Snuff (Ran Haitani FF)

By cecinestpasunotaku

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«Roppongi. Era lì che, per molto tempo, lui aveva "regnato" indiscusso, padrone insieme a suo fratello Rindou... More

1. Ritorno
I. Primo incontro
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VIII. Inizio
9. Espiazione
IX. Febbraio
10. Argini
X. Strappo
11. Calvario
XI. Vergogna
12. Ricongiungimento
Introduzione all'atto finale
Atto finale - Scena prima
Atto finale - Scena seconda
Atto finale - Scena terza
Atto finale - Scena quarta
Atto finale - Scena quinta
Atto finale - Scena sesta
Atto finale - Scena settima
Epilogo
Ringraziamenti

IV. Romanticismo

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By cecinestpasunotaku

Venni a sapere dalle chiacchiere di corridoio che ad Halloween, nella vecchia discarica, era morto un ragazzo durante uno scontro tra due gruppi di delinquenti, la Vahlalla e la Tokyo Manji Gang.

Personalmente non sono mai riuscita, anche a distanza di tempo, a capire come una cosa del genere sia potuta succedere. Certo, a quasi diciotto anni, quando ripensi agli anni delle medie, provi solo un grandissimo imbarazzo, perché prendi consapevolezza di quanto fossi immaturo benché allora ti sentissi già grande, un adulto fatto e finito.
Ma un conto è avere degli atteggiamenti ancora infantili, un conto è picchiarsi a sangue e uccidere qualcuno. La prospettiva di nuove generazioni che, una dopo l'altra, avrebbero allargato i fronti di questi piccoli gruppi di teppisti non mi entusiasmava e, ogni volta che qualche amico mi chiedeva cosa pensassi di quanto successo in quella discarica, rispondevo sempre in maniera molto vaga: -Speriamo che sia una moda passeggera.-

È proprio vero che i tempi di una volta non ci sono più e che lo scarto tra generazioni si fa sempre più ampio e evidente: se mai avessi avuto un fratello e una cosa del genere fosse successa in casa mia, mia madre e mio padre non avrebbero esitato a punire un ragazzino che si fa artefice di simili azioni; oggi invece mi chiedo se esistano più dei genitori che possano definirsi tali, che educhino i giovani al rispetto delle regole e del prossimo.

*

Come mi aveva promesso, il martedì successivo Ran si presentò in aula per prendermi e portarmi via con lui dopo la riunione del club. Pur avendo provato a chiedergli nel dettaglio cosa fosse successo in quell'ultimo giorno di ottobre e cosa ci facesse lì, non ebbi mai una risposta. Anzi, ripensandoci, era molto difficile che lui rispondesse alle mie domande in generale e raccontasse qualcosa su di sé: a parte il fatto che abitasse a Roppongi e che la controllasse (anche se questo suo concetto di "governo" era poco chiaro a una come me, allora), non aveva mai scucito niente di più su di sé o sul suo passato.
Avevo provato a porgli qualche domanda sulla sua famiglia, ma ogni volta mi liquidava molto rapidamente dicendo che da mesi viveva da solo con suo fratello e stroncava così la conversazione sul nascere.

Quel giorno mi aveva portata a fare un giro al Roppongi Hills Mori Tower, un grattacielo fulcro del complesso urbano Roppongi Hills. Personalmente non ho mai subito il fascino delle metropoli in continua crescita, dove gli edifici fanno a gara a chi riesce ad innalzarsi di più e dove la parola "modernità" è un diktat.
Nonostante ciò, visitare con lui quei posti era sempre piacevole e ogni volta mi scoprivo interessata a come avremmo speso il pomeriggio insieme.

Di fatto, entrammo in alcuni negozi, prendemmo un caffè in un bar all'interno del plesso e parlammo del più e del meno. Provai allora, di nuovo, a fargli qualche domanda azzardata.
-Come mai passi il tuo tempo ad assistere alle risse?-
-Come mai continui a tornare sull'argomento?-
-Ho diritto di avere una risposta.-
-Domandare è lecito, rispondere è cortesia.-
-Non vedo cosa ti costi...!-
Non feci in tempo a concludere la frase che Ran, seduto davanti a me, batté con forza i pugni sul tavolino, facendo tintinnare le tazzine e attirando gli sguardi curiosi degli altri clienti del bar.
-Ci sono cose in cui non ti devi intromettere, Reiko-chan. Non è un mondo di cui fai parte e non ti potrebbe mai appartenere.- mi rispose con un tono molto duro.
Era la prima volta che si rivolgeva a me in questi termini. Anche quando mi aveva "minacciata" la prima volta che ci siamo conosciuti, non era stato così, perché allora le sue parole tradivano per lo più un certo vanto per la sua posizione nel quartiere di Roppongi.
Con la sua ultima frase, invece, aveva assunto un tono severo e perentorio, come se avessi toccato un nervo scoperto e ora cercasse di tenermi il più possibile alla larga da qualcosa che non avrebbe mai dovuto riguardarmi.

Ci alzammo, andando a pagare alla cassa senza parlarci, per poi avviarci verso l'uscita del centro commerciale.
Non avrei mai pensato che potesse assumere questo comportamento dopo avergli rivolto una semplice domanda. Avevo forse sbagliato qualcosa? Forse ho dato per scontato che ci fosse tra noi una certa confidenza che si era rivelata essere qualcosa a senso unico?
Nel mezzo di questi pensieri, la mia attenzione fu attirata da un piccolo stand all'ingresso del plesso: vi erano raccolte brochure di vari eventi, come aperture di nuovi negozi, uscite settimanali delle sale cinematografiche di Tokyo e tanto altro. Il mio occhio, però, si soffermò su uno solo di questi: un volantino indicante l'allestimento, a partire dalla settimana successiva, di una mostra temporanea sul Romanticismo europeo al Museo nazionale d'arte occidentale.
Non pensate male: ci ero già stata molte volte in precedenza per osservare i quadri della collezione permanente, ma questa volta la struttura museale avrebbe accolto opere da tanti musei esteri per mostrarle per la prima volta, tutte insieme, nella terra del Sol Levante.
Rimasi imbambolata per almeno cinque minuti su quel foglio, per accorgermi di Ran solo quando, fattosi vicino, mi chiese che cosa avessi in mano.
Come gli mostrai quel piccolo volantino con gli occhi pieni di gioia e di entusiasmo, rispose atono con un semplice "Capito", per poi invitarmi ad uscire dal centro commerciale per tornare a casa.
Beh, non potei di certo pretendere che fosse emozionato quanto me, per cui lo seguii, salimmo in moto e mi riaccompagnò a casa, concludendo con un semplice saluto il nostro incontro pomeridiano.

*

La settimana passò più in fretta di quanto pensassi. Ancora, continuavo a pensare a quella mostra, sperando di poterci andare prima o poi, e al mio "appuntamento" con Ran della scorsa settimana. Mi augurai che, essendo arrivato il "nostro" martedì, le cose potessero andare meglio dell'ultima volta, ripristinando quella serenità che temetti si fosse minata definitivamente.

Con mia grande sorpresa, il ragazzo arrivò prima che iniziasse l'attività del mio club, per ordinarmi di seguirlo immediatamente. Uscii dalla classe tra le proteste generali delle mie amiche, che considerarono questa sua comparsa inammissibile. Dovemmo annullare l'incontro di quel pomeriggio e, mentre le ragazze decisero di rientrare a casa prima dell'orario previsto, mi feci accompagnare dal ragazzo nel luogo da lui scelto per quel giorno.
Mentre sfrecciavamo per le strade di Tokyo, intuii la possibile destinazione, ma aspettai di confermare la mia ipotesi una volta arrivati, non credendo che potesse essere vero.
Dopo circa mezz'ora, i miei sospetti si rivelarono corretti: il Museo nazionale d'arte occidentale si stagliava davanti a me in tutta la sua grandezza. Non potei crederci sul momento, le gambe mi tremavano dalla gioia e non mi capacitavo del fatto che mi avesse portata proprio lì.

Voltai lo sguardo verso Ran, che ancora guardava l'edificio, e gli chiesi: -Perché?-
-Non volevi essere qui?-
-No, no, mi hai fraintesa. Perché hai scelto di venire qui? Non è il tuo genere di posto...-
-Dovevo farmi perdonare per come mi sono comportato la scorsa settimana. Anche se il mondo dell'arte non mi appartiene, so che è il tuo posto sicuro e pensavo che ti facesse piacere.-
Tacqui, soppesando le sue parole e riflettendo, ancora, sul fatto che lui non mi avrebbe comunque permesso di scavare più a fondo su di lui, ma alla fine la mia euforia ebbe la meglio su questi dubbi.
-Se non vuoi, possiamo andare da qualche altra parte...-
-No, tranquillo. Qui è perfetto.- gli risposi rivolgendogli un sorriso a trentadue denti.
Mi sorrise di rimando, per poi avviarsi al mio seguito verso l'ingresso del museo.

Con mio ulteriore sgomento, vidi che aveva già provveduto a comprare i biglietti, per cui potemmo accedere direttamente alla mostra.
Camminare per quelle sale, in mezzo a quei tesori inestimabili, era qualcosa di estremamente elettrizzante: il miglior repertorio artistico francese, inglese, italiano e tedesco era radunato lì.
La zattera della Medusa, il Ciclo degli alienati mentali, Il viandante sul mare di nebbia, Il naufragio, Chiaro di luna sul mare, La barca di Dante.
Erano tutti lì. Quelle tele che fino ad allora avevo visto solo stampate su carta lucida nei miei manuali, erano fisicamente presenti in tutta la loro maestosità.
Mi divertivo, di tanto in tanto, a raccontare aneddoti sugli artisti e sulle opere al mio accompagnatore, riempiendolo di nozioni che avrebbe sicuramente dimenticato in poco tempo e forse annoiandolo, ma nonostante ciò intuii che per lui fosse gratificante e soddisfacente vedermi al settimo cielo.
Indugiai particolarmente su quello che è sempre stato il mio quadro preferito: Il bacio di Francesco Hayez.

Rimasi così intenta a contemplare la tela in un reverenziale silenzio, che se non fosse stato per Ran non mi sarei mai ripresa da quello stato di trance.
-Ti sta piacendo la mostra?-
-Sì, molto.- risposi con un fil di voce, osservando ancora l'opera davanti a me.
-È italiano.-
-Sì.-
-Perché ti piace tanto?-
Non fui mai così felice di rispondere ad una domanda del genere, a suo rischio e pericolo.
-Vedi, apparentemente potrebbe sembrare una semplice scena di due amanti, immersi in un mondo medievale, che si stanno scambiando un appassionante e sensuale bacio. In realtà, questa semplice effusione non ha nulla di tranquillo: l'uomo ha il piede che poggia su un gradino, lì in basso a destra, vedi? Come se dovesse subito scappare. Quindi non è una semplice scena romantica: trapela del nervosismo, lui sembra pronto ad un'imminente dipartita e questo fa assumere al quadro un tono del tutto diverso. Non è un momento di esplosione della passione, ma uno straziante commiato. Si riesce quasi a sentire il dolore della partenza imminente e la nostalgia che la fanciulla proverà, quasi certa di non poter sperare nel ritorno del suo amato...-

Man mano che parlavo, la mia voce si affievoliva sempre più mentre sentivo la mano di Ran, di fianco a me, cercare timidamente la mia.
Decisa, seppur dopo aver attraversato pochi, carichi secondi di incertezza, la afferrai, intrecciando le nostre dita; la sua mano era morbida, proprio come mi era parsa due settimane prima, quando lo avevo medicato e bendato.
Mi voltai nella sua direzione, sorridendo e ricevendo un sorriso di ricambio, e notai che mi guardava più intensamente del solito.
Ricordate quando vi parlai di quel guizzo ogni volta che mi salutava, dopo avermi riportata a casa una volta conclusi i nostri pomeriggi?
Se la luce che i suoi occhi emanavano in quella situazione era appena percettibile, quel giorno era qualcosa di distinguibile anche per chiunque ci stesse intorno.

Rimasi ferma sul mio posto, concentrandomi su quelle iridi viola che, pian piano, si avvicinarono sempre di più, creando in me una sensazione mista tra la vertigine e l'adrenalina.
Le punte dei nostri nasi si sfiorarono, facendomi sentire la lieve freschezza della sua pelle a cui fece da contraltare il calore del suo respiro.
Furono secondi che durarono minuti, prima che le sue labbra sottili, ma morbide e lisce al tatto, si posassero sulle mie. Anche questi istanti parvero eterni, catapultandomi in un universo fatto di dolcezza e armonia.
Sembrava che quel contatto dovesse durare all'infinito, diventando immortale proprio come quello della coppia che, sulla tela di fronte a noi, faceva eco al nostro stretto abbraccio.

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