Fatum

By azurahelianthus

682K 28.8K 11.5K

#1 VOLUME DELLA SERIE CROSSED PATHS «𝑇𝑒 𝑠𝑒𝑖 π‘™π‘Ž π‘šπ‘–π‘Ž π‘›π‘œπ‘‘π‘‘π‘’ π‘ π‘’π‘›π‘§π‘Ž 𝑠𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒». Gli umani s... More

Esergo
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8
9.
10
12.
13.
14.
15.
16.
17
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
Novembre
Dicembre
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
DeirΓ­n dΓ©
Tecum [Sequel]

11.

15.3K 668 333
By azurahelianthus

«Non puoi portarmi così!». L'urlo furioso di Ximena riempì il silenzio del giardino, posata come un sacco sopra la spalla di Rutenis, che le teneva bloccate le gambe per non farla scalciare.

Scese i piccoli scalini tra il piano di marmo, dove si trovava il tavolo da pranzo, e il giardino con indifferenza, come se non avesse una ragazza furiosa e dimenante sulla spalla. Sorrideva anche.

Med scosse la testa, con un cipiglio preoccupato sul viso. «Mettila giù».

Lui esaudì il suo desiderio e la posò in piedi, come una statua. «Adesso possiamo cominciare».

«Era necessario venirmi a prendere in questo modo?!». Sibilò Ximena. «Potevi semplicemente dirmelo e sarei scesa con le mie gambe».

Lui alzò le spalle in risposta e si sedette tra Erazm e Med sopra ad un telo mare posato sull'erba verde e bagnata dagli irrigatori. «Avresti perso tempo inutile e non sarebbe stato divertente».

Osservai i miei vestiti e poi osservai i suoi. «Regola numero uno: copriti sempre al massimo, cerca di lasciare meno pelle scoperta possibile se sai di star per combattere. Se sei a pelle scoperta la ferita sarà più facile da creare, i vestiti creano uno strato in più da tagliare con le lame. E scegli vestiti aderenti-».

Mi indicai i leggings di pelle e la canottiera nera. «Ti verrà meglio muoverti senza vestiti larghi».

Osservò i miei tacchi con sdegno. «Come fai a combattere con quelli? A malapena so camminarci».

«È solo questione di abitudine». Risi e me li sfilai, tirandoli ad Erazm.

Non volevo farla sentire troppo a disagio, soprattutto nella situazione in cui già ci trovavamo.

Si osservò intorno. «Dantalian non partecipa alla lezione?».

Spostai lo sguardo sulla finestra della sua camera e annuii. «Arriva dopo, sta facendo una chiamata con sua madre».

Non era vero, ma lo avevo sentito parlare al telefono e mi era bastato, non avevo chiesto o detto altro. Non mi interessava neanche. Niente di lui mi interessava.

«Cominciamo?». Med si alzò e si posizionò dietro di me. «Io attacco Arya, Rut attacca te».

Spiegò a Ximena, ma lei non parve felice dell'idea, cominciando a spostarsi dalla presa del Gheburim.
Il suo sguardo supplicante mi spinse ad agire.

«Rutenis, preferisco combattere con te. Tu non sai essere delicato, al contrario di Med».

Mi osservò male, ma annuì e prese posto dietro di me. Tutto d'un tratto mi afferrò con una presa salda, le mani strette sulle mie braccia fino a portarmele dietro la schiena. «Se qualcuno ti afferra da dietro».

Lasciò la frase in sospeso e io agii, portando indietro la testa per colpirlo al naso e sentendo un rumore sinistro di ossa rotte che lo fece piegare in avanti.

Mi piegai anche io e gli afferrai la gamba, facendolo cadere di schiena sull'erba con violenza. «Tu porta indietro la testa per colpirlo al naso e poi piegati, afferrandogli all'istante una gamba. Lui cadrà come una pera, perdendo l'equilibrio».

Rutenis si rialzò con un balzo e sorrise, non preoccupandosi dei denti sporchi di sangue e l'osso del naso lievemente deviato, cosparso anch'esso di sangue scarlatto. Aveva una faccia felice. «Dio, quanto mi piace il dolore».

Ximena lo guardò schifata, oltre che inquietata, e mi affrettai a spiegare. «I Gheburim amano il dolore, da dare e da ricevere». Spostò lo sguardo su Rutenis e scosse leggermente la testa.

Med la afferrò da dietro esattamente come Rutenis aveva fatto con me pochi minuti prima e ci vollero almeno quindici tentativi prima che Ximena fosse in grado di dimenticarsi dell'affetto che covava nei suoi confronti e si convincesse a colpirlo quanto meglio poteva sul naso.

Quando lo fece, Med cadde a terra a causa della salda presa su una sua gamba e sibilò dal dolore. Poi un sorriso orgoglioso gli illuminò la faccia deturpata, mentre Rutenis fischiava. «Però, che colpo!».

Battei il palmo della mano contro il suo e annuì. «Bravissima».

Mi spostai verso il muro, dando la mia schiena ad esso, e Rutenis mi si parò davanti.

Sorrise divertito. «Adesso, poniamo il caso di uno scontro corpo a corpo, in qualche vicolo cieco dove tu, stupida come sei, ti ritrovi svantaggiata e con la schiena al muro».

«Mai dare la schiena a qualcosa, Ximena. O almeno provaci». Scossi la testa per l'insulto datole dal Gheburim. «Ma, nel caso dovessi trovarti in questa situazione...».

Quest'ultimo mi spinse al muro con forza, ma non abbastanza da creare crepe al muro come avrebbe fatto se avesse davvero voluto farmi del male, e mi arpionò la gola in una presa salda e dolorosa. Sentii la gola cominciare ad annaspare, ma non mi preoccupai. Ero abituata.

«Il tuo avversario sicuramente ti metterà a tappeto con una mano sulla gola, mentre con l'altra comincerebbe a strapparti qualche arto».

Annuii, d'accordo con le sue parole. «E allora tu poserai le mani ai lati della sua tempia...». Le posai nel punto esatto che avevo appena descritto, dove i suoi capelli scuri mi solleticavano le dita.

«E spingerai con i pollici dentro i suoi occhi, fino a sentire la consistenza dei bulbi oculari sotto i polpastrelli». Lo feci, mentre i suoi occhi si chiudevano di scatto, la presa sul mio collo si allentava e i suoi stivali neri indietreggiavano di scatto, facendo rumore sull'erba e la terra del giardino.

«Cazzo!». Imprecò, portandosi le mani sugli occhi, ma continuando a sorridere.

Sorrisi anch'io. «In questo momento Rutenis starà vivendo un mal di testa doloroso, oltre che un lieve momento di confusione generale, che ti permetterà di-».

Piantai un piede sulla sua spalla, senza troppa forza, e lui finì disteso sull'erba, ancora confuso. Piazzai lo stesso piede sul suo collo, stavolta con più forza per farlo rimanere lì, e presi il pugnale.

«Stenderlo a terra e ucciderlo». Finsi di colpirlo con il pugnale e lui smise di dimenarsi.

Tirò fuori la lingua e roteò gli occhi all'indietro, mostrando solo la parte bianca di essi. Sembrava un pesce fuor d'acqua.

Erazm scoppiò a ridere. «Interpretazione da dieci! Candidati agli Oscar al posto di Leonardo».

«DiCaprio?». Rutenis si tirò su immediatamente, come se non avesse finto la morte poco fa.

Erazm sbuffò. «Ovviamente!».

«Potrei pensarci effettivamente». Ximena rise e Rutenis spostò lo sguardo su di lei, ammaliato.

Sorrisi, preparando una battuta, ma Dantalian si materializzò in quel momento. «Che mi sono perso?».

Lo osservai, con la sua camminata spavalda, i jeans neri aderenti sulle sue gambe muscolose, la maglia grigia spiegazzata e un lieve accenno di barba scura.
Quell'aspetto trasandato lo rendeva ancora più, se possibile, sexy del solito.

Scossi la testa e scacciai quel pensiero.

Erazm sorrise. «Rut che le prende da Arya, Arya che lo pesta, Rut che finge di morire come un attore degno di Oscar».

Dantalian fischiò nel vedere il sangue sulla maglietta bianca di Rutenis, oltre che sul viso e sulla bocca come se fosse un vampiro alla fine di un banchetto di sangue. «Ti ha conciato per le feste la mia bella signora».

Lo fulminai per le ultime tre parole pronunciate, specialmente quando si posizionò dietro di me, dove prima si trovava Rut. Buttai un occhiata alle mie spalle. «Che diavolo fai?».

«Faccio a cambio con Rut». Alzò le spalle. «Se continui così con lui, per quanto i Gheburim godano del dolore, finirai per mandarlo fuori uso».

Rut sbuffò in risposta per contraddirlo, ma poi si illuminò. «Ha ragione Dan. Io mi metto al posto di Med, lui va a dare compagnia ad Erazm».

Quest'ultimo si illuminò a sua volta nel vedere Med e poi si spostarono per andare a mangiare qualcosa in cucina, conversando con enfasi.

Ximena aveva la faccia di qualcuno che era stato condannato a morte. «Questa è la prima lezione ed io la odio già».

Rut ammiccò. «Ma come, mio bel gattino stregato».

Le sfiorò la guancia con le labbra e le sussurrò un qualcosa che la fece arrossire.

Mi schiarii la voce, tentando di salvarla dalle grinfie demoniache di Rut. «Ad ogni modo, gli altri punti più devastanti da colpire sono...». Mi spostai di lato, permettendo a Ximena di guardare il corpo del demoniaccio dietro di me e mirai alla sua gola con la mano allargata in una C.

«Gola, da colpire con la mano a forma di C». Ximena ripeté il movimento su Rut e lui sibilò, ma mai come Dantalian.

Quest'ultimo emise un verso strozzato e mi circondò il polso, che quasi sparì per colpa della sua mano grande. «N-on c-i vai pian-o».

«Devo istruirla al meglio». Alzai le spalle e successivamente la gamba, mirando velocemente in mezzo alle sue gambe. Eppure non arrivai mai a toccarlo, perché mi fermai.

«Genitali, calci o ginocchiate».

Neanche Ximena si permise di colpire Rut, che annuiva compiaciuto. «Brava ragazzina».

Lei borbottò qualcosa come "ci sto ripensando".

Il demoniaccio, invece, mi lasciò andare e mi osservò indecifrabile.

Portai le mani sulle sue orecchie, con i palmi sui timpani, poi li tirai indietro e li sbattei con forza su di essi. Imprecò sommessamente e si tirò indietro di scatto, portandosi le mani sulle orecchie con la testa bassa e gli occhi chiusi con forza.

«Timpani, colpirli con il palmo delle mani con più forza che si può genera un fastidioso ronzio che stordirà il tuo avversario per i minuti necessari ad ucciderlo».

Ripetè l'azione su Rutenis in modo perfetto, compresa la forza necessaria, e lui cadde in ginocchio sul giardino nella stessa posizione di Dantalian, che adesso si stava alzando e mi guardava in modo molto strano.

Mi stupii di trovare desiderio all'interno dei suoi occhi dello stesso colore dell'oro fuso. Ximena si mise ad applaudire a sé stessa. «È così bello!».

Rutenis la fulminò con divertimento. «Felice di sapere che picchiarmi ti piace così tanto».

Non riuscii a sentire il resto perché il demoniaccio prese un lembo della mia maglia e si asciugò il naso sanguinante, come se fosse un fazzoletto.

Strabuzzai gli occhi. «Che schifo!».

Lo spinsi lontano e un sorrisetto sghembo gli allargò le labbra, mentre era ancora un po' sporco di sangue sul viso. «Se preferisci puoi pulirmi con la tua lingua o le tue labbra».

«Se preferisci potrei spaccarti anche il labbro oltre che il naso». Assottigliai lo sguardo.

Sbuffò ironicamente. «E poi come vivi senza i miei fantastici baci?».

«Nello stesso modo in cui vivevo prima».

Sorrisi. «Meravigliosamente».

Si avvicinò pericolosamente alle mie labbra, ma senza mai sfiorarle davvero. Piuttosto le posò sui miei occhi, poi sulle guance, sulla mascella, sull'orecchio.

Le trascinava lentamente, languendo la mia pelle con soffici baci sensuali e il mio corpo traditore non potè fare a meno che reagire. «Mi pare che il tuo corpo apprezzi le mie carezze».

Mi tirai indietro di scatto. «La proprietaria no».

Una forte puzza di bruciato, oltre che un lieve fumo grigio, impregnò l'aria attorno a noi e mi ritrovai a storcere il naso. Smisi di respirare come un umano per non soffocare e iniziammo ad avvicinarci verso l'entrata della casa.

«Cos'è che brucia?». Ximena teneva una mano sulla bocca e sul naso per non respirare il fumo.

Rutenis imprecò, guardandosi attorno. «Ho sentito che qui in Sicilia accadono spesso incendi boschivi per via del caldo. Qui siamo in campagna, in un posto sperduto, e poco distante c'è proprio un bosco».

Dantalian sospirò, una volta entrati, e usò un panno bagnato per pulirsi il viso dalle tracce di sangue rimaste. «Non credo siano davvero creati dalle alte temperature. C'è sempre la mano dell'uomo».

Ximena storse il naso come me poco prima. «O di qualche demone. So che vi piace complicare la vita degli umani per divertimento».

Mi irrigidii. «Non è così, non per tutti almeno. Avete un idea profondamente sbagliata dell'inferno».

«Ovvero?». Alzò un sopracciglio.

Fu Rutenis a prendersi la briga di rispondere. «Siamo stati creati da Dio per punire gli umani dopo la morte, no? L'inferno è il frutto dei peccati degli umani, quindi non esisterebbe se il male non fosse già radicato in loro».

«Vorresti dire, quindi, che è sbagliato che le nostre nonne o madri cerchino di inculcarci che Satana è il male e che ci farà cadere in tentazione?».

Annuii senza problemi. «Anche Satana è stato creato da Dio, come ogni cosa. Se davvero il male non gli sta bene, perché semplicemente non lo elimina? Forse perché gli fa comodo».

Mi scambiai un occhiata con Rutenis e lui annuì. «Così può avervi in pugno, perché avrete paura del diavolo e non vi resterà che stare dalla sua parte».

Ximena scosse la testa, con una espressione sbigottita. «Lucifero meritava di essere punito! Solo per questo è diventato il diavolo».

Sbuffai. «Nessuno ha detto che Lucifero non dovesse ricevere una punizione. Ha sbagliato molto e sia lui che gli altri angeli si sono meritati la punizione che Dio gli ha inflitto, perché hanno fatto una cosa orribile».

Sorrisi debolmente. «Ma neanche Dio può dire di non essere cattivo, se ha permesso a lui e agli altri angeli caduti di riprodursi, creando nuove specie di demoni e discendenze. Neonati, diventati poi ragazzi, e condannati sin dal primo istante a causa della loro natura demoniaca. Condannati perché nati».

Mi osservò sorpresa. «Voi non potete redimervi? Non esiste il perdono divino per voi?».

«No». Risposi in maniera brusca senza volere e il mio sguardo si perse. «Qualunque cosa facciamo, al giudizio universale verremo condannati comunque».

«Al giudizio universale sarà Dio a decidere o anche gli dei?».

Rutenis si fece cadere sull'erba. «Sarà Dio, e al suo fianco gli Dei, ma non avranno nessun potere di decisione. Cristo, figlio di Dio, resuscita i morti e Dio chiama con sé in Paradiso i giusti, ordinando agli angeli di scaraventare i dannati all'inferno».

Ximena si sedette poco distante e ci osservò preoccupata, mangiucchiandosi un unghia. «Credete che l'inferno, dopo il giudizio, sarà peggiore di com'è?».

«Decisamente, Ximena». Dantalian mi osservò con un cipiglio sul viso. «Perché neanche noi potremo più uscire da lì. L'ascensore sparirà per sempre e saremmo condannati ad essere torturati da quei stessi angeli che ci scaraventeranno nel luogo più caldo e crudele di tutte le dimensioni».

Io annuii, come in trance. «E l'unica cosa sbagliata che molti avranno fatto sarà stato solo nascere».

«Tutti credono che il male siamo noi. Io credo che esista così tanto male al mondo, dalle morti ai ladri, dalle tempeste agli incendi, solo perché Dio ha proprio un bel piano». Rut sorrise con amarezza e poi si alzò, diretto verso l'interno della casa, a passo deciso e quasi arrabbiato.

«Di che sta parlando?». Ximena annaspò quasi nel vederlo allontanare in quel modo, così sofferente e arrabbiato. Non era l'unico.

Scossi la testa perché non potevo dirglielo.

Dovevamo stare zitti su questo. «Un giorno capirai».

Mi avvicinai anche io verso la casa e salii a farmi una doccia, senza essere disturbata per la prima volta in tutto il tempo passato in Sicilia. Pensai alle parole di Rut e non mi sorpresi di condividere la sua stessa rabbia, la sua stessa sofferenza.

L'impotenza di cambiare il proprio destino con qualsivoglia azione, non era forse l'inferno stesso? Probabilmente.

Non c'era niente che potessimo fare per stravolgerlo ma la speranza in me non si era mai spenta e avevo continuato a fare il bene, perché per quanto il giudizio di Dio non sarebbe cambiato, ce n'era un altro che mi interessava di più: il mio.

Se avessi fatto brutte cose non mi sarei mai perdonata e l'inferno sarebbe stato peggiore perché lo avrei avuto tra le pareti della mia mente. E da quelle non avrei veramente potuto scappare neanche se ci avessi provato.

Non mi resi conto di quanto fossi stanca finché la mia schiena non si poggiò sul letto e le mie palpebre non si chiusero di scatto, come attratte da una forza maggiore.

Fu un pugno sulla porta a svegliarmi e la voce dall'altro lato. «Arya, la cena è pronta! Muovi il culo o ti prendo di forza». Ringhiò Rutenis. «Ho fame».

Alzai gli occhi al cielo, infilandomi velocemente una maglia oversize per non perdere tempo e scesi le scale correndo. Non che mi interessasse dello stomaco di Rut, ma avevo fame anch'io.

Med, che era il solo a saper cucinare, aveva preparato una pasta siciliana particolarmente amata: la pasta con le sarde.

Il primo boccone fu goduria, le sarde non erano particolarmente salate come mi aspettavo e questo non le rendeva sdegnose. Mangiare l'intero piatto non fu affatto difficile ed eravamo tutti così impegnati a farlo da non parlare nemmeno, l'unico rumore erano i grilli della tarda sera e una lieve musica da una villa in lontananza.

Presi un sorso di birra, della marca "Messina", e il gusto amaro ma piacevole mi solleticò il palato.

L'ultima cena made in Sicily, visto che avremmo portato poco e niente da lì. Dopo aver finito di mangiare sparecchiammo la tavola, mentre Erazm puliva i piatti, io e Rut posavamo piatti, bicchieri e posate, Med puliva il tavolo dai residui e Dantalian spazzava il pavimento per via della cenere che volava via dai molteplici incendi di quei giorni.

Il rumore di una musica più forte si disperse nell'aria, proveniente dalla tv che Rut aveva acceso, e il suo corpo slittò fuori dalla cucina per andare in giardino. «Venite qui pezzi di sterco!».

Sorrisi divertita e lo seguii, come tutti gli altri, mentre il suo dito premeva il + sul telecomando, che poi lanciò prontamente su qualche parte del giardino. Riconobbi, dopo un po', le note e il ritmo di una canzone ben precisa.

Best Day Of My Life degli American Authors.

«Che diavolo vuoi fare?».

Dantalian ridacchiò. «Credo di aver capito».

Mi agguantò la mano, così come fece Rut con Ximena, e mi tirò verso il suo corpo, iniziando a saltellare e volteggiare in giro per il cortile.

«Ma che fai?». Risi, mentre alcune ciocche di capelli mi andavano sul viso e tentavo di scostarle con un movimento della testa. Ci pensò lui, con le sue dita delicate, a spostarmi le ciocche dietro l'orecchio e a fissarmi con un sorriso smagliante.

Erazm urlò. «Eccolo il ritornello!». Anche lui volteggiava insieme a Med e sembravamo un gruppo di hippie strafatti, ma felici.

«I stretched my hands out to the sky!». Urlò Rutenis, seguendo il ritmo con la testa e stringendo la sua gattina stregata, come diceva sempre, con le mani sui suoi fianchi.

Annuii sorridendo e continuai. «We danced with monsters through the night!».

Saltellai a ritmo e portai Dantalian con me, ci tenevamo per mano e giravamo in cerchio, fissandoci con gli zigomi così alti da rischiare di farli scoppiare. Non sorridere era impossibile in quel momento.

«Wo-o-o-o-o-oh!». Erazm alzò le mani al cielo.

Med lo seguì. «Wo-o-o-o-o-oh!».

«I'm never gonna look back!». Dantalian alzò le mani al cielo e urlò con tutta la forza possibile.

Ximena rise, un suono dolce e celestiale. «Never gonna give it up!».

Rutenis iniziò a scuotere la testa e si portò una mano sul cuore. «No, please don't wake me now!».

Ci avvicinammo tutti gli uni agli altri, in cerchio, e portammo le mani in alto, i cuori in subbuglio, i sorrisi che illuminavano la notte, lo sguardo sù, più alto del cielo.

Un urlo comune, liberatorio, detto con voce piena di gioia e divertimento. Le nostre voci, urlanti, si mischiarono e i nostri sorrisi non fuorono da meno.

«This is gonna be the best day of my life!».

In quel momento eravamo tutti uguali, semplici ragazzi con gli stessi sogni, la stessa voglia di vivere, lo stesso cuore e, forse, gli stessi obiettivi: vivere e non sopravvivere.

«Va bene, ragazzi, è ora di andare a dormire». Med sorrise e osservò per un nano secondo Erazm, cosa che non capii, ma lasciai perdere.

Ximena si schiarì la voce imbarazzata. «Potremmo dormire qui? Come se fossimo in campeggio».

«Non abbiamo i sacchi a pelo però». Rutenis storse il naso.

Erazm sbuffò. «E chi cazzo se ne frega? Usiamo le coperte e i cuscini, tanto non dobbiamo coprirci, fa un caldo bestiale».

Concordai con lui. «Ci sto».

«Minchia, se ci sto». Dantalian ammiccò e io alzai gli occhi al cielo.

"Minchia" era l'unica cosa che aveva imparato con tanto amore da questo viaggio, una parolaccia più volgare dello stesso significato di "cazzo", anche se in latino la conoscevamo già come "mentula".

Med, Erazm e Rutenis non dissero altro, si avviarono direttamente ognuno in camera per prendere le coperte e i cuscini di tutti, mentre io andavo a spegnere la tv e la luce della cucina.

Posizionammo ogni cosa al posto giusto, creando un quadrato molto grande fatto di morbide coperte e un cuscino l'uno per poggiare la testa. Eravamo tutti molto vicini, ma accanto avevo più che altro Dantalian, come sempre.

Sbuffai, distendendomi sulla mia parte di quel letto improvvisato. «Sei la mia ombra».

«Per diventare un'ombra ci vuole comunque la luce». Fece un sorrisetto.

Lo ignorai, posando anche la nuca sul cuscino, e mi girai su un fianco dandogli volutamente la schiena per non doverlo guardare in viso.

Mi avrebbe mandato al manicomio questo ragazzo.

Il cellulare di Rut cominciò a far espandere una canzone nel silenzio della notte e lo osservai concentrata. «Perché ti sei fissato con la musica oggi?».

Alzò le spalle senza staccare gli occhi dal cellulare. «Devo aggiornarmi su molte cose degli ultimi anni che ho perso».

Aggrottai la fronte, ma la canzone si fece più alta e riuscì a capire quale fosse, malgrado Dantalian mi stesse sbuffando di proposito all'orecchio.

Heartless di Kanye West.

«La finisci?!». Tuonai voltandomi e lo fulminai. «Ti odio».

Altro sorrisetto spacciato. «Cause I already know how this thing go». Citò le parole della canzone e si avvicinò al mio orecchio, posando il mento sulla mia spalla.

«You run and tell your friends that you're leaving me, they say that they don't see what you see in me, you wait a couple months then you gon' see...». Mi lasciò un languido bacio nello spazio di pelle tra l'orecchio e il collo.

«You'll never find nobody better than me».

Gli scoccai una gomitata sullo stomaco che lo fece allontanare, seppur ridendo, e chiusi gli occhi con forza cercando di dimenticare la sensazione alle viscere che stavo provando. «Qualcuno meglio di te a fare schifo è sicuramente impossibile».

Continuò a ridacchiare, ma si avvicinò di nuovo al mio corpo e posò la testa sulla parte di cuscino che era rimasta libera dai miei capelli.

«Ma perché non usi il tuo di cuscino?». Ringhiai.

Lo sentii inspirare il mio odore. «Perché non ci sarebbe nessun tipo di divertimento altrimenti».

Chiusi la mascella di scatto e imprecai in diverse lingue dentro di me, resistendo all'impulso di farlo sanguinare come poche ore fa. «Il divertimento l'avrò io quando userò le tue budella come collana».

Ridacchiò ancora. «Sei un tantino aggressiva, flechazo».

Ancora con quel dannato soprannome? «Zitto».

«Buonanotte, flechazo». Mi soffiò un bacio, a cui risposi con un dito medio.

«Fottiti».

La sua risata fu l'ultima cosa che sentii prima di cedere di nuovo alla stanchezza.

Continue Reading

You'll Also Like

4.6M 119K 32
/SOTTO REVISIONE⚠️/ La vita di Alexandra Morris non potrebbe essere più monotona; Le sue priorità sono lo studio, avere ottimi voti e puntare sempre...
1.5M 62.1K 54
COMPLETA Β«Tu non hai paura?Β» Mi volto verso di lui, accigliandomi. Β«Di cosa?Β» Β«Di me.Β» Sophie Devis Γ¨ entusiasta di ritornare a scuola, dopo le inter...
326K 9.5K 46
Β«Benvenuta sull'isola del vento.Β»
270K 16.8K 77
Completa- Primo libro: Dark plume, "La comunicante". Bianca Ignoti Γ¨ una ragazza comune. Forse troppo. Ha una vita tranquilla e un lavoro da camerie...