Written in the stars

By likebloodinyourmouth

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Izuku Midoriya sembra un ragazzo come tanti: ha ventitré anni, studia all'accademia d'arte di Tokyo e divide... More

P R E M E S S A
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By likebloodinyourmouth


109 giorni al 7 luglio

Mentre guidava verso l'indirizzo scribacchiato sul pezzo di carta, Izuku pensò di essere un cretino. Aveva avvertito un senso di panico che non sapeva spiegare, una sorta di tormento che lo portava a credere che Katsuki fosse nei casini e che non poteva giustificare in nessun modo.

Immaginava già l'imbarazzo che avrebbe provato quando, arrivato sul posto, avrebbe trovato il ragazzo magari con i suoi amici a passare una serata qualunque.

Avrebbe fatto la figura dello stalker, ma doveva sapere. Doveva capire.

Giunto nel quartiere giusto si rese conto di non poter proseguire, la strada era sbarrata da una sfilza di macchine e moto ed il verdino alzò un sopracciglio mentre parcheggiava leggermente più indietro.

Scese dalla macchina col cuore in gola, un tizio con un casco integrale lo fermò alzando una mano davanti al suo viso.

«Oi, fermo», sbottò squadrandolo. «Che cazzo fai qui?»

Il respiro di Izuku si fece pesante, alzò un sopracciglio e cercò di guardare oltre la spalla del tizio.

«Cerco Bakugou», disse con la voce più ferma che riuscì a trovare. «Sono un suo amico, mi ha detto di raggiungerlo.»

Il tizio con il casco non sembrava convinto, gli fece alzare le mani e prese a tastarlo da sopra i vestiti. Izuku ebbe la sgradevole sensazione che stesse cercando una pistola e per un secondo gli venne voglia di darsela a gambe. Finita l'ispezione, l'uomo prese il telefono.

«Tob, c'è un ragazzino che cerca Bakugou», disse senza voltare mai la testa. Izuku non vedeva i suoi occhi ma era sicuro che lo stesse fissando con astio. Attesero entrambi una risposta, poi l'uomo attaccò la chiamata e si fece da parte indicandogli dove andare.

Le gambe di Izuku si mossero da sole; si fece largo tra la folla che urlava mentre i rombi delle auto si facevano sempre più forti. Raggiunse il fulcro del caos quando vide quello che sembrava un traguardo, una macchina nera con una grossa X arancione sul cofano aveva appena frenato alla fine del percorso con uno stridio acuto causando il giubilo di tutti i presenti. Dietro di lui arrivò una seconda macchina, il proprietario scese con aria frustrata e buttò a terra quello che sembrava un rotolo di soldi prima di allontanarsi imprecando.

Izuku fissava ancora la macchina nera, la puzza di gomma bruciata era quasi insopportabile. Poi la portiera si aprì ed il suo cuore esplose quando vide una zazzera bionda scendere con aria quasi annoiata.

Guardò il rotolo di soldi a terra ma non lo raccolse, lo lasciò fare ad un altro uomo mentre quello che doveva essere uno speaker annunciava la duecentotredicesima vittoria consecutiva di Bakugou. La gente era estasiata, ad Izuku girava la testa. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso e Katsuki probabilmente sentì il suo sguardo penetrargli sotto la pelle perché voltò la testa nella sua direzione come se l'avesse chiamato.

Sul suo viso comparve un'espressione di puro stupore, Izuku era ancora impietrito lì dov'era.

Scostò le ragazze che cercavano di attirare la sua attenzione, il rosso delle sue iridi era fuso nel verde di quelle di Izuku.

Si fermò ad un passo da lui, il petto si alzava e si abbassava come se avesse corso.

«Che ci fai qui?», chiese di getto.

Izuku non disse niente, il panico che lo aveva pervaso sembrava essergli esploso dentro. Sollevò le braccia e lo spinse malamente mettendogli le mani sul petto, Katsuki barcollò preso alla sprovvista.

«È questo che fai?» il verdino sembrava di colpo infuriato. «Cosa cazzo pensi di fare?»

Fu il turno di Katsuki di essere pervaso dalla rabbia, allargò le narici e lo prese per un polso trascinandolo in una zona più appartata dove poter parlare.

«Che problema hai?» chiese lasciandolo andare in un vicolo poco lontano. «Non sei mia madre, Deku.»

«Ah, questo è certo», sbottò l'altro ancora infuriato. «Cosa diavolo pensi di ottenere? È così che hai deciso di passare la tua vita? A fare corse clandestine nell'attesa del giorno in cui ti schianterai contro un dannatissimo muro?»

La sua voce era innaturalmente alta, Katsuki sentiva il nervosismo crescere con ogni ottava.

«Ma che cazzo vuoi? Arrivi qui dal nulla e pensi di potermi cambiare?»

«No, sia mai! Figuriamoci se il grande Katsuki Bakugou permette a qualcuno di fare un passo nella sua vita!»

«Sei stato tu a dire di non volere nemmeno un cazzo di appuntamento! Sei stato tu a dire che non sarò mai quello che cerchi. E ti chiamo da giorni, ti ho mandato un numero indefinito di messaggi su ogni cazzo di social media esistente, sono venuto a casa tua ogni cazzo di giorno.»

Izuku non trovò niente da ribattere, aveva ragione. Fece un respiro profondo, Katsuki lo imitò lasciando la presa che non si era ancora reso conto di aver tenuto sul suo polso per tutto il tempo.

«Io... non ci capisco più niente, Kats. Hai detto che ho immaginato tutto, fai un passo in avanti e quattro indietro», mormorò il verdino abbassando lo sguardo. «So solo che mi fai preoccupare, che non pensavo di trovarti così. Non pensavo che tu passassi il tuo tempo a cercare di ucciderti su una dannata macchina mentre io...» si bloccò in preda all'imbarazzo, Katsuki aveva gli occhi sgranati.

«Mentre tu cosa?»

«Niente, non dovevo venire.»

Tentò di spostarlo, ma il biondo gli prese le mani spingendolo contro il muro alle sue spalle e quando Izuku alzò la testa lo trovò ad un passo dal viso con un'espressione indecifrabile ad addolcire i tratti generalmente spigolosi.

«Mentre tu cosa?» chiese di nuovo.

«Non...non faccio altro che pensare a te», ammise alla fine Izuku abbassando la testa. «È frustrante, sei sempre lì in ogni cosa che faccio. Ed è così stupido, perché so già che non siamo ciò che cerchiamo. Ma non riesco a controllare questo bisogno di vederti. Sei un pazzo, Kacchan. Sei disperatamente pazzo, mi confondi e mi ecciti e non so come reagire a quello che fai. Hai quasi picchiato un ragazzo che ha solo chiesto di ballare con me, e per quanto fossi infuriato allo stesso tempo non riuscivo a non pensare a quanto mi esaltasse saperti in quello stato a causa mia. E stasera... non ce l'ho fatta, non ho retto alla cosa ed ho pensato di doverti parlare. E ti ho trovato qui, e tutto quello a cui riuscivo a pensare era al senso di panico che mi ha pervaso all'idea che ti succedesse qualcosa. Mi sono sentito come se fosse la mia stessa vita ad essere minacciata e non riesco a spiegarmi perché sta succedendo. E sto straparlando, cazzo.»

Non ebbe il coraggio di rialzare la testa, aveva troppa paura di incontrare il disappunto nei suoi occhi e non era sicuro di riuscire a reggere anche quello.
Aveva detto troppo, lo sentiva dal silenzio pesante e dalla gola che quasi pizzicava per quanto aveva mormorato.

Eppure, Katsuki non disse niente; si limitò a fare un passo avanti, poi lasciò scivolare le mani verso il basso per fare in modo che le dita si intrecciassero a quelle dell'altro.

«Te l'ho già detto, io sono un casino», mormorò con un tono di voce incredibilmente basso. «Rovino tutto, sempre, e forse per questo ho cercato con tutto me stesso di negare il fatto che dal giorno in cui hai messo piede in quell'officina ho smesso di capire dove finivo io e dove iniziavi tu.»

La testa di Izuku scattò come una molla, Katsuki era serio ed era palese quanto fosse difficile per lui esporre ad alta voce tutto quello che sentiva.

«Non so più come vivere le mie giornate serenamente senza che tu mi stravolga. Non riesco ad immaginare come potrebbe essere passare una sola ora senza te ormai. Non hai idea di come siano stati per me questi mesi senza sentirti. Da quel giorno al museo non ho fatto altro che pensare a te, a cosa stessi facendo, dove fossi e con chi. Non capisco cosa vuol dire, so solo che quando mi tocchi sento la pelle bruciare come se stessi andando a fuoco. Mi attraversi come l'elettricità, mi tieni vivo come legna sotto il fuoco. Non so spiegare il modo in cui sento di appartenerti e mi fa male chiedermi cosa voglia dire perché ho paura di svegliarmi domani e scoprire che sei solo l'ennesima illusione della felicità che cerco da anni e che non riesco a trovare. Quindi ti prego, aiutami perché credo che potrei impazzire.»

Izuku sollevò una mano appena tremante, la posò sulla guancia di Katsuki accarezzando il profilo marcato della mandibola ed il biondo sembrò rilassare la testa contro il suo palmo come se fosse esausto e rassegnato.

Ripensò ai mesi che avevano vissuto insieme, ai loro tira e molla, al rincorrersi e cadere continuo. 
Ripensò al modo in cui lo faceva sentire, al senso di vuoto quando non parlavano, alle urla che aveva nascosto affondando la testa sul cuscino, alla sensazione di calore quando lui lo toccava.
E poi ripensò alla festa, al cuore di Katsuki che gli batteva contro la schiena, alle loro mani, al volto trasfigurato dalla rabbia all'idea che ballasse con un altro.

Era così ovvio dall'inizio, quell'appartenersi, che ci aveva messo anche troppo ad accettarlo.

«E se smettessimo di cercare qualcosa che vive solo nella nostra testa, e ci concentrassimo su quello che abbiamo?» chiese mordendosi il labbro in cerca dei suoi occhi.

Katsuki sospirò quasi di sollievo posando la fronte contro la sua, una mano scivolò sul suo fianco come se avesse paura di sentirlo svanire.

«Sì, ti prego. Non posso continuare a picchiare le persone che ci provano con te.»

Izuku proruppe in una piccola risata e spostò le dita fresche sul suo collo prima di scuotere la testa.

«Lo sai anche tu che avrei scelto te mille volte.»

Il cuore di Katsuki perse un battito, si sentiva inerme di fronte alla spontaneità di quegli occhi color erba bagnata.

«Sceglimi adesso», mormorò sfiorando il naso col suo. Izuku si limitò ad annuire e finalmente, come se fosse la cosa più spontanea al mondo, eliminarono la distanza tra le loro labbra in un bacio che sapeva di attesa.

Avevano immaginato molte volte come sarebbe stato, ma nessuna fantasia avrebbe mai potuto prepararli all'esplosione di emozioni che li invase.

Katsuki strinse le braccia attorno alla vita del più piccolo, lo attirò a sé e morse appena il labbro inferiore di Izuku per fare in modo che lui le schiudesse lasciandogli libero accesso. Izuku sorrise ed accolse la lingua calda del biondo mentre con le braccia gli cingeva il collo ed infilava le dita tra i capelli corti alla base della nuca.

Si strinsero in un abbraccio che non aveva esitazioni; tutti i dubbi che li avevano assaliti in quei mesi erano svaniti come neve al sole e l'unica cosa a cui riuscivano a pensare era la sensazione di puro benessere che le loro mani donavano uno all'altro.

«Torni a casa con me?» Izuku alzò lo sguardo su di lui, Katsuki sentì chiaramente qualcosa muoversi nel suo basso ventre.

«Ho un'ultima corsa, poi sì. Anche perché dubito di poterti lasciare andare stasera.»

Il verdino storse il naso ed abbassò la testa.

«Che succede?»

«Non mi piace questa cosa delle corse. Ho paura, è pericoloso.»

Katsuki sorrise, per davvero. Non era un ghigno, né una smorfia tirata. Si sentiva importante per qualcuno e la cosa lo rendeva incredibilmente felice.

«Ti prometto che torno da te», mormorò alzandogli il viso con la mano per rubargli un altro bacio.

Izuku sorrise sulle sue labbra, non riusciva a farne a meno.

«Stai attento.»


Tornarono a casa un'ora dopo, ognuno con la propria macchina. Izuku passò l'intero viaggio ad imprecare mentalmente contro sé stesso per l'incoerenza che stava tirando fuori.

Da un lato, infatti, l'idea che Katsuki partecipasse a gare totalmente illegali lo mandava fuori di testa per la preoccupazione. Dall'altro, però, non riusciva a negare a sé stesso che vederlo scendere da quella macchina con i capelli in disordine e lo sguardo carico di adrenalina gli aveva fatto venire voglia di spogliarlo davanti a tutti e farlo suo senza preoccuparsi di niente.

«Cretino, cretino, cretino», sbottò cercando di calmare gli spiriti immaginando scenari poco eccitanti come il compleanno di sua nonna e un video di una famiglia di anatre che attraversano la strada che aveva visto su Youtube la sera prima.

Fu totalmente inutile, gli bastò alzare lo sguardo sullo specchietto retrovisore ed incrociare le iridi rosse di Bakugou dietro di lui per fargli dimenticare ogni buon proposito.

Parcheggiarono sotto casa e Izuku fece appena in tempo a scendere dalla macchina, Katsuki lo prese in braccio scatenando le risate del più piccolo che si aggrappò a lui colto alla sprovvista.

«Che fai?»

«Non lo so», il biondo abbozzò una risata e barcollò con lui fino al portone, Izuku gli diede le chiavi e si divertì a posare piccoli baci sul suo collo per distrarlo mentre l'altro cercava a fatica la chiave giusta.

«Che stronzo», sospirò avvertendo la lingua di Izuku vicino al lobo dell'orecchio e per poco non gli cadde tutto il mazzo dalle mani.

Riuscì ad aprire il portone dopo quelle che sembrarono ore, la porta di casa fu una prova ancora più dura perché Izuku aveva deciso di muovere il bacino contro di lui con uno sguardo che di innocente aveva davvero poco.

«Ti serve una mano?» sussurrò decisamente divertito. Per tutta risposta Katsuki ringhiò e una volta entrato in casa buttò a terra le chiavi. Sfilò le scarpe quasi inciampando, Deku rise e fece lo stesso ancora tra le sue braccia prima di fiondarsi sulle labbra del biondo.

Questa volta il bacio era più profondo, c'erano istinto e passione pura nel modo in cui si strapparono di dosso i vestiti e quando finalmente raggiunsero il letto Katsuki indossava solo un paio di boxer neri ed Izuku aveva i jeans slacciati e leggermente abbassati.

Si presero qualche secondo per guardarsi, si erano voluti tanto da temere fosse un sogno. Katsuki lo sovrastava, in ginocchio sul materasso, ed Izuku si sollevò appena alzando una mano per sfiorare il petto di Katsuki come se si aspettasse che le sue dita attraversassero il nulla. Invece, si ritrovò a seguire i solchi dei muscoli scolpiti, era come camminare lungo la strada che porta direttamente al paradiso e si interruppe solo quando raggiunse l'orlo dei boxer. A quel punto alzò lo sguardo, Katsuki era rimasto in silenzio e lo fissava con le labbra schiuse ed il respiro pesante. Si sentì pervadere da un senso di eccitazione all'idea che la sua reazione ed il rigonfiamento tra le sue gambe fossero causati dal semplice tocco delle sue dita.

La stanza si riempì di ansimi e piccoli gemiti, Izuku teneva le mani sui fianchi di Katsuki mentre l'altro faceva forza sugli addominali per non crollargli addosso.

Si scoprirono e si strinsero fino quasi a farsi male, intorno a loro esplosero mille colori ed Izuku si arrese a quel ragazzo che lo sovrastava e posava baci lungo la sua mandibola con una delicatezza che non pensava potesse appartenergli.

Graffiò involontariamente la sua pelle abbronzata, Katsuki affondò il viso nell'incavo del suo collo quasi volesse immergersi tra le lentiggini che scivolavano lungo le sue spalle come piccole stelle.
Non avevano fretta né urgenza, non c'era niente che li appagasse più della possibilità di respirare il profumo dell'altro. 
Per la prima volta in duemila anni, Izuku provò qualcosa che non fossero la solitudine o la più dolorosa delle disperazioni. 
Strinse gli occhi mentre Katsuki gli accarezzava la gamba per portarla a cingergli i fianchi, qualcosa dentro di loro scattò come una molla.

«Kacchan...?»

Quel soprannome, pronunciato dalla voce roca d'eccitazione di Izuku, fece rabbrividire Katsuki fino alla punta dei capelli. Chiuse gli occhi e sfiorò la sua pelle con la punta del naso.

«Mh...?» scivolò ad accarezzargli il mento fino a lasciare una scia di baci umidi lungo la curva morbida del suo collo; raggiunse la clavicola e baciò con dolcezza ogni stella che componeva la costellazione sulla pelle del ragazzo. Izuku inclinò la testa di lato stringendo le dita attorno alla stoffa delle lenzuola sotto di loro, gli occhi serrati e le labbra schiuse in ansimi muti.

«Kacchan, ti prego...»

Bastarono quelle poche parole e Katsuki cadde in un vortice da cui non riuscì più ad uscire. Si guardarono, il rosso ed il verde si fusero e poco dopo lo stesso fecero i loro corpi.

Izuku ansimava forte, si spingeva sotto di lui inarcando la schiena mentre le dita premevano sulle spalle di Katsuki lasciando segni rossi piuttosto evidenti. Il biondo affondava dentro di lui con la sensazione di non aver mai fatto l'amore nella sua vita, perché mai una volta prima di quel momento si era sentito così completo come con Izuku.

Si guardavano totalmente persi uno nell'altro, poi Katsuki abbassò la testa per lasciare un bacio leggero sulle sue labbra.

Un bacio che voleva dire mille cose, ed Izuku le accolse tutte insieme al suo corpo quando Bakugou gli crollò esausto tra le braccia.

Si sentiva stremato, eppure incredibilmente felice. Fissava il soffitto col petto che si alzava e si abbassava velocemente, le braccia si sollevarono a cingere le spalle larghe di Katsuki e prese ad accarezzargli dolcemente la pelle con le punte delle dita.

Il biondo aveva il viso affondato contro l'incavo del collo dell'altro, cingeva i fianchi di Izuku concentrandosi sul ritmo dei loro cuori che battevano vicini.

«A cosa pensi?»

Izuku ruppe il silenzio spostando la mano tra i suoi capelli, Katsuki aggrottò appena la fronte.

«Non lo so, sembra qualcosa di familiare», commentò con la voce assonnata.

«Come se fosse già successo?» il cuore di Izuku accelerò il ritmo. Katsuki ridacchiò scuotendo la testa ed alzando lo sguardo su di lui.

«Questo non è possibile», commentò posando un bacio leggero sulle sue labbra. «Me lo ricorderei.»

Tornò a stringerlo posando la testa sulla sua spalla, Izuku ridacchiò nervosamente ma non aggiunse altro. Si impose di lasciare fuori da quella piccola bolla di felicità ogni paura ed ogni tormento sui suoi sogni e sulla maledizione. C'erano solo loro, nient'altro, e quando sentì il respiro del biondo farsi più pesante si rese conto che si era addormentato, che lo aveva scelto come suo posto sicuro e che aveva capito che non gli sarebbe successo niente di brutto.

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