Atto finale - Scena seconda

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Cominciai a capire che qualcosa non andava appena misi piede nel mio appartamento. Ero appena rientrato da una notte molto dura, tra riunioni straordinarie della Bonten e alcune "commissioni" da portare a termine, ma appena varcai la soglia della porta d'ingresso non sentii niente: il silenzio regnava sovrano nell'ambiente, come se non ci fosse nessuno.

Ebbi modo di constatarlo quando vagai nelle varie stanze e non trovai Reiko ad attendermi in nessuna di esse. Provai a contattarla, a chiamarla, ma non ricevetti nessuna risposta e per un attimo temetti di essere tornato a dieci anni prima, quando se ne andò senza lasciare alcuna traccia. Che quelle settimane insieme fossero frutto della mia immaginazione? Che avessi frainteso qualcosa? No, non era possibile: mi aveva promesso che non mi avrebbe più lasciato e aveva accettato la mia proposta, desiderosa anche lei di iniziare una nuova vita insieme. Non poteva essere fuggita di nuovo senza una valida motivazione.

Cercai di scacciare dalla mia mente questi pensieri negativi e di analizzare razionalmente la situazione, finché non giunsi alla conclusione che probabilmente si trovasse ancora dei suoi genitori, che avesse deciso di passare tutta la giornata con loro e non avesse avuto modo di avvisarmi. Sì, poteva e doveva essere sicuramente andata così. Con questa convinzione mi rasserenai e decisi di andare a dormire, credendo che il giorno seguente la ragazza al centro dei miei pensieri si sarebbe fatta viva, si sarebbe scusata tutta dispiaciuta per non avermi detto nulla e sarebbe tornata nella nostra casa.

Tuttavia, il giorno dopo la situazione non era affatto cambiata, anzi, era sempre la stessa. Passai tutta la giornata impegnato con mio fratello e, quando rincasai in tarda serata, di Reiko non c'era ancora alcuna traccia. Così fu anche il giorno successivo: lei mancava, nessun biglietto o segnale, il silenzio che riempiva tutte le stanze dell'appartamento. Tutti i suoi effetti personali erano rimasti nella sua stanza, la nostra, e non riuscivo a capire come fosse potuta partire senza averli portati con sé.

La conferma della sua assenza, nel frattempo, non faceva altro che rafforzare i miei dubbi e le mie paure: che fosse davvero andata via senza dirmi niente? Non volevo accettarlo, non poteva essere andata così, non poteva avermi mentito quando aveva deciso di darci una possibilità. Mi sembrava di essere in un incubo da cui non potevo uscire, condannato a vivere per sempre l'abbandono della donna che amavo anche quando mi illudevo che fosse tornato tutto come quando eravamo appena diciottenni. Avevo già vissuto l'inferno della sua mancanza e non avevo alcuna intenzione di replicare quell'esperienza un'altra volta.

All'alba del quarto giorno, non potendo più reggere tutta questa situazione da solo, decisi di fare appello all'unica persona di cui potevo fidarmi e su cui potevo contare. In realtà, all'inizio ero piuttosto titubante, ma non potevo proseguire senza un aiuto e non avevo molte altre opzioni.

-Ran, lo sai che ore sono? Perché diamine mi hai chiamato alle cinque di mattina?- chiese una voce impastata dall'altra parte del telefono.

-Taci e vieni qui immediatamente. È una questione seria.- risposi stizzito, cercando di non tradire alcuna emozione.

-Va bene, arrivo. Non c'è bisogno di essere così scorbutici.-

*

-Quindi è così che stanno le cose?-

Rindou era arrivato da me in poco meno di dieci minuti e, nonostante qualche imprecazione iniziale dovuta al fatto che avevo interrotto il suo sonno, aveva fin da subito assunto un atteggiamento serio quando gli dissi che c'era un problema con Reiko. In quell'istante, la rabbia era svanita dal suo volto e mi aveva invitato a sedermi di fronte a lui e raccontagli tutto per filo e per segno. Ripercorsi quindi tutto quello che era (o meglio, non era) successo nelle precedenti 72 ore, faticando a trattenere la disperazione non appena gli esposi il mio dubbio circa un possibile nuovo allontanamento della ragazza da me.

Snuff (Ran Haitani FF)Where stories live. Discover now