Matrimonio A Parigi

By sara_t_writer

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PREMI & co.
Capitolo 1 - parte 1
Capitolo 1 - Parte 2
Capitolo 2 - Parte 1
Capitolo 2 - Parte 2
Capitolo 3 - Parte 1
Capitolo 3 - Parte 2
Capitolo 4 - Parte 1
Capitolo 4 - Parte 2
Capitolo 5 - Parte 1
Capitolo 5 - Parte 2
Capitolo 6 - Parte 1
Capitolo 6 - Parte 2
Capitolo 7 - Parte 1
Capitolo 7 - Parte 2
Capitolo 8 - Parte 1
Capitolo 8 - Parte 2
Capitolo 9 - Parte 1
Capitolo 9 - Parte 2
Capitolo 10 - Parte 1
Capitolo 10 - Parte 2
Capitolo 11 - Parte 1
Capitolo 11 - Parte 2
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13 - Parte 1
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16 - Parte 1
Capitolo 16 - Parte 2
Capitolo 17
Capitolo 18 - Parte 1
Capitolo 18 - Parte 2
Capitolo 19 - Parte 1
Capitolo 19 - Parte 2
Capitolo 20
Capitolo 21 - Parte 1
Capitolo 21 - Parte 2
Capitolo 22 - Parte 1
Capitolo 22 - Parte 2
Capitolo 23 - Parte 1
Capitolo 23 - Parte 2
Capitolo 24
Capitolo 25 - Parte 1
Capitolo 25 - Parte 2
Capitolo 26 - Parte 1
Capitolo 26 - Parte 2
Capitolo 27 - Parte 1
Capitolo 27 - Parte 2
Capitolo 28
Capitolo 29 - Parte 1
Capitolo 29 - Parte 2
Capitolo 30
Epilogo
Ringraziamenti
Spin Off - Fragole e Champagne

Capitolo 13 - Parte 2

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By sara_t_writer

Nel tentativo di rimettere a proprio agio la sua collega, rimasta sul piccolo scalino che separava il bancone dall'ala di ristorazione, Charlotte decise di non proferire parola riguardo ciò che era appena successo; recuperò dalla pila di giornali la copia del Le Parisien¹ e si mise a fissare la foto di copertina: una folla spaccata in due, una metà contraddistinta dal colore giallo fosforescente dei loro gilet e l'altra dal blu intenso delle divise². Voltò immediatamente pagina, per non dover pensare a quelle continue proteste che stavano prendendo piede in città. Era il quinto sabato che quel clima di tensione avvolgeva Parigi e lei cercava di evitare il più possibile le notizie a riguardo, sperando solo che si riuscisse a trovare presto una soluzione.

Sospirò mentre sfogliava le pagine sottili del quotidiano, fingendo di leggere ciò che riportavano quei caratteri minuscoli.

«Forse avremmo dovuto chiuderla, la porta» sussurrò Lorraine, avvicinandosi con titubanza a Charlotte.

«Come se un bacio potesse sconvolgerla.» Lorenzo riemerse, ancora accigliato, dal suo laboratorio e si affrettò a girare il cartello sulla porta. «Organizzate matrimoni, non penso che sia una cosa nuova. Dopo il "puoi baciare la sposa" lo fanno sempre. O sbaglio?»

«Mi dispiace solo avervi interrotti.»

«Figurati, non è successo nulla.» La sua collega cercò di rassicurarla, ma il broncio sul volto del pasticciere non ne voleva sapere di sparire.

«No, macché! Era solo il nostro primo bacio, figurati, fai pure.» Sputò fuori quelle parole con un'amarezza che Charlotte non avrebbe mai associato a lui. Quel tono aspro la lasciò interdetta, incapace di rispondere.

«Shh, shh» sibilò Lorraine, accarezzando con dolcezza l'avambraccio del suo neofidanzato; quindi, si alzò sulle punte dei piedi per sussurrare qualcosa al suo orecchio e le labbra del ragazzo italiano si distesero finalmente in un sorriso intenerito.

Lui si schiarì la voce e, pur tenendo i suoi occhi incollati su quelli di Lorraine, si rivolse a Charlotte: «In tal caso... sei perdonata».

«In tal caso» gli fece eco lei «vorrei ordinare un caffellatte e un–»

«Un croissant al pistacchio» terminò Lorenzo, storpiando la sua voce in modo tale da renderla più acuta e femminile.

«No, anzi. Oggi vorrei qualcosa di diverso, decidi tu, hai carta bianca. Anche per la bevanda: cambia il caffellatte con quello che vuoi.»

Quella frase sorprese così tanto il pasticciere che ci volle l'intervento di Lorraine per fargli chiudere la bocca, rimasta spalancata dopo quella dichiarazione: la collega, infatti, appoggiò due dita sotto il mento del ragazzo e lo sollevò.
Charlotte era sicura che avesse esagerato quella reazione di proposito, tuttavia, si lasciò travolgere dall'allegria che era tornata a circondare Lorenzo.

Con l'avambraccio appoggiato al sottile schienale dello sgabello, Charlotte aspettava che il pasticciere tornasse con la sua colazione e, nel frattempo, osservava come la sua collega continuava a seguirlo: se lui andava verso la macchina del caffè, lei lo raggiungeva poco dopo; persino quando Lorenzo sparì per qualche minuto nel laboratorio lei non perse di vista la porta un attimo.

Charlotte ricordava bene quanto fossero elettrizzanti i primi momenti condivisi tra chi inizia una relazione. Quando tutto sembra avvolto da una nube di petali di rose e fuochi d'artificio scintillanti e tutto è una novità: come il partner si muove tra la folla; il modo in cui impugna il cucchiaio – quando persino osservare l'altro mangiare accende la curiosità – o il numero e la posizione dei nei sul suo corpo. Quando entrambi sono succubi di quella strana e irrefrenabile forza che sembra fare di tutto pur di rendere ogni momento da separati quasi impossibile da sopportare.

Sorrise nel vedere come gli occhi di Lorraine fossero inondati di quella stessa luce che vedeva nelle spose. Sorrideva, eppure non riusciva ad essere contenta tanto quanto la sua collega. Si chiese quando – o se – sarebbe toccata anche a lei la stessa felicità. Per la prima volta, la Toujours Heureux et Contents non riuscì a farla sentire completa. Era fiera del suo percorso? Sì. Tuttavia, negli ultimi mesi aveva pian piano capito quanto quel suo ufficio – per ironia della sorte – in Rue Rosa Bonheur³ non potesse soppiantare tutto il resto della sua vita: aveva scoperto che le risate, le soddisfazioni e i bei momenti potevano esistere anche senza il bisogno di una tabella di marcia da seguire o centinaia di invitati da soddisfare. Aveva scoperto che c'era altro oltre al suo lavoro che potesse riempire la sua vita. Voleva di più. Voleva ridere senza riuscire a fermarsi; voleva stare vicino a tutti coloro che le erano cari e, per farlo, era disposta persino a prendersi tutte le domeniche libere e a dimenticare a casa la sua agenda, almeno per quel giorno.

«Mademoiselle, permesso.» Lorenzo si fece strada fino al tavolo di Charlotte, reggendo un vassoio nero e rotondo. «Mi sono permesso di scegliere un lait de licorne e una monoporzione di... Charlotte.»⁴

«Com'è graziosa» disse, slegando il nastro di raso fucsia che teneva insieme i savoiardi del dolce su cui troneggiavano una fragola – divisa in due metà – e qualche ribes rosso. La donna osservò poi incuriosita la bevanda dal colorito azzurro, messa in risalto dal bianco candido della schiuma, che somigliava a una nuvola in un cielo sereno, e ne bevve un sorso, titubante.

«Nessun unicorno è stato maltrattato per questa ricetta» la tranquillizzò Lorenzo, avendo notato l'espressione confusa della sua cliente.

«Cosa c'è dentro? È davvero buonissimo» si complimentò lei e tornò poi a sorseggiare quello strano cappuccino, restando con le labbra umettate da quella spuma soffice.

«Latte di cocco e spirulina.»

Charlotte faticò a non strozzarsi con il suo lait de licorne: il nome del secondo ingrediente suonava davvero ridicolo. Così tanto che persino Lorraine emise uno dei suoi risolini striduli e il pasticciere si affrettò a posare il vassoio sul primo tavolo libero per stringerla in un abbraccio.

«A quanto pare, oggi è la giornata "interrompiamo Lorenzo e la sua ragazza"» si lamentò lui, quando la porta della pasticceria si spalancò, di nuovo. Dopodiché, si liberò del suo sguardo imbronciato e lo sostituì con il suo sorriso migliore. «Bentornati, signori Montard! Prego, accomodatevi, sarò subito da voi.» Prima di allontanarsi dal tavolo, si rivolse un'ultima volta a Lorraine: «E poi torno da te.»

«Perché non andate direttamente in camera, a questo punto?» scherzò Charlotte, rivolgendo a Lorenzo uno sguardo provocatorio.

«Sì, sarebbe quello il piano per dopo!»

«Come?» strillò l'anziana signora, che ormai aveva preso posto accanto a suo marito nel loro solito tavolo all'angolo della pasticceria. «Non sento tanto bene, lo sai, caro.»

«Nulla, nulla, parlavo con la mia ragazza» disse, trascinando con sé Lorraine, alla quale sarebbe sicuramente toccato ascoltare la storia dei due coniugi.

      Charlotte riuscì a sfuggire alle chiacchiere dei Montard e, una volta salutata la nuova coppia di fidanzati, aveva deciso di passare dalla parrucchiera e in un minimarket prima di rientrare a casa.

Seduta su quella scomoda poltrona, in attesa che la tinta donasse nuovamente un colore uniforme ai suoi capelli, per non fissare il suo riflesso – che le luci fredde del salone facevano apparire più smunto, accentuando le sue occhiaie – aveva deciso di girovagare su internet alla ricerca di un significato per lo strano sogno della notte precedente. Aveva controllato svariati siti e ne aveva ricavato una sola possibile opzione: sognare di baciare un amico indica il desiderio di prendere da lui le qualità che si ammirano di quella persona.

Certo, vi erano menzionate anche le interpretazioni più ovvie, ma Charlotte era convinta di quella che aveva scelto. In fondo, si era detta, era l'unica che potesse avere un senso – ed era anche l'unica che era riuscita a tranquillizzarla e a convincerla che lei non avesse fatto quel sogno perché provava qualcosa per il suo cliente.

"Allora non sono innamorata di Nico" aveva concluso, tirando un sospiro di sollievo mentre la parrucchiera stava ultimando la piega.

I suoi capelli non erano così belli e lisci da mesi: della fastidiosa ricrescita scura non c'era più traccia, così come dei nodi e delle doppie punte che le avevano fatto compagnia fino a quella mattina. Si sentiva più leggera e più attraente, nonostante stesse reggendo due pesanti borse di plastica, tanto da continuare a fissare il suo riflesso nelle vetrine dei negozi o dei portoni che costeggiavano il marciapiede.

Sfoderò il suo mazzo di chiavi, alla ricerca di quella gialla che apriva il pesante portone d'ingresso del palazzo in Rue Léon Vaudoyer. Passando in rassegna ogni chiave, intralciata dalla spessa lana beige dei suoi guanti, finì per lasciarle scivolare tutte al suolo. Si accovacciò per riprenderle appoggiando in un angolo le buste della spesa e, nello stesso momento, sentì qualcuno arrivare alle sue spalle.

«Ecco qui, cara.»

«Madame Fontaine!» La salutò con due baci sulla guancia, inspirando a fondo il suo consueto profumo dalle note agrumate. «Com'è andato il viaggio?» chiese poi, reggendo con una mano il portone di legno in attesa che l'anziana entrasse nell'edificio.

«La Provenza è deliziosa, come sempre» disse, fermandosi di fronte all'ingesso del suo appartamento. «Perché non ti fermi per un caffè?»

«Oh, no, la ringrazio. Ho fatto colazione poco fa.»

«Allora fermati per pranzo. Mi fa piacere un po' di compagnia in questa casa silenziosa.»

«Perché non sale lei da me, questa volta?»

Quando la signora Fontaine annuì con un ampio sorriso, la giovane ne venne contagiata e con le labbra incurvate all'insù le disse: «Allora la aspetto di sopra, madame

      Charlotte s'impegnò al massimo per servire alla sua vicina di casa un piatto che fosse buono almeno quanto la bouillabaisse che l'anziana le aveva servito l'ultima volta in cui si erano viste; perciò, cercò con scrupolo qualche ricetta veloce su internet. Trovarne una che comprendesse ingredienti che lei aveva in casa fu un processo più lungo della preparazione stessa – che il sito assicurava essere un quarto d'ora, escluso il tempo di cottura. Forse era anche per quello che la signora Fontaine sembrava essere arrivata ben prima del previsto: Charlotte dovette abbandonare il coltello tra le bucce e le rondelle di patate sul tagliere per correre ad aprire la porta con le mani ancora impregnate di amido.

Marie Fontaine stava aspettando paziente sulla soglia, con le mani infilate nelle tasche del suo grembiule giallo – Charlotte era convinta di non averla mai vista senza – e un grande sorriso che lasciava intravedere i suoi denti storti. Poco prima di entrare, sistemò i suoi corti capelli grigi passandoci in mezzo le dita; dopodiché prese posto su una delle sedie bianche che circondavano il tavolo ovale tra la cucina e il salotto, mentre Charlotte si affrettò a tornare in cucina per ultimare la preparazione del pranzo.

«Mia cara, fatti aiutare» le disse, raggiungendola accanto al lavabo.

«Non ce n'è bisogno, madame. Oggi lei è la mia ospite, non posso farla lavorare.»

«Allora fingiamo che sia un pagamento per aver lavato i piatti l'ultima volta, che ne dici?» Strizzò l'occhio e intanto liberò il piano di lavoro dalle bucce delle patate. «Lo sai che se non faccio qualcosa impazzisco. Devo tenermi in movimento, alla mia età!»

Charlotte ridacchiò, sciacquandosi le mani prima di accendere il fornello. Mentre l'anziana era intenta a sbattere le uova, l'organizzatrice ne approfittò per chiederle qualche dettaglio in più riguardo al viaggio a Marsiglia.

«Davvero non ci sei mai stata?»

Per tutta risposta, Charlotte scosse la testa amareggiata.

«Oh, allora facciamo così: quando andrò a vivere lì potrai venire a farmi visita ogni volta che vorrai.»

«La ringrazio, è davvero troppo gent–» Solo allora Charlotte realizzò ciò che madame Fontaine aveva detto poco prima. «Aspetti, cosa? Si trasferisce a Marsiglia?»

Un lungo sospiro accompagnò la spiegazione di Marie: «Presto dovrò ripartire e andare là, da mia figlia. Dicono che sarà meglio spostarmi per poter essere più rilassata... Sciocchezze, io sto benissimo.» Rimase immobile e chiuse gli occhi, contemplando qualcosa di cui Charlotte era all'oscuro.

«Lei sì, ma credo che i suoi figli siano preoccupati per la situazione che... per lo stress che le causano gli altri vicini con le loro continue lamentele all'amministratore» suggerì, sperando di aiutarla a ragionare.

«Tra un po' arriveranno a farmi storie pure per come sistemo lo zerbino fuori dalla porta.» L'ironia e l'amarezza con le quali Marie aveva pronunciato quella frase erano evidenti, ma Charlotte non poteva certo biasimarla.

«Avere a che fare con persone come loro fa male, logora più di una malattia e lei non ha bisogno di questo, non se lo merita.»

«Non voglio lasciare casa mia.» Le sue iridi scure divennero d'un tratto più lucide. Tremava, la signora Fontaine. «Ho così tanti ricordi, qui. Ricordi dei miei bambini... del mio Hugo. Se me ne andassi, non potrei più rivederlo seduto sul suo angolo preferito del divano a litigare con il telecomando o sdraiato accanto a me alla sera.»

«Non è la sua casa a custodire quei ricordi. È lei, è il suo cuore. Finché restano lì, nessuno potrà mai portaglieli via.»

«Lo so, cara.» Marie strinse la mano che Charlotte le aveva appoggiato sulla spalla e si sforzò di sorridere.

«Una volta che si sarà abituata alla nuova casa, sono certa che riuscirà a rivedere il suo Hugo che litiga con il telecomando anche su un divano diverso. Ci riuscirebbe anche se dovesse trasferirsi in un altro continente.»

«Grazie, ma chère.»⁵

Note :

¹ Quotidiano francese di proprietà del Groupe Amaury, fondato nel 1944

² Si riferisce al Movimento di protesta dei Gilet Gialli che da novembre 2018 a marzo 2019 ha protestato contro l'aumento del carovita e delle tasse sul carburante.

³ Il cognome "Bonheur" significa "allegria/felicità"

⁴ Latte di Unicorno

⁵Mia cara

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Bonus > ecco a voi la monoporzione di Charlotte che Lorenzo porta a Lottie

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