Uccelli e rane

By LuigiArcari

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"Perché non chiudere il cerchio e suddividere qualitativamente l'umanità, gli uomini e le donne, in uomini uc... More

Parte 1 senza titolo

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By LuigiArcari

Se c'erano degli animali che proprio non sopportava, questi erano le rane. Non perché siano feroci, pericolose, cattive o intollerabilmente schifose, era solito dire, perché anzi da questo punto di vista erano ben altri gli animali da mettere nella sua lista nera, a partire da scarafaggi, topi, pipistrelli, serpenti e compagnia varia. Nulla a che vedere col timore o la ripugnanza che provava verso molti di questi altri animali. Il fatto è che, sebbene le ritenesse giustamente innocue e tranquille, le trovava brutte e miserabili. Non ne faceva loro una colpa, ovviamente, ma quella testa grande, coi bulbi oculari enormi, quella bocca larga, con la lingua attaccata in avanti e piegata all'indietro, da estrarre fuori velocemente semplicemente rovesciandola, quelle zampe posteriori rannicchiate, spropositate e possenti, in stridente conflitto con le anteriori, corte e tozze, aperte come sul punto di abbracciare, quelle dita lunghe, simili ad artigli, che sembra lottino per emergere dalla membrana interdigitale che le trattiene, quella pelle nuda, viscida e umidiccia, quasi sopportabile sul dorso verdastro picchiettato dalle macchie scure, ma orribilmente bianca e viscida sul ventre, quel gozzo floscio che riescono a gonfiare di aria in maniera smisurata prima di gracidare fastidiosamente, tutte quelle mostruosità, ecco, gli apparivano orrende e disarmoniche. L'abiezione gli veniva suggerita poi dalla loro esistenza in acque stagnanti, quasi sempre circoscritte, limitate, a nutrirsi di insetti, vermi e lumache. Come per contrasto, amava ripetere, soprattutto a sé stesso, provava grande attrattiva e simpatia per gli uccelli, a parte qualche esemplare più sgradevole, naturalmente, come i pipistrelli, per esempio. Trovava magnifiche le loro ali, le piume, i colori incredibili che riescono ad assumere, l'eleganza delle loro forme affusolate ideali per affrontare il volo, il dispiegarsi delle ali per sostenere le loro evoluzioni nell'aria, i loro becchi multiformi. Ammirava le loro evoluzioni, le posture superbe nei loro momenti di sosta, le infinite modulazioni dei loro canti. E poi la libertà dei loro voli, oltre i confini, le frontiere, i muri, gli stati e i continenti. La sua vita procedeva tranquilla, indubbiamente serena. Non avendo necessità di lavorare, grazie alla cospicua eredità ricevuta dai suoi genitori, prematuramente scomparsi, usciva raramente di casa, solo per lo stretto necessario. Questo finché non si trovò tra le mani, ma sarebbe meglio dire sullo schermo del suo notebook, un articolo in formato pdf di un certo Freeman Dyson che, come ebbe modo di appurare su Wikipedia, era un fisico e matematico. Come mai lui, che non era sicuramente né un fisico né un matematico, fosse stato colpito da un riferimento nei risultati di una banale ricerca su Google tale da indurlo a cliccarci sopra e quindi ritrovarsi l'articolo sul video, può essere compreso notando che il titolo dell'articolo era "Birds and Frogs". Il suo inglese non era mai stato eccellente, appena il minimo sindacale del livello scolastico, ma sufficiente a fargli drizzare le orecchie e stimolargli la curiosità di andare a vedere di cosa si trattasse. Alcuni matematici sono uccelli, diceva Dyson, altri sono rane. Avrebbe dovuto, ragionevolmente, chiudere a questo punto il pdf, un po' perché scritto in inglese, e lui non aveva mai letto in inglese nient'altro che le pagine dei manuali scolastici, peraltro di malavoglia, ma soprattutto perché lui matematico non era, non gli era mai piaciuta particolarmente la matematica, non aveva mai conosciuto matematici, se non i professori a scuola, e non gli fregava assolutamente niente dei matematici e della matematica. Ma il richiamo dei due animali, l'accostamento dei loro nomi, l'incredibile, così assurda gli apparve la cosa, associazione dei nomi ad una razza strana quale quella dei matematici, gli fece decidere di continuare la lettura. Non prima però di avere cautelativamente aperta una nuova scheda del suo browser sul traduttore di Google, il salvatore di tutti gli apprendisti lettori in lingue diverse dalla propria. Gli uccelli volano in alto nell'aria, proseguiva Dyson, e osservano ampie distese della matematica fino a lontani orizzonti. Si dilettano con concetti che unificano le nostre idee e associano problemi diversi tratti da parti diverse del paesaggio. Le rane vivono nel fango sottostante e vedono solo i fiori che crescono nelle vicinanze. Si dilettano con i dettagli di oggetti particolari e risolvono i problemi uno alla volta. Questo discorso gli sembrò sorprendentemente in linea con il suo pensiero, gli apparve come una rivelazione, ne ricavò immediatamente una esaltazione delle qualità dei matematici uccelli rispetto a quelle dei matematici rane. Ma allora, perché limitarsi all'ambito della matematica, si chiese? Perché non chiudere il cerchio e suddividere qualitativamente l'umanità, gli uomini e le donne, in uomini uccelli e uomini rane? Sarebbe stata una semplificazione enorme, un atto di indirizzo, una classificazione euristica, come tra buoni e cattivi, bene e male, angeli e demoni. E lui si sentiva di conseguenza, per sua istintiva natura, portato a collocarsi tra gli uomini uccelli, quelli che volano in alto, liberi e orgogliosi.

L'eccitazione che provò nel raggiungere questa conclusione lo costrinse ad alzarsi dalla sedia accostata al tavolo sul quale era poggiato il notebook e muoversi in giro per la casa. Non riusciva a stare fermo, doveva camminare. Si aggirò nelle varie stanze dell'appartamento, dal salone alla cucina, poi nella sua camera da letto, poi in quella che era stata la camera dei suoi genitori, poi nella stanza riservata agli ospiti, raramente utilizzata, poi di nuovo in salone, quindi nella sua camera, poi sul terrazzo, al quinto piano del palazzo, dal quale si godeva una vista magnifica sulla larga strada in fondo, affollata di macchine e persone, sui palazzi intorno e sul cielo azzurro della città. Gironzolò freneticamente in casa per una buona mezz'ora, prima di ritornare a sedersi e riprendere la lettura dell'articolo. Succede che io sia una rana, ma molti dei miei migliori amici sono uccelli, affermava Dyson. Ne fu sorpreso. Aveva immaginato che Dyson, fisico e matematico, lungimirante nell'operare la distinzione critica tra matematici uccelli e matematici rane, si ritenesse un matematico e un uomo uccello, si collocasse tra i buoni, tra i superiori. Doveva approfondire la questione. Provò a scorrere la biografia di Dyson riportata da Wikipedia. Nonostante non recepisse appieno tutte le informazioni riportate, era evidente la genialità a lui attribuita, la molteplicità dei campi nei quali aveva lavorato e apportato contributi notevoli. Colse anche in vari punti tra le righe la sua grande capacità di associare idee tra i vari campi di suo interesse. Dyson, riportava in particolare Wikipedia, ha lavorato in una serie di campi oltre alla matematica, come topologia, analisi, la teoria dei numeri e le matrici casuali. Proprio riguardo a quest'ultimo campo, evidenziava l'enciclopedia online, nel 1973 il teorico dei numeri Hugh Montgomery stava visitando l'Institute for Advanced Study dopo aver scritto la sua congettura riguardante la distribuzione degli zeri nella funzione zeta di Riemann. Dopo aver mostrato la sua formula al matematico Atle Selberg, gli viene suggerito di mostrare la sua teoria a Dyson. Questo riconosce la formula come la funzione di distribuzione radiale dell'insieme unitario gaussiano e ciò mostra un probabile rapporto tra la distribuzione dei numeri primi ed i livelli energetici dei nuclei degli elementi pesanti, come l'uranio. Al di là dei tecnicismi, si disse, Dyson ha intuito e stabilito un rapporto tra numeri primi e i nuclei degli elementi come l'uranio. E non era questo proprio un esempio di come i matematici uccelli unificano le nostre idee e associano problemi diversi tratti da parti diverse del paesaggio, per usare le parole dello stesso Dyson? Nonostante lui stesso si professasse una rana, era palese che lui fosse un uccello! Un uomo uccello camuffato da uomo rana. Riprese la lettura dell'articolo. La matematica ha bisogno sia di uccelli che di rane, continuava Dyson. La matematica è ricca e bella, perché gli uccelli apportano ampie visioni e le rane forniscono intricati dettagli. La matematica è allo stesso tempo grande arte e scienza importante, perché unisce la generalità dei concetti con la profondità delle strutture. È stupido affermare che gli uccelli siano migliori delle rane perché vedono più lontano o che le rane siano migliori degli uccelli perché vedono più in profondità. Il mondo della matematica è contemporaneamente ampio e profondo, quindi abbiamo bisogno che uccelli e rane lavorino insieme per esplorarlo. Dunque, rifletté, Dyson non ritiene i matematici uccelli migliori dei matematici rane, vede il loro lavoro come complementare. Ne rimase sorpreso e deluso. Magari poteva anche accettare che ci fosse una complementarità operativa tra matematici uccelli e matematici rane, ma ciò non implicava necessariamente una parità qualitativa. Né in fondo Dyson, pur perspicace, doveva avere obbligatoriamente ragione. C'era inoltre un'altra possibilità, che cioè non avesse voluto sbilanciarsi nell'attribuire ai matematici uccelli una intrinseca, doverosa e ovvia preminenza, destreggiandosi diplomaticamente tra i matematici uccelli e i matematici rane. Il suo stesso situarsi tra i matematici rane poteva essere indice di modestia, un trucco, un tentativo di mimetizzarsi, affinché non si pensasse che lui fosse sprezzante nei confronti dei matematici rane. D'altronde, si disse, non necessariamente il parallelo matematici-uomini doveva valere in toto, pertanto nulla escludeva che la sua visione dicotomica tra uomini uccelli e uomini rane fosse legittimamente sbilanciata qualitativamente a favore degli uomini uccelli. Continuò a leggere, per scoprire però che l'articolo si andava facendo dettagliato e complesso, al di là delle sue capacità, con una digressione storica e tecnica a lui estranea, senza che la cosa apportasse sostanziali novità alla sua nuova conquista intellettuale su uccelli e rane, sulla matematica e sugli uomini. Iniziò una lettura superficiale e veloce, saltando interi pezzi e soffermandosi solo sui nomi, molti dei quali non solo matematici ma scienziati a tutto tondo, con la relativa classificazione attribuita da Dyson. Per lo più i nomi e i fatti narrati gli erano sconosciuti, se non qualcuno dei più noti, come Cartesio e Pascal tra i matematici uccelli e Bacone, Darwin e Newton tra i matematici rane. Finì velocemente l'articolo. In fondo l'essenza di tutto stava proprio lì, nelle prime righe, nella parte iniziale.

Allora, in conclusione, la sua idea di una suddivisione tra uomini uccelli e uomini rane era più che ragionevole, era corretta. La preminenza assegnata agli uomini uccelli era lecita. La complementarità tra l'operato degli uomini uccelli e quello degli uomini rane era opportuna, necessaria. Tutto filava liscio come l'olio. Si alzò di nuovo dalla sedia. Andò sul terrazzo, poi in cucina, si affacciò nella camera dei suoi genitori, poi entrò nella sua stanza e si stese sul letto. Tutto era sempre perfettamente in ordine nel suo appartamento, sia perché era il solo a viverci, sia per l'assenza di visite, sia per la sua innata cura della pulizia e dell'ordine, sia per l'accurato lavoro della sua domestica, la stessa di quando lui era ancora piccolo e che faceva le pulizie i casa anche quando erano vivi i suoi genitori. Chiuse gli occhi, gli bruciavano. Vedeva distintamente bellissimi uccelli colorati effettuare incredibili evoluzioni nel cielo, accompagnandole con un canto delizioso, musica pura. Stette a lungo disteso, a guardare gli uccelli nel cielo, lassù in alto, liberi e orgogliosi, come lui, uomo uccello tra gli uccelli. Aprì gli occhi, colto da un pensiero. Gli uccelli apportano ampie visioni e le rane forniscono intricati dettagli, diceva Dyson. Quali erano le sue ampie visioni, si chiese, da contrapporre alla ricerca di intricati dettagli, a legittimare il suo identificarsi con gli uomini uccelli, a validare il suo desiderio di essere un uomo uccello? A lui piaceva giocare a dama. Ad insegnargliela era stato un suo zio, grande appassionato del gioco, quando aveva appena sei anni. Avevano passato ore a giocare insieme a dama, per anni, fino a quando suo zio era morto, una decina d'anni prima dei suoi genitori. Da allora giocava sempre da solo, girando la damiera. Conosceva tutti i trucchi della dama, ogni dettaglio, il che non è poco, nonostante siano gli scacchi ad essere considerati un gioco più sofisticato e complesso. Non riusciva a ricordare chi avesse detto la frase che giocare a scacchi è come contemplare un oceano infinito, mentre giocare a dama è come scrutare in un pozzo senza fondo. E lui amava scrutare quel pozzo. Aveva studiato da geometra, svogliatamente, non certo per vocazione o perché desiderasse diventare geometra, ma perché suo padre aveva ritenuto necessario che lui acquisisse almeno un diploma di scuola superiore e, per esclusione, la scelta era caduta sulla scuola per geometri. Era riuscito a diplomarsi, con un voto finale di poco superiore alla sufficienza, ma poi non aveva voluto proseguire gli studi all'università, né ovviamente aveva cercato lavoro come geometra. Perché farlo poi, visto che non ne aveva affatto la necessità, né i suoi genitori avevano spinto affinché lui lo facesse, ben contenti di averlo accanto e vederlo girare per la casa. La sua materia preferita era la geografia. Già all'inizio della scuola elementare conosceva tutti i capoluoghi di regione italiane, tutte le province, i fiumi, i laghi, le montagne e i mari d'Italia. Crescendo, aveva esteso la sua sapienza all'Europa e via via ai cinque continenti. Avrebbe potuto benissimo partecipare ad un gioco a quiz sull'argomento. Ma dallo studio e dalla passione per la geografia non era scattata in lui la molla del desiderio di viaggiare. La sua era più una passione tassonomica, quella per la geografia, orientata alla classificazione, all'ordinamento e alla pura valenza lessicale, piuttosto che alla conoscenza di luoghi, ambienti e culture. Aveva più volte riflettuto se il motivo di questo suo interesse circoscritto fosse da attribuirsi ad una sua conformazione mentale acquisita nel tempo o ad un fatto innato, genetico. Non era riuscito ad arrivare ad una conclusione inequivocabile, ma era un fatto che i suoi genitori non amassero viaggiare, non erano mai andati più lontano dei dintorni cittadini e non lo avevano mai portato in luoghi diversi che non fossero le vie e i negozi della città, la vicina campagna e la spiaggia marina più prossima. Certo, internet gli aveva aperto un mondo, dal punto di vista delle possibilità di visualizzare e approfondire aspetti specifici di località e paesi lontani, ma la sua preferenza andava all'utilizzo di strumenti come Google Maps, Street View e Google Earth. Di internet non apprezzava assolutamente i social network, troppe chiacchiere inutili e troppa gente, consultava al bisogno Wikipedia ed effettuava sporadicamente ordini di abbigliamento e oggetti di prima necessità su siti di e-commerce. In secondo ordine, dopo la geografia, veniva il richiamo che esercitava su di lui la grammatica latina. Proprio la grammatica latina e non la lingua latina, intesa come studio dei classici latini e della cultura greco-romana. Per lui la grammatica latina era una abilità alla stregua della conoscenza tassonomica che aveva della geografia. Conosceva praticamente tutte le regole e gli piaceva fare gli esercizi di grammatica, come tradurre frasi dal latino e intere versioni. Era totalmente disinteressato agli autori e alle opere in latino, alle vicende della storia durante le quali gli autori erano vissuti e avevano scritto le loro opere, al loro pensiero e alle motivazioni per i loro scritti. Non pochi interessi e conoscenze, si disse. Ma c'erano connessioni e contaminazioni fra i diversi contesti? Aveva mai individuato relazioni fra la geografia e la dama? Vedeva infiltrazioni fra la grammatica latina e la geografia? Trovava schemi e strategie tipiche della dama utilizzabili nel contesto della grammatica latina? Dovette dolorosamente ammettere come i suoi interessi fossero dei nuclei distinti e separati, non c'erano gallerie sotterranee a metterli in comunicazione, non c'erano canali e tracimazioni. Erano stagni isolati. Provò a immaginarsi lui uomo uccello che saliva in alto, sempre più in alto, per ammirare meglio il paesaggio sotto di lui e sentirsi ispirato. Vedeva gli stagni, dai loro confini sfumati, formare come tante macchie di luce sotto di lui. Ma rimanevano sempre sconnessi tra loro, per quanto si sforzasse non riusciva a trovare modi, criteri e idee per farli collassare l'uno sugli altri, fonderli, unificarli in comuni paradigmi. Il suo essere uccello non reggeva alla prova dei fatti. Era una rana, un uomo rana, questa era l'amara verità. Nonostante i desideri, le aspirazioni e le finzioni era confinato nel fango dei suoi stagni a nutrirsi di insetti, vermi e lumache, di intricati dettagli. Era confinato nel suo mondo e nel suo appartamento. Si alzò dal letto. Era sempre perfettamente vestito, anche in maniera ricercata ed elegante. Non amava ciondolare per la casa in pigiama e ciabatte, con la barba lunga e i capelli scomposti. Sarebbe stato disdicevole e irrispettoso verso gli altri e sé stesso, come era solito dire suo padre. Andò dritto verso la camera dei suoi genitori, controllò che fosse tutto perfettamente al suo posto. Passò poi sul terrazzo. Osservò ancora il cielo azzurro sulla città. Volle essere per una volta almeno un uomo uccello. Si lanciò nel vuoto con le braccia aperte, volando.

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