Snuff (Ran Haitani FF)

By cecinestpasunotaku

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«Roppongi. Era lì che, per molto tempo, lui aveva "regnato" indiscusso, padrone insieme a suo fratello Rindou... More

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XI. Vergogna
12. Ricongiungimento
Introduzione all'atto finale
Atto finale - Scena prima
Atto finale - Scena seconda
Atto finale - Scena terza
Atto finale - Scena quarta
Atto finale - Scena quinta
Atto finale - Scena sesta
Atto finale - Scena settima
Epilogo
Ringraziamenti

X. Strappo

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By cecinestpasunotaku

Quello trascorso nel lontano 2006 sarebbe stato il primo ed ultimo San Valentino che festeggiai con Ran.

Nei giorni immediatamente successivi al nostro rientro a casa notai che il ragazzo era diventato parecchio distante. O meglio, continuava a dedicarmi attenzioni, ma era palese che avesse altri pensieri non indifferenti per la testa. Me ne accorsi dal suo modo di salutarmi ogni volta che mi accompagnava a casa dopo la scuola: era troppo frettoloso, come se dovesse allontanarsi subito e non potesse perdere nemmeno un secondo di più, nonostante mi promettesse che ci saremmo rivisiti il pomeriggio successivo. Ovviamente cercai di chiedergli cosa non andasse, se ci fosse qualcosa che lo assillasse, ma ogni volta non ottenevo nessuna risposta esaustiva e venivo liquidata quasi immediatamente.

Arrivai a supporre che, qualunque cosa stesse affrontando Ran in quel momento, potesse riguardare quel mondo della delinquenza da cui cercava di tenermi il più lontana possibile e che, se avessi insistito e persistito nel chiedergli spiegazioni, avremmo rischiato di andare in rotta di collisione.

Di fatto, proprio questo sarebbe accaduto il 21 febbraio 2006. Ma procediamo con ordine.

Il problema sorse più o meno a metà di quella settimana tra la nostra vacanza e il giorno in cui avremmo raggiunto il punto di rottura, quando uscii da scuola dopo le lezioni. La sera prima il ragazzo mi aveva informata che non ci saremmo potuti vedere a causa di un suo impegno non derogabile, ma decisi di non domandargli quale esso fosse sapendo che non avrei ricevuto risposta. Tuttavia, non avrei mai immaginato che fuori dal cancello del mio istituto avrei trovato quel tale che tanto mi aveva terrorizzata pochi mesi prima e avrei voluto che Ran fosse lì, in quel momento, per difendermi come già aveva fatto.

Salutai le mie amiche poco prima di superare il perimetro della mia scuola e decisi di camminare a passo spedito verso casa, guardando solo avanti e senza mai voltarmi, quando dopo pochi metri sentii qualcuno afferrarmi per la spalla.

-È un piacere rivederti, Reiko.- disse la persona dietro di me sogghignando.

Non risposi, immobilizzata da tanto avevo paura nonostante sapessi che avrei dovuto correre e allontanarmi al più presto da lì.

-Non ti hanno insegnato l'educazione a casa? Di solito, quando qualcuno saluta, bisogna ricambiare.-

-Lasciami andare immediatamente.- risposi con un filo di voce, temendo che la situazione potesse precipitare da un momento all'altro.

-Perché stai tremando? Non è di me che dovresti avere paura.- esordì il mio interlocutore, per poi girarmi intorno e fermarsi direttamente davanti a me.

-Voglio solo andare a casa, per favore.- risposi cercando di aggirarlo, ma fallendo miseramente nel tentativo.

-Peccato, avevo anche pensato di proporti un pomeriggio molto interessante con il sottoscritto.-

-Non ho intenzione di passare nemmeno un minuto respirando la tua stessa aria, Hanma.-

-Allora ti ricordi il mio nome! Sono lusingato, davvero.-

Approfittando di un suo momento di distrazione, mentre era tutto compiaciuto, cercai di afferrare il telefono dalla tasca e di chiamare Ran, ma prima ancora che potessi far qualcosa il ragazzo di fronte a me afferrò il mio polso.

-Ah ah ah, così giochi sporco. In ogni caso, non penso che il tuo amato risponderà ad una tua chiamata oggi.-

-Paventi tanta sicurezza, ma l'ultima volta mi pare che sia andata diversamente.- risposi, cercando di celare la mia paura dietro una facciata di sicurezza e gettando un'occhiata nei dintorni nella speranza che qualcuno potesse accorgersi di noi ed intervenire.

-Beh, non hai tutti i torti.- iniziò Hanma, prendendo a girare intorno a me come un avvoltoio davanti ad una carcassa di animali -Tuttavia, mi duole doverti contraddire su un punto: il tuo fidanzatino non potrà venire in tuo soccorso oggi perché è impegnato da tutt'altra parte e si dà il caso che io sappia dove si trovi adesso.-

Quest'ultima affermazione mi fece leggermente sussultare, ma cercai ancora una volta di non darlo a vedere.

-E con ciò?-

-Non ti sei mai chiesta come mai in questi giorni non sia sempre con te? Cosa faccia, dove sia e soprattutto con chi? Perché io, che tu voglia crederci o meno, ho la risposta a queste domande.-

Forse fu lì che commisi il mio primo grande sbaglio: la curiosità, la voglia di sapere ciò che non avrei potuto conoscere direttamente da Ran era molto forte e probabilmente avrei continuato a rodermi il fegato chiedendomi se ci fosse qualcosa di particolare dietro alla sua ritrosia se, all'improvviso, la persona davanti a me non mi avesse fatto quella proposta.

-Che ne dici di venire con me e scoprirlo?-

Se il cervello mi diceva di non seguirlo e, piuttosto, chiedere spiegazioni al diretto interessato, il sospetto che nutrivo ebbe la meglio. Fu così che, nel giro di una ventina di minuti, mi ritrovai nel cuore di Shinjuku con Hanma, senza però capire perché ci fossimo lì né cosa avrei mai dovuto trovarci.

Stavamo camminando quando decisi di dar voce ai miei dubbi: -Cosa ci facciamo qui?-

-Beh, non ti sei mai posta qualche domanda sul tuo ragazzo in tutti questi mesi? Ad esempio, su cosa faccia nella sua vita quando non è con te.-

Era riuscito a colpire un nervo scoperto: in effetti, Ran era sempre stato restio all'idea di parlarmi del suo passato, ma avevo sempre rispettato questa sua decisione e avevo tenuto la curiosità per me, sapendo che non avrei mai ricevuto risposta.

-Credo che se ci fosse qualcosa di importante da sapere, me lo avrebbe detto.-

-Quindi sicuramente saprai di quando cinque anni fa è stato in riformatorio con suo fratello, vero?-

Abbassai lo sguardo a quest'ultima affermazione, senza emettere una parola da tanto ero sconvolta. Di fatto, Ran non mi aveva mai raccontato questo e, supponendo che fosse vero, non si trattava di certo di qualcosa di poco conto.

-Oh, non ne sapevi niente? Mi spiace di essere stato io a rivelartelo.- mi disse il mio accompagnatore, guardandomi con finta aria dispiaciuta -Ma suvvia, adesso seguimi. Lo spettacolo sta per iniziare.-

Cominciavo a pentirmi della mia scelta e temevo che, ovunque mi avesse condotta, la situazione sarebbe potuta degenerare, finché non giungemmo in prossimità di un piccolo spiazzo e il mio interlocutore mi disse di osservare la scena che stava avendo luogo proprio davanti ai nostri occhi.

Eravamo distanti parecchi metri da quel punto, ma non potei non provare una profonda angoscia: era la prima volta che vedevo qualcuno picchiarsi dal vivo e non era assolutamente paragonabile a quelle risse da niente a cui si assiste talvolta nelle scuole. Sul momento credetti che vedere un mio (probabilmente) coetaneo accanirsi contro un ragazzino di almeno tre anni più giovane fosse già abbastanza disturbante, ma non era pari a quello che sarebbe successo pochi istanti dopo.

Dal lato destro della strada vidi Rindou avvicinarsi ai due contendenti e dire loro qualcosa che giunse indistinto alle mie orecchie. Tuttavia, fu ciò che seguì il suo ingresso in scena che mi fece letteralmente gelare il sangue: mentre quel ragazzino dai capelli lilla stava osservando il nuovo arrivato con sguardo attonito, Ran comparve alle sue spalle e lo colpì in piena testa con un mattone, facendo cadere la sua vittima a terra.

Non so esprimere a parole quello che provai in quel momento, ma mi stupii di non essermi accasciata a terra: non sentivo più le gambe e avevo come se la sensazione di soffocare da tanto facevo fatica a respirare.

Era come se del vetro si fosse appena crepato: mai avrei immaginato che il maggiore degli Haitani potesse fare qualcosa del genere e mi chiesi se la galanteria e la gentilezza che era solito riservarmi non fossero solo una maschera, un atteggiamento di facciata che nascondeva invece tutt'altro.

Una sola domanda che mi assillava: conoscevo davvero Ran? O meglio, chi era davvero lui? Quel ragazzo che mi cercava timidamente la mano alla mostra o quello che, pochi istanti prima, aveva aggredito senza esitazione il povero malcapitato?

Quando capii che il gruppetto che si era formato in quello spiazzo era prossimo ad andarsene, mi accorsi che anche il mio accompagnatore era sparito e non era più accanto a me. Decisi quindi di camminare in direzione opposta a quella cricca, troppo sconvolta da quello che avevo visto e desiderosa solo di tornarmene a casa, senza però rendermi conto del fatto che, con la coda dell'occhio, qualcuno si era accorto della mia presenza.

*

-Hanma, vieni qui.-

La riunione della Tenjiku si era appena conclusa e lo scontro con la Tokyo Manji Gang sarebbe avvenuto di lì a pochi giorni. Fu proprio quando buona parte dei membri se ne fu andata che Rindou Haitani decise di prendere in disparte il suo complice.

-Vedi di sbrigarti Haitani, ho alcuni impegni da sbrigare.-

-Cosa diamine era quello?-

-"Quello" cosa?-

-Quel teatrino dell'altro giorno a Shinjuku, quando hai portato lì Reiko.-

-Vuoi liberarti di lei o sbaglio? Io sto solo realizzando il tuo desiderio.- risposte Hanma sogghignando.

-Hai detto che avresti agito il giorno prima dello scontro con la Toman. Perché ti sei mosso prima?-

-Sei sospettoso, eh? Non preoccuparti, fa tutto parte del piano. E non guardarmi con quell'espressione: sei tu che hai accettato la mia proposta. Tu lascia fare a me e in men che non si dica non farà più parte delle vostre vite.-

-Cosa hai in mente?- chiese Rindou, sospettando che potesse ricorrere a soluzioni non propriamente lecite.

-Non mi sporcherò le mani, tu rilassati e resta a guardare. Bene, ora devo andare. Ci si vede allo scontro con la Toman!-

Prima che il biondo potesse anche solo rivolgere un'ulteriore domanda, il suo interlocutore se ne era già andato. Non che il giovane Haitani non sospettasse che quel pazzoide di Hanma avrebbe fatto il "di più", ma sulle prime, quando aveva visto Reiko a Shinjuku, credeva che farla assistere a quella scena sarebbe stato più che sufficiente. Cosa avrebbe potuto esserci di più incisivo?

In ogni caso, ormai il dado era tratto e non si poteva più tornare indietro: l'unica cosa rimasta da fare era aspettare e vedere cosa sarebbe successo in seguito.

*

Dopo quell'episodio, fingendo coi miei genitori di avere una brutta influenza, non andai a scuola. Anzi, non uscii proprio di casa.

Non riuscivo a metabolizzare quanto avessi visto e continuavo a cercare una giustificazione plausibile, eppure era tutto vero: era Ran la persona che avevo visto colpire un ragazzino con un mattone quel giorno e non potevo capacitarmene. Certo, lui non era mai stato molto esaustivo per quanto riguardava il suo concetto di "governare Roppongi", né riguardo al suo concetto di "essere un delinquente" e forse chiunque, vedendomi in quelle condizioni, mi avrebbe detto che era più assurdo che io mi stupissi di una cosa del genere e che quella scena cui avevo assistito era pura ordinaria amministrazione.

Ma se ripensavo al maggiore degli Haitani, non riuscivo ad accettare ciò che aveva avuto luogo proprio davanti ai miei occhi: come poteva una persona sì, esuberante, ma che si era sempre mostrata molto docile e paziente con me nascondere un lato simile? Che io avessi sempre avuto un paraocchi e non fossi mai riuscita a vederlo? Che me lo avesse nascosto talmente bene da non farmi mai sospettare nulla? Molto probabile, ma questo non cambiava il fatto che non volevo rassegnarmi all'idea che Ran fosse così come lo avevo visto quel giorno.

Credo che non sia tanto il gesto che ha compiuto a farmi male tanto quanto l'idea che, a distanza di mesi, io forse non lo avessi mai conosciuto davvero: temevo che quel ragazzo che mi era stato a fianco per tutto quel tempo in realtà non fosse altro che un mero personaggio, una maschera di facciata che serviva a celare ben altro. Fu anche per questo motivo che, finché rimasi segregata al mio domicilio, non risposi alle sue chiamate e alle sue telefonate.

Tuttavia, dopo due giorni di reclusione, il "problema" si presentò alla porta: alle dieci di mattina, quando i miei erano al lavoro già da un paio d'ore, Ran suonò al campanello di casa mia. Non pensando all'eventualità che fosse lui, scesi ad aprire e rimasi di sasso quando lo trovai sulla soglia.

-Reiko-chan.-

-Ciao Ran.-

-Ho saputo che non sei andata a scuola in questi giorni. Stai bene?-

-Sì, solo una lieve influenza...- risposi, sperando che la conversazione finisse il prima possibile. Normalmente mi avrebbe fatto piacere una situazione simile, che il ragazzo venisse a trovarmi perché preoccupato per me, ma non riuscivo più a guardarlo con gli stessi occhi di prima.

-Che cos'hai?- mi chiese a bruciapelo.

-Te l'ho detto, non sono molto in forma.-

-E allora perché eviti il mio sguardo? Anzi, perché eviti proprio me? Sono due giorni che provo a chiamarti, ma non ricevo mai risposta.-

Come al solito, era in grado di cogliere ogni mio turbamento dal minimo gesto o cambio di atteggiamento. Cosa avrei dovuto fare? Vuotare il sacco o far finta di niente?

-Dove ti trovavi due giorni fa?- gli dissi, decidendo di essere sincera e sapendo che, se anche avessi mentito, se ne sarebbe sicuramente accorto.

-Ero impegnato.-

-Con chi?-

-Non ti deve interessare.-

-Hai qualcosa da nascondermi?-

-No, affatto. È solo che... Reiko-chan, non starai pensando che io ti tradisca, vero?- mi chiese con tono apprensivo, cercando di allungare la mano verso il mio volto. Tuttavia, non appena lo sfiorò, rabbrividii e, ovviamente, la mia reazione non passò inosservata.

-Reiko, che succede? Ho forse fatto qualcosa che non avrei dovuto?-

-Ran...- esordii, insicura se rivelargli effettivamente il mio tormento.

-Dimmi, ti prego.-

-So cosa hai fatto e dove eri...-

Benché apparentemente il ragazzo riuscì a mantenere la solita compostezza, non mi sfuggì quel lampo di panico che attraversò i suoi occhi.

-Che intendi dire?- mi domandò, trattenendo un iniziale balbettio.

-Hai capito benissimo.- tagliai corto, chiudendo la porta di casa.

Mi appoggiai all'anta con la schiena, lasciandomi scivolare a terra e sedendomi quindi sul pavimento. Contro ogni mia previsione, il maggiore degli Haitani rimase dall'altra parte, continuando a parlarmi.

-Apri la porta, Reiko.-

-Non sono dell'umore, Ran.-

-Lasciami spiegare almeno!-

-No! E per di più, quando pensavi di dirmi dove sei stato cinque anni fa, eh?-

-Come fai a saperlo?-

-Forse il vero problema è perché io non ne sapessi niente!-

-Ti prego, apri la porta e fammi entrare...-

Non risposi, aspettando che se ne andasse. Così fece, salvo però dirmi, prima di congedarsi: -Vediamoci domani al parco dove ci siamo scambiati i regali di Natale, per favore. Permettimi solo di spiegarti la situazione e, se poi non vorrai più saperne di me, rispetterò la tua decisione.-

La sera stessa, dopo aver soppesato le sue parole, decisi di farmi sentire: gli inviai un messaggio, acconsentendo alla sua richiesta di vederci l'indomani. Quel giorno, il 21 febbraio 2006, sarebbe stato l'ultimo in cui avrei visto Ran.

*

Non importa che siano trascorsi dieci anni da allora: potevano passarne quindici, venti o addirittura trenta, ma ciò a cui assistetti quel giorno non avrebbe mai abbandonato la mia memoria.

Ricordo che quel giorno mi sarei fermata a scuola fino al primo pomeriggio per studiare con le mie amiche in vista degli esami di fine anno scolastico, gli ultimi del mio percorso di studi superiori, ma appena finito avrei raggiunto Ran nel luogo designato per il nostro incontro. Percorsi la distanza dal mio liceo fino al parco in meno tempo del previsto arrivando in anticipo di una manciata di minuti, perciò decisi di sedermi ad aspettarlo.

Non appena mi appoggiai alla panchina, ripercorsi con la mente i due mesi appena passati: ci era voluto poco tempo perché la relazione con Ran raggiungesse l'apice, regalandomi i momenti più belli della mia vita. Tuttavia, era bastato un episodio apparentemente di poco conto perché il nostro equilibrio si rompesse.

Ero talmente assorta in questi pensieri che non mi accorsi di non essere sola in quel parco. Anzi, era dalla mia uscita da scuola che qualcuno, seppur a debita distanza, mi seguiva.

Me ne resi conto soltanto quando, scorgendo il maggiore degli Haitani in prossimità dell'ingresso del parco, mi alzai per andargli incontro e sentii qualcuno strattonarmi per il braccio.

-Cosa ci fa una bella ragazza qui, da sola?- mi disse, guardandomi in maniera quasi minacciosa.

Mi voltai verso il nuovo arrivato, non riconoscendone il volto, e man mano che questo forzava la presa sul mio polso cercai di opporre resistenza.

-Lasciami andare.- esclamai, incapace di sottrarmi alla stretta.

Allora non sapevo chi fosse quel tale, né cosa ci fosse sotto a ciò che si verificò quel giorno, ma ricordo che, mentre lo sconosciuto stava esercitando sempre maggior pressione sul mio arto, arrecandomi non poco dolore, ebbi timore che potesse accadere il peggio. Di fatto, anche se era diverso dall'agghiacciante scenario che avevo immaginato, è proprio ciò che successe.

Fu tutto molto rapido e veloce: in una frazione di secondo il ragazzo, fu scaraventato via da me; Ran, torreggiante alle sue spalle, lo squadrava come mai lo avevo visto fare prima. Se con Hanma aveva assunto un aspetto minaccioso, questa volta emanava un aura di gran lunga più terrificante e io stessa mi ritrovai con la pelle d'oca osservandolo. Cercai, sperando si far svanire quel clima, di attirare l'attenzione del maggiore degli Haitani, che mi dava di spalle, e di convincerlo ad andarcene, ma fu tutto inutile.

Prima che potessi rendermene conto, Ran aveva estratto dalla tasca un oggetto metallico che si rivelò poi essere un manganello e aveva preso a colpire ripetutamente il mio aggressore, che giaceva ancora a terra inerme. Mi rialzai cercando appoggio sul tronco dell'albero dietro di me, incapace di metabolizzare cosa stesse succedendo davanti ai miei occhi.

Se possibile, quella scena era addirittura peggio di quella a cui avevo assistito due giorni prima: come se i numerosi colpi assestati al torace non fossero già abbastanza da tollerare, Ran iniziò a scaraventare la sua arma sulla testa dell'avversario e non sembrava avere intenzione di fermarsi nonostante le urla continue di quest'ultimo.

-Ran, ti prego, fermati. Così lo uccidi...- gli dissi, sperando di interrompere quel massacro, ma le parole mi morirono in gola prima che potessi aggiungere altro e il tono della mia voce era troppo basso per poter richiamare il ragazzo.

Credo che sia stato in quel momento che qualcosa si è rotto: non so quanto sia durato, se una manciata di minuti o di più, ma mai vidi una scena così violenta e cruenta svolgersi davanti ai miei occhi e, per la prima volta, ebbi veramente paura del maggiore degli Haitani. Possibile che ciò che vedevo fosse il vero lui? Che per tutti quei mesi io avessi conosciuto un'altra persona?

Quando finì quello strazio e il ragazzo in questione si voltò verso di me, lo guardai paonazza, desiderosa di urlare ma senza le forze per poter emettere anche solo il minimo suono: il volto macchiato dal sangue schizzato, il ghigno soddisfatto appena accennato e quello sguardo eccitato, quasi assuefatto da tanta ferocia, impressero nella mia mente l'immagine più grottesca e orrorifica di Ran.

Appena vidi l'unico superstite alzarsi verso di me e porgermi la mano, notai come anche la felpa che portava addosso si fosse tinta di rosso e, se non ci fosse stato quel tronco alle mie spalle, avrei cercato di indietreggiare di più.

-Non ti avvicinare!-

Fu l'unica cosa che riuscii a dire, facendo bloccare sul posto il ragazzo davanti a me.

-Reiko-chan, cosa stai dicendo?- mi chiese lui, di rimando, con il solito tono pacato con cui era solito rivolgersi a me.

-Non fare un altro passo o mi metto a urlare.-

-Non capisco... cosa intendi? Perché stai tremando?-

-Ran, lo hai ammazzato...- esordii balbettando leggermente e osservando il corpo esanime poco distante -Come hai potuto fare una cosa simile?-

-Si era avvicinato troppo a te, Reiko. Avrebbe potuto farti seriamente del male.- rispose il mio interlocutore, cercando di muoversi nella mia direzione.

-Ti ho detto di rimanere fermo lì!-

-Perché ti stai comportando così?-

-Ho provato a fermarti più di una volta e non hai mai accennato a smettere.- conclusi, dandogli le spalle -Non voglio più vederti.-

Preferii non guardarlo in quel momento, ma il mio intuito mi suggerì che probabilmente il ragazzo fosse sul punto di piangere e la voce spezzata ne fu la conferma.

-Ti prego, Reiko, parliamone e risolviamo la questione.-

-No, Ran. Non ti rendi conto che hai appena ucciso una persona davanti ai miei occhi? Non ho intenzione di avere ancora a che fare con te, sei un mostro!- gli dissi, voltandomi e guardandolo in faccia un'ultima volta.

Non ebbe modo di replicare che mi allontanai all'istante, correndo verso casa mia il più in fretta possibile, ma ancora accompagnata dalle immagini cruente di quella scena e dal rumore raccapricciante di ossa fracassate.

*

Sicuramente, chi non conosce i fratelli Haitani rimane parecchio stupito ad un primo impatto, poiché il maggiore dei due, riconosciuto quasi unanimemente come il più forte, fa spesso sfoggio di un atteggiamento estroso. Tuttavia, ci sono due cose che non vanno mai sottovalutate: la sua serietà e la sua perspicacia.

Aveva intuito che qualcosa non quadrasse già quando si era trovato sulla soglia di casa Misaki e la ragazza era rabbrividita al suo tocco, confermando poi i suoi sospetti quando gli aveva sbattuto la porta in faccia.

Il giorno seguente, andando contro ogni suo principio e infrangendo le regole che si era imposto, non era riuscito a trattenersi e aveva dato il peggio di sé davanti a Reiko. A nulla erano valse le sue buone intenzioni e, alla fine, si era sentito definire un "mostro". Aveva intuito che parlare con la diretta interessata, in quel momento, non fosse conveniente e aveva preferito non seguirla e rimandare quel confronto a dopo lo scontro con la Toman.

Nonostante ciò, non avrebbe potuto tenere a freno la rabbia una volta giunto a Yokohama. Sul momento non se ne era reso conto, ma, dopo che Reiko se ne era andata, aveva riconosciuto nella sua vittima uno sgherro di Hanma che bazzicava tra le fila della Tenjiku e non avrebbe potuto tollerare un simile oltraggio.

Non appena giunse al settimo molo, si mise alla ricerca del diretto interessato, camminando piuttosto in fretta ma con decisione tra gli sguardi allibiti delle altre persone riunitesi lì per lo scontro con la Tokyo Manji Gang. Passò oltre a Shion e suo fratello, che lo guardarono perplessi, finché non intravide il suo obbiettivo.

-Tu!-

-Oh, Ran, che piacere rivederti!- rispose Hanma sogghignando, salvo poi essere colpito proprio alla bocca dal del suo interlocutore.

-Che cosa hai fatto?!-

-Io proprio niente. Piuttosto dovrei chiederlo io a te: hai ucciso uno dei miei uomini?-

Come risposta, un'altra manganellata in faccia. Nel frattempo, i diversi membri della generazione S62 si erano avvicinati ai due per capire cosa stesse succedendo e assistevano basiti alla scena. Rindou, intuendo cosa fosse successo, non ci mise molto a capire perché suo fratello si stesse comportando in quel modo, perdendo pubblicamente le staffe come mai aveva fatto prima.

-Non dovevi nemmeno provare ad avvicinarti a lei, ti avevo già avvisato!- disse Ran che caricò un altro colpo verso il suo interlocutore.

-Non ho proprio sfiorato la tua cara Reiko-chan e non è con me che dovresti prendertela.- rispose ridendo il ragazzo davanti a lui, posando lo sguardo su Rindou che, ormai alle spalle del fratello maggiore, avrebbe voluto intervenire per fermare tutto, ma decise di rimanere fermo sul posto dopo le ultime parole di Hanma.

-Ti ho già detto di non azzardarti a pronunciare il suo nome!- urlò il maggiore degli Haitani, preparandosi ad aggredire nuovamente la sua vittima -Io ti ammazzo!-

-Fermi lì, voi due!-

Il colpo che Ran avrebbe voluto assestare non andò a segno, né il suo avversario continuò a ridere dopo che Izana Kurokawa, leader della Tenjiku, ebbe pronunciato quelle parole. All'improvviso calò un silenzio tombale sul molo e nessuno dei presenti osò fiatare tale era l'aura che, in quel momento, il loro capo emanava.

Quest'ultimo si mise esattamente tra i due contendenti e, dopo aver spostato il suo sguardo dall'uno all'altro, assestò un pugno sul volto di entrambi.

-Non ho intenzione di perdere contro la Toman per colpa di due bambini litigiosi, è chiaro?!-

-Sì, capo!- risposero i due diretti interessati all'unisono, continuando tuttavia a guardarsi in cagnesco.

Per il momento, Ran decise di deporre l'ascia di guerra e concentrarsi sull'imminente scontro che lo attendeva. Avrebbe pensato dopo a vedersela con Hanma e, se tutto fosse andato bene, l'indomani si sarebbe recato da Reiko per sistemare ogni cosa.

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