Hybrid - Legami Spezzati

By AlessiaSanti94

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SEQUEL "Hybrid - L'Esperimento". Può un legame forte allentarsi e dissolversi come se non fosse mai esistito... More

BOOKTRAILER HYBRID - LEGAMI SPEZZATI
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Premessa.
1. Annichilimento.
2. Apri gli Occhi.
3. Cornelius Morton.
4. L'Agente Kane.
5. La Stanza Numero 2.
6. Spegnersi.
7. Devi Ricordare
8. Nuove Collaborazioni.
9. Chi Sei.
10. Una Nuova Alba
11. Problemi di Alcool
12. La Ronda e l'Indovina.
13. Passi Falsi e Promesse
14. De Rerum Vetitae
15. La Stanza Numero 4
16. Complicità e Tensioni.
17. Damnatio Memoriae.
18. La Stanza del Bisogno.
19. L'Agguato Inaspettato
[Info per i lettori]
20. Sospetti.
21. Kathleen Lorelaine
22. Dolor
23. Moniti e Responsabilità
*CAPITOLO EXTRA*
25. Una Luce nel Buio
26. La Verità Viene a Galla
27. Aaron
28. Sacrificio e Connessione

24. Scintilla

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By AlessiaSanti94

Jared

Quando esco dall'ufficio di mia madre ho più dubbi di quanti ne avessi prima di esserci entrato... oltre al fatto di essermi guadagnato un compito da tutor per studenti alle prime armi con la difesa demoniaca. Ma la cosa peggiore di questa visita è che non sono riuscito a ottenere le informazioni di cui avevo bisogno: in realtà i miei dubbi sono solo incrementati, e questo grazie al velo di mistero che ha sparso. L'unica cosa che sono riuscito a carpire con certezza è che questi Corvi esistono e hanno a che fare con Danville. In che modo non lo so, ma è già un punto di partenza che giustifica il fatto che Madison Kane ne fosse già a conoscenza.

Nonostante mia madre mi abbia intimato di tenermi alla larga da questa storia, le mie intenzioni sono diametralmente opposte. In primis perché sento che potrebbero portare a una svolta importante sulle indagini di Abby, e poi perché implicano in modo diretto gli umani. E nessun Celeste, nemmeno di Danville, può influire in qualche modo nelle loro vite.

Per questo motivo decido di cambiare rotta di investigazione e mi ritrovo alle dieci di sera a inviare un messaggio all'agente Kane, invitandola a raggiungermi nella mia stanza per parlare delle prossime mosse da affrontare. Il piano è quello di metterla a suo agio per poi estrapolarle quante più informazioni possibili. E per fare questo ho bisogno di un aiuto extra.

Nonostante la risposta di Madison al mio invito inaspettato sia vaga e sospettosa, alla fine riesco a convincerla, e le do appuntamento nella mia stanza tra poco meno di un quarto d'ora. Lei si giustifica dicendo che non riusciva a prendere a sonno, ma in realtà è chiaro che ami essere presa dal lato investigativo della storia.

Così, mentre l'attendo con una strana impazienza, preparo la stanza al suo arrivo: raccolgo tutti i vestiti sparsi ovunque e li butto alla rinfusa dentro alla cassettiera; rifaccio il letto tirando su le coperte. Accendo persino una candela per ambienti che mi ha regalato Bertha per Natale e stendo per terra una grande mappa di Henver che tenevo chiusa dentro un cassetto della scrivania. Getto qualche cuscino per terra e sposto una lampada da lettura direttamente sul pavimento, per fare luce sulla cartina. Per un attimo rimango a fissarla assorto: su questo pezzo di carta sgualcito ci sono tutti i miei pensieri di questo periodo, insinuazione dopo insinuazione. Dubbio dopo dubbio. Guardo i cerchi e le croci che ho fatto in alcuni punti dopo le varie Ronde di ricognizione: alcune descrivono i tragitti percorsi più frequentemente in questi mesi, altri solo delle intuizioni avute, alcune volte anche dopo notti ubriache e insonni.

Scuoto la testa per distogliere gli occhi da quell'intrigo di strade da mostrare a Madison, e mi allontano dal letto. L'ultima cosa che manca per completare il quadro si trova dentro al piccolo mobiletto di legno accanto al camino. Mi avvicino velocemente e tiro fuori dalla mensola più in basso una bottiglia di Scotch Whisky, con due piccoli bicchieri di cristallo.

Ed ecco l'aiuto extra. Sia per me che per lei.

Madison bussa alla porta dopo soli dieci minuti che la stavo attendendo. Per essere una donna, è decisamente puntuale. L'accolgo nella mia stanza con un sorriso, invitandola a entrare con cenno della mano studiato ed elegante. «Prego, agente.»

La prima cosa che noto è il profumo di fiori che emana, fresco, ma deciso; la seconda, poi, è il suo abbigliamento: per essersi preparata in dieci minuti si è davvero impegnata per mettere su un abito decisamente fuori luogo per il contesto della mia camera e, soprattutto, per l'orario dell'appuntamento: l'agente è completamente in borghese e indossa un vestito corto grigio, leggermente aderente sui fianchi e con una scollatura rotonda sul seno. Ai piedi ha degli stivali neri in pelle e non porta calze. Con i capelli scuri sciolti sulle spalle e gli occhi truccati, è davvero carina.

«Non pensavo di aver organizzato una festa», le faccio notare scherzosamente. Chiudo la porta subito dopo che è entrata e mi soffermo ancora un attimo a guardarla.

Senza quel maledetto distintivo di Danville che le affibbia più responsabilità di quante dovrebbe avere, è decisamente molto carina.

Madison sorride e il rossore che si espande sulle sue guance non nasconde un primo momento di imbarazzo. «Avevo la giornata libera e non mi sono cambiata. Quando mi hai scritto, stavo per mettermi il pigiama.»

«Ti avrei accolta anche con quello, nella mia umile dimora, se la cosa può farti sentire più a tuo agio.»

«Non fare caso al mio abbigliamento. Sono rare le volte in cui non indosso dei pantaloni.»

Le guardo le gambe, scrollando le spalle. «A mio avviso dovresti farlo più spesso.»

Madison sbatte le palpebre e si sbriga a spostare gli occhi dai miei, deviandoli sul resto della stanza. «Per quale dei tuoi strani motivi mi hai chiamata, Jared? È la mia giornata libera, non sono in servizio e non dovrei stare nella tua stanza in questo momento, di sera

«Hai paura che qualcuno faccia la spia ai tuoi superiori di Danville, agente? Guarda che non voglio mica ucciderti.»

«Se avessi avuto paura non sarei mai venuta.»

Scrollo le spalle e mi infilo le mani in tasca. «Sì, è vero. Dimenticavo la tua dimestichezza a utilizzare una pistola in forma di autodifesa. A proposito, devo pensare che ne porti una anche stasera, in quella borsetta? Perché in quel caso sarei io a essere spaventato», scherzo, facendo tornare in superficie la fastidiosa, piccola macchiolina che sporca la fedina penale dell'agente. Ovvero quella di aver ucciso un malvivente umano. Di pessima caratura, certo, ma pur sempre umano.

Madison cambia la sua espressione nel giro di pochi secondi, sbiancando. Incrocia le braccia al petto e inizia a tamburellare il piede a terra, nervosa. «Si può sapere cosa vuoi da me?» Poi sposta gli occhi sul pavimento, dove ho lasciato la bottiglia di Whisky e torna a fissarmi. «Sei ubriaco

Alzo le braccia. «Lucidissimo. Volevo solo confrontarmi con te... Faccia a faccia.»

Madison sospira e posa la borsa sulla poltrona accanto al camino. «Tanto ormai sono qui. A cosa devo questa gigantografia della mappa di Henver?»

Le sorrido soddisfatto e raggiungo la parte del pavimento ai piedi del letto dove ho steso la cartina. Con una mossa agile mi siedo a terra, sopra alcuni cuscini che ho piazzato lì di proposito. Picchietto la mano accanto a me per farle capire di accomodarsi.

Probabilmente l'idea di non discuterne seduti su delle sedie, di fronte a un tavolino che mantiene delle distanze fisse, la destabilizza. Lo noto da come trattiene il respiro, restando a guardare il pavimento interdetta. Poi alla fine sospira e mi raggiunge per terra, proprio di fronte a me. Incrocia le gambe in modo elegante e si scosta i capelli dal collo, tirandoli indietro.

«Volevo fare il punto della situazione con te, agente. È da un po' che giriamo a vuoto per Henver, e io credo che i tuoi superiori si aspettino dei passi avanti in queste indagini. O sbaglio?»

«Stai insinuando che stiamo facendo dei buchi nell'acqua?»

«Enormi. Almeno finora.» Punto l'indice su alcune croci tracciate sulla mappa. Alcune le ho messe dopo qualche Ronda noiosa e fallimentare, dove non si è vista nemmeno l'ombra di un Sottomesso; altre dopo essermi confrontati con alcuni compagni, i quali non hanno notato nulla di strano... o quantomeno che potesse ricondurre ad Abby o Cornelius Morton.

«Trovare l'Ibrido è solo uno dei compiti che devo svolgere nella vostra Caserma, Jared. Dimentichi forse che c'è un infiltrato tra di voi, a stretto contatto con il Demone che stiamo cercando.»

La guardo in modo sbieco. «E come sta procedendo quel lato di indagini? Scoperto qualcosa di interessante?»

«Questi... Questi non sono affari di cui posso parlare con te», replica, stizzita e presa in contropiede.

«Però procedono?»

«Certo. Mi sono fatta già delle idee piuttosto chiare su alcuni di voi.»

«Anche su di me?» Le sorrido attento, mentre con la mano sinistra afferro la bottiglia scura di Whisky e riempio un primo bicchiere, che porgo a lei.

Madison lo accetta con riluttanza e se lo rigira tra le mani, senza dare l'impressione di volerlo bere. Poco dopo replico il gesto con il mio bicchiere, con l'unica differenza che io lo alzo in aria in cenno di salute e lo butto giù. Lei mi guarda stupita, per poi cancellare l'espressione inebetita e iniziare a sorseggiare piano il distillato.

«Soprattutto su di te», risponde piano. La sua faccia è contratta dal sapore forte del Whisky, infatti strizza gli occhi e scuote velocemente la faccia per rimuovere il retrogusto amaro. «Non capisco proprio perché dobbiamo bere.»

«Distende i nervi. Sei sempre così tesa quando parli con me. Ho come l'impressione che tu mantenga un filtro acceso tra noi due. E la cosa non mi piace, Mad

L'agente finisce di bere il suo Whisky in un sorso e mi allunga il bicchiere, quasi in cenno di sfida. «Ti sbagli.»

Sollevo l'angolo destro del labbro e le servo il secondo giro, riempiendo subito dopo anche il mio bicchiere. Faccio tintinnare il vetro contro il suo e sorseggio il liquido ambrato, stavolta con più calma, saggiandone il sapore. Guardo Madison, che mi imita con finta nonchalance. Vedo il colorito del suo volto accendersi piano, fino ad assumere una tonalità rossastra sulle guance.

Il Whisky comincia ad avere i suoi effetti.

Abbasso gli occhi sulle gambe nude, distese in una posizione così elegante. Mi schiarisco la voce all'improvviso e torno a guardare la mappa di Henver.

Spero che l'alcool non cominci ad avere i suoi effetti anche su di me.

«Cos'è questo cerchio?», chiede l'agente, puntando l'indice su un segno che ho fatto al centro della città.

«È dove abbiamo svolto l'ultima Ronda insieme. Precisamente dove ho incontrato quell'indovina.»

«E c'è un motivo particolare per cui hai ritenuto importante tenere traccia di questo incontro?»

Fisso le sue labbra sottili muoversi, mentre mi rivolge questa domanda ostica. Nel frattempo la mia mente torna a quel momento, quando l'indovina mi ha letto il futuro all'interno di una sfera nebulosa e ne ha estrapolato l'esistenza di Abby con una facilità disarmante. Esme – così aveva detto di chiamarsi la donna – mi ha fissato negli occhi e mi ha detto che la persona che stavo cercando era ancora viva, da qualche parte. Quindi sì, Madison, c'è un motivo per cui ho ritenuto importante questo incontro.

«Non mi conosci ancora abbastanza bene, ma sono una persona piuttosto fatalista, per certe cose. Credo che alcuni incontri non siano casuali.»

«Dare ascolto a una ciarlatana non lo definirei un incontro da cui possa partire uno snodo importante per le nostre indagini», scherza lei, ridacchiando. Dal modo in cui le sue parole iniziano a strascicare, capisco che l'alcool ha decisamente attecchito a lei. Così le riempio per la terza volta il bicchiere.

Io bevo subito dopo di lei, forse per non soppesare troppo le sue parole. O forse per non tornare a pensare ancora una volta a quelle dell'indovina.

Adesso anche a me inizia a fare effetto il Whisky: le strade colorate in verde e in giallo sulla mappa della città cominciano a farsi leggermente più soffuse, ondeggiando in modo pericoloso di fronte ai miei occhi.

«Il cerchio che hai fatto qui, invece», Madison sposta il dito su un'altra zona della città meno centrale ma più vicina alla nostra Caserma, «immagino che sia dove abita Kathleen Lorelaine... Giusto?»

Annuisco. «L'asterisco poco più distante da casa sua è dove è stata attaccata. Anche questo è da tenere in considerazione.»

Madison si scompone dalla posa plastica ed elegante e comincia ad abbandonare un po' di rigidità professionale, chinandosi sulla mappa in modo goffo. «Se tutti i puntini che hai messo equivalgono ai punti in cui dei Sottomessi hanno fatto la loro apparizione, sembra quasi che stiano evitando una zona in particolare di Henver...» Sposta il dito verso la periferia nord di Henver, ai confini con la zona più vecchia della città. «Cazzo, perché non ho mai pensato di guardare l'indagine da questa prospettiva? Forse dovrei prendere appunti sul mio taccuino...»

Madison scoppia a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca e allungando l'altra verso il suo bicchiere, di nuovo pieno. Ma io stavolta non la imito, preso a guardare per la prima volta con occhi diversi la cartina di Henver: quello che l'agente ha detto è vero, in modo così banale da farmi quasi male.

La zona nord di Henver è quella meno attaccata rispetto a tutte le altre. Forse potrebbero partire da lì i Sottomessi. Nel punto meno battuto da noi Guerrieri. Nel punto meno attaccato.

Forse è lì che potrebbe essere lei.

«Già, perché non ci ho pensato prima?» mormoro, tornando a dedicarmi al Whisky, sovrappensiero.

«Potremmo andarci insieme, la prossima volta. Dovrò pur mettere alla prova le mie nuove conoscenze in materia di combattimento.» Madison fa scattare i pugni in avanti in modo scoordinato e lento, imitando una mossa di pugilato del tutto fallimentare. Infatti si sbilancia troppo in avanti e perde l'equilibrio, rischiando di cadere sopra la mappa. Per fortuna i miei sensi sono ancora abbastanza vigili e allenati, e riesco ad afferrarla per un polso prima che si spalmi sul pavimento con i gomiti e con la faccia. Purtroppo però il suo bicchiere di Whisky non riesce a salvarsi, rovesciandosi su una parte della cartina.

Mentre sostengo Madison con le mani, scorgo con la coda dell'occhio il liquido ambrato espandersi sulla carta colorata e saturarla di liquido: la chiazza parte dal cerchio disegnato sopra il negozio dell'indovina e si allunga verso la zona "d'ombra" dei Sottomessi scovata dall'agente, per poi arrestarsi su un punto poco più lontano: il Joyland.

Fisso le lettere impresse sulla mappa con sguardo serio e immobile, difficile pure per me stesso da decifrare. Il logo stilizzato della ruota panoramica e il simbolo della chiusura definitiva non smettono di entrarmi in testa, senza alcun motivo particolare. Oppure per l'unico che adesso, perso in un mare di Whisky, mi sfugge.

«Credo di non avere mai bevuto così tanto. Nemmeno al mio diploma di laurea», mormora piano Madison.

Il suo polso è ancora stretto dalla mia mano. La lascio andare all'improvviso e scanso con un gesto repentino la mappa da accanto a noi. Sento il cuore palpitarmi nel petto e una sensazione di iperattività mentale mai avuta prima d'ora mi costringe a distogliere completamente le mie attenzioni da quel maledetto punto della cartina.

Che diavolo mi sta prendendo?

Afferro il Whisky accanto a me e mi attacco direttamente alla bottiglia, stroncando in modo definitivo i pensieri nella mia mente. Sento la gola bruciarmi, lo stomaco andare a fuoco, la fronte sudare. Ma non mi fermo.

Madison ormai è partita per la tangente, ma io non sono in condizioni migliori di lei e la cosa non è positiva. Mi pulisco la bocca con il braccio e alzo gli occhi al soffitto: quando lo vedo vorticare sopra di me come un carosello capisco che l'effetto dell'alcool ha preso il sopravvento, e questo può voler dire solo una cosa: sto per smettere di pensare.

«Sai che c'è? Domani andrò a proporre da David di organizzare delle... r-ronde in punti diversi della città. Soprattutto nella periferia di... di Henver!» esclama a voce alta lei, con l'indice puntato in alto.

«Madison...», la chiamo piano, avvicinandomi a lei fino a fermarmi esattamente di fronte al suo corpo ondeggiante.

«Farò così, lo sai? Altrimenti tutti qui dentro penseranno che non stia capendo un dannato accidente di questo stramaledetto-»

Ma prima che possa finire di blaterare parole senza senso le poggio un dito sopra le labbra. «Sono stanco di parlare di lavoro.»

Lei si zittisce immediatamente e sgrana gli occhi, trattenendo il respiro. Per un attimo la vedo titubare. Credo di averle appena mandato in tilt tutti gli schemi metodici e precisi da cui è strutturata. «E... cosa vorresti fare?»

Faccio scivolare piano l'indice dalle labbra a sotto il mento, per poi proseguire verso il collo e fermarmi tra le clavicole. «Baciarti, credo.»

Mi sporgo con il corpo verso Madison Kane e l'attiro a me con estrema facilità. Mi approprio delle sue labbra senza nemmeno attendere una risposta, come se quel gesto per me fosse assolutamente necessario e improrogabile. Ma dalla reazione istantanea dell'agente al bacio capisco che in realtà quello che sto facendo è in linea con quello che vuole anche lei. Le mie labbra sulle sue scottano e si muovono con estrema sicurezza e decisione. Sento il corpo andare a fuoco, mentre forzo la mia mente a non distogliere l'attenzione da quello che ha di fronte a sé, sotto le mani e a contatto con la pelle. Inevitabilmente non posso fare a meno di pensare alla mancanza di brividi sulla schiena, alla scossa sotto alle dita, lungo le braccia, così viscerale e naturale, che provavo con il suo tocco.

Quella sensazione di vuoto a perdere.

Forzo la mente a deviare da questi pensieri sterili, e decido di cedere completamente il comando al corpo e al puro piacere carnale.

Sento Madison sciogliersi sotto al mio tocco e ricambiare i miei baci con la stessa foga. Non si sta chiedendo cosa stiamo facendo, se è giusto oppure no. Forse è quello che ha sempre voluto da me, o forse è solo troppo ubriaca per realizzarlo. Ma dal momento che lo sono anche io, smetto di farmi queste domande inutili e mi concentro su di lei, sulla sua pelle bollente e il tocco delicato.

I nostri baci ci portano nel giro di qualche minuto a sbarazzarci dei vestiti, che finiscono accanto alla mappa di Henver, dimenticati allo stesso modo. Faccio sdraiare Madison sulla distesa di cuscini che avevo preparato con attenzione prima del suo arrivo, e nel frattempo non smetto di baciarle la bocca, il collo e le spalle. Lei trema a ogni contatto e mi accarezza il petto, mentre mi fissa con gli occhi socchiusi. Rimango a guardarla anche io per qualche attimo, il fiato corto e le labbra dischiuse.

È bella. Com'è possibile che lo stia realizzando solo adesso?

Le accarezzo i fianchi e le lascio un bacio sotto l'ombelico. Lei geme e chiude gli occhi, invitandomi silenziosamente a continuare. Sorrido, mentre il Whisky scorre nel mio sangue, e proseguo quello che ho appena iniziato con lei.

***

A svegliarmi, qualche ora dopo, è un forte mal di testa proprio all'altezza delle tempie. Madison è aggrovigliata addosso al mio corpo, nuda, e sta dormendo. Sento il suo respiro tranquillo sul collo che mi solletica la pelle.

La stanza è sommersa nel buio, rischiarata solo dalla lampada rimasta accesa sul pavimento accanto a noi. Dalla finestra chiusa non trapela alcuna luce e questo può voler dire solo due cose: la prima che è ancora notte e la seconda che i nostri problemi non sono ancora iniziati.

Do una scrollata delicata a Madison, mentre provo a sbrogliarmi da lei. Afferro con una mano il telefono da sopra al letto e leggo l'orario: sono le cinque del mattino. Manca poco all'alba.

«Madison, svegliati», la chiamo sottovoce.

Lei increspa la fronte, come se fosse stata disturbata nel pieno di un bel sogno, e con una mano tasta lo spazio accanto a sé. Quando le dita toccano il mio torace nudo, la vedo aprire gli occhi piano.

«Che... Che succede?» domanda, la voce roca e flebile. Si guarda intorno, un po' spaesata, poi sposta gli occhi su di me e si porta una mano sulla bocca. «Oh, no... Non dirmelo.»

«Credo che sia abbastanza evidente. Passami i vestiti, per favore.» Le indico la t-shirt e i boxer gettati vicino alle poltroncine e le accenno un sorriso poco convinto. «Avrei voluto lasciarti dormire ancora un po', ma temo che tu debba andare via di qui, prima che nella Caserma comincino a girare più persone di quante ne desideri incontrare.»

«Noi due... Oh, cazzo! Noi due abbiamo fatto sesso?» Madison si porta le mani sulla fronte e per la prima volta la vedo tentennare, persa in uno sguardo disperato. Mi passa i vestiti e nel frattempo afferra i suoi, rivestendosi alla svelta. Io la imito, mentre il mal di testa mi puntella le tempie sempre di più.

«Sì, be', mi pare abbastanza chiaro. E, prima che tu possa chiedermelo, non hai dato cenni di resistenza. L'hai voluto anche tu.»

«Sono un'idiota! Io... io sto lavorando, qui. E tu... tu sei sotto indagine

«Tecnicamente era il tuo giorno libero.»

«Jared, sto parlando seriamente. Se qualcuno ci vede insieme... Se qualcuno anche solo immagina cosa è successo tra noi, manderà all'aria il caso. Tutte le accuse crolleranno e la colpa ricadrà sulla sottoscritta. Verrò condannata a lasciare Danville, e mio zio non mi guarderà più in faccia.»

Provo a calmare il suo stato d'animo facendole una carezza sul volto. «Ehi, calmati e respira. Nessuno ti vedrà uscire da qui e nessuno scoprirà cosa è successo stanotte.»

L'agente chiude gli occhi. La sua fronte è contratta e non pare per nulla tranquilla. «Ho commesso una leggerezza. Ho perso il controllo.»

«Respira, Mad. Ho bisogno che torni lucida il prima possibile», le ripeto a bassa voce, fissandola con serietà negli occhi. È arrivato il momento della verità, seppure con tempi diversi e un imprevisto nel mentre che non avevo pianificato nemmeno io. «Devo farti una domanda, e sarò piuttosto diretto.»

«Che c'è, Jared?»

«Prima che esci da questa stanza ho bisogno di sapere chi sono i Corvi, e perché da Danville sono venuti in città.»

La faccia di Madison si trasforma in una maschera asettica, e in un attimo prova a cancellare ogni forma di espressione, anche se la rabbia e il senso di consapevolezza spingono in superficie per avere la meglio. Si alza in piedi scansandomi bruscamente e la vedo vacillare. È chiaro che il whisky non abbia ancora terminato di fare effetto in lei. «Come sei arrivato a pensare questa cosa? Proprio in questo momento?»

«Ho bisogno di sapere.» Mi alzo in piedi anche io e rimango di fronte a lei.

«Non ho intenzione di risponderti.»

Le afferro la mano e la guardo con espressione seria. «Ti ho vista a casa della signora Lorelaine. Parlavi a quella donna con estrema cognizione di causa, e lo stesso hai fatto con David. E quando hai letto le lettere che questi Corvi le inviavano, ho visto la tua faccia. Tu... tu hai capito qualcosa che non vuoi dire.»

«Esattamente», replica lei stizzita, «perché non sono affari tuoi.»

«Quella donna ha rischiato di morire, Madison. Non sono più solo affari tuoi.»

«Sto solo tenendo fuori dalle indagini persone che non ne fanno parte. Quindi smettila di tentare di estorcermi verità che non puoi sapere.»

Con un moto di rabbia, tiro un calcio allo stipite del letto, senza contenere la mia reazione. Sono ancora un po' ubriaco e in queste condizioni non riesco a trattenere le parole. «Speravo che l'alcool ti sciogliesse un po', agente. Eppure eravamo entrati così tanto in sintonia.»

Lo sguardo di Madison muta ancora una volta, ma questa volta vedo la sua maschera fredda rompersi in tante piccole schegge di dolore. L'ho ferita, toccandola in un punto molto, molto profondo. L'ho resa vulnerabile in un modo di cui io stesso mi vergogno. L'ho spogliata delle sue insicurezze, l'ho resa mia per una serata, e ho provato a portarle via delle verità, estorcendogliele come un rapinatore.

«Quindi è per questo che hai organizzato tutto», commenta lei, scuotendo piano la testa. «È per questo che mi hai invitata qui, mi hai fatta ubriacare e mi hai sedotta. Lo hai fatto per ottenere delle informazioni... E io ci sono anche cascata.»

In un attimo vedo il mondo crollarle addosso, ma anche il mio inizia a cedere visibilmente. Non volevo che Madison giungesse a queste conclusioni, semplicemente perché non sono vere. Anche se la serata è stata organizzata con l'intento di scoprire di più sui Corvi, quello che è successo tra di noi dopo va oltre tutto quanto.

«Madison, non avrei mai approfittato di te in quel senso per ottenere risposte.»

«Oh, ma falla finita. Lo dicevano tutti che eri uno stronzo, e io da idiota quale sono ho pensato pure di darti un po' della mia fiducia.»

Le afferro la mano e mi metto di fronte a lei. Sento il cuore bussarmi nel petto e realizzo che questa è la prima volta dopo tanto tempo che mi sento di nuovo vivo. «Guardami», le ordino con fermezza. I suoi occhi sono velati di lacrime e amarezza. «Non volevo dire quelle cose. Non le penso realmente. È vero, ti ho invitata qui con la speranza di capire qualcosa di più sui Corvi, ma quello che è successo stanotte tra noi non è stato pianificato per quello scopo.»

«E cosa pensi realmente di me, Jared?»

«Che sei una persona trasparente, Mad. Che sei una persona emotiva, anche se cerchi di nasconderlo dietro al lavoro che svolgi per Danville. Che emani tranquillità, e se proprio vuoi saperlo, è quella che mi manca in questo periodo. La tua presenza in qualche modo mi calma e mi fa spegnere il turbinio di pensieri che ho in testa. C'è qualcosa di te che mi fa stare meglio e, fidati, non lo sfrutterei mai per farti del male», le rivelo, di getto. Le parole mi escono fuori con estrema naturalezza, veloci e sincere. Anche io stesso mi meraviglio del significato che assumono dette ad alta voce.

In qualche assurdo modo, Madison Kane mi piace.

Lei mi ascolta senza fare alcun movimento, poi solleva un angolo della bocca e mi guarda amareggiata. «Incredibile... Sai anche mentire bene. Devi esserti davvero preparato con maestria», commenta. «Senti, mettiamoci una pietra sopra, d'accordo? Farò finta che stanotte non sia proprio esistita tra noi. Ho commesso una serie di errori. Il primo tra tutti è stato quello di darti più fiducia di quanta ne meritassi, e onestamente una cosa posso dirtela, Jared... Se prima ero piuttosto certa della tua innocenza, adesso inizio a far vacillare alcune delle mie teorie.»

La vedo prendere la borsa dalla poltrona accanto al camino e raggiungere la porta. Io la inseguo, frapponendomi tra lei e la maniglia. «Non puoi fare finta di niente su quello che c'è stato. Io non voglio che vada così.»

«Mi dispiace, ma è stato uno sbaglio per entrambi cedere in quel modo... Non posso correre rischi del genere. Non sono nella posizione per farlo.» Madison mi guarda con sufficienza e mi scansa da davanti. Adesso ha di nuovo alzato un muro invalicabile tra noi. Lo stesso muro che fino a qualche ora fa ero riuscito a buttare giù, mattone dopo mattone. «Inoltre ti consiglio di tenerti fuori dagli affari di Danville. Stavolta lo sto dicendo per te.»

L'agente apre la porta e fa per uscire dalla stanza, ma non appena mette piede fuori la vedo bloccarsi come una statua. «Merda», mormora piano, con voce tesa.

Mi sporgo dalla porta, preoccupato dalla persona che posso trovarmi di fronte. Dentro di me provo a classificare la lista dei peggiori incontri che potremmo fare a quest'ora del mattino, proprio fuori dalla mia camera, ma quando mi affaccio e realizzo che a stare bloccato in mezzo al corridoio, con un volto un po' sbattuto e svogliato, c'è Nolan, faccio un sospiro di sollievo.

«Sto sognando o ho appena visto uscire dalla tua camera l'agente Kane?» domanda incredulo, abbassandosi il cappuccio della felpa nera dalla testa. Guarda prima me, poi lei, per poi passare ancora a me.

«Io me ne devo proprio andare di qui», commenta gelida Madison, mentre prova a rimettersi in ordine i capelli. «Stavamo solo parlando di lavoro.»

Nolan solleva un sopracciglio, s'infila le mani nelle tasche dei pantaloni e mi lancia uno sguardo di disapprovazione da sopra le spalle dell'agente. «Oh, sì, Jared è davvero bravo a parlare di questioni di lavoro nella sua stanza, di notte... Il numero uno.»

Madison avvampa e abbassa lo sguardo a terra, imbarazzata.

«Non preoccuparti. Nolan è innocuo.» Decido di intervenire, prima che a Madison possa passare per la testa l'idea di minacciare in qualche modo il mio amico per assicurarsi il suo silenzio.

«Me ne vado, prima di incontrare altri testimoni che possano mandarmi in rovina», borbotta lei, ignorandomi. E senza degnarci di uno sguardo scappa, defilandosi dal corridoio con la velocità di un ladro che sta per essere scoperto dalle guardie.

Quando rimaniamo soli, Nolan si avvicina a me e dà una sbirciatina dentro la camera da letto, soffermandosi sul cumulo di cuscini gettati a terra e sulla bottiglia di Whisky quasi vuota. Muove la testa piano e sfoggia un'espressione piuttosto sorpresa. «Serata interessante, eh?» Il tono con cui si rivolge a me è diverso dal solito: non è scherzoso, e ci scorgo dentro una punta di criticità che non gli è mai appartenuta.

«Non ti ci mettere pure tu. Non ho bisogno di altri giudizi.» Mi passo una mano sopra gli occhi e spingo le dita sopra le tempie, sperando che la pressione possa mettere a tacere il mal di testa.

«Non trovo molto saggio portarti a letto l'investigatrice Celeste di Danville, Jared. Oltre a essere strano, è anche rischioso... Chi dice che puoi fidarti di lei?»

«Madison è a posto.»

Lui scrolla le spalle e mi guarda con indifferenza. Un po' troppa indifferenza, per essere il mio migliore amico. «Be', lo spero per te. Adesso vado a dormire. La Ronda mi ha distrutto e domani ho lezione in palestra con Tom e altre sue compagne di corso.»

Annuisco e mi appoggio allo stipite della porta. «È tutto okay, Nol?»

Nolan si ferma in mezzo al corridoio e mi guarda inclinando appena un po' il volto, studiandomi come se mi stesse guardando per la prima volta in modo critico. «Certo. È solo che il tuo modo di agire mi lascia un po' perplesso, amico. Voglio dire, passare da Abby a... Madison Kane è come decidere di voler passare dalla padella alla brace in modo volontario. E se di Abby posso dirti che mi fidavo, non posso fare altrettanto con un'agente di Danville.»


Angolo dell'autrice.

Buon 2022, lettori e lettrici... E quale migliore inizio anno se non con un nuovo capitolo per cui mi odierete con tutti voi stessi, fino allo stremo? Spero che non mi arrivino maledizioni a casa, dopo che avrete finito di leggere il capitolo.

Sì, sono stata cattiva. Sì, vi avevo avvisato. Sì, era necessario farlo succedere. Sì, a tutto c'è un perché. 

Ma, suvvia, potrebbe anche essere che l'agente vi inizierà a piacere un po' di più da qui in avanti... Mai dire mai! Speriamo solo che Abby non lo venga mai a sapere :PP 

Ah, a proposito... il prossimo capitolo torneremo da lei. Dalle fogne di Henver stanno per arrivare scoperte importanti! 

Fatemi sapere con una stellina e un commento se questo capitolo vi è piaciuto! Baci, A.

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