- Ma perché devo fare io la fatica di venire a trovarti, scusa? Vieni tu.
Dazai in tutto risposta scoppiò a ridere, Chuuya non poté non cogliere una sorta di provocazione nella sua risata.
- Non vorrai far scomodare un duca, signor marchese.
- Sei solo un ragazzino viziato. Vuoi qualcosa, impara a guadagnartelo.
Biascicò Chuuya lanciandogli un'occhiataccia, poi il suo sguardo tornò a concentrarsi sulla sala ghermita di nobili. Quanto avrebbe desiderato essere da un'altra parte. Dazai accanto a lui, guardava la stessa folla di ricconi e ad un certo punto con un verso di sconforto storse il naso.
- Hai visto qualcuno che non ti piace?
- Una di quelle con cui i miei vorrebbero mi sposassi. Una vera vipera.
- Uh... Strano, non vede nessun serpente.
Dazai lo squadrò sdegnoso:
- Non faceva ridere.
- Invece sì, qual è la tanto fortunata ragazza?
Pose la domanda con sarcasmo, ma dentro di sé pensava seriamente che chiunque avesse sposato quel riccone di un duca avrebbe avuto una bella vita, tanti privilegi e uno schianto da vantare come marito.
- Vedi quella ragazza laggiù? Capelli biondi, vestito violetto e fiori rossi tra i capelli?
Dazai appoggiò la spalla a quella del marchese per indicare meglio una fanciulla al centro del salone. Chuuya annuì.
- Beh, è alquanto carina e sembra avere stile.
- É una racchia bastarda, una sanguisuga e una palla al piede.
- Oh my, my. Che termini usate mio nobilissimo duca.
Lo prese in giro Chuuya tirandogli una spallata, Dazai ricambio il gesto con una smorfia.
- Se la conoscessi, diresti le stesse cose. Se non peggio.
- Probabile. Il mio vocabolario di imprecazioni è molto ricco: so insultare in sette lingue differenti, duca.
- Credo mi toccherà farti arrabbiare, per imparare nuovi, interessanti e proibiti vocaboli.
- Non serve spingersi a tanto... Basta chiedere. Non dico mai no all'insultare la gente.
- Conosci sette lingue?
Chuuya scosse la testa con un sorriso, era troppo pigro per apprendere così tanto.
- Conosco solo gli insulti, di lingue ne parlo a malapena tre.
- Io quattro, ma purtroppo non conosco gli insulti di nessuna, sono cose che i precettori non ti insegnano. Tu dove hai imparato tutto ciò, marchese?
- Durante i miei numerosi viaggi.
- Hai viaggiato molto, immagino.
- Non sai quanto. È la prima volta dopo 15 anni che progetto di fermarmi a lungo in un luogo. Mi fa uno strano effetto.
- Io ho sempre desiderato viaggiare, ma ho visto a malapena Spagna e Corsica, siamo andati là per l'estate un paio d'anni. Com'è il mondo? È davvero come i libri lo descrivono?
Chuuya alzò lo sguardo al lampadario di cristallo sul soffitto, pensieroso. Si voltò dando le spalle alla folla e appoggiando i gomiti sulla balaustra del balcone.
- Trovo difficile risponderti. Non ho idea di come i libri descrivono il mondo. Sicuramente non saranno mai accurati, però, come l'esperienza diretta. Credo che nessun quadro possa rappresentare la grandezza di un elefante vero e nessun racconto possa descrivere accuratamente le grandi praterie americane.
Dazai sospirò. E non rispose, per un attimo Chuuya colse in lui un'espressione arresa. Sentì l'impulso di dire qualcosa, forse poteva promettergli di portarlo in uno dei suoi viaggi futuri, sempre se ne avesse fatti... Scosse la testa, era decisamente inopportuno e una promessa vuota e priva di alcun valore. Sospirò anche lui e tra i due cadde il silenzio.
Giù nella sala l'entrata di tre musicisti annunciò che presto sarebbero cominciate le danze. Chuuya li guardò con aria indifferente, tanto ormai aveva già deciso che non si sarebbe allontano da quel posticino isolato e tranquillo; Dazai, invece, si esibì in un plateale lamento.
- No, ti prego.
- Cosa succede?
- Devo scendere a ballare con la vipera.
- Oh no... La racchia.
Dazai con un sospiro si staccò dalla balaustra e si incamminò verso la porta di legno particolare dalla quale era arrivato Chuuya.
- Ehi duca, aspetta.
- Hm?
- Posso... Coprirti se lo desideri...
- Eh?
- Verso la fine delle danze andiamo giù, io fingo di aver avuto un malore (non è nemmeno una bugia) e tu dici che mi hai soccorso e ti sei occupato di me finché non mi sono ripreso. Così i tuoi non ti sgrideranno e farai anche una bella figura per aver aiutato un bellissimo ragazzo in difficoltà.
- Non male come piano. Togli il "bellissimo" ed è un piano perfetto.
Chuuya gli fece il verso e il duca ammiccando tornò ad appoggiarsi alla balaustra accanto al marchese.
- Grazie... Immagino, Chuuya-kun.
- Oh, non è nulla. Tra misantropi dobbiamo aiutarci.
Dazai scoppiò a ridere coprendosi la bocca con la mano educatamente, Chuuya osservò quel gesto con le sopracciglia aggrottate. Certo, ridere coprendosi la bocca era un segno di buona educazione, ma farlo in momenti come quello non era necessario. Probabilmente dire "non serve che nascondi il tuo sorriso, è bellissimo" sarebbe stata una frase mooolto fuori luogo.
I musicisti presero posto e cominciarono a suonare.
- Vediamo se si tratta di incompetenti stra-pagati, come lo erano all'ultimo ballo.
Mormorò con sarcasmo Dazai prima di mettersi in ascolto. I musicisti però, per quanto suonassero musica poco complessa, sapevano quello che facevano. Non perdevano mai il tempo, anzi lo gestivano a loro piacere, perfettamente in armonia tra di loro. Persino Dazai dovette ammettere che Madame Kōyō aveva gusto in fatto di musica.
- Non male, marchese. Devo ammetterlo, non male. Quasi mi pento di non essere giù a ballare con la vipera.
- Vai pure dalla tua amata, allora.
- Nemmeno morto, mi accontenterò di stare qui accanto a te e battere il piede a tempo di musica. Oh, questo brano lo sapevo suonare anche io.
- Suoni? Che bello. Che strumenti?
- Conosco il pianoforte, le basi del violoncello, ma il violino è il mio unico amore.
Il violino, uno strumento che Chuuya amava profondamente e gli riportava alla mente ricordi che sembravano appartenere ad un altro mondo, un altro tempo, un altro Chuuya.
- Un giorno, quando duca verrai a trovarmi, mi farai sentire qualche brano.
- Tsk, quando tu verrai a trovarmi semmai, marchese.
- Oh, ma non rompere. Vuoi viaggiare? Ecco, comincia a percorrere la strada da casa tua a casa mia e ritorno.
Dazai storse le labbra contrariato e gli tirò una spallata che venne subito ricambiata con un ghigno. I musicisti cambiarono brano. Qualcosa di lento e romantico, poco adatto a due giovanotti intenti a stuzzicarsi su un balcone.
Quando il momento dei balli terminò i due ragazzi chiacchierando come amici di vecchia data si incamminarono attraverso i corridoi della villa, verso il salone pieno di aristocratici.
Non appena Dazai entrò dalla porta, la racchia gli corse incontro (per quanto si riesca a correre con gonna e tacchi) e gli gettò le braccia al collo.
- Eccovi qui, tesoro mio. Mi avete fatto così preoccupare, state bene?
- Io sto bene, non preoccuparti. Ho solo assistito il marchese Nakahara che ha avuto un malessere, ora lo sto accompagnando da sua zia.
Per sottolineare le parole del duca Dazai, Chuuya si sventolò una mano davanti al viso con aria tragica e si appoggiò a Dazai come in preda di un improvviso giramento di testa.
- Oh, santo cielo... Corro subito a cercare madame Kōyō.
La ragazza sparì tra la folla agitata. Mentre la guardavano andare via i due giovani si batterono il cinque dietro la schiena.
Poi si scambiarono uno sguardo complice, che nessun altro, a parte loro due, poteva comprendere.
A. A.
SONO VIVA E AMO QUESTO CAPITOLO, SCUSATE.
Spero di aggiornare presto.