Snuff (Ran Haitani FF)

By cecinestpasunotaku

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«Roppongi. Era lì che, per molto tempo, lui aveva "regnato" indiscusso, padrone insieme a suo fratello Rindou... More

1. Ritorno
I. Primo incontro
2. Aggiornamenti
II. Surrealismo
3. Ricerca
III. Halloween
4. Contatto
IV. Romanticismo
5. Mossa
V. Delicatezza
6. Primo tentativo
VI. Natale
7. Incarico
VII. Capodanno
8. Colloquio
VIII. Inizio
9. Espiazione
IX. Febbraio
10. Argini
X. Strappo
11. Calvario
XI. Vergogna
12. Ricongiungimento
Introduzione all'atto finale
Atto finale - Scena seconda
Atto finale - Scena terza
Atto finale - Scena quarta
Atto finale - Scena quinta
Atto finale - Scena sesta
Atto finale - Scena settima
Epilogo
Ringraziamenti

Atto finale - Scena prima

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By cecinestpasunotaku

Erano passati quasi due mesi dal mio ricongiungimento con Ran e, nonostante tutte le difficoltà del caso, stavamo pian piano trovando il nostro equilibrio.

All'inizio non fu facile: lui conduceva praticamente una vita notturna, non potendosi permettere di farsi vedere in pubblico durante il giorno, ed io mi ritrovavo spesso a sgattaiolare fuori casa a tarda ora per raggiungerlo. Nella maggior parte dei casi, mi aspettava dall'altra parte della strada, di fronte al mio vialetto, e mi portava con sé nel suo appartamento.

Benché me ne lamentassi, a posteriori devo ammettere che era molto divertente ed eccitante sotto certi punti di vista: alle volte avevo l'impressione di tornare indietro a dieci anni prima, quando salivo sulla sua moto e, cingendo le mie braccia intorno al suo busto, sfrecciavamo ad alta velocità per le vie di Tokyo. Sebbene fosse passato così tanto tempo da quei giorni della nostra giovinezza, nulla in fondo era cambiato davvero e ogni sera il ragazzo mi aspettava con lo stesso entusiasmo con cui mi attendeva sulla soglia dell'aula di arte, pronto a passare ore ed ore con me.

Capitava spesso, quando stavamo insieme, che Ran fosse reduce da qualche incarico e che passassi buona parte della nottata a curargli le ferite o ad aiutarlo a pulirsi dal sangue, non risparmiandogli rimproveri per le azioni che commetteva ogni giorno e per lo stato pietoso in cui tornava a casa. Ebbene, non aveva ancora abbandonato la Bonten: mi spiegò che in quel momento erano impegnati con un affare molto importante, riguardante una delle loro tante attività illecite, e non poteva permettersi di battere in ritirata proprio in una situazione così delicata senza rimetterci la pelle. Mi promise, tuttavia, che una volta sistemata quella faccenda si sarebbe allontanato da questa vita criminosa e che sarebbe stato tempo solo ed esclusivamente per noi, senza affanni o altri problemi ad assillarci.

Dal canto mio, per venirgli incontro, dopo tre settimane di fughe clandestine nel cuore della notte decisi pian piano di trasferirmi in casa sua. Ovviamente fu una decisione meditata e molto riflettuta, accettata fin da subito con entusiasmo dal maggiore degli Haitani e con meno felicità dai miei genitori. Dovetti trovare una buona scusa per giustificare loro un improvviso trasloco, inventare una storia su come avessi trovato casa e mentire loro dicendo che non sarebbero potuti venire a trovarmi fino a che non fossero arrivati tutti i pezzi d'arredo necessari a riempire la mia presunta dimora. Avevo messo in conto il fatto che, prima o poi, avrei dovuto dir loro della mia relazione con Ran, ma preferivo aspettare quel momento: per come mi aveva raccontato l'uomo quella prima sera a casa sua, si erano scontrati in mia assenza non appena era stato rilasciato dal centro di detenzione minorile e non mi sembrava opportuno metterli immediatamente l'uno di fronte all'altro. Decisi quindi di attendere la situazione più adatta per poter raccontare ai miei del nostro ritorno insieme.

Ammetto che, contro ogni previsione, le cose andavano tutto sommato bene anche con Rindou in quelle poche occasioni in cui dovevamo interagire l'uno con l'altro. Certo, non eravamo diventati migliori amici, ma sembrava acconsentire alla mia presenza vicino a suo fratello e si sforzava, questa volta per davvero, di costruire un rapporto cordiale con la sottoscritta. Oltre a rivolgermi il saluto, cosa che fino a qualche anno fa poteva sembrare quasi impensabile da parte sua, cercava di mostrare interesse per me, chiedendomi cosa avessi studiato, quale tipo di impiego cercassi in campo artistico e informandomi riguardo alle proposte di lavoro offerte da determinati enti. Mi stupii non poco di questo suo atteggiamento: benché fossi consapevole che più che un reale interesse nei miei confronti fosse il bene che voleva a suo fratello a spingerlo a comportarsi così, apprezzavo il fatto che, per lo meno, riuscisse finalmente ad accettarmi davvero e questo mi rasserenava.

Tutto stava andando per il verso giusto in quel periodo: stavo pian piano costruendo la mia nuova vita con Ran e, ben presto, avremmo potuto viverci a pieno.

*

In una di quelle tante occasioni in cui mi trovavo a casa Haitani, aspettavo il ritorno del suo padrone dopo una notte passata a svolgere alcuni incarichi come il controllo dei locali affiliati alla Bonten e l'eliminazione dei traditori. Per quanto trovassi quest'ultima cosa moralmente inaccettabile e associare certe gesta all'uomo che amavo mi turbava, avrei dovuto accettare anche questa situazione fino a che non avesse voltato le spalle alla vita da Yakuza.

Ero immersa in questi pensieri quando sentii la porta aprirsi e vidi la persona oggetto dei miei pensieri farsi strada verso il soggiorno. Spalancai gli occhi alla sua vista: era ridotto anche peggio del solito, con la camicia bianca terribilmente sporca di sangue e strappata all'altezza della spalla sinistra, lasciando intravedere un taglio piuttosto ampio sulla pelle sottostante.

-Scusami per il ritardo, Reiko-chan.- disse venendomi incontro raggiante.

-Vai immediatamente a sederti, vado a prendere le garze.- risposi secca, ma prima che potessi avviarmi a prendere tutto il necessario per medicarlo mi bloccò, afferrandomi il polso.

-Non mi dai nemmeno un bacio?- mi chiese sorridendo.

-Solo dopo che ti avrò sistemato quella spalla.- e mi liberai dalla presa allontanandomi, ma ridacchiando tra me e me.

Dopo cinque minuti, tornai dal mio "paziente" e mi misi seduta accanto a lui sul divano. Lo aiutai a sbottonare la camicia e, non appena liberai il braccio incriminato dalla manica dell'indumento, iniziai a disinfettare il taglio. Inutile dire che un bambino sarebbe stato più facile da gestire.

-Mi stai facendo male!-

-Se stessi fermo, io finirei prima e tu soffriresti di meno!-

-Fai piano, per favore! Non hai la mano particolarmente delicata, Reiko.-

-Ringrazia che si tratta di una ferita non troppo profonda, altrimenti avrei dovuto suturarla.-

-L'ho già sperimentato una volta e non ci tengo a farlo di nuovo, grazie.-

-Beh, ho studiato storia dell'arte, non medicina.- risposi stizzita -Ora abbiamo finito, tranquillo.-

Finii di avvolgergli la benda intorno alla spalla e, non appena la ebbi fissata, gli chiesi di provare a muovere il braccio per assicurarsi che non fosse troppo stretta. Mi alzai quindi per sistemare tutto il materiale medico e, prima che potessi mettere l'ultima scatoletta sul suo ripiano, sentii Ran abbracciarmi da dietro e poggiare delicatamente il suo mento sopra il mio capo.

-So che disapprovi tutto questo, Reiko-chan, e che forse non è quel tipo di vita che ti aspettavi, ma è solo questione di poche settimane prima che finisca.-

-Non preoccuparti, davvero. A me sta bene così.- risposi abbassando lo sguardo.

-No che non ti sta bene. O almeno, non vorresti vivere sempre in questo modo, vedendomi solo la sera per dovermi medicare.-

Mi voltai, guardando in faccia il mio interlocutore e sorridendogli timidamente, per poi aggiungere: -Aspetterò tutto il tempo necessario, se questo mi permetterà di starti accanto.-

Vidi subito il suo volto addolcirsi e, prima che me ne accorgessi, mi stringeva già tra le sue braccia.

-Ran, metti subito giù il braccio sinistro o rischi di farti ancora più male.-

-Grazie per averci permesso di riprovarci.- mi disse, lasciandomi un tenero bacio sulla fronte.

-Non dire così...-

-È la verità: nonostante tutto, nonostante la persona che sono, mi hai scelto ancora proprio come dieci anni fa. Mi sento davvero fortunato, Reiko-chan.- concluse, stringendomi più forte.

-Sono io quella fortunata ad averti vicino.- aggiunsi, ricambiando l'abbraccio.

Rimanemmo così per qualche minuto, finché l'uomo davanti non interruppe il contatto e assunse, d'un tratto, un'espressione seria in volto.

-Reiko-chan.-

-Che c'è? -

-So che forse è presto e mi dirai che sto correndo troppo, ma volevo chiederti...-

-Sì?-

-Quando tutto questo sarà finito e potremo vivere in maniera "normale", mi permetterai di sposarti?-

Credo che in quel momento la mia faccia fosse diventata bordeaux.

-C-cosa?-

-Hai capito bene: vorrei che diventassi la signora Haitani. Accetti?-

Nell'immediato non riuscii a trovare le parole, dal momento che mi ero persa ad immaginare uno scenario futuro come moglie di Ran, ma credo che il sorriso sul mio volto come prima reazione fosse stato sufficiente a rasserenare l'uomo davanti a me.

-Certo che accetto!- gli dissi, cercando di trattenere le lacrime per l'emozione.

-Ne sono davvero felice, Reiko-chan.- rispose, per poi soggiungere -Andiamo a dormire?-

-Va bene.- e allungando la mano verso di lui, ci coricammo.

Sostanzialmente ogni sera passata insieme, da che mi ero trasferita nel suo appartamento, era così: lui che rientrava tardi, io che lo medicavo mentre si lamentava come un bambino e poi, una volta a letto, ore intere passate addormentati l'uno nelle braccia dell'altra. Tuttavia, quella notte in particolare, la consapevolezza che avrei indissolubilmente unito la mia vita a quella di Ran mi rese molto difficile prendere sonno: certamente non sarebbe stato semplice, non avremmo potuto celebrare una normale cerimonia nuziale con tanti invitati, avrei dovuto affrontare questo discorso per lo meno con i miei genitori e con Mei e lo scenario dei criminali della Bonten come plausibili invitati del maggiore degli Haitani non era esattamente quello che mi sarei aspettata per il mio "gran giorno".

Nonostante tutto, poter stare finalmente insieme all'uomo che amavo era più che sufficiente per poter affrontare tutte le difficoltà del caso, facendo buon viso a cattivo gioco. Tutto, pur di coronare quel sogno interrotto troppo presto e che avevamo deciso di ricoltivare insieme.

*

La mattina successiva alla "proposta" chiesi a Ran di portarmi a Shibuya, in modo che potessi preparare le ultime cose da portare a casa sua e ultimare il "trasloco". I miei erano al lavoro quel giorno, per cui gli permisi di parcheggiare di fronte alla mia ormai ex abitazione e, dopo che ci fummo salutati con un rapido scambio di baci, scesi dalla sua autovettura.

Aprii la porta d'ingresso e salii le scale diretta in camera mia, dove avevo ancora qualche piccolo scatolone da poter utilizzare per riporvi gli ultimi oggetti come libri, ferma libri e la mia amata scatola di latta piena di fotografie e ricordi. Una volta sistemato il tutto, scesi in cucina e mi accorsi di come il frigorifero fosse praticamente mezzo vuoto.

"Cavolo, mamma non deve essere riuscita ad andare a fare la spesa."

Decisi, anche per poter evitare loro ulteriori fatiche, di recarmi al mini market più vicino e lasciai un biglietto sul tavolo in modo da informare i miei, in caso non ci fossimo incrociati quella stessa sera, sul fatto che avrei provveduto io all'acquisto dei viveri. Quindi indossai il cappotto e, una volta presi con me i soldi necessari, uscii da casa.

Stavo camminando ormai da dieci minuti lungo le vie del mio quartiere, decidendo di prolungare il percorso per concedermi una passeggiata, quando all'improvviso avvertii un colpo secco alla testa. Caddi in avanti e feci appena in tempo a vedere una goccia di sangue scorrere dal mio capo sull'asfalto che subito la mia vista mi si appannò e non ebbi più le forze per sostenermi.

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