Tecum

By azurahelianthus

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#2 VOLUME DELLA SERIE CROSSED PATHS "𝐿𝑒𝑖 π‘’π‘Ÿπ‘Ž π‘Žπ‘›π‘π‘œπ‘Ÿπ‘Ž π‘’π‘›π‘Ž π‘›π‘œπ‘‘π‘‘π‘’ π‘ π‘’π‘›π‘§π‘Ž 𝑠𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑒... More

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I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
XVII.
XVIII
XIX.
XX.
XXI.
XXII.
XXIII.
XXIV.
XXV.
XXVI.
XXVII.
XXVIII.
XXIX.
XXX.
XXXII.
XXXIII.
XXXIV.
XXXV.
XXXVI.
XXXVII.
XXXVIII.
XXXIX.
XL.
XLI.
XLII.
XLIII.
XLIV.
XLV.
XLVI.
XLVII.
XLVIII.
XLIX.
L.
π„ππˆπ‹πŽπ†πŽ.
𝐔𝐍𝐀 𝐋𝐄𝐓𝐓𝐄𝐑𝐀 𝐏𝐄𝐑 𝐓𝐄
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XXXI.

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By azurahelianthus

«Lo sai che la torta di carote si chiama così perché la carota rientra negli ingredienti e non perché è arancione, vero?». Nivek mi osservò molto poco fiducioso.

Era appoggiato al bancone di metallo della cucina della mensa, con la giacca bordeaux buttata chissà dove, le maniche della camicia arrotolate fino a metà braccio, mostrando la pelle pallida e i muscoli delle braccia. Non era muscoloso come Dan, ma era visibilmente forte quanto gli altri dell'Élite. Ed era incredibilmente bello, con i capelli così chiari, gli occhi celesti simili ad Erazm e le labbra carnose.

Lo fulminai. «No, pensavo fosse un nome d'arte. Certo che lo so!».

«Allora perché non le hai messe qui, nel tavolo, insieme agli altri cavolo di ingredienti?». Alzò un sopracciglio.

Chiusi gli occhi e sospirai, pentendomi di aver proposto una cosa del genere per mostrargli la mia gratitudine. «Stavo aspettando che Dan cacciasse un coniglio, così avrebbe potuto portarcele lui le carote, che ne dici?». Aprii gli occhi e lo vidi sorridere divertito. «Sono nel mobile in basso, dove ci sono le altre verdure. Non le ho ancora prese perché le devo ancora tagliare, genio».

Eseguì i miei ordini e ne posò qualcuna sul tavolo, iniziando a tagliarle a strisce sottili con un coltello. «Credo che Dan intendesse altro quando ha detto che gli piacciono le conigliette, sai?». Ghignò.

«Stupido». Borbottai sorridendo.

Inserii nel mixer una quantità non elevata di olio e grattugiai la buccia di un'arancia, rimettendola poi al suo posto. Nivek ci buttò dentro le carote tagliuzzate e io chiusi il tutto, iniziando a frullarli insieme e pregando la riuscita della crema senza grumi.

«Come stai, ora?». Agguantò una mela verde dal cesto e la mangiò a morsi, il rumore dei suoi morsi mi fece venire i brividi. Odiavo quel rumore.

Annuii a me stessa. «Adesso bene. Nuoto, nuoto e nuoto, come mi ha consigliato qualcuno». Sorrise. «Non hai mai pensato di intraprendere una carriera da psicologo o terapeuta? Sei parecchio bravo, Niv».

«Lo psicologo servirebbe a me, dolcezza. Finché sono qui i miei problemi sembrano minori, ma fuori torneranno ad essere problemi, e non credo che uno psicologo possa iniziare una carriera quando lui stesso ha dei... traumi irrisolti». Tentennò.

Aggrottai la fronte. «Sul serio? Sei la persona che aiuta tutti e che poi non ha nessun aiuto?».

«Diciamo che sono il tipo di persona che preferisce risolvere quelli degli altri per dimenticare i suoi. Alla fine dei conti, ognuno ricava ciò che più desidera». Si strinse nelle spalle e diede un altro morso.

Tolsi il coperchio del mixer, soddisfatta della consistenza della crema, e in un'altra ciotola unii la farina, la fecola, lo zucchero, il pizzico di sale e il lievito setacciato. Aggiunsi la crema di carote e olio, sotto lo sguardo schifato di Nivek, e mescolai tutto insieme. Buttai l'impasto all'interno di una tortiera a forma di cuore, la infilai nel forno e chiusi l'anta di esso con un colpo di sedere.

Mi asciugai le mani, sporche di farina, su uno strofinaccio. «Cosa ti fa paura, Nivek?».

Per un lungo momento, mentre ripulivamo e mettevamo tutto al suo posto, lui non rispose. Credetti quasi che non l'avrebbe più fatto, in effetti, ma alla fine si lasciò andare.

«Il tempo».

Alzai lo sguardo. «Il tempo...?».

«Il tempo mi fa paura. O almeno il suo scorrere inesorabile, qualunque cosa accada. Non si ferma, non puoi controllarlo, e io... ho questo immenso inspiegabile bisogno di avere più tempo, più giorni, più vita».

«C'è un motivo particolare a questa tua ansia?». Sussurrai, torturandomi le mani in preda al disagio. Io sapevo bene come si sentiva.

Si issò sul bancone di fronte a me e si sedette su di esso, piegando le gambe sotto di lui in una specie di posizione da yoga. «No, è questo che mi fa arrabbiare. Ho una brutta sensazione addosso, ed è perenne, come se stesse per arrivare qualcosa di catastrofico».

«Magari è dovuta al fatto che pian piano si avvicina la tua maggiore età e la libertà totale, che non sei abituato a sapere cosa sia, ti spaventa. Hai tutti qui, i tuoi studi, la tua vita, i tuoi affetti... forse è questo». Incrociai le braccia al petto per proteggermi da chissà cosa.

Fissò un punto vuoto con sguardo vitreo. «La fine non ti fa paura?».

"Oh Niv, come te lo dico che per me una fine non ci sarà e che sono graziata, o forse condannata, a vivere per l'eternità?", pensai.

«Mi fa paura, ma credo che lo faccia a tutti, ed è per questo che a volte viviamo più intensamente di altri momenti. Quando ci rendiamo conto che la vita è una ed è limitata, potrebbe finire ora, domani o fra dieci minuti, vivi ogni momento come se fosse l'ultimo». Mormorai, sapendo che era quello il motivo per cui mi sentivo bloccata. Non trovavo un motivo per andare avanti.

«Tolkien diceva che tutto ciò che dobbiamo decidere è cosa fare col tempo che ci viene dato...». Sussurrò. «Tu cosa vuoi farci?».

Il timer del forno ci interruppe.

Mi avvicinai per tirare fuori la teglia, armata di un guanto, e la poggiai sul bancone. Nivek si avvicinò per ammirarla e inspirò l'odore dolce della torta. «Ecco, io credo di volerlo passare mangiando torta di carote e baciando Myn».

«Non avevo dubbi, chiunque ti conosca lo immagina!». Risi.

Mi osservò serafino da sotto le ciglia. «Beh, se ti conosco anche solo un quarto di quanto amo questa torta, ci metterei la mano sul fuoco nel dire che il tuo tempo lo vorresti passare con Dan. A letto, sui mobili, in cucina, nel divano, sulla lavatrice...».

«Sulla lavatrice?». Mi mostrai sorpresa e iniziai a cercare lo zucchero a velo da mettere sopra la torta.

Continuò come se niente fosse. «In giardino, in piscina, sulla vasca, in un autobus, al cimitero...».

«Al cimitero?!». Mi voltai un secondo per mostrarmi indignata.

«In una casa abbandonata, in un luogo maledetto, nella camera di qualche motel, nell'ufficio di Denholm...». Aveva lo sguardo sul soffitto, come se ci stesse ragionando sul serio.

Scoppiai a ridere e iniziai a spolverare lo zucchero sulla torta, sotto lo sguardo innamorato del mio amico, detto bucaneve. «Nell'ufficio di Denholm, sul serio? Ma non è che queste sono le tue fantasie?».

Batté la mano sul tavolo. «Argh, mi hai scoperto!».

Scossi la testa e tagliai due fette, una più grande per lui e una più sottile per me, che non ne andavo pazza. Gliela passai e lui la agguantò come se fosse un diamante raro. «All'amicizia e alla paura!».

Scoppiò a ridere. «All'amicizia e alla paura!». Scontrammo le fette fra di loro e tossimmo insieme per colpa dello zucchero a velo che era volato sui nostri nasi.

Masticai lentamente, il sapore delicato dell'arancia e subito dopo il gusto semplice della carota erano abbastanza buoni. Nivek mugolò di piacere, sul serio, e chiuse gli occhi, battendo la mano sul piano di metallo più e più volte.

«È buona, eh?». Sorrisi.

Annuì con lo stesso sorriso. «È buona».

«Ehi!». La porta della mensa si spalancò e Myn si diresse verso di noi, con Dantalian al suo seguito, camminando entrambi come due soldatini.

«Ve la fate a solo?!». Ci fulminò lui scherzosamente e poi si voltò verso la sua amica, camminando all'indietro. «Se la fanno a solo, Myn!». Le sussurrò, sapendo che io sarei stata in grado di sentire.

Myn aprì la porta della cucina e fissò la torta. «Che fate?».

«Stavamo pensando...». Nivek masticò l'ultimo boccone con gusto e si pulì teatralmente con la mano. «...di aprire un chiosco di torta alle carote, dove tu fai la schiava in cucina, Dan si veste da carota per essere bullizzato dai bambini e io ed Arya-». Venne interrotto da uno strofinaccio lanciato sulla sua faccia dal suo amicone.

Dan ghignò malefico. «Mi dispiace, non sono adatto. Io i bambini li mangio a colazione».

Alzai gli occhi al cielo. «Un futuro padre provetto...». Ridacchiai quando mi agguantò da dietro e mi strinse fra le braccia, mordicchiandomi la spalla con affettuoso divertimento.

«Ma ci pensate a noi da genitori, un giorno?». Myn finse un brivido e un conato. «Poveri bambini...».

Dantalian assunse una smorfia antipatica. «Povero il mio bucaneve se avrà una figlia femmina, non è facilmente sopportabile una Myn, pensa una intera e una mezza». Lei, di tutta risposta, gli fece il dito medio e così iniziarono a battibeccarsi.

Io e Nivek ci scambiammo un'occhiata.

Il tempo forse non era infinito per tutti, ma l'immaginazione sì. E quella mai nessuno avrebbe potuto togliercela, neanche l'inferno sulla terra.

❄︎

Angolo Autrice.

Sono di nuovo qui, ormai ci ho preso gusto.
Volevo solo dirvi che adesso ci addentriamo nella parte più complicata della storia, per cui i capitoli di passaggio che ci saranno, a meno che non parlino di qualcosa di particolare, saranno più corti rispetto alla norma. Il motivo è che tra poco iniziamo a ristrutturare casa, quindi poi mi verrebbe difficile, se non la notte, scrivere i capitoli, specialmente ora che andranno ad essere sempre più intensi.
Sto cercando di scriverne uno al giorno, quindi se non parlano di colpi di scena mi usciranno più corti, sennò potrei dire addio alla mia sanità mentale. Se ci riesco, a raggiungere un buon numero di capitoli, potrei aumentare da due aggiornamenti a settimana a tre.
Spero di farcela, confidate in me.
Vi amo e lo sapete,
Michelle.

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