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L'ibrida di fronte a me era totalmente diversa da quella che mi aspettavo.

Sembrava decisamente un umana, con le sue gote arrossate, l'odore dolce del sangue che le scorreva nel corpo, il battito molto accelerato del cuore. Gli occhi marroni e i capelli biondi, biondi come il miele, le rendevano il viso ancora più da bambina e il suo aspetto era normale. Niente di lei poteva dar l'impressione di essere della stessa pasta di una delle creature infernali all'interno della stanza, ovvero io, Dantalian, i due demoni e Erazm.

Il primo a parlare fu il demone Gheburim. «Sì, anche noi abbiamo reagito così all'inizio».

«Siete sicuri che sia lei, vero?». Dantalian era sconcertato.

«No, abbiamo preso la prima ragazza bionda che ci capitava davanti». Il demone Harab sbuffò. «Mi pare ovvio che sia la persona giusta, l'abbiamo osservata per mesi ed è lei».

Mi avvicinai all'apparente umana, che probabilmente non era a suo agio a sentir parlare di lei come se non fosse presente in quella stessa stanza, e feci appello a tutta la gentilezza possibile.

Sorrisi. «Come ti chiami?».

«Ximena». Alzò lo sguardo. «Ximena Shailam».

Aggrottai la fronte e mi risolvi a Dantalian ed Erazm, gli unici di cui potevo fidarmi. «Shailam non vi ricorda qualcosa? Suona familiare».

Erazm si avvicinò e strofinò il muso sul mio ginocchio, un modo che aveva per rispondere affermativamente alle mie domande. Dantalian, invece, sembrava assorto.

«Tu come ti chiami?». La sua voce era rauca, come se stesse parlando per la prima volta dopo giorni.

Il Gheburim grugnì, pronto a rispondere al posto mio, ma lo fulminai con lo sguardo. «Arya, piacere di conoscerti».

Un accenno d'un debole sorriso le sfiorò le labbra. Sembrava impaurita. «Arya come?».

«In realtà noi-». Mi guardai indietro per vedere se Dantalian fosse d'accordo a cominciare adesso il nostro compito e lui acconsentì. «Noi creature infernali non abbiamo un cognome come gli umani, ci chiamiamo per nome e basta. Nessuna creatura porta lo stesso nome di un altra».

Ximena sbiancò improvvisamente e cominciò a boccheggiare, mentre il demone Gheburim mi prese per un gomito, per poi strattonarmi verso il suo corpo. «Che cazzo le dici?!».

«Non gli avete detto nulla fino ad ora?». Mi liberai ruotando il polso in senso antiorario e gli diedi uno spintone sulla spalla, che lo fece indietreggiare di non poco. Il mio rango mi rendeva più forte di lui e lo sapeva bene. «Niente di niente, cazzo?!».

Dantalian si avvicinò a lui in modo minaccioso. «Questo è il nostro compito e non ti devi intromettere e men che meno toccarla in quel modo».

Osservai il Gherubim sbiancare per qualcosa che non potevo vedere, perché il demone di fronte a me mi stava dando le spalle. «Non costringermi a romperti tutte le ossa del corpo per farci un totem».

Erazm cominciò a ringhiare contro il Gheburim. «Fai stare zitto quel cagnaccio!».

La rabbia esplose in me come piccoli vetri incandescenti. «Fermentor!». Urlai e tutte le finestre della villa acquistata da Azazel si aprirono violentemente, così come le porte e qualsiasi cosa avesse delle ante.

Poi si richiusero di scatto, con un tonfo così forte da sembrare un tuono a cielo aperto, e poi si riaprirono di nuovo. Il tutto continuò per qualche secondo, finché non rilassai le mani chiuse in pugni e non sentì la nuca tornare ad una temperatura più calda, più umana.

FatumWhere stories live. Discover now