandarle.»

«A te piace solo avere il controllo su tutto ciò che ti circonda.»

«Non proprio su tutto.» mi corregge. «Solo su qualcosa. Una in particolare.» la pistola è ancora ferma sul mio petto e quando l'acciaio sfiora la parte scoperta del mio seno per poco non mi scappa un gemito per il contrasto della mia pelle calda al freddo della pistola. La sua mano sinistra invece mi accarezza il ventre, così piano che sembra che non lo stia facendo davvero.

«E quale sarebbe?» deglutisco sonoramente.

«Adesso vuoi sapere troppo.»

«Dici di pensare che un giorno potrei farti del male, ma non tremi quando ti punto la pistola addosso.»

Perché lo so che oltre che con le parole, non mi sfioreresti nemmeno con un dito.

«Mi hai dato più volte la conferma di non volermi sparare.»

«Sto aspettando che lo faccia tu.»

«Sparato da Skylyn Miller, non sarebbe una vergogna per te?» scherzo, quando i nostri corpi sono vicini.

«Saresti l'unica che potrebbe uccidermi anche senza una pistola.» il mio cuore perde qualche battito.

Che vuol dire?

«Che stai dicendo?» balbetto.

«A volte devi capire e basta ciò che ti viene detto. Senza farti troppe domande a riguardo.»

Come faccio a non farmi domande se mi dice cose di questo genere?

E perché continua a starmi così attaccato?

«Non hai negato però.» dice ad un certo punto.

«Cosa?»

«È il tuo fidanzato?» posa la pistola nella tasca e la presa al mio corpo si allenta, ma io mi muovo leggermente per fargli capire che non voglio che si allontani.

Solo per questa serata. Serve per il piano, mi ripeto.

Noi ci odieremo ancora di più dopo stasera. Me lo godo qualche minuto e poi basta.

«A te che interessa?»

«Si o no.»

«Perché ti interessa?» insisto.

«Si o no.» insiste ed io mi giro nella sua direzione. I nostri nasi si sfiorano mentre i nostri occhi si divorano l'anima a vicenda.

«Non guardarmi così.» mi rivolge uno sguardo supplicante, nonostante la sua voce sia autoritaria.

«Con così che intendi?»

«Semplicemente... così.» mi indica. «Continui a farlo.» mi rimprovera.

«Se non mi dici come non posso capirti.»

«Come prima.» rivela in un sussurro.

Come prima che cambiasse tutto tra noi.

«Non lo faccio mica apposta.» mormoro. «E poi anche tu fai lo stesso.»

«Non lo faccio apposta.» mi rifila la stessa risposta.

«Almeno questo non è cambiato.» farfuglio.

Rimaniamo a fissarci, ancora fin troppo vicini, e i nostri respiri diventano si combaciano. Entrambi sono accelerati come se avessimo appena corso una maratona, ma in realtà ci stiamo soltanto guardando.

Sta per succedere qualcosa.

«Devo andare.» dico subito.

Ho esagerato, non avrei dovuto avvicinarmi così tanto.

«Anche io.» le nostre strade si dividono ed io mi appoggio al primo muro che trovo, mentre cerco di riprendere fiato.

Ora che saprà che cosa ho fatto a Kai mi odierà per sempre.

Evelyn Pov's

Mi alzo il cappuccio sulla testa mentre esco, camminando insieme ai fratelli Miller come se stessimo in Mission Impossibile.

Arriviamo dietro al locale, e le moto dei 4 sono la prima cosa che si nota in mezzo al parcheggio.

«Pronti a sfogare tutta la vostra rabbia su una moto?» ride Will.

«Fatemi prima danneggiare il motore e poi potere farle a pezzi.» li raccomando.

«Quasi mi dispiace per la moto sai? È un vero peccato rompere questo gioiellino.» borbotta Dean, accarezzandola come se fosse una persona. Però si, sono davvero belle.

«Spostati.» lo spintono leggermente, chinandomi a terra. Jake mi passa la cassetta degli attrezzi mentre io mi diletto nel non rendere mai più funzionale questa moto.

Avere un padre meccanico porta, a volte, dei vantaggi.

Spero solo di non combinare qualche macello.

Will va a fare da palo, lasciandomi in balia dei due.

Dean fa il giro della moto, prima di fermarsi dietro di me. «Che stai facendo?» chiedo senza voltarmi, concentrandomi su quello che devo fare.

«Mi godo la visuale.»

Lancio uno sguardo a Jake che serra la mascella mentre fulmina il fratello con lo sguardo. Ha le braccia incrociate al petto che gli fanno ingrossare i muscoli e la fronte corrucciata. Sembra uno di quei bodyguard pronti a fare a pezzettini chiunque ti tocchi.

«Qualcosa non va, fratello?» sogghigna Dean.

«Non perdiamo altro tempo.» intervengo, facendomi passare attrezzi da Jake che al momento non mi servono. Giusto per smorzare la tensione.

«Jake! Vieni qui.» dice Will e Jake guarda Dean.

«Vai un attimo tu da lui. Io la sto aiutando.» prova a dire.

«Non hai sentito che ha chiamato te?» dice sfilandoci da mano la cassetta e sedendosi al posto suo.

Jake sbuffa sonoramente, trattenendosi probabilmente dal tirargli un pugno, e va da Will.

Oh no. Non lasciatemi sola con lui.

«Mi eviti da giorni.» inizia la conversazione che tanto temevo dalla notte di Halloween.

Forse Dean Miller è seriamente la cosa che più terrorizza al mondo.

«Non è vero.» prendo un lungo sospiro, mentre il cuore inizia a martellare nella cassa toracica.

Concentrati sulla moto.

«Io dico di si.» si fa più vicino, chinandosi alla mia altezza.

«Possiamo non parlare? Mi fai perdere tempo.»

E ancora una volta mi giro verso Jake che al momento non ci sta guardando.

«Voglio solo farti una domanda e poi ti lascerò viaggiare nel mondo delle favole mano nella mano con mio fratello.» me lo indica col capo.

«Avanti, fa' questa fatidica domanda.» bofonchio.

«Se Chloe non fosse entrata, avresti continuato?»

Lo sapevo.

«Tu?» evito di guardarlo negli occhi mentre agito il cacciavite.

Avanti Evelyn, pensa alla moto.

Solo alla moto.

E non alla sue mani fin troppo vicine.

«Io no.» risponde con sincerità cercando il mio sguardo che non gli concedo. Non riesco a guardarlo.

I suoi occhi blu mi ricordano i miei errori.

«Eravamo ubriachi, sarebbe potuto accadere di tutto.» esordisco.

Per più di un secondo, ho creduto che sarebbe successo. Davvero.
E sempre durante quei secondi, ho creduto che gliel'avrei permesso. Ad entrambi.

«Io non l'avrei permesso.» sentenzia sicuro di sé.

«E allora perché eri lì?» mi giro finalmente verso di lui, venendo rapita dai diamanti che sono i suoi occhi.

«Per non lasciarti sola con Jake.» spiega.

6 semplici parole che mi fanno mancare il fiato.

«Avresti potuto dividerci.» lo rimbecco.

«Volevo solo farti capire.» si avvicina pericolosamente a me, accarezzandomi il viso con una dolcezza che non sembrava appartenergli.

«Cosa?» domando con la salivazione che ha smesso di funzionare come dovrebbe.

«Chi volessi sul serio.»

Dio.

Non può fare così.

«Perché sei così convinto che io voglia te?» inarco un sopracciglio. Lui e il suo ego smisurato.

«Perché lo sento. Perché lo vedo.» col pollice mi accarezza il labbro inferiore.

«Non tremi in questo modo quando sei con Jake e non te lo riesci a spiegare, non è così?»

È esattamente così.

«Cos'è che vuoi? Anche se ti dicessi che è te che voglio, che cosa cambierebbe? Che cosa potresti offrirmi tu?»

«Tutto il sesso che vuoi.» risponde subito ed io scoppio a ridere.

«Sesso. Sesso e sesso. Non è solo quello che voglio.» scuoto la testa.

«È la sola cosa che sono in grado di darti.» dice e sembra crederci davvero.

Quasi mi fa pena in questo momento.

Perché Dean è la reincarnazione perfetta di un ego smisurato, ma di un autostima che giace sottoterra. E tra le due, anche se non sembra, c'è una differenza abissale.

Non ama se stesso, come potrebbe mai amare qualcun altro?

«Per questo non sei quello giusto per me. Io non sono così superficiale. Mi sono lasciata andare qualche volta? Si. Mi fai uno strano effetto che non mi spiego? Si. Ma so per certo che non sei tu l'uomo che voglio al mio fianco se non per qualche notte in cui ho niente di meglio da fare. Può anche darsi che io sia attratta da te più di quanto lo sia con Jake, ma si tratta solo di quello. Di un qualcosa di puramente fisico che non porterà a nient'altro.» mi spiego.

«Perché la verità è che io da te non voglio nient'altro che del semplice sesso e tu mi vuoi per la stessa cosa, giusto?» annuisce e basta, allontanandosi da me ogni secondo un po' di più. Non solo fisicamente.

«Ci siamo divertiti entrambi ma direi anche basta, no?» continuo. «Smettila di voler esercitare un potere che non hai. E lasciami vivere in pace.»

Non voglio che ti avvicini. Non voglio che mi tocchi e mi guardi nel nostro modo. Non voglio che mi sorridi e mi rispondi male solo per avere una mia reazione.

Non voglio accettare il fatto che tu mi faccia scoppiare il cuore ogni volta che ti avvicini. E non voglio accettare il fatto di provare tutto questo per te e non per Jake.

Lui è l'uomo giusto per me. Lui è quello che amo.
Tu sei soltanto una fissa passeggera che deve soltanto scomparire per sempre dalla mia vita.

Ti prego, sparisci.

«Peccato. Ci saremmo potuti divertire tanto insieme.» scrolla le spalle, riducendo ancora una volta tutto al sesso.

Come se davvero non credesse che esista anche altro.

Dalla sua espressione non sembra esserci rimasto male, il che mi risolleva il morale per un attimo ma mi fa anche capire di quanto poco valga quello che c'è, anzi c'era tra 'noi' per lui. Diciamo che mi sono fatta problemi per uno a cui non frega assolutamente niente di me.

Meglio così, vero?

Mi aiuta a sistemare, o rovinare, a seconda dei punti di vista le altre auto finché non arriva la parte divertente. Quella di farle a pezzi.

Insieme anche a Jake iniziamo a colpirle, sia con calci che con le mazze che ha portato Will. Non so come faccia ad averne una sempre a portata di mano e perché se le porti dietro.

Dean urla, mentre colpisce la moto di Alexander con tutta la rabbia che ha in corpo. Mi si spezza il cuore a vederlo in quello stato.

Non si riprenderà mai dalla morte di Amanda. Nessuno mai ha contato così tanto per lui. E probabilmente nessuno raggiungerà il suo livello.

Dopo di lei si è rinchiuso a riccio e non ha fatto entrare più alcuna persona nel suo cuore.

Non voglio nemmeno immaginare come si senta.

Mi avvicino silenziosamente, appoggiandogli una mano sulla schiena, aspettandomi che si ritragga ma non lo fa. Si volta e mi guarda, cercando di riprendere fiato.

Cerco di tranquillizzarlo soltanto usando gli occhi. Le parole con Dean non sono mai servite granché.

Con quello sguardo gli dico che ci sarò per sempre per lui, e che la discussione di poco prima serviva soltanto a far capire ad entrambi che è meglio restare lontani.

Forse ha più bisogno di me come amica che come amante.

Abbasso lo sguardo verso le 4 moto e scoppio a ridere vedendo quanto sono ridotte male. Vanno soltanto buttate.

Nessun meccanico sarebbe in grado di riparare a tale macello.

«Vorrei quasi bruciarle. Ma meglio fargli vedere questo capolavoro.» esclama Jake.

«Ci ammazzeranno.»

«Proprio per questo dobbiamo andarcene.»

Mando un messaggio sul gruppo dove ci sono tutti e ben presto li vedo uscire e camminare a passo svelto verso di noi.

«Vi siete occupati di Kai?» chiede Dean e Peter annuisce.

Ognuno di loro aveva un compito.

Evan con Tom, e non so esattamente perché proprio lui.

Alexander doveva essere distratto dalla sorella di Damon, ma per quello non abbiamo dovuto nemmeno dirglielo.

Sky con Trevor.

E infine Peter con Kai.

Dovevano distrarli affinché noi riuscissimo a rovinargli le moto.

«Appena mi ha visto da solo come previsto non ha resistito e mi ha seguito. Il resto è andato come programmato.»

«Solo io non ho capito che cosa avete fatto?» dico.

«Angel anni fa mi confidò la più grande paura di Kai Clinton. Ed è anche la sola:
gli spazi chiusi.» mi spiega Peter.

Kai Pov's

Vedo Peter alzarsi e guardarsi intorno con circospezione. Tutti i suoi amici sono spariti.

Questo è il momento giusto per attaccarlo.

Perché no, non mi basta averlo mandato in ospedale e avergli slogato la spalla. Ho bisogno questa volta di farlo male con le parole. E di fargli capire che se è vivo è solo grazie a me.

La sua vita dipende dal mio umore. Perché un giorno potrei svegliarmi storto e decidere di mettere fine alla sua vita.

Senza ma e senza se.

Lui non vale niente.

Lo seguo silenziosamente, facendo attenzione a non farmi notare e lo vedo entrare in una stanza. Mi incammino verso di essa e mi rendo conto che in realtà non si tratta che di un sgabuzzino che ha ancora un'altra porta che conduce altrove che ora Peter si è chiuso alle spalle.

Provo a forzare la maniglia di questa e in quel momento di distrazione la porta alle mie spalle si chiude.

Sento la chiave girare nella serratura e una serie di rumori che mi fanno capire che dietro di essa stanno spostando dei mobili.

Che cazzo sta succedendo?

«Aprite la porta!» inizio a dare forti e potenti pugni  contro la parete che non servono a niente.

La stanza inizia a rimpicciolirsi sempre di più, quasi come a comprimermi. Giro intorno a me stesso, iniziando a vedere sfocato cercando di non impazzire mentre tutto prende ad essere buio.

No, no, no.

«Apri-aprite.» boccheggio.

Le mani tremano, la bocca diventa secca e la gola viene trafitta da un miliardo di aghi che mi impediscono di respirare.

«Aiuto.»

Sto urlando ma in realtà lo sto facendo soltanto nella mia testa perché non riesco ad emettere fiato.

E in un attimo sono .

Ho di nuovo 8 anni. La schiena brucia dopo le frustate ricevute e l'unica cosa che sento è la sensazione permanente di morte.

È come se qualcuno mi stesse soffocando e un attimo prima che il mio dolore finisca per sempre mi lasci libero di respirare. Per poi tornare a stringermi la gola più forte.

A ricordarmi che lui c'è e che non se ne andrà mai. E che io non starò mai bene davvero.

Muoio e ritorno in vita in continuazione. In un loop che non ha mai fine.

Cado a terra e la stanza prende a girare e girare. Sembra di essere sopra ad una giostra.

La giostra dell'orrore.

Qualcuno mi salvi.

Dove sei, angelo mio?

Adesso non respiro nemmeno più. Il dolore è diventato troppo opprimente.
Il cuore rallenta notevolmente e perdo il controllo delle braccia e delle gambe che prendono a tremare.

E piano piano, mi spengo.

Spazio autrice:

finalmente CE L'ABBIAMO FATTA.

questo maledetto capitolo mi fa ha fatto dannare.

scusatemi per aver rimandato in continuazione ma c'erano soltanto cose che non mi convincevano e ho dovuto rivederlo almeno 1000 volte.

detto questo, vi aspetto su insta (karimsstories) e sul gruppo telegram per commentare insieme il capitolo.

spero vivamente che vi sia piaciuto e che sia valsa la pena per  l'attesa 🙏🏻❤️

vi voglio bene
alla prossima:)

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