Il giovane McWoodland - 1. Il...

By CactusdiFuoco

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Scegliere un Ministro Oscuro, il giudice guerriero che ha il compito di mantenere la pace fra le creature del... More

Prologo
1. Il ragazzo con la cagna stupida
2. Apprendista becchino
3. Il becchino matto
4. Scelto dagli spiriti

5. Giù nelle ombre

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By CactusdiFuoco


Mark non aveva raccontato neppure a Paul Grimm quell'episodio in cui suo padre lo aveva quasi ucciso frustandolo con una cintura; «Non mi è più successo» aveva detto soltanto «Crescendo ho perso la mia affinità con la natura. Non ero buono a fare lo sciamano, quindi non ho imparato».

Il becchino si era massaggiato le tempie con aria esasperata.

«Una linea secondaria... e per giunta un ragazzo maschio, non-istruito e quasi non-magico».

Mark aggrottò le sopracciglia. Paul si aspettava che lui fosse "magico"? E perché? E soprattutto, perché sembrava seccato dal fatto che lui fosse un "ragazzo maschio"? Esistevano anche i ragazzi femmina?

«C'è un sacco di lavoro da fare con te!» Paul gli poggiò una mano aperta sul petto «E non è neanche detto che ne possa uscire fuori un Ministro Oscuro decente»

«Un Ministro Oscuro, signore?»
«Sì, un Ministro Oscuro» il becchino gli rivolse un sogghigno nauseato «Senti dentro di te qualcosa che si affloscia e avvizzisce di paura, quando lo dico? Ministro Oscuro».

Ora che ci faceva caso, Mark percepiva qualcosa: era come un ricordo, più che una sensazione, che sguazzava sul fondo della sua mente e lo pungeva. I ricordi erano suoni, luci, colori, ma questo non aveva luce, aveva l'odore del muschio e suonava come l'organo di una chiesa durante un funerale. Cos'era?

«Proprio così» Continuò Paul, socchiudendo le palpebre «Lo sento, il tuo cuore: in te c'è questo atavico timore, lo stesso di tutte le creature oscure, di essere in ogni momento visti e giudicati dal Ministro»

«Non parliamo... di un politico, vero? » chiese sottovoce Mark, sperando che Paul spostasse finalmente la mano pallida e grassoccia dal suo petto, contro cui invece stava premendo sempre più forte

«Certo che no! Non parliamo di politica. E normalmente non mi sarei azzardato a farti il suo nome il primo giorno, ma come mi hai già ampiamente dimostrato siamo troppo indietro sulla tabella di marcia»

«Quale tabella di marcia, signore?»

«Il mondo ha bisogno di un Ministro Oscuro: deve essercene sempre uno attivo. E invece ora non c'è, il posto è scoperto, il mondo è indifeso nelle grinfie del lato luminoso. TU!» gli strillò in faccia Paul «Tu, inutile ammasso di tendini, ciccia, capelli e barba sfatta, diventerai il nuovo Ministro Oscuro».

Mark rimase in silenzio, le sopracciglia aggrottate. Davvero il tizio obeso lo aveva apostrofato "ammasso di ciccia"?

«Non mi fai la domanda?» Incalzò Paul «Sei proprio stupido, eh, ragazzo...»
«Cos'è un Ministro Oscuro?» chiese Mark, sperando che fosse la domanda giusta

«Ora rilassa le gambe, ragazzo» ordinò il becchino.

Era una strana richiesta, ma Mark obbedì: si piegò un po' sulle ginocchia, rilassando i muscoli che fino ad ora lo avevano mantenuto perfettamente dritto. Paul gli diede uno spintone con la mano aperta sul petto e la sua forza fu terribile, irresistibile.

Mark cadde all'indietro, preparandosi ad un impatto che non avvenne: il suo corpo discese oltre il pavimento, passando attraverso la sua stessa ombra come se fosse acqua. Il ragazzo trattenne il fiato e credette di annegare mentre l'oscurità lo avvolgeva come un bozzolo, ma durò solo un istante e lui si ritrovò seduto per terra, ansimante e con il cuore in gola. Cosa era successo? Perché era al punto di partenza, aveva avuto le allucinazioni?

E anche Paul che usciva dal pavimento di pietra, emergendo come fuori da uno specchio d'acqua, era un'allucinazione? Il becchino venne fuori tutto tranquillo e rimase per un po' a guardarlo dall'alto, fermo, tale e e quale ad un grosso fungo nero e velenoso cresciuto in un attimo.

«Tirati su, ragazzo. Non si può guardare un Ministro Oscuro che se ne sta con il culo a terra a fissarmi a quel modo».

Mark si rialzò in fretta e si guardò intorno. Sembrava che si trovassero ancora nel laboratorio, ma al contempo la sala aveva un aspetto completamente diverso: le pareti erano tutte segnate da intricati decori neri che pulsavamo debolmente come se fossero composti di cordoni di corpi di sanguisughe, il lampadario di cristallo era fiocamente illuminato da quelli che sembravano decine di fuochi fatui minuscoli e azzurrognoli, per terra il pentacolo che nella "versione" precedente della stanza era stato blu, ora era nero e tremolante e sopra al mazzo di vecchi fiori accanto al pentacolo si affollavano creaturine lunghe pochi centimetri dall'aspetto di piccoli polpi con le antenne.

«È una specie di... aldilà?» Commentò Mark

«Sì e no. Siamo al di là di qualcosa, ma siamo tutt'altro che morti, ragazzo»

«Non penso affatto che siamo morti. Abbiamo attraversato il Velo, credo».

Paul rise forte e Mark sobbalzò, irritato. La stanza amplificava quel suono stridulo in maniera alquanto sgradevole.

«Il Velo! Bravo ragazzo!» Esclamò il becchino «Ora si inizia a ragionare! Cos'è il Velo?»

«È una... una...» Mark si guardò le mani, alla ricerca della definizione di qualcosa che aveva solo sentito nominare, ma di cui non conosceva né la vera natura né il meccanismo di funzionamento

«Oh, andiamo! Avevi cominciato bene!»

«Non so spiegarlo»

«Se questo è il prossimo Ministro Oscuro io sono una bellissima farfalla...»

«È come un limite, no? Un... un limite fra il mondo delle persone e... e...»

«Il mondo delle persone? Hai davvero detto "il mondo delle persone"?»

«... E il mondo degli spiriti»

«Sì! Sì, bravo! Cioè no, non è così, non è un limite e il "mondo delle persone" non esiste, ma almeno gli spiriti li hai azzeccati! Hai visto che bello, significa che hai più di due neuroni che sbattono felici nello spazio della tua gigantesca scatola cranica!».

Mark arrossì e si infilò le mani in tasca.

«Il Velo non è un limite ed è composto da innumerevoli strati. Ogni strato del velo che scosti, che attraversi, ti porta più in basso, verso il cuore dell'Umbra, che è il reame spirituale, quello in cui prospera e vive la magia di tutte le cose. So che è complicato per una persona che ha solo tre o quattro neuroni, ma impegnati a seguirmi, va bene?» spiegò Paul

«Ho capito» disse seccamente Mark

«Wow! Hai capito! Ti darò... una stellina!» il becchino estrasse una piccola stelletta dorata adesiva e la appiccicò sul petto del ragazzo «Ora, da bravo, spiegami tu cos'è questo posto. A parole tue. Senza fretta».

Mark chiuse gli occhi, inspirando a fondo. Nei suoi polmoni entrò aria fredda e l'odore misto, variegato, ricco di tutte le cose nella stanza.

«Questo è l'Umbra» Disse il giovane McWoodland «Si accede ad essa attraversando il Velo, uno degli strati di consapevolezza che nascondono agli occhi degli umani il reame spirituale. È come... come il mondo fisico, quello delle cose, ma... ma qui si può vedere la magia delle cose».

Ci fu un istante di silenzio. Mark riaprì gli occhi per vedere un Paul che lo osservava con un'espressione divisa tra l'incredulo e l'ironico, una delle spesse sopracciglia nere sollevate.

«Hai detto "cose" un po' troppe volte, ma la definizione era proprio buona» Gli concesse il becchino «Il resto era a posto. Te la sei proprio guadagnata, la tua stellina»

«Grazie» bofonchiò il giovane McWoodland, resistendo all'impulso di strapparsi via il piccolo adesivo dal petto per lanciarlo in faccia a Paul.

D'improvviso, qualcosa entrò nella stanza. A prima vista sembrava una piccola nuvola grigiolina e sfrangiata, ma ad una seconda occhiata somigliava di più ad un cane di taglia media magro e felice, fatto di fumo.

«Un cane!» Esclamò Mark, abbassandosi immediatamente verso di lui «È così che sono fatti i loro spiriti?»

«Solo dopo la morte e solo se sai preservarli» spiegò Paul.

Il cane fumoso si era messo ad annusare le mani del giovane McWoodland, scodinzolando e guardandolo con i suoi grandi occhi lattiginosi da cadavere. Sembrava un incrocio tra un levriero e uno schnauzer, con le zampe lunghe e secche e la frangetta ispida sugli occhi, ma ritratto in un'illustrazione ad acquerello che era stata lasciata troppo tempo a mollo nell'acqua prima di prendere vita.

«Di solito la gente che vedo uno shadowhound, un mastino d'ombra, non reagisce come te» Commentò il becchino «Ma credo che a te piacciano molto i cani, non è così?».

Mark non rispose: era ovvio che i cani gli piacessero molto, visto che Paul Grimm lo aveva costretto a lavorare per lui minacciandolo di affogare i cuccioli di Big Buff.

«Quello un giorno potrebbe diventare tuo» Aggiunse il becchino «Se sopravvivi al processo per diventare un Ministro Oscuro»

«Va bene» rispose solamente Mark

«Non sei spaventato? Neanche un po'?»

«È un bravo cane»

«Non del cane, ragazzo! No, intendevo dell'addestramento che potrebbe ucciderti».

Il giovane McWoodland si chiese se il signor Grimm non fosse, sotto sotto, un idiota. Certo che aveva paura di un addestramento che avrebbe potuto ucciderlo, ma che cosa doveva mettersi a fare, strillare e svenire? Un uomo non strillava e sveniva, un vero uomo sopportava. In silenzio. Anche se, pensandoci meglio, il signor Grimm non era un idiota, ma piuttosto un sadico che voleva metterlo in imbarazzo e sentirsi dire da lui che aveva paura.

«No» Disse ad alta voce il giovane McWoodland, rimettendosi in piedi

«No?» gli fece eco Paul, perplesso

«Non ho paura»

«Non hai paura perché non sai ancora cosa ti aspetta...»

«Quindi devo avere paura per forza?».

Il mastino d'ombra si mise a girare in tondo attorno alle gambe di Mark, scodinzolando e lasciando dietro di sé una scia sfocata che si dissolveva in pochi istanti. Paul annusò l'aria in direzione del ragazzo, chiudendo gli occhi.

«Odori di paura, Mark» Gli disse, con un sorrisetto

«D'accordo...» concesse McWoodland, parlando a bassissima voce

«Ma non è una paura forte, seria, di quelle che fanno tremare le gambe... è un'ansietta direi, leggera leggera. Davvero tu non hai paura di morire!»

«Tutti moriamo» Mark si strinse nelle spalle «Se è come dormire...»

«Non è come dormire, ragazzo! Non è affatto come dormire»

«Senza offesa... ma che ne sai?».

Paul gli si avvicinò di nuovo, si mise sulle punte dei piedi, lo afferrò per le spalle e lo spinse con forza verso il basso. Mark si sentì sprofondare e guardò giù: le sue scarpe venivano inghiottite dal pavimento. Anche il becchino stava scendendo insieme a lui, risucchiato come da una forza invisibile. Il giovane McWoodland si ritrovò immerso fino alla vita, fino alle spalle, fino alla testa... e poi vide di nuovo la stanza, identica se non per la luminosità che si era fatta più fioca e faceva risaltare come gioielli i fuochi fatui nel lampadario.

«Siamo scesi in uno strato un po' più profondo dell'Umbra» Disse Paul «Il secondo».

La sua voce era cambiata: aveva qualcosa di metallico e una sorta di eco leggera e distorta la faceva rimbombare. Mark trattenne a stento un verso di sorpresa quando notò che anche l'aspetto di quell'uomo era cambiato: era diventato più alto ancora, tanto che quasi poteva guardarlo negli occhi, ed era come se un velo grigio e traslucido lo ricoprisse per intero, dalla cima della testa alla punta delle lucide scarpe.

«Più scendiamo nell'Umbra, uno strato dopo l'altro, più il nostro vero io, l'aspetto della nostra anima, diventa visibile» Spiegò Paul

«Io sembro diverso?» domandò Mark, per poi serrare immediatamente le labbra. Cosa era successo alla sua voce? Era cambiata, anche se di molto poco. Al giovane McWoodland sfuggivano i dettagli, ma trovava inquietante il suono che era uscito dalla sua bocca.

«Sembri più idiota» Rispose Paul, un po' preoccupato «E non lo dico per prenderti in giro, faccio sul serio. Il tuo spirito è bloccato e ferito e sei un po' più piccolo di come ti vediamo nel mondo materiale».

Ah, quindi non era stato il becchino a crescere, ma lui a diventare più piccolo! Comunque non era una cosa gradevole.

«Dovremo sbloccarti prima di farti usare la magia, altrimenti con l'aura che ti ritrovi rischi di non poter competere neanche con una gallina!»

«Sbloccarmi?»

«Sì. Ti si è pure mezzo chiuso il terzo occhio, mannaggia» Paul strinse le palpebre, guardando Mark da una sottile apertura «Tu stai così con quel terzo occhio, come uno scemo»

«Ho tre occhi?» domandò Mark, che trovava l'idea molto buffa

«Sì. Altrimenti questo addestramento sarebbe del tutto inutile con te e dovrei scegliere un altro scemo che però ha un terzo occhio»

«Ah. E come è fatto questo...»

«Così, guarda!».

Paul si scostò di scatto la frangetta e mise a nudo quello che sembrava il disegno o il tatuaggio di un occhio, proprio nel mezzo della sua fronte. La pupilla sembrava però un buco, un pozzo scavato a fondo nella carne per arrivare probabilmente fino al cervello. Per molti sarebbe stato un tatuaggio complesso, un trompe-l'oeil, ma Mark sapeva che non era così perché lo aveva appena visto muoversi, puntandosi su di lui in maniera autonoma rispetto agli altri due occhi di Paul.

«E io ne ho uno uguale?» Sussurrò il giovane McWoodland

«No» Paul rise, ricoprendosi il terzo occhio con la frangia e ri-assottigliando gli occhi «Il tuo sta così, tutto timido, mezzo chiuso, ed è chiaro che non vuoi vedere»

«Io voglio...»

«Oh, stai zitto! Poi te lo apro io e vedrai che differenza! Il mondo ha tutto un altro colore quando hai tutti gli occhi aperti»

«Quindi è per questo che mi vuoi? Perché ho un terzo occhio?»

«Non essere ridicolo, ragazzo! Tutti hanno un terzo occhio, dallo spazzino immigrato ad Elvis Presley. La differenza è che alcuni nascono con l'occhio aperto e altri invece ce l'hanno chiuso. Chi, come te o me, nasce con il terzo occhio aperto sarà più tollerante verso le stranezze del mondo magico, se vogliamo chiamarle così, rispetto a chi nasce con il terzo occhio chiuso e non viene mai... come dire... a contatto, sì, con quello che c'è dietro il Velo. Se ad una persona adulta, che ha tenuto il terzo occhio chiuso per tutta la vita fino a quel momento, lo aprissimo all'improvviso sarebbe uno shock!»

«È possibile aprire il terzo occhio a chi è nato... con... con l'occhio chiuso?»

«Certo che sì! Se ce l'hanno si può aprire, sennò a che serve? A volte si apre persino in maniera spontanea. Capita, quando subiscono certi traumi...».

Mark si chiese cosa sarebbe successo se avessero aperto il terzo occhio di suo padre, permettendogli di vedere la magia... avrebbe mai chiesto scusa per quello che gli aveva fatto? O magari se ne era dimenticato, così come si dimenticava di lui tutte le volte in cui aveva bisogno di qualcosa.

«Dea grande, ragazzo!» Esclamò Paul, sorpreso «La tua aura è un disastro! A cosa stai pensando?»

«Niente» Mark si riscosse «Solo... cose mie»

«Cose tue che rischiamo di rovinarti l'aura! Quindi queste "cose tue" sono anche cose mie... ehi, mi stai ascoltando? Lascia stare il cane! Seduto Harvey, seduto! Mi hai capito, Mark?»

«Eh, no...» borbottò il giovane, seccato perché il mastino d'ombra si era allontanato da lui e seduto in un angolo

«Ah! Ti ammazzerei! Devi dirmi cosa ti passa per la testa, ragazzo, dobbiamo risolvere questo tuo problema che ti sta influendo sull'aura»

«Non c'è nessun problema» mentì Mark

«Posso letteralmente vedere le tue bugie a questo livello dell'Umbra, lo sai?»

«Ok»

«Ok?! Qual è il tuo problema?»

«Tu sei il mio problema»

«Sii serio, per favore! Che cosa ti passava per la testa prima?»

«Perché mi hai portato qui?» replicò Mark, veemente, avanzando verso Paul con cipiglio minaccioso «Solo per prendermi in giro? Chi sei tu, che ne sai di com'è morire? Che cos'è un Ministro Oscuro?».

Il becchino era indietreggiato fino a toccare con le spalle una delle bare di legno addossate alle pareti; tuttavia non sembrava intimidito, sogghignava.

«Questo!» Esclamò «Questo è quello che un Ministro Oscuro farebbe!»

«Cosa diavolo è un Ministro Oscuro?» domandò ancora Mark, esasperato

«Questo un po' di meno...»

«Ma cosa è un–»

«D'accordo! Ascolta. Apri bene le tue orecchiette arrossate. Vedi tutto questo? Vedi l'Umbra e le sue creature? Essa è regolata da equilibri e meccanismi delicati, da un equilibrio ineffabile fra gli elementi della luce e delle tenebre, senza cui tutta la vita avvizzirebbe irreparabilmente. Questi equilibri, questi giochi di potere, sono garantiti da due entità, due guerrieri che hanno il compito di rappresentare e proteggere due ministeri opposti. Uno di loro, il Ministro Luminoso, rappresenta il Ministero della Luce, l'altro, il Ministro Oscuro, è il guerriero che rappresenta e protegge il Ministero dell'Oscurità» Paul prese un profondo respiro «Ci sei fino a qui?»

«Non colgo... i ministeri» borbottò Mark

«Sai cos'è un ministero? Uno normale»

«Sì»

«La stessa cosa, più o meno: compiti amministrativi. Solo che invece di amministrare una chiesa o l'agricoltura o lo sport, fanno leggi che proteggono o condannano le creature dell'Umbra»

«Ok, ci sono. Ma sono ministeri composti da persone?»

«No, da cani di ombra con fiocchetti in testa. Certo che sì! Ovviamente sono composti da persone, che vuoi che ci governi, delle scimmie ammaestrate?»

«Non lo so. Pensavo delle creature diverse... degli spiriti...»

«Non riesco ancora a capire come tu possa credere così facilmente negli spiriti e dire che i vampiri non esistono» sghignazzò Paul

«Sono cose completamente diverse» scandì Mark, roco

«Comunque sì, sono persone quelle che compongono i due ministeri. Tu sei una persona, vero? E tu potresti essere il futuro Ministro Oscuro. Potresti diventare il braccio armato del Ministero dell'Oscurità, giudice, esecutore e in buona parte amministratore»

«Giudice? Esecutore e... pensavo parlassimo di un ministro, non di un... boia»

«È la filosofia delle tenebre, piccolo Mark: chi giudica deve anche avere il coraggio di colpire»

«E se io non volessi giudicare nessuno? Se non me ne importasse niente?»

«Te ne importa già: è parte di te, giudicare. Quando avrai anche il potere, di certo agirai per il ben del Ministero» Paul gli posò una mano sulla spalla «È in te, Mark. Questo lo so: potrai non essere il ragazzo più intelligente del mondo, ma il tuo cuore è oscuro al punto giusto. Fidati: è un complimento».

Mark distolse lo sguardo. Come poteva un cuore oscuro essere un complimento? Eppure lui se ne sentiva lusingato. Paul gli stava mostrando un mondo nuovo, scoprendolo piano piano, e lui ci credeva. Lui voleva proteggerlo e già voleva bene al cane di fumo che lo guardava dall'angolo, alle piccole creature tentacolate che mangiavano i fiori per terra. Perché? Possibile che fosse davvero destinato a tutto questo? Il destino era qualcosa a cui era difficile credere, più che agli spiriti e ai vampiri, una cosa troppo enorme e inafferrabile, che poteva (non doveva) essere reale.

Paul si allontanò da lui di qualche passo, poi fischiò per attirare la sua attenzione.

«Vieni con me ragazzo. Ti mostrerò il tuo regno».

Mark lo seguì fuori dalla stanza, attraverso il corridoio segnato di complicati sigilli pulsanti disegnati sulle pareti e sul soffitto, un tunnel claustrofobico e vivente che pareva respirare, e poi fuori, in un mondo aperto e oscuro. Gli alberi sembravano enormi, le case come ristrette di fronte a tanta grandezza, e le fronde stormivano, parlavano con conversazioni lentissime, snocciolando fonemi che duravano minuti interi. Mark si fermò, cercando di capire le piante, sicuro di poterlo fare se gliene avessero lasciato il tempo.

«Ragazzo! Mark! Ragazzo, andiamo, cosa fai lì imbambolato...» Paul schioccò le dita

«Gli alberi...»

«Sì lo so, gli alberi parlano! Andiamo!» il becchino fece per riprendere il tratto quando ci pensò e ruotò su sé stesso «Aspetta... tu puoi sentirli? Capisci gli alberi?»

«No, non... non riesco, ma potrei provare se solo... insomma...»

«Riesci a sentirli?»

«Stanno... sì, li riesco a sentire. Riesco a sentire cosa dicono. Non è che stiano parlando davvero però...»

«Interessante. Davvero molto interessante. Adesso vieni con me, andiamo».

Attraversarono prati fioriti che sembravano animati da migliaia di lucciole e da fili d'erba fatti come lame, strade enormi e vuote la cui linea spartitraffico brillava vagamente in mezzo al catrame, spazi aperti di parcheggi grigi e lisci su cui aleggiavano spettri di figure umane e perse, e non si fermarono in nessuno di questi luoghi, attraversandoli come se passassero da una scena all'altra, da un fotogramma all'altro. Il mondo intero era ristretto, visto da quello strato dell'Umbra: una prospettiva geometrica nuova permetteva ai due di percorrere distanze lunghissime in qualche manciata di minuti.

«Gli spazi si accorciano, si comprimono nel regno spirituale» Spiegò Paul, attraversando un ponticello sospeso e traballante senza timore «Più in basso scendi fra i livelli dell'Umbra e più corte sono le distanze. Ci sono formule matematiche che regolano questo fenomeno, ma per ora ti basta sapere che è un ottimo modo per raggiungere in fretta qualsiasi posto tu desideri»

«Qualsiasi» fece Mark, sospettoso

«Qualsiasi. Non arriverai più in ritardo a scuola, se lo vorrai: entri nel reame spirituale a casa tua ed esci dietro la scuola, bam, sei in orario! Non mancherai più le prove del basket!»

«Sul serio?»

«Perché tutto questo sospetto, ragazzo? Non lo vedi che siamo praticamente in Florida? Guarda lì, il mare! Un intero stato attraversato in pochi minuti in piedi, non credi che sarà ancora più semplice raggiungere la tua scuola?»

«Non è questo...»

«E allora cos'è? Parla, ragazzo! Se non parli non posso mica capirti».

Mark si infilò le mani nelle tasche della felpa e si strinse un po' nelle spalle.

«Le persone non sanno dell'Umbra, no? E non sanno che esiste la magia»

«la maggior parte di loro non lo sanno, sì» Concesse Paul, beffardo

«Se mi vedessero comparire dal nulla cosa succederebbe? Ci sono delle regole, giusto? Non posso andarmene in giro a mostrare cosa so fare e aspettarmi che tutto vada liscio»

«Perché no?»

«Perché non ho mai visto nessuno farlo. È così, i maghi nascondono i loro poteri e la la loro vera identità»

«Ti stai confondendo con i supereroi, ragazzo» Paul emise una breve risata stridula «I supereroi nascondono la propria identità, i maghi no!»

«Ma la storia ci insegna che le streghe venivano bruciate sui roghi e...»

«Non erano vere streghe» lo interruppe Paul con un cenno della mano «Erano solo povere donne che se la cavavano ad usare le erbe, che non credevano a tutte le stupidaggini che gli venivano dette sull'Inferno e quelle robe lì. Le vere streghe non finivano sui roghi, ti sembra che qualcuno capace di entrare nel reame spirituale si possa fare acchiappare da quattro inquisitori ammuffiti che quando vedevano dei funghi cresciuti in cerchio credevano ci fosse stato un sabba?».

Mark non ne era molto convinto: sapeva che se Rodes Reagan, quel matto del suo compagno di scuola, avesse ottenuto il permesso di mettere le mani su una strega, prima o poi l'avrebbe acchiappata e ammazzata di botte. O peggio.

«Quindi...» Disse titubante «Dovrei farlo sapere? Dovrei far capire a tutti che sono un mago?»

«Primo: no» rispose Paul, scuotendo la tesa «Non dovresti farlo sapere. Essere un mago è come essere omosessuale da queste parti: puoi farlo intuire, è legale, ma solo un pazzo o qualcuno troppo potente andrebbe a dirlo in faccia alla gente. E poi, sia che tu sia un mago, sia che tu sia un omosessuale, non vedo perché tu debba spargere la voce... solo, sii quello che sei. E secondo: tu non sei un mago, sei un futuro stregone, che è diverso»

«Qual è la differenza?» chiese Mark, sinceramente interessato

«I maghi hanno un potenziale variabile, ma una connessione bassa, ovvero possono in teoria fare un mucchio di cose, ma devono studiare anni e anni perché gli spiriti e il mondo naturale, in generale, non collaborano con loro. Generalmente i maghi hanno anche il terzo occhio chiuso» Paul si picchiettò la fronte con un dito «Ed è molto raro che possano entrare nell'Umbra, mancano proprio di una connessione naturale con il mondo spirituale e usano solo la magia che filtra fino al mondo materiale. Le streghe sono un'altra cosa. Tu diventerai prima una strega e poi uno stregone»

«Una strega» Mark affondò ancora di più le mani nelle tasche «Perché? Le streghe non sono femmine?»

«No. Generalmente hanno un'aura femminile, animata dal principio oscuro, ma la parola "strega" va bene per tutti, maschietti e femminucce. Lo stesso vale per gli stregoni, che possono essere maschi o femmine»

«C'è... differenza? Fra streghe e stregoni?»

«Mi stai facendo perdere una vita di tempo! Devo mostrarti una cosa grandiosa, ora basta domande!».

Mark estrasse le mani dalle tasche con un gesto di stizza. Era stato Paul che aveva iniziato a spiegargli come funzionava viaggiare nel regno spirituale e ad incoraggiarlo a fare domande, e ora che faceva, non voleva rispondergli? E poi potevano anche parlare mentre camminavano, niente glielo vietava.

«Signor Grimm! Signor Grimm! Qual è la differenza tra streghe e stregoni?» Insistette il giovane McWoodland, arrancando dietro al becchino lungo un sentiero che attraversava una giungla di palme.

Il vento salato che veniva dal mare faceva stormire le fronde con un suono quasi rabbioso. E poi, all'improvviso, furono sulla spiaggia, di fronte all'oceano.

Mark non osò dire un'altra parola. L'Atlantico era una distesa immensa di tenebre dai riflessi blu che inghiottiva la luce del cielo e si frangeva pigramente contro la sabbia, brontolando cupo. C'era quel suono che proveniva da esso, un ronzio basso di minaccia, che sembrava dire "sono buono perché mi gira, ma se mi girasse in senso opposto potrei uccidervi tutti". Gli spazi avrebbero dovuto essere compressi, più piccoli, più intimi, ma allora perché l'oceano era così vasto, esteso e spaventoso?

In lontananza, sulla sua superficie d'inchiostro e nubi, si ergeva una cupola enorme fatta di luce lattescente che nascondeva la vaga sagoma di un'isola.

«Ti piace quella?» Ghignò Paul, indicando la cupola. Si era infilato con le scarpe a mollo e l'acqua salata e scura gli sciabordava intorno ai pantaloni, inzuppandoglieli.

«Cos'è?» Domandò Mark

«La terra dei draghi, Horn Blu Island. La barriera che vedi la rende invisibile dal mondo materiale, la nasconde dagli occhi di chiunque e impedisce a qualunque corpo estraneo di entrare se non si passa dalla porta ovviamente! Perché sì, c'è una porta»

«È lì che stiamo andando?»

«Neanche per sogno! A Horn Blu saresti solo un peso morto in una giungla di pericoli che vogliono bere il tuo sangue e mangiare i tuoi occhi. Capirebbero subito cosa sei destinato ad essere e ti farebbero sparire in un batter d'occhio! No. Dovremo lavorare un bel po' prima di andare fin lì. Adesso dammi la mano forza Mark!».

Il ragazzo guardò in basso, verso l'acqua che avanzava e si ritraeva, spianando la sabbia. Sembrava vetro tagliente.

«Non avrai paura del mare?» Ghignò Paul.

Mark aveva un po' di paura, ma non avrebbe lasciato che il becchino lo prendesse ancora in giro, così avanzò tendendo il braccio. L'acqua gli inzuppò le scarpe, filtrò attraverso il tessuto e bagnò la sua pelle. In quel momento Mark sentì una scarica di energia che gli risaliva i polpacci, ma non fu una cosa dolorosa, no... era come se la forza dell'oceano fluisse dentro di lui, il rumore delle onde nella sua testa come la canzone ammaliante di una sirena.

Paul strinse la mano di Mark.

«L'acqua è uno dei due elementi oscuri. Ci sceglie, ci chiama. E gli oceani sono l'espressione massima del potere elementale dell'acqua».

Mark respirò a fondo, lasciando che l'odore complesso e salino dell'Atlantico gli penetrasse in tesa, evocando visioni arcaiche di cose primitive che strisciavano sui fondali, che danzavano intorno a camini idrotermali, che mettevano le loro vite nelle mani del mare che le trasportava come gioielli attraverso una distesa blu.

«Quello che sto per farti vedere» Continuò Paul «Non è qualcosa che imparerai presto. Non potrai usarlo per viaggiare, perché c'è bisogno di essere amici dell'Oceano Atlantico e gli oceani, per loro natura, ci mettono molto tempo a fidarsi di te. Una vita almeno. Perciò non provarci mai da solo, d'accordo? Neanche quando sarai diventato molto bravo. Promettilo!»

«Ma io non so neanche cos'è che vuoi fare, io...»

«Promettilo!»

«Va bene. Va bene, lo prometto»

«Bravo ragazzo. Ora zitto e ascolta!».

Senza mai lasciare la mano di Mark, Paul cantò. La sua voce, che fino ad ora era suonata stridula e fastidiosa, si abbassò trasformandosi nel tono caldo e gradevole di un bravo baritono. Mark non riuscì a distinguere il linguaggio della canzone, ma dai suoi complessi suoni immaginò che si trattasse di qualcosa di antico. Gli si rizzarono i peli sulla nuca.

Intorno ai loro piedi l'acqua ribollì come dentro una pentola, le bolle e le piccole increspature che variavano di grandezza e intensità a seconda del canto di Paul.

Mark pensò che non sarebbe riuscito a replicare quel rituale neanche se avesse voluto, visto che non stava capendo una sola parola e, per aggiungere danno alla beffa, non sapeva neanche cantare.

L'acqua ribollente si mutò in frecce che si allargarono e allungarono in sei diverse direzioni, tutte a raggio intorno a loro, schizzarono veloci fino a diventare simili a lunghissime autostrade di acqua agitata e argentea di bollicine, strisce che spezzavano la superficie vetrosa e oscura del mare. Ora Mark e Paul erano in piedi nel centro da cui queste strane strade si dipartivano e la voce di Paul si rifece acuta nel cantare una parte in falsetto. Il becchino fece un passo in avanti, scegliendo una delle frecce-strade di bolle, e fu risucchiato sott'acqua da esse.

«Cosa–» Fece per dire Mark, ma anche lui fu tirato via dalla mano di Paul, giù nel ventre gelido dell'oceano.

Il mondo vorticò intorno a lui, sottosopra, e l'acqua lo investì come un muro. Il giovane McWoodland non riusciva a vedere nient'altro che bolle, fiocamente illuminate dai raggi del sole che filtravano fiocamente fin laggiù dall'alto. A che profondità si trovavano? Paul continuava a stringergli la mano, forte come una morsa d'acciaio. Le bolle si muovevano troppo veloce intorno a lui, una miriade di stelle in un universo scuro d'acqua... o era lui che si stava muovendo, trascinato da una forza irresistibile ed invisibile? Mark non riusciva a respirare, non poteva neppure aprire la bocca, ed era quasi certo che gli restassero pochi istanti di vita.

E poi tutto si fermò e Paul lo aiutò a rimettersi in piedi. Erano riemersi nei pressi di una spiaggia, circondata da rocce taglienti. Pioveva delicatamente ed era sera.

«Dove siamo? Cosa è successo?» Ansimò Mark, gli occhi strabuzzati

«L'Oceano Atlantico ci ha dato un passaggio» rispose Paul, sornione «Questa è Derrynane Beach, in Irlanda. Sì. Sì, se te lo stai chiedendo siamo arrivati in Europa. Siamo dall'altra parte del mondo. Ti chiedi perché siamo qui?».

Mark annuì solamente, guardandosi intorno alla ricerca di un indizio. Non c'erano impronte umane sulla sabbia, solo file di tracce di uccelli e una piccola baia deliziosa e incontaminata che li circondava. Dune di sabbia ricoperte di erba scendevano dolcemente fino alla spiaggia dorata illuminata dalla luna.

Paul lasciò andare la mano di Mark e gli fece segno di seguirlo fuori dall'acqua, passando in mezzo a due scogli scuri.

«Mi piace molto Derrynane Beach» Commentò «Forse è la mia spiaggia preferita d'Irlanda»

«Ci sta piovendo addosso» borbottò Mark

«Benvenuto in Irlanda, cowboy! Qui piove. Spesso. Quindi ti ci devi abituare»

«Perché devo abituarmi? Perché all'Irlanda?»

«Perché la sede del Ministero Oscuro è qui! Ehi, vieni verso di me, stai attento, ci sono correnti letali... se la gente non viene tanto qui è perché è un pessimo posto per fare il bagno»

«Ed è la tua spiaggia preferita?»

«Sissignore! Sono un becchino, quale dovrebbe essere la mia spiaggia preferita se non quella in cui ogni tanto muoiono una persona o due? Sai quanto lavoro mi ha dato negli anni, la bella Derrynane?»

«Lo dovevo immaginare».

Camminarono sulla spiaggia e sulle dune erbose. Luci rosse si levarono dai ciuffi di piante selvatiche e sciamarono attorno a Mark, arrivando a sfiorargli la schiena per poi ritrarsi, come se lo annusassero.

«Il piccolo popolo è curioso di te» Gli spiegò Paul «Sentono il tuo Sangue Oscuro, il dono della tua dinastia. Non ne hai molto a dire il vero, non sei parte del ramo puro della famiglia, ma loro lo sentono lo stesso...»

«Loro chi?» chiese imbronciato Mark

«Loro chi? Il piccolo popolo! Te l'ho già detto, non mi stavi ascoltando... aspetta! Aspetta aspetta aspetta!» Paul si fermò di scatto e si girò a guardare il giovane McWoodland dritto negli occhi «Non vorrai dirmi che non sai cos'è il piccolo popolo?! Ma sei per metà irlandese, che cavolo ti ha insegnato tuo padre?».

A disagio, Mark distolse lo sguardo. «Non lo so» Disse soltanto.

Paul si rigirò in avanti serrando i pugni e riprese a camminare, ma così in fretta che quasi correva.

«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» Domandò Mark, inseguendolo

«Tu sei sbagliato, ragazzo. Tu, tutto intero, sei sbagliato!» ringhiò Paul «E ora gambe in spalla, che abbiamo poco tempo per farti diventare giusto!»

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