Snuff (Ran Haitani FF)

By cecinestpasunotaku

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«Roppongi. Era lì che, per molto tempo, lui aveva "regnato" indiscusso, padrone insieme a suo fratello Rindou... More

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VIII. Inizio
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IX. Febbraio
10. Argini
X. Strappo
11. Calvario
XI. Vergogna
12. Ricongiungimento
Introduzione all'atto finale
Atto finale - Scena prima
Atto finale - Scena seconda
Atto finale - Scena terza
Atto finale - Scena quarta
Atto finale - Scena quinta
Atto finale - Scena sesta
Atto finale - Scena settima
Epilogo
Ringraziamenti

II. Surrealismo

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By cecinestpasunotaku

-EH?! Ma stai bene, vero?! Sei sicura che non sia successo niente?!- disse Megumi saltando sulla sedia.

Ovviamente, quando mi ritrovai con le mie amiche a scuola lunedì mattina, mi chiesero come avessi fatto a tornare a casa. Non glielo avessi mai detto.

-Abbassa la voce, dannazione. Non voglio ritrovarmi a dover raccontare questa storia a tutta la classe.-

-Un criminale. La mia amica in moto con un criminale. Poteva portarti a casa sua e tenerti prigioniera! Poteva abusare di te! Poteva ucciderti!-

Megumi continuava a ripetere tra sé e sé queste frasi come una sorta di cantilena, mentre Rika cercava di consolarla e la invitava ad essere meno melodrammatica.

-Non sarebbe successo, se voi mi aveste aspettata.-

-Scusaci ancora Reiko, ma se avessimo perso l'autobus non saremmo riuscite a tornare a casa...- mi rispose Mei con tono dispiaciuto abbassando il capo.

-Lo so e valeva lo stesso per me. Non voglio addossarvi alcuna colpa per esservene andate senza di me, ma cercate di capirmi: aspettare un'ora la prossima corsa non era conveniente e tornare a piedi sarebbe stato anche pericoloso. Ho dovuto scegliere il male minore. In ogni caso, credo sia meglio metterci una pietra sopra: l'importante è che non sia successo niente di grave.-

Per il resto della giornata e della settimana, non sfiorammo più l'argomento. Le giornate si susseguivano l'una dietro l'altra come se niente fosse, tra compiti in classe e attività scolastiche. Quel sabato decidemmo di evitare Roppongi, optando invece per una serata a casa di Rika, i cui genitori erano andati fuori città tutto il fine settimana per il loro anniversario di matrimonio. Tutto sembrava procedere come se niente fosse successo, almeno fino al martedì della settimana seguente.

Io e le ragazze ci eravamo fermate in classe oltre l'orario scolastico per l'attività del nostro club di arte, i cui componenti eravamo solo noi quattro. Non avevo potuto non coinvolgere le mie migliori amiche nella mia più grande passione, quindi una volta a settimana ci fermavamo a scuola per parlare delle nuove mostre in programma a Tokyo e dei nostri quadri e artisti preferiti.

Stavamo parlando di una nuova esposizione quel giorno, quando qualcuno aprì la porta della nostra classe senza curarsi nemmeno di bussare. Girai lo sguardo verso il nuovo arrivato e, appena lo vidi, un brivido attraversò la mia schiena.

-È questa la classe di Misaki Reiko?-

Era il ragazzo che avevo incontrato all'ESPRIT TOKYO due settimane prima e che mi aveva riportata a casa, Ran Haitani. Come faceva a sapere quale fosse la mia scuola? Non vive a Roppongi lui?

Megumi, non appena lo riconobbe, chinò il capo guardandosi le mani, sperando di non doverci avere a che fare; Rika guardava la scena in silenzio, trattenendo il fiato; solo Mei non si scompose minimamente e guardò in direzione dell'intruso.

-Allora è questa la tua scuola! Ti ho trovata finalmente!- disse il ragazzo, avanzando verso di me con un sorriso stampato in faccia e con molta calma, come se quella situazione fosse del tutto normale.

Notai solo dopo, dietro di lui, un'altra figura: era più basso di lui, con i capelli biondi corti in cui si alternavano alcune ciocche azzurre, e indossava gli occhiali. All'inizio pensai che fosse un suo tirapiedi, ma quando i due furono a meno di un metro da noi quattro, vidi che aveva gli stessi occhi viola del suo compagno.

"Nessuno si mette contro uno dei fratelli Haitani."

Dedussi che fosse suo fratello minore, quello con cui era venuto in discoteca la prima volta che ci siamo visti.

-Come hai fatto a scoprire dove studio?- chiesi quasi in un sussurro.

-Ho le mie fonti di informazioni.- rispose Ran quasi ridendo. Io, dal canto mio, non trovavo nulla di divertente in quella situazione.

-Aspetta un attimo!-

Ci voltammo tutti quanti e vidi che era stata Mei a parlarle. Proseguì: -Ti presenti qui, di punto in bianco, nella scuola di una ragazza che hai visto una volta nella tua vita. Che intenzioni hai?-

-Portarla fuori con me, ovviamente!- le rispose il maggiore degli Haitani, per poi rivolgersi a me: -Comunque dovresti indossare più spesso le gonne, è un peccato coprire quelle gambe.-

Mi stava esaminando con lo sguardo, soffermandosi sull'uniforme che mi lasciava scoperta da metà coscia fino alla caviglia, e non feci in tempo a chiedergli cosa intendesse con "Portami fuori con lui" che mi prese per il polso.

Non riuscivo ad elaborare cosa stesse succedendo intorno a me: dove voleva portarmi? Quello che non era successo quel sabato notte sarebbe accaduto adesso?

A interrompere il mio flusso di coscienza fu Mei, che si fece avanti e alzò la mano verso di lui come per caricare una sberla diretta sulla sua faccia.

-Lei non va da nessuna parte contro la sua volontà!-

Tuttavia, il colpo non arrivò mai a segno, perché il secondo Haitani, che finora era rimasto immobile e in silenzio, le afferrò il braccio in modo piuttosto brusco.

-Provaci ancora e la prossima volta ti rompo l'osso.- le disse con tono minaccioso.

-Lasciala, altrimenti non ci vengo con voi.-

I due fratelli si voltarono nella mia direzione e il silenzio calò nella stanza, rotto solo dopo un minuto buono quando Ran si rivolse al suo accompagnatore: -Lasciala andare, Rindou. Ricorda che noi non tocchiamo le ragazze.-

Il biondo lasciò la presa per poi dirigersi verso l'uscita della classe. Lo seguii, scortata dal fratello più grande che ancora mi teneva per il polso, forse temendo che potessi scappare. In effetti valutai questa possibilità, ma preferii aspettare e vedere cosa avesse in serbo per me: erano sicuramente due persone pericolose, ma non volevo cedere subito all'idea che la stessa persona che mi aveva portata a casa un sabato notte potesse provare ad uccidermi in pieno giorno, alla luce del sole.

Con mia grande sorpresa, quando salii sulla sua moto e iniziammo a sfrecciare per le strade di Tokyo, notai che non mi stava portando a Roppongi, ma in tutt'altra direzione. Impiegando una ventina di minuti, quindi circa la metà del tempo previsto per arrivare a destinazione, giungemmo all'ingresso del Sunshine City, uno dei più grandi centri commerciali della città.

Da un lato, tirai un sospiro di sollievo: di sicuro un centro commerciale frequentato da centinaia di persone ogni giorno non sarebbe un posto ideale per commettere un omicidio, quindi potevo ritenere salva la pelle.

Mi chiesi soltanto una cosa, a quel punto: perché mai mi aveva portata qui?

-Riesci a camminare o vuoi che ti sollevi di peso?- mi disse il biondo che, da come avevo intuito, si chiamava Rindou.

-Che cosa ci facciamo qui?-

-Quello che si fa in ogni centro commerciale, più o meno: girare, far compere, bere e mangiare.- rispose Ran ridendo, come se la mia fosse una domanda stupida. E sì, ripensandoci lo era, ma essere in balia di due completi estranei scardina ogni certezza.

Camminammo per un po' a vuoto, io rimanendo sempre mezzo metro dietro di loro, che di tanto in tanto si fermavano in qualche negozio dando un'occhiata alla merce in vendita. Stavamo vagando per il secondo piano, quando volsi lo sguardo a destra e mi fermai.

Potrebbe sembrare una cosa stupida, ma per me, che ero abituata a comprare solo lo stretto necessario in piccoli negozietti del mio quartiere, trovarmi davanti ad una libreria così grande era quasi un sogno: sembrava quasi che le porte del paradiso si fossero aperte per me in quel preciso istante.

-Vuoi entrare qui?- mi chiese Ran, che si era avvicinato a me e mi aveva appena appoggiato una mano sulla spalla. Diversamente da quando prima, in classe, mi aveva afferrato per il polso e si era mostrato quasi insistente nel volermi portare via con lui, questo suo tocco era molto più gentile e delicato, a tratti quasi affettuoso.

-Sì, per favore.-

-Agli ordini, allora. Rindou! Muovi il culo e vieni anche tu!-

Vidi il più piccolo dei fratelli Haitani sbuffare e trascinarsi svogliatamente dentro. Un po' mi dispiacque per lui, perché chi mi conosce bene sa che riesco a perdermi tra pochi scaffali, figuriamoci un intero negozio.

Cercai comunque di far penare il meno possibile la permanenza in libreria ai miei due accompagnatori, andando a guardare solo i pochi reparti che mi interessavano.

Il primo fra tutti, fu quello dedicato all'arte, ovviamente: i miei occhi si illuminarono e quasi piansi dalla gioia davanti a tutti quei libri e alle loro copertine, che mostravano i quadri più belli che l'animo e la mente umana abbiano mai concepito. C'era un'area dedicata all'arte giapponese, ai disegni e alle stampe; un altro settore, probabilmente il mio preferito, accoglieva invece numerosi saggi sull'arte occidentale.

Nonostante il mio paese sia molto legato alla propria cultura e alle proprie radici, ho sempre subito il fascino del patrimonio artistico e culturale Europeo: dalla scultura greca classica alle chiese romaniche e bizantine, dalla pittura Rinascimentale al Barocco e Rococò, per poi arrivare alle Avanguardie del Novecento.

Ero così intenta a sfogliare uno di questi volumi che non mi resi conto del fatto che era trascorsa quasi un'ora. Tornai ad avere cognizione del tempo solo quando sentì Rindou dire al fratello: -Io esco perché non ne posso più. Ti aspetto al bar di fronte, Ran.-

Quest'ultimo, invece, si avvicinò a me, sempre con il suo sorriso stanco e annoiato sul volto.

-Comprerai qualcosa?-

-Oh, mi piacerebbe molto questo libro...- gli risposi mostrando un testo che recava, in copertina, l'immagine di uno dei più famosi dipinti di Dalì -Ma ho finito la paghetta mensile e non posso prenderlo. Aspetterò il prossimo mese o lo chiederò ai miei come regalo di Natale.-

Detto questo, riposi il libro sullo scaffale da cui lo avevo prelevato e uscimmo dal negozio. Raggiungemmo il biondo, che nel frattempo aveva preso posto ad un tavolino di fronte, ed ordinammo un caffè.

-Non capisco: se ti piaceva tanto quel volume, perché non l'hai comprato?- chiese Ran, che mi parve quasi dispiaciuto per il mancato acquisto.

-Mi stai dicendo che siamo rimasti lì dentro per quasi un'ora senza che sia stato concluso nulla?!- esclamò il fratello minore. Avevo intuito, in queste poche ore, che lui non nutriva una particolare simpatia per me e che avrebbe preferito essere ovunque invece che lì.

-Tu stai zitto, Rin! La mia domanda non era rivolta a te.-

Mi sentii a disagio in quel momento: essere al centro dell'attenzione non era mai stato uno dei miei maggiori interessi e rischiare di far andare in rotta di collisione quei due non mi sembrava buona cosa.

-Beh, era abbastanza costoso, ho esaurito i soldi della mia paghetta mensile, quindi non potevo permettermelo in questo momento...- risposi con voce talmente bassa che mi meravigliai del fatto che fossero riusciti a sentirmi.

-Potevo comprartelo io, allora.- disse il maggiore degli Haitani, stupendomi. Avrebbe davvero speso i suoi soldi per comprare qualcosa ad una ragazza che conosce appena?

-Non è sempre giusto ottenere tutto ciò che si vuole e subito. Le cose devono essere guadagnate con tempo, con fatica e con fiducia. Se potrò, lo comprerò con la prossima paghetta; se così non fosse, cercherò di meritarlo come premio da parte dei miei genitori.-

Tacque e la conversazione sulla libreria ebbe fine. Finimmo di bere e mangiare quanto ordinato, quando mi accorsi che si stava facendo tardi e che sarei dovuta tornare a casa al più presto.

-Rin, tu torna pure a Roppongi. L'accompagno io.-

Credo che nessuna frase fu più di sollievo per Rindou, che se ne andò senza esitare e senza nemmeno salutarmi.

-Non farci caso: odia perdere tempo in una cosa se non è di suo interesse. Vieni, andiamo.-

Mi porse il casco e salimmo sulla moto. Impiegammo più tempo che all'andata per tornare a Shibuya, dato che molti lavoratori stavano rincasando, ma fortunatamente arrivai a casa mia prima dei miei genitori.

-Ehm, insomma... grazie.- dissi con un po' di imbarazzo prima di imboccare la traversa che avrebbe portato alla mia abitazione.

-E sentiamo, per cosa?- mi chiese con tono beffardo il mio accompagnatore.

-Per avermi riportata a casa e per il pomeriggio, anche. Almeno credo...-

Stavo sprofondando dalla vergogna e mi sentivo quasi in imbarazzo a dover pronunciare quelle parole apertamente, quando Ran scoppiò a ridere davanti a me. Era la prima volta che rideva sinceramente e perdeva il solito sorrisetto annoiato o beffardo.

-È stato un piacere, per me.-

Rimasi sorpresa dalla sua risposta, perché nonostante le risate a cui si accompagnava mi era parsa estremamente sincera. Per un minuto calò il silenzio, finché non lo salutai nuovamente e mi allontanai, diretta verso casa mia.

Lui rimase lì, forse per cinque minuti, forse dieci, aspettando che la mia ombra sparisse dal suo campo visivo. Solo quando non rimase altra anima viva in quella via, ritornò al suo mezzo, parlottando tra sé e sé con tono pensieroso: -Non potrò ottenere tutto e subito, ma pian piano mi concederai qualcosa?-

SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti, miei lettori (se qualcuno c'è ovviamente ahahah). Approfitto di questo breve spazio per dare alcune info sul capitolo, su quanto scritto finora e sull' "opera" che spero di concludere:

1. Cercherò di seguire il più possibile le vicende del manga, almeno a livello cronologico, ma la storia non sarà legata alle vicende della Toman (non direttamente, ovviamente).
2. Come avrete capito anche dalla numerazione dei capitoli, la mia idea sarebbe quella di intrecciare due linee temporali diverse: il passato, nel periodo in cui si concentra il grosso degli avvenimenti del manga, e il presente, 10 anni dopo. Chiedo scusa a Christopher Nolan per essermi messa a giocare con i salti temporali, speriamo che ne esca qualcosa di buono.
3. Cercherò di essere il più precisa e fedele possibile alla realtà nel raccontare gli avvenimenti, nella scelta dei luoghi, ecc... Per farvi capire il livello a cui sono "ridotta", controllo su Google Maps la distanza tra i luoghi e la loro posizione reciproca per essere il più realistica possibile (e so già che dopo questa dichiarazione, farete bene a smettere di seguire l'evoluzione di una storia scritta da una maniaca precisina😂).
4. Visto che, dall'anno di "Cinquanta sfumature di grigio" in poi, ho notato che la sindrome di Stoccolma e il complesso di Elettra sono una costante di molte fanfiction, ci tengo a fare una delucidazione sul titolo della mia "opera". Snuff non va associato agli snuff movie (pellicole note per essere una rappresentazione realistica delle forme più crude di tortura e violenza), ma ad una canzone, forse la mia preferita in assoluto: Snuff degli Slipknot.

Per chi ha avuto la pazienza di leggere fino a qui, ci tengo a ringraziarvi: sapere che qualcuno stia apprezzando questo mio tentativo di "arte" vale più di ogni visualizzazione e/o voto. Premesso che, nella fattispecie, questo capitolo non mi piace tanto come me lo ero figurato nella mia testa, mi piacerebbe ricevere vostri commenti, opinioni, anche consigli sulla storia. Credo che le critiche costruttive siano quanto di meglio una persona possa ricevere nella vita, in ogni ambito, per migliorarsi ogni giorno di più.

Detto questo, spero che vi facciate sentire presto. Un abbraccio!♡

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