Don't ruin my Christmas - Vko...

Galing kay StelsandCo

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Taehyung è un modello molto famoso a Seoul che per la prima volta dopo sei anni torna dalla sua famiglia per... Higit pa

Prologo: It's Christmas time
Capitolo 1: Welcome back home!
Capitolo 2: I hate people like him
Capitolo 3: Sunflowers field
Capitolo 4: You're useless here
Capitolo 5: The right chance
Capitolo 6:Face the fears
Capitolo 7: : The Sleep of Reason Produces Monsters
Capitolo 8: What are we doing?
Capitolo 9: Doubtful future
Capitolo 10: Please, go away
Capitolo 11: Cry for me
Capitolo 12: I missed you
Capitolo 13: I need you
Capitolo 14: Staying up
Capitolo 15: Two men in love
Capitolo 17: Numb
Capitolo 18: Haeven
Capitolo 19: Give me love
Capitolo 20: Fairytaile
Epilogo: Paradise

Capitolo 16: Haether

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Galing kay StelsandCo

Se c'era una cosa per cui Jimin aveva sofferto per tutta la sua vita era stata la solitudine. Non perché fosse sempre fisicamente solo, anzi, era in costante compagnia della sua famiglia: sua mamma, suo padre e suo fratello. La domanda a questo punto sorge spontanea: dove erano i suoi amici? Beh... Jimin non ne aveva mai avuti. O meglio, non aveva mai avuto qualcuno che fosse realmente interessato a lui. Di solito, per non dire ogni volta, le persone si avvicinavano al biondino solo per arrivare a farsi notare da suo fratello. Taehyung era bello, affascinante, carismatico, furbo e intelligente. Non gli mancava davvero nulla e attirava ragazzi e ragazze come il fuoco attirava le falene. Non c'era mai stato qualcuno che preferisse lui a suo fratello maggiore e questo con il tempo, lo aveva portato ad avere problemi di fiducia, sia in sé stesso sia negli altri. A volte si isolava volutamente per paura di essere sfruttato o preso in giro. Preferiva che le persone arrivassero da sole ai loro scopi che fungere da mezzo o peggio ancora, da ruota di scorta. 

Proprio per questo motivo, quando Yoongi si era interessato a lui dopo il loro incontro fortuito, se così poteva chiamarlo, si era stupito di sé stesso. La loro relazione era nata così velocemente che il biondino credeva fosse tutto un sogno e che presto si sarebbe risvegliato. Ma il loro rapporto aveva continuato a consolidarsi e con esso la paura in Jimin di perdere il maggiore che si era tradotta nel celare anche la sola esistenza del proprio fratello. Di certo non si sarebbe mai immaginato che l'assistito di Yoongi fosse proprio lui. Il corvino non si era mai espresso sul suo lavoro; quando era con Jimin preferiva di gran lunga parlare d'altro invece di concentrarsi sulla sua principale fonte di stress. 

Questa nuova scoperta aveva portato il biondo a covare un profondo timore che voleva esprimersi in una domanda. Purtroppo però, non riusciva a pronunciarla, non in quel momento, con Yoongi ancora dentro di sé che gli accarezzava la pelle delle braccia, ricoperta ormai di brividi; non con le proprie mani che giocavano con le sue ciocche nere, morbide e soffici come seta; non dopo tutto quel tempo passato l'uno distante dall'altro. Avrebbe atteso... ancora un po'. 

«Credo tu me l'abbia consumato» disse improvvisamente il maggiore tra i due, con la guancia schiacciata sul petto del più piccolo, completamente rilassato su di lui. In effetti, da quando si era svegliato, Jimin lo aveva tenuto sveglio a modo suo per più di un'ora e la stanchezza cominciava a farsi sentire.

«Dai, non fare l'esagerato» ridacchiò appena Jimin, abbassando lo sguardo sul suo capo, alzando appena le ginocchia. «Non ti ho sforzato poi chissà quanto».

«Non me lo sento più» sussurrò ancora il corvino, chiudendo gli occhi, mettendo sù una delle sue espressioni teatrali che sempre facevano ridere il più piccolo. «è ancora lì?» chiese, alzando un sopracciglio, rimanendo immobile sul suo corpo.

Jimin non potette non scoppiare a ridere, scuotendo il capo, gettandolo all'indietro, contro l'involucro morbido del proprio cuscino. «Ancora dentro e presente signore» rispose, baciandogli poi la fronte.

Anche il maggiore rise insieme all'altro, accarezzandogli appena il petto, disegnando dei piccoli ghirigori circolari sulla sua candida pelle. Gli occhi che Yoongi riservava a Jimin erano sempre così luminosi e diversi da quelli che presentava di solito. Il più piccolo rimaneva sempre affascinato dal suo sguardo e quasi non si capacitava del fatto che qualcuno potesse dedicargli così tanto amore anche solo stando fermo a guardarlo. Spesso pensava che era fin troppo per lui, fin troppo per un semplice ragazzino di provincia. In tutto quel tempo, non aveva mai espresso le sue insicurezze al maggiore, perché sapeva che Yoongi era un tipo deciso che meritava a sua volta una persona sicura di sé e non un bambino impaurito di perdere la propria possibilità di essere felice. 

«Credo sia l'ora di pranzo» disse poi Jimin, voltando il capo per controllare l'ora sul display della sua sveglia digitale. «Siamo qui da tanto» disse, stiracchiandosi appena, mugolando appena si rese conto di essersi dimenticato del piccolo particolare di Yoongi ancora dentro di sé. «Yoon...».

Il maggiore dal canto suo, aveva ancora gli occhi chiusi e stringeva il più piccolo per la vita, senza muoversi di un centimetro. «Si?» chiese come se nulla fosse, accarezzando la pelle lattea del corpo sotto al suo. 

«Dovremmo andare» sussurrò il biondo, accarezzandogli la lunghezza della schiena con i polpastrelli, baciandogli il capo. «So che stai comodo ma mia madre ci tiene alla puntualità a tavola» continuò ridacchiando appena, guardandolo attentamente. 

«Si, ora scendiamo» rispose il maggiore, stringendo comunque le braccia attorno alla vita dell'altro che si lasciò sfuggire un piccolo mugolio.

«L'abbiamo detto anche mezz'ora fa... comincio a non fidarmi» ridacchiò Jimin, scuotendo il capo. «Su forza» continuò, alzandosi piano con il busto mentre il maggiore sospirava, rimanendo con gli occhi fissi sul suo volto. 

Jimin arrossì al suo sguardo, distogliendo il proprio, mordendosi il labbro inferiore, prima di scuotere il capo e tornare a guardarlo. «Come fai a rendermi felice anche solo stando fermo?» sussurrò, guardandolo con occhi luminosi.

«Immagino che ognuno abbia i propri talenti» rispose il maggiore, dandosi un'aria vanitosa così poco consona allo Yoongi che il più piccolo aveva imparato a conoscere. Per quanto poco si fossero visti, il biondino era convinto di conoscere il corvino meglio di chiunque altro. Ed in effetti era così: Yoongi non amava fare amicizia, non era una persona socievole; né tantomeno qualcuno che passa il suo tempo a rimorchiare ragazzi e ragazze a destra e manca. Anzi, per ciò che il minore sapeva di lui; il più grande era un lupo solitario e lo era stato sempre. 

Jimin sorrise, abbassando appena il capo per baciarlo dolcemente sulle labbra, premendo lentamente le proprie contro quelle del corvino, sfiorandogli il naso, stringendo le braccia attorno alle sue spalle. «Dovremmo proprio scendere, si» disse dopo qualche secondo di silenzio, spingendo il più grande per le spalle.

Il maggiore sorrise trionfante, alzandosi e stiracchiandosi per bene la schiena, emettendo svariati schiocchi che non sorpresero affatto il biondino. Yoongi era sempre indolenzito, questo perché si muoveva poco. Non amava svolgere attività fisica anche se comunque si manteneva in forma.

Jimin sospirò, alzandosi per prendere a vestirsi. Sentiva gli occhi di Yoongi su di sé e sorrise; era perfettamente a conoscenza dell'effetto che aveva sul più grande. Era incredibile con quanta facilità riuscisse a farlo cedere. Era come se fosse stato costruito su misura per lui e in un qualche modo questo lo rassicurava. Aveva il costante timore di non essere abbastanza e in qualche modo, il più grande riusciva a farlo sentire come l'unico ragazzo sulla terra. Era una di quelle sensazioni che riesci a provare con una sola persona nella vita e rendeva Jimin così felice che spesso si domandava se fosse tutto reale o se stesse solo facendo un bel sogno dal quale si sarebbe presto svegliato. L'incredulità di chi è sempre stato scartato, rimpiazzato ed usato. 

«Yoon, hai portato la felpa nera?» chiese il più piccolo, dopo aver indossato la biancheria intima, voltandosi di verso il corvino che era intento ad allacciarsi i pantaloni.

«Mh mh» rispose Yoongi, afferrando la sua camicia e indossandola elegantemente, senza alzare lo sguardo sul corpo del biondino, ben sapendo quanto potere avesse su di lui. «La vuoi?» chiese poi, dopo essersi abbottonato la camicia per metà.

Jimin sorrise, dicendogli di si e ben presto sembrò un bambino con indosso i vestiti del padre, cosa che faceva sempre sciogliere il corvino che non potette evitare di sorridere come un'idiota alla tenerezza del ragazzo. «Lo sai che sei adorabile?» gli chiese dunque, abbracciandolo e baciandogli piano una guancia.

Il biondino arrossì, portando le mani sul suo petto, nascondendosi contro il suo collo. «Smettila di dire queste cose» disse, colpendogli giocosamente una spalla, chiudendo gli occhi, facendo ridacchiare il più grande che scuotendo il capo gli diede una piccola pacca sul sedere.

«Forza, andiamo» rispose Yoongi, staccandosi dal più piccolo che si diresse ad aprire il cassetto di mezzo del proprio comodino, tirandone fuori un paio di calze nere che fecero alzare un sopracciglio al corvino.

«Da quando indossi le calze?» chiese dunque confuso il più grande, incrociando le braccia al petto, osservandolo con attenzione mentre le indossava, facendo scivolare il tessuto liscio lungo le sue cosce morbide. 

«Perché mi piacciono» rispose il biondo tenendo il tessuto pesante della felpa dell'altro all'altezza della sua vita, osservando il profilo del suo sedere allo specchio. «E devi ammettere che mi stanno da dio» continuò, sorridendo divertito, prima di abbassarsi l'enorme indumento.

Yoongi rimase a guardarlo con la gola secca e gli occhi appena sgranati dalla sorpresa per quella risposta così audace da parte di Jimin, prima di scoppiare appena a ridere e scuotere il capo. «Si, sei proprio il fratello di Taehyung».

«Perché Taehyung mette le calze?» chiese il minore, alzando un sopracciglio, incrociando le braccia al petto, osservandolo incuriosito. «E tu come lo sai, signorino?»

«Ti ricordo che sono quello che lo sveglia al mattino» ridacchiò l'altro, andando ad abbracciare il suo ragazzo da dietro, dondolando appena sul posto insieme a lui. «E sai...» portò una mano lungo il fianco della sua coscia, mordendosi il labbro. «A te stanno molto meglio».

Jimin ridacchiò, scuotendo il capo, voltandosi tra le sue braccia, circondandogli il collo con le proprie, facendogli nasino. «Ottima risposta» sussurrò, prima di baciarlo con sensualità, intrufolando le dita tra le ciocche dei capelli del corvino che ridacchiò appena all'interno del bacio, prima di staccarsi. «Andiamo, prima che te li strappi di dosso», sorrise, prendendogli dunque la mano, trascinandolo fuori dalla camera e giù per le scale. 

Quando arrivarono difronte al resto della famiglia, ancora intenta a servire il pranzo, i due si scusarono per il ritardo, cercando di ignorare le occhiate divertite dei presenti che sapevano palesemente cosa li aveva trattenuti così tanto. Ma infondo, come potevano biasimarli? Dopo tanto tempo che non si vedevano, era logico che desiderassero spendere del sano tempo insieme.

Taehyung alzò lo sguardo sull'outfit del fratello, assottigliando appena gli occhi quando vide le calze nere che indossava. «Dove le hai prese quelle?» chiese con tono tra il sospettoso e l'accusatorio. «Da quando in qua li indossi?».

Jimin sospirò completamente esausto dalle manie di protagonismo del più grande, prima di scuotere il proprio capo e rispondere arrendevolmente. «Sono mie, le ho prese dal mio cassetto e le indosso già da un anno. Da quando in qua devo fare il resoconto del mio cambiamento di stile ad ognuno di voi? Saranno cavoli miei ciò che mi piace o non mi piace indossare?» detto ciò, il minore si sedette al fianco di Yoongi che subito fece scivolare una mano sulla coscia del proprio ragazzo, ridacchiando appena. Non erano molte le persone che riuscivano a zittire Kim Taehyung, ne tantomeno a rispondergli a quel tono. Erano sempre tutti intimoriti da lui per quel suo fare saccente e poco affabile. In quell'attimo, si sentì davvero fiero del suo fidanzato.

Ma, ovviamente, il fratello maggiore non poteva di certo rimanere zitto. Era pur sempre abituato ad avere l'ultima parola e con tutta la sfrontatezza che riuscì ad accumulare disse: «Beh, immagino che a Yoongi piacciano, no? Le metto sempre io» disse, alzando un sopracciglio, voltandosi verso il proprio manager che sgranò gli occhi a quell'affermazione.

Jimin, così come Jungkook, si voltarono di scatto verso i propri rispettivi partner con gli occhi di chi aveva già intuito ci fosse qualcosa che non quadrava. «Scusami?» disse il biondino, mettendo sù un espressione nervosa che cercava di nascondere tutta la sua preoccupazione. Forse stava arrivando il momento di porre quella domanda che gli faceva così tanta paura e che, con molta probabilità, avrebbe fatto avverare il suo più grande incubo.

«Che c'è?» chiese Yoongi, guardandolo con la faccia di chi non ha nulla da dire ma Jimin lo conosceva bene. Sapeva perfettamente che dietro quella faccia d'indifferenza ci fosse del timore. Sapeva che si sarebbe ritrovato ben presto in una situazione scomoda e imbarazzante.

Taehyung ridacchiò appena, scuotendo il capo. «Spero che non starete pensando che io e lui... bleah, ma te lo immagini?» disse con tono incredulo. «Nulla del genere».

Nonostante le parole di suo fratello, che parvero tranquillizzare in parte Jungkook, il fratello minore dei Kim continuava a tenere lo sguardo fisso su Yoongi. Le sue pupille fremevano e i suoi pugni incominciarono a stringersi. «Giuralo, Yoongi». Lo sapeva; lo aveva passato troppe volte per non saperlo. Lo aveva sentito arrivare, così come lo aveva intuito tutte le altre volte che gli era successo.

Yoongi ci mise qualche secondo per rispondere, tenendo gli occhi fissi sul proprio piatto ancora vuoto. Le parole gli uscirono di bocca appena tremanti, travestite da verità ben-celata: «Lavoro solo per lui. Non è mai successo niente». Ma agli occhi di Jimin, tutto era sembrato esattamente per com'era: un'enorme, tremenda e dolorosa bugia.

Il biondo spostò lo sguardo sulle proprie ginocchia: le dita di Yoongi avevano allentato la presa e stavano lentamente scivolando via dal tessuto morbido delle sue calze. Bastò qualche secondo per sentire quella tremenda sensazione perforargli lo stomaco e salire lungo il suo esofago, fino a stringergli la gola con forza, impedendogli anche solo di respirare. Si alzò di scatto dalla sedia, attirando tutti gli occhi su di lui, prima di correre su per le scale. La testa gli vorticava, le gambe gli tremavano, il respiro stava incominciando a mancare e velocizzarsi, nel tentativo di tenere il suo corpo ben ossigenato. Raggiunse la sua camera, aprendo la porta con forza, prima di cadere in ginocchio. Osservò la mouquet grigia del suo pavimento, prima che le iridi si soffermassero sulle sue calze. Si passo le dita sulle cosce, percependo la ruvidezza del tessuto sotto di loro, prima di afferrarle, sentendo le unghie impigliarsi ai fili di lana, prima di strapparli con forza, sfilandosele con rabbia, gettandole nel cestino.

Yoongi lo seguì di corsa, salendo le scale a grosse felpate, lasciando il resto della famiglia in un'aria confusa e preoccupata. La signora Kim, spostò lo sguardo su suo figlio, fulminandolo con i suoi occhi di consapevolezza. Era una madre: conosceva perfettamente i propri figli e sapeva che le parole del maggiore erano state pronunciate, seppur impulsivamente, per ferire il più piccolo. Sapeva che Taehyung, per quanto cambiato potesse essere, era pur sempre il figlio che li aveva abbandonati per sei lunghi anni. «Dovevi proprio farlo, non è vero Taehyung, eh?» alzò appena la voce la donna, venendo fermata dal marito che le strinse la mano. 

«Non ne vale la pena, Mihyun» sussurrò, scuotendo il capo. 

Jungkook teneva gli occhi fermi sulle proprie mani e senza alzarli neanche per un secondo, disse: «Che cosa hai fatto, Taehyung?».

Il bersaglio delle domande insistenti della sua famiglia rimase in silenzio per qualche secondo, colpito da quella profonda e intrinseca atmosfera di accusa e senso di colpa. «Non ho fatto niente. Lui è solo il mio manager... per me è solo lavoro».

«Per te?» chiese subito il corvino, voltando il capo verso di lui di scatto. «Che cosa vuoi dire con "per te?"».

Taehyung chiuse gli occhi, scuotendo il capo. «Sai perfettamente a cosa mi riferisco». 

Jungkook sospirò, passandosi le mani sul viso, prima di portarle tra i suoi capelli. «Dio Santo».

Al piano di sopra, Yoongi raggiunse Jimin, sgranando gli occhi. «Jimin! Che stai facendo!» disse, inginocchiandosi al suo fianco. «Alzati».

Il minore non si mosse di un millimetro, voltandosi lentamente verso di lui. Le sue iridi erano piene ma al contempo così vuote. Era la prima volta che il corvino si sentiva osservare senza essere effettivamente guardato dall'altro. Fu in quel momento che seppe che quella volta lo aveva ferito. 

«Quando è successo, Yoongi» chiese con non seppe quale forza Jimin, guardandolo con gli stessi occhi vuoti, le braccia morte ai lati dei suoi fianchi, li ginocchia nude, appena graffiate strette sul pavimento. 

«Jimin...» il maggiore scosse il capo, portando una mano sul suo volto. «Non è come credi, davvero, lascia che mi spieghi». Ma il più piccolo non si lasciò toccare così facilmente. Scostò il volto con forza, scacciandogli il braccio. «Quando. è. successo» scandì ogni parola e sta volta il suo tono era pieno. Al contrario dei suoi occhi. Al contrario del suo cuore.

Yoongi si sentì una persona così terribile quando incominciò a parlare. Si sentì come se stesse per infilare un coltello dritto tra le costole del più piccolo e Jimin, in qualche modo, avrebbe preferito un dolore fisico a quello che stava per procurargli. «Poco prima di incontrarti». 

«Quanto poco» sussurrò il biondo, sentendo i suoi occhi inumidirsi, cercando di trattenersi dall'esplodere. Lo sapeva. Eccome se lo sapeva. Lui era Park Jimin, lui non poteva avere qualcosa se per prima non era passata tra le mani del suo bellissimo, affascinante ed incredibile fratello.

«U-una settimana circa. Mi ero preso quella vacanza per riprendermi dal suo rifiuto». Le parole del maggiore arrivarono con così tanta violenza ai timpani dell'altro che per poco il più piccolo non trattenne un conato di vomito. E invece Jimin rise. Jimin rise così tanto, mentre le lacrime incominciarono a scivolare lungo le sue guance. «Come sono stupido... "Ho messo le calze come Taehyung" eh? "Sono il manager di Taehyung" eh?» scosse il capo, portandosi un polso ad asciugarsi il volto. «Come diamine ho fatto a non capirlo» sussurrò.

«Jimin no... non dire così, non è per niente quello che stai pensando. Io non penso più a lui da molto tempo ormai» disse Yoongi, cercando di prendergli le mani.

«Non toccarmi» lo interruppe Jimin, scuotendo il capo. «Ed abbi la decenza di stare zitto» sputò con rabbia. «Non lo pensi più eh? è per questo che mi hai scopato la sera stessa di avermi incontrato, non è così? Avevi bisogno di uno sfogo per la tua frustrazione, non è vero?» disse ridacchiando, anche se dentro di sé non stava per niente ridendo e le sue lacrime lo dimostravano. «Come ho potuto credere che qualcuno volesse me...» scosse il capo, passandosi le mani sul volto. «Come ho potuto credere che qualcuno scegliesse me al posto del bellissimo, fantastico, super Kim Taehyung» si alzò di scatto.

«Jimin, io amo te, stai fraintendendo tutto!» disse Yoongi, prendendogli il polso, guardandolo in viso. «Ti prego, non fare così».

«Allora dimmi che se Taehyung ti avesse concesso una possibilità, tu ora saresti esattamente dove sei ora» disse voltandosi per guardarlo dritto negli occhi. «Guardami negli occhi e dimmelo».

Il maggiore scosse il capo, non riuscendo a reggere il suo sguardo. «Non ci conoscevamo neanche Jimin...».

«Ho detto dimmelo» insistette il biondo, stringendo i pugni, guardandolo con gli occhi lucidi di chi sta per esplodere in una crisi di nervi.

«Jimin. Conosco tutto di lui, non starebbe mai con uno come me» rispose il corvino, scuotendo il capo. «Ho subito lasciato perdere, te lo giuro. Non provo nulla per lui» tentò di avvicinarsi al minore con l'unico risultato di farlo arretrare di più.

«Non era questa la mia domanda, Yoongi!» ribattette l'atro con rabbia. «Saresti stato con me si o no?» urlò con rabbia, sputandogli le parole in pieno viso.

«No!» rispose esasperato il maggiore. Ed in quel momento il mondo di Jimin crollò definitivamente. Rimasero immobili a guardarsi negli occhi per un tempo che al più piccolo parve interminabile. Yoongi avanzò di qualche passo, alzando le mani tremanti verso il suo volto. «Jimin... per favore... io.. io amo te» scosse il capo, prendendogli una mano. «Sono qui con te, questo è ciò che conta».

Jimin scosse il capo, spingendolo via, correndo a chiudersi in bagno, girando velocemente la chiave nella serratura. Scoppiò in lacrime, sentendo il proprio corpo tremare fin sopra la punta dei suoi capelli. 

«Jimin!» lo chiamò Yoongi da fuori, afferrando la maniglia e cercando di aprire la porta ma il minore non sentiva nemmeno la sua voce. Crollò sulle sue ginocchia, poggiando la fronte sulle piastrelle fredde del bagno, singhiozzando e cercando di respirare.  Calmo Jimin... calmo Jimin... sta calmo. Si alzò, tenendosi con le mani al lavello, osservando il suo riflesso allo specchio. Era in condizioni pessime, ma mai quanto quelle del suo cuore in quel momento. Scosse il capo, strizzando gli occhi per liberarsi gli occhi dall'acqua salata che li inondava ed ecco che i soliti pensieri tornarono, quei pensieri che fra tutti, proprio Yoongi aveva riportato alla luce. 

Sei solo un sostituto.

Come hai potuto pensare di essere speciale per qualcuno? Insomma guardati Jimin, guarda che cosa sei.

Come sempre Jimin, non ci sei ancora abituato? Ti stupisci ancora.

Non sarai mai alla sua altezza. Non sarai mai bello quanto lui. Non sarai mai altrettanto importante. Non sarai mai abbastanza.

Si strinse nelle spalle, lasciandosi inondare da quelle parole; lasciandosi colpire da ognuna di loro come proiettili incandescenti. Si passò le mani lungo le braccia, sulle guance, arrivando alle ciocche dei suoi capelli biondi che non riuscì a non tirare con forza, prima di esplodere in urla di rabbia e frustrazione. In urla trattenute per troppo tempo nel suo inconscio che era arrivato il momento di lasciar uscire fuori. Uno dei suoi pugni raggiunse lo specchio che si frantumo in mille pezzi, così come stava crollando lui; così come si sentiva lui: A pezzi. 

Crollò sulle proprie ginocchia sentendo in quel momento il dolore delle piccole schegge di vetro che si incastravano nelle fibre della sua epidermide.

«JIMIN!»


Angolo autrice:

Ed eccoci arrivati al tanto atteso capitolo 16! Mi dispiace enormemente per questo ritardo ma sfortunatamente ho contratto il covid-19, presentando anche dei sintomi che mi hanno impedito di terminare la stesura di questo capitolo. Sono ancora positiva, ma per fortuna sto molto meglio, quindi non preoccupatevi per me!

Cosa ne pensate di questo capitolo? Lo so è tanta roba ma spero che non vi dispiaccia del sano drama.

Chissà ora cosa accadrà alla famiglia Kim e quali saranno le conseguenze di questa strana situazione.

Come al solito oltre alla fanart, c'è la canzone che mi ha ispirato per il capitolo! Ascoltatela se non la conoscete!

Detto ciò. Alla prossima,

Stels&Co.


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