Tecum

By azurahelianthus

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#2 VOLUME DELLA SERIE CROSSED PATHS "𝐿𝑒𝑖 π‘’π‘Ÿπ‘Ž π‘Žπ‘›π‘π‘œπ‘Ÿπ‘Ž π‘’π‘›π‘Ž π‘›π‘œπ‘‘π‘‘π‘’ π‘ π‘’π‘›π‘§π‘Ž 𝑠𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑒... More

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I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX
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XVIII
XIX.
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XL.
XLI.
XLII.
XLIII.
XLIV.
XLV.
XLVI.
XLVII.
XLVIII.
XLIX.
L.
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𝐔𝐍𝐀 𝐋𝐄𝐓𝐓𝐄𝐑𝐀 𝐏𝐄𝐑 𝐓𝐄
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XXV.

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By azurahelianthus

Quando il buio della notte ti circonda, fatichi a ricordare che il sole tornerà ogni mattina, portando luce, chiacchere e risate. 

Il bello e il brutto della notte è che il mondo intero si ferma. Negozi chiusi, macchine spente, umani dormienti, animali nascosti e luoghi bui. Un rumore che nessuno sentirebbe durante il giorno, durante la notte diventa il frastuono più rumoroso. Tutto diventa più intenso la notte, i ricordi, le mancanze, i dolori, i sentimenti, le paure, l'ansia, e forse è per questo che in quelle poche ore di buio più fitto si è stabilita una legge che nessuno ha sottoscritto, ma che tutti eseguono: di notte si dorme, di giorno si vive. 

E poi c'erano quelli come me, che non vivevano mai. Soffrivano soltanto, specialmente la notte, ed è per questo che l'insonnia spuntava come il mostro sotto il letto di cui non ti sei mai resa conto. Il problema era quando, il mostro, aveva il tuo stesso aspetto. 

Mi alzai piano, cercando di non fare rumore, e mi infilai le ciabatte, oltre la vestaglia di seta bordeaux per coprirmi meglio. Mi chiusi la porta alle spalle sapendo che non avrei avuto problemi a tornare dopo, poiché le porte qui erano sempre tenute aperte. Non esistevano chiavi, non esistevano blocchi o limiti, privacy o volere. 

Scesi le scale in tutta calma, illuminata dal chiaro di luna delle enormi finestre poste alla destra o alla sinistra di ogni rampa, fino al primo piano, dove c'era la mensa. La superai, diretta verso la fine del corridoio, e mi infilai in quell'aula abbandonata piena di banchi dove mi aveva portato Rut. La porta era leggermente aperta, ma non ci badai troppo, era pur sempre un istituto pieno di giovani ragazzi.

Mi recai verso il balcone, ancora un po' bagnato dalla pioggia che aveva colpito la cittadina per tutto il giorno, motivo per cui eravamo quasi tutti tristi e scoraggiati. Quando non puoi uscire e le giornate sono tutte uguali l'uno all'altra è inevitabile diventare meteoropatici. 

Osservai il giardino e le foglie scure, bagnate dalla pioggia, il verso dei gufi, il vento leggero e gelido della notte. E per ultimo osservai la luna. 

La distesa scura accanto a lei mi fece rabbrividire, ma qualcosa mi attirava come una calamita e costringeva i miei occhi a rimanere fissi sul cielo notturno. Avrei voluto avere la possibilità di volare solo per poter sfiorare l'aria lì su e vedere se fosse diversa rispetto a quella che c'era quaggiù, se fosse in grado di ridarmi l'ossigeno che mi era stato tolto. 

Nell'immensa distesa di buio c'era una stella. Una, solitaria e luminosa, poco lontano dalla posizione della luna, che oggi era piena a metà. Quella stella era dalla parte scura di essa e in qualche modo sembrava illuminare la parte buia che la luna non riusciva, almeno oggi, a far splendere. Sorrisi e mi sfiorai le labbra con la punta delle dita.

Chissà se esisteva, nell'intero universo, la stella adeguata a illuminare la parte scura di Dantalian. Chissà se mi sarebbe mai stato concesso di esserlo, mi chiesi, o se avessimo perso il nostro tempo quel giorno dove la neve mi aveva sfiorato e io mi ero trasformata in lei. Chissà se lo strappo fatto tentando di scappare l'uno dall'altro poteva essere ricucito, chissà se avevamo a disposizione ago e filo sottoforma di amore e carezze.

Qualcosa mi portò a girarmi, una sensazione di brividi sulle braccia che aveva poco a che fare con il freddo, qualcosa che non sentivo da tanto tempo. Anni fa sarebbe stata accompagnata da un odore che il mio naso avrebbe riconosciuto all'istante, adesso era semplicemente una sensazione fisica, come se i miei nervi reagissero a qualcosa di diverso da me.

Un paio di occhi luminosi circondati dal buio del balcone alla mia destra, ma posto al piano superiore, e per questo dovetti alzare la testa per guardare a qualunque cosa appartenessero. Essa si mosse, alzandosi in piedi sul metallo, e saltò sul mio. 

Mi irrigidii, non riuscendo a vedere il volto di quella cosa. Non finché non si avvicinò e il raggio del chiaro di luna fu in grado di illuminarlo. La mia bocca si spalancò sorpresa. «Ehm... ciao?». Tentennai.

«Ciao, Arya». Lo vidi sorridere, con la voce calma e dolce che stavo sentendo forse per la seconda volta da quando ero arrivata. 

Ricambiai il sorriso imbarazzata. Non era da me, ma c'era qualcosa in lui che mi faceva rizzare i peli sulle braccia, e i suoi occhi così luminosi e quasi arancioni non aiutavano. «Sei Samir, giusto? Scusa ma non ti ho mai visto molto, malgrado facciamo parte dello stesso gruppo». 

"Anche se non per mia scelta", avrei voluto dire. Malgrado Nivek mi stesse simpatico, degli altri non mi fidavo affatto. C'era qualcosa di troppo inquietante in loro. 

«Probabilmente perché la mia età non mi permette di essere presente nei tuoi stessi luoghi. Io vado in classe con Erazm e Med, ho sentito molto parlare di te, come tutto l'istituto. In più, sono una persona molto... direi solitaria e notturna». Inclinò la testa e mi squadrò.

Sorrisi. «Il tuo nome la dice lunga». Mi osservò confuso. «È arabo e significa "compagno di discorsi notturni". Ironico, vero?».

«Non lo sapevo, grazie mille, è una figata!». I suoi occhi si sgranarono con sorpresa ed entusiasmo. «Ma tu come fai a saperlo? Non sembri araba».

Alzai le spalle, sentendo il familiare vuoto allo stomaco provocato dalla nostalgia. «Ho viaggiato molto nella mia vita e i miei genitori hanno sempre avuto una fissazione nel rendere il mio bagaglio culturale il più completo possibile. Conosco molte lingue, anche se le ho studiate da piccola, prima di...». Deglutii, fingendo un disagio che non c'era.

«A che età ti hanno abbandonato i tuoi genitori?». Mormorò, desideroso di conoscere informazioni di una vita che lui non aveva vissuto. Li avevamo studiati quei ragazzi e sapevamo che in particolare il gruppo dell'Élite era nato tutto lì, all'orfanotrofio. Non avevano idea di come ci si sentisse ad avere dei genitori, perché la loro vita era iniziata direttamente al Geenna, all'inferno.

Mi schiarii la voce. «Quando avevo pochi anni, ma si sa che le lingue si imparano meglio da bambini. E poi, la mia cultura è tutto ciò che mi resta di loro».

«Sono morti? Non hai dei fratelli? Sei da sola?». Inclinò la testa e si appoggiò al balcone.

Sorrisi, sorpresa dalle sue domande, ma anche intenerita. «Mia mamma è morta, mio padre è come se lo fosse, non è mai presente. Ma non è colpa sua, non dipende da lui. Non ho un vero fratello ma ho due persone, nella mia vita, che ci si avvicinano molto. E sì, in teoria sono sempre stata da sola o almeno mi ci sono sentita».

«E in pratica?».

Pensai a Dan e ad Agap. «Poi ho ascoltato la storia della vita di altre persone e ho capito che sola non lo sono mai stata davvero. Che, in quel senso, sono nata sotto la luna giusta. Che poi, in altre cose della mia vita, sia nata sotto quella sbagliata è un altro conto».

«In amore sei nata sotto la luna sbagliata?». Si mordicchiò l'unghia.

Mi sfuggì una risatina dalle labbra. «In quel caso il mio errore è stato innamorarmi della luna stessa».

Aggrottò la fronte. «Sembra che tu abbia sofferto molto per amore». Mi ritrovai ad annuire e il suo sguardo intenso mi trapassò le tempie. «Più di quanto hai sofferto per la solitudine?».

«Cambia qualcosa?». Mormorai.

«Certo». Mi fissò come se fossi pazza. «Soffriresti di più per la sua presenza o per la sua assenza?».

Mi bastò ripensare ai quattro anni vissuti poco tempo prima per dovermi stringere da sola in un piccolo abbraccio e rabbrividire. Nessun dolore al mondo, neanche la lama che mi aveva ucciso, era paragonabile a quello che mi aveva causato il sapere di essere così lontani. Ma soprattutto perché dall'Olimpo non potevo osservare la luna come avrebbe fatto lui e questo mi ricordava che no, non eravamo affatto parte dello stesso universo. La sua assenza mi aveva ucciso più del capire che non mi amava, perché avrei senza dubbio preferito la sua presenza senza amore che la sua assenza con esso.

«Assenza». Risposi.

Sorrise. «Allora perché ti ho trovata qui, di notte, a rimuginare sopra un qualcosa che potrebbe essere risolto facilmente? Perché ci complichiamo la vita quando basterebbe fare come i bambini, che quando desiderano qualcosa ma non sanno parlare fanno di tutto per fartelo capire e non si arrendono mai. Crescendo si perde così tanto...».

«Non vedo come tu possa sapere se è risolvibile oppure no». Assottigliai lo sguardo.

Alzò le spalle. «Tu sei qui, viva e in salute?». Annuii. «E lui? È qui e in salute?». Annuii ancora. «Lo ami?».

«Come non amo neanche me stessa...». Chiusi gli occhi.

«Lui ti ama?». 

Mi strinsi nelle spalle. «Non lo so».

Sbuffò. «Te lo dico io, ti ama...». Annuì. «Allora vedi? Non hai nulla da perdere».

«Ho tutto da perdere! Il mio cuore, il fegato, la mia mente-».

«No invece! Guardati, quelli li hai persi comunque se adesso sei venuta qui a pensare, mentre fuori c'è così freddo che al rientro avremo una scultura di ghiaccio a forma di chiappe!». Del fumo bianco, come conferma, uscì dalla sua bocca.

Ridacchiai. «Bella immagine...».

«Quello che sto cercando di dirti è che ad una certa l'unica cosa che ci rimane davvero da perdere è il tempo. E purtroppo, quella è l'unica cosa che non possiamo riparare o cambiare. Perciò perché non dovremmo rischiare, perché non dovremmo vivere di più e pensare di meno? Si inizia a vivere solo quando sappiamo che il nostro tempo diventa limitato, ma non capiamo che lo è dal momento in cui nasciamo». Scosse la testa.

Deglutii. «Non voglio rischiare perché non voglio soffrire».

Un tuono scosse il silenzio della notte e la pioggia iniziò a cadere come se piangesse anche lei, frustrata e triste. Lampi illuminarono il luogo buio, così come la schiena di Samir, mentre si girava e guardava la luna. I suoi occhi sembrarono risplendere il doppio. «Bob Marley diceva che la verità è che tutti ti feriranno e che la vita non è altro che la ricerca infinita di colui o colei per cui vale la pena soffrire. Io penso che è vero, perché il mondo è il paradiso e le persone sono l'inferno. Ad alcuni capita, però, di amare l'inferno a discapito delle pene, perché è lì che non ci si sente sbagliati». 

Quella frase mi scosse. Profondamente. E si ripeté dentro di me come un mantra per minuti interminabili.

«Amaya?». Samir voltò la testa di scatto verso la mia sinistra, come feci io quando sentii la presenza di un altro essere umano, grazie al rumore del suo respiro.

Samir si inginocchiò di fronte alla bambina, vestita in modo simile a noi, e le posò una mano sul cuore. «Perché sei sveglia?».

Lei indicò il cielo con il ditino e lui sorrise. «Paura del temporali?». Amaya annuì.

Le accarezzò una guancia con dolcezza. «Devi dormire». Lei scosse la testa e lo abbracciò per qualche secondo. «No, Amaya, lo sai che io non riesco a farti dormire... non so farlo».

La bambina mi dedicò un'occhiata furba e poi mi indicò. Lui strabuzzò gli occhi e si alzò. «Lei? Credi che lei ne sia in grado?». Lei annuì.

Samir mi guardò. «Te la... sì, insomma, te la senti?».

«Non l'ho mai fatto prima...». Amaya mi guardò implorante con i suoi occhioni e i capelli biondi e a me fu impossibile resistere. «Ma immagino di essere abbastanza coraggiosa da provarci».

Amaya batté le mani entusiasta e sorrise, correndomi incontro. La presi al volo, sfiorando la sua pelle calda per la prima volta, e un brivido, insieme ad una scossa elettrica, mi scosse. La guardai in quei suoi occhi grandi, così espressivi, e mi sentii... piena, per la prima volta. Come se nel suo sguardo trovassi la risposta a tutto.

«Andiamo, facciamo piano. Amaya non dovrebbe uscire dalla sua stanza a differenza nostra». Mormorò Samir.

Camminando in punta di piedi risalimmo le scale, diretti al dormitorio, ma girammo a sinistra e imboccammo il corridoio del dormitorio maschile. Mi fece segno di seguirlo all'interno dell'ultima stanza del corridoio e mi spinse dentro con delicatezza, chiudendo la porta con altrettanta. 

Era una stanza uguale alle altre, ma il letto era più piccolo e già occupato da un altro corpicino. I suoi capelli neri spuntavano fuori dalla coperta, il corpo interamente avvolto nel piumino come un fagotto. 

Mi voltai verso Samir e aggrottai la fronte. Lui alzò le spalle. «Lei dorme solo con Damian».

Annuii. Chiaro, ovvio, erano super legati. A quanto pare, lei parla solo e solamente con lui, quindi Damian era l'unico a conoscere il suono della sua voce.

La poggiai delicatamente e la ricoprii con il piumone, facendole delle piccole carezze sui capelli morbidi. «Dormi, Amaya. Domani sarà un nuovo giorno, migliore di questo...». Sussurrai, per non svegliare Damian in nessun modo. 

Lei fece uno strano movimento: si portò un dito all'orecchio e creò un cerchio, ripetendo il gesto più volte.

Osservai Samir con confusione e il suo sguardo si addolcì. «Vuole che le canti una canzone». Mormorò.

«Io?!». Sussurrai impaurita.

Mi fulminò. «No, vado a chiamare l'orchestra adibita alle ninna nanne notturne. Certo che sì, vuole la tua voce!».

Mi mossi, a disagio, e mi piegai in ginocchio. Continuai ad accarezzarle i capelli, setosi e chiari, e lei mi osservò per tutto il tempo, in attesa di sentire la mia voce canticchiare.

Non avevo mai cantato, solo canticchiato in doccia o in giro per il mio appartamento, e soprattutto non avevo mai cantato una ninna nanna per far addormentare una bambina. Eppure, una la conoscevo molto bene, e fu lei la prescelta.

Iniziai a cantare in un basso mormorio, accompagnando la mia voce con le carezze sulla testa, e non ero sicura se fosse lei ad essere così dolce o se fosse la canzone a rendere la mia voce un balsamo per le orecchie. Ad ogni modo, Amaya chiuse gli occhi lentamente e io non mi fermai nemmeno quando il suo respiro si fece regolare, perché anche Samir ora mi stava fissando. Ma nei suoi occhi ora era presente una patina lucida che prima non c'era, proprio come nei miei.


Goodnight, goodnight
It's time now to sleep
The moon's watching over
You and your dreams

Goodnight and goodnight
My sweet little one
Tomorrow your eyes they will light up the sun

But goodnight, goodnight
Sweet dreams for now
Drift off to sleep
On your pillow of clouds

Goodnight, goodnight
My sweet little friend
Tomorrow's adventures, they will soon begin
Tomorrow's adventures will soon begin

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