BADLANDS II

By CatsLikeFish

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➡️ Storia in corso ▶️ Sequel di Badlands 🦋🦋🦋 Questa storia contiene scene esplicite ed il linguaggio non... More

BADLANDS II
When you think of love, do you think of pain?
Innocence died screaming, honey, ask me I should know
Do You really want me dead or alive to torture for my sins?
Do you want my presence or need my help? Who knows where that may lead
How are you all around me when you're not really there
With my feelings on fire, guess I'm a bad liar
Wish you knew that I miss you too much to be mad anymore
You've got a fire inside but your heart's so cold
Use the sleeves on my sweater, Let's have an adventure
And oh we started Two hearts in one home
Dancing through our house with the ghost of you
Would you rescue me? Would you get my back?
What am I now? What if I'm someone I don't want around?
Will you still love me when I'm no longer young and beautiful?
Due parole su Badlands
And my daddy said, "Stay away from Juliet"
Sleep with me here in the silence Come kiss me, silver and gold
We weren't perfect But I've never felt this way for no one
Baby kiss me, before they turn the lights out
'Cause I've done some things that I can't speak
I know you wanna go to heaven, but you're human tonight
I spend her love until she's broken inside
If it's not you, it's not anyone
End
Seconda parte
XXV
XXVI
XXVII
XXVIII
XXIX
XXX
XXXI
XXXII
XXXIII
XXXIV
XXXV
XXXVI
XXXVII
XXXIX
XL
XLI
XLII
XLIII
XLIV
XLV
XLVI
XLVII
XLVIII
XLIX
L
LI
LII
LIII
LIV
Epilogo: parte uno
Epilogo: parte due
Epilogo: parte tre

XXXVIII

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By CatsLikeFish

🔴

Il giorno seguente veniamo separati sin dalla mattina: mia madre mi porta per negozi a sperperare i soldi di John senza ritegno, mentre Alexander e suo padre vanno a qualche noiosissima fiera agricola.
Mi immagino la faccia di Alexander nell'apprendere di dover trascorre la giornata tra cantine vinicole, trattori e fango.
Per un astemio con l'ossessione per la pulizia dev'essere uno spasso.
La prossima volta già che c'era poteva portarlo in un convento di frati cappuccini.

Questo sarà l'ultimo giorno che trascorreremo qui, perciò John e mia madre decidono che stasera andremo tutti insieme a cena fuori.
Vorrei darmi per dispersa, ma alla fine so che dovrò andarci per forza, quindi tanto vale mettersi l'anima in pace.

Nel pomeriggio mi rilasso un po' in camera godendomi la brezza fresca che arriva dalla finestra.
I miei pensieri si accavallano rumorosamente.
Ogni volta che sono da sola.
Ogni volta che chiudo gli occhi. Quel rumore, poi il sangue.
E forse non riesco ad ammetterlo a me stessa, ma ogni volta che guardo Alexander negli occhi, provo una piccola fitta al cuore. Un piccolo riassunto di quel momento così terribile.

- Tua madre sta riposando, tra poco andiamo a farci un giro in spiaggia. Vieni?-

Alexander mi sorprende sullo stipite della porta. Ha i capelli spettinati e una canottiera larga che mette in mostra le sue spalle bruciacchiate dal sole.

Puoi essere meno perfetto?

-Secondo te ho voglia di andare in spiaggia?-

Gli indico la mia faccia rossa come il fuoco.

Lui sta sorridendo divertito.
- Ti ho portato del dopo sole, sciocca.- esclama mostrandomi cosa nasconde dietro alla schiena.

-Oh. Grazie.-

Alexander chiude la porta e ci mette pochi secondi ad ordinarmelo.

- Ora però togliti quel vestito.-

Mi metto su a sedere, non posso fare a meno di ridacchiare nell'udire le sue parole risolute.
- Non ci giri in torno tu, eh...-

-Non essere maliziosa, voglio solo stenderti questo.- aggiunge lui arrivando ai piedi del letto.

-Pensi non sappia farlo da sola?- chiedo mettendomi in ginocchio sul materasso.

Alexander compie un giro per sorprendermi alle spalle.
-Non bene come lo faccio io.-

Lo sussurra nel mio orecchio facendo scivolare subdolamente le labbra dove il mio collo incontra la mandibola.

Okay, ho già caldo.

Così mi sfilo il vestito, Alexander appare confuso quando vede che lo lancio a terra restando in mutande.

- Juliet??-

- Ho appena fatto la doccia e ho la pelle così arrossata che non sopporto neanche il reggiseno.- mi giustifico piagnucolando.

-Stenditi a pancia in giù.- sputa infastidito dalle mie lamentele, prima di sparire in bagno.

E ora dov'è andato?

Faccio come mi dice, stavolta però non riesco a rilassarmi. Non ho idea di cos'abbia in mente, dovrei aver paura?
I suoi passi pesanti tornano vicini, poi lo sento mettersi a cavalcioni su di me restando con il bacino sollevato per non schiacciarmi.

- Voglio un bel massaggio.- cinguetto.

- Farò il possibile, signorina.-

Mi aspettavo che cominciasse a stendere la crema, invece la posa sul materasso e con entrambe le mani raccoglie i miei lunghi capelli.
I miei occhi si spalancano quando la vedo vicino alla mia faccia, sta sul materasso e ce l'ha messa lui.
La mia spazzola.

- Alex...-

-Rilassati...- sussurra con voce inquietante.

Una scarica di brividi attraversa la mia spina dorsale quando vedo la sua mano impugnare la spazzola.
La tensione dura per qualche istante, il tempo sufficiente per togliermi il respiro.
Ieri gli ho detto di non toccarmi perché i lividi facevano troppo male, ma ora riuscirà a resistere?

Le mie domande però, trovano pace nel momento in cui lo sento districare i miei capelli con le dita, prima di spazzolarli.

- È inutile chiedertelo, vero?-

- Chiedermi cosa, Juliet?-

- Chiederti che stai facendo.-

- Hai i capelli arruffati, te li sto pettinando. Ora te li tiro su così posso farti un massaggio. Semplice, no?-

Sento un leggero ghigno provenire dalle sue labbra perfette.
Il solito sadico.
Non può torturarmi fisicamente, così lo fa mentalmente.

Alexander comincia a lasciarmi piccoli baci sulla schiena, è una dolce coccola prima che il freddo della crema colpisca la mia pelle rovente.
Le sue mani lente prendono a massaggiare le mie spalle, poi la mia schiena, effettuando quella pressione che basta per farmi rilassare completamente.

- Wow.- mormoro affondando con il viso nell'incavo del mio avambraccio.
- C'è qualcosa che non sai fare, Alexander?-

Lo sento sorridere mentre i suoi polpastrelli scendono a massaggiare la mia zona lombare.

-È troppo?- domanda pigiando un po' di più sui miei muscoli contratti.

-È perfetto.-

Chiudo gli occhi lasciandomi cullare dalle sue mani, ma ho un leggero sussulto non appena mi abbassa le mutande; sento le sue dita sfregare avide sulla pelle arrossata del mio sedere.

-Alex...-

La sua mano sorpassa il mio fondoschiena e arriva dritta alla mia intimità esposta.

-Devo dedurre che sia di tuo gradimento.-

Il suo pollice si inumidisce fino a bagnarsi completamente dentro di me.
Lo striscia verso l'alto sfiorandomi dove mai nessuno mi ha toccata.

Le mie gambe si irrigidiscono all'istante.

- Tranquilla, non ti faccio niente.-

Rilascio il respiro che avevo trattenuto per qualche secondo.

-Girati.- ringhia senza troppi complimenti.

Quando ruoto verso di lui, lo vedo compiere una smorfia sofferta per poi aggiustarsi l'erezione ormai imponente che erge dai pantaloncini.
Anche questo l'ha fatto apposta, ovviamente.
Faccio per posizionarmi con la schiena contro il materasso, quando lui blocca entrambi i miei polsi tra le sue mani forti.

- Dovresti aver capito che puoi fidarti di me, non ti farei niente che non vuoi.- dice scrutandomi serio.

Mi guarda così attentamente che sembra voglia risucchiarmi l'anima attraverso quelle iridi scure.

- Di sicuro tu lo vuoi...- lo provoco per cercare una sua reazione.

- Ma tu non sei ancora pronta.-

Crea una stretta così soffocante intorno ai miei polsi da farmi gemere.

- No. Io non voglio, è diverso. Ci saranno cose che non vorrò fare, mettitelo in testa.- asserisco decisa.

Mi sa che qui dovremo fare un bel discorsetto io ed il signor "farai tutto quello che ti chiederò".

Perché così mi aveva detto quando ci eravamo appena conosciuti... E di sicuro non si era sbagliato.

-Mhm. Ora devo scendere, mi aspettano.-

-Quando.. quando possiamo parlare?- domando mentre Alexander mi porge il vestito con cui mi copro prontamente.

- Stasera.-

La sua replica è fredda. Le sue labbra sono immobili ma i suoi occhi sono più caldi del solito.
Sento una stretta alla pancia ogni volta che mi guarda così.

Questo suo modo di fare però, mi destabilizza: penso che voglia fare una cosa quando poi ne fa completamente un'altra.

- Devi proprio andare?- sussurro sfiorandogli il polso che ciondola lungo i suoi fianchi.

Sto aspettando una sua reazione, una sua risposta, ma Alexander sembra essere rapito da altri pensieri, così ne approfitto per attirarlo a me. Lui non oppone resistenza e in un attimo le sue labbra sfregano sulle mie, mentre spinge il peso del suo corpo contro il mio stomaco.

-Juliet è meglio se vad...-

Non lo ascolto neanche, sono troppo impegnata ad abbracciare il suo bacino con le gambe.

- Catherine si starà per svegliare, devo tornare giù.- biascica staccando a fatica le labbra dalle mie.
Le mie mani affondano nella sua schiena, lo trattengo dalla canottiera con due pugni stretti.
Il suo profumo è sempre così buono, è una droga di cui non posso fare a meno.

-Rimani, ti prego.- lo supplico in preda alla pazzia. Il mio corpo è di nuovo scollegato dal mio cervello, Alexander è capace di farmi provare cose così piacevoli e contrastanti, che resto sempre spiazzata.

- Vuoi usarmi e farti una sveltina?- mi chiede con sguardo accigliato, mentre la sua erezione prominente nascosta dal cotone sfrega duramente contro le mie mutande.

-Beh... -

Divarico le gambe, invitandolo a continuare con quello strusciamento tutt'altro che innocente. Ma che mi prende??

-Lo sai che tu non decidi proprio niente vero, piccoletta?-

-Alex...-

E dai, ancora un bacio.

Lui si allontana e con gli occhi conficcati nei miei, si fa strada tra le mie gambe. Sento la sua lingua calda leccare l'interno della mia coscia con una lentezza quasi dolorosa.

Tortura, non c'è altro modo per definire ciò che fa al mio corpo.

-Fa la brava e rimettiti le mutande. Subito.- ordina prima di rivolgermi un ghigno.

Grazie tante, prima vieni qui mi sconvolgi il pomeriggio e poi te ne vai?

E lui invece che ansarsene rimane con la spalla contro lo stipite della porta.
Lo guardo. Un pensiero mi colpisce come un fulmine a ciel sereno.
Sono offuscata.
La mia mente è offuscata: sarà l'amore che provo per lui, sarà la nostra chimica così forte da non permettermi di staccargli le mani di dosso ma... conosco Alexander da un anno ormai.

-Che diavolo ti guardi?- sputa sbrigativo.

Guardo te e i tuoi occhi bellissimi occhi.

E se la smettessi di essere così pazza di lui? E se mi levassi questo velo dagli occhi?
Cosa accadrebbe?
Mi basterebbe il nostro rapporto?
Senza i ti amo, senza le dichiarazioni d'amore, senza aver definito la nostra relazione?

No. Io devo sapere cosa gli passa in quella testa.

-Allora stasera possiamo parlare?- insisto tirandomi su a sedere.

-Sembri seria.-

-Beh lo sono.- annuncio senza abbassare mai lo sguardo.

-Mhm. Vedremo.-

"Vedremo" un accidente!

-Sì, devi dire sì, Alex.-

Lui però sorride facendomi sciogliere come gelatina al sole. -A stasera piccoletta.-

🥑

Sono terribilmente irrequieta. Sento caldo e non riesco neanche a concentrarmi nel guardare Netflix.
Così mi rivesto e scendo di sotto a cercare qualcosa da mangiare. Strano, di mia madre non c'è traccia in cucina.
Sgranocchio una mela svaccata sul divano mentre scrollo Instagram.
Dovrei ingrassare o dimagrire? Non riesco a capire che che razza di stereotipo sia questo: è pieno ragazze che popolano la mia homepage ma sono così artefatte che la loro presunta bellezza inizia a confondermi.

-Juliet.-

Una voce mi prende alla sprovvista.

-John.-

Anche John è lievemente abbronzato, sotto a quella maglia a maniche lunghe che indossa.
Lo scruto con occhi bassi.
Per avere quasi cinquant'anni non è affatto brutto, c'è qualcosa di Alexander nel suo sguardo, ma poi a guardalo bene non gli somiglia un granché. Ha gli occhi chiari e i capelli castani che virano sul biondo, Alex senza dubbio assomiglia di più a sua madre.
John però ha lo stesso fisico slanciato di suo figlio.

-Che succede, Juliet?-
Appare stranito nel vedere come lo osservo con interesse.

-Oh niente.-

-Juliet.. volevo dirti che..-

Oh, no. Riconosco quel tono. Sta per partire una predica delle sue.

-Anche se credi che io voglia ostacolarvi o mettermi tra di voi, quello che faccio o dico... è solo per il tuo bene. E per quello di Alexander.- asserisce con le mani sui fianchi.

- È solo per Alex. Puoi dirlo. Io non sono tua figlia.-

- Juliet, farei qualsiasi cosa per vedervi entrambi felici. Ma da persona adulta, so che quello che state provando ora non durerà e finirà solo per farvi del male e per farlo alla nostra famiglia. A tua madre, al piccolo che nascerà.-

Farebbe qualsiasi cosa per vederci felici? Ma che dice?

Poi però ci rifletto rapidamente. John preferirebbe passare la sua vita in carcere piuttosto che lasciare che sia io a pagare le conseguenze per ciò che ho fatto.
È davvero così cattivo come voglio credere? E se lui avesse le sue motivazioni? Magari non le comprendo, ma se lo facesse a fin di bene?

Mi alzo dal divano.
Non riesco più a tenermelo per me.

- Perché lo fai? Perché sei disposto a salvarmi, rischiando la libertà, il lavoro, rischiando di non vedere neanche tuo figlio crescere...-

Mi si forma un groppo in gola troppo grande. Se John dovesse pagare al posto mio, non vedrebbe neanche suo figlio crescere...

Il pensiero mi rende instabile.
Sento il pianto farsi strada dentro di me. Sarà che sono nella settimana che precede quella fase del mese, ma sono troppo sensibile e sto per scoppiare a piangere.

- Non me lo merito.- biascico reprimendo un singhiozzo.

John non è Mr. Affettuosità.
È uguale a suo figlio in questo, mi chiedo se sia altrettanto autoritario.

- Juliet, no. Non... non piangere.- mormora dandomi una carezza sul viso.

- Non è giusto.-
Ormai sono un fiume in piena.

- Juliet, forse non hai capito. Se tu non avessi fatto ciò che hai fatto, probabilmente né io né Alexander saremmo qui a quest'ora.-

Sono ormai un cumulo di singulti e lacrime, quando cerco l'abbraccio di John che arriva freddo e titubante.
Posso fingere quanto voglio, ma non riesco a farmi passare la paura che ho provato quella notte.
La paura che qualcuno mi facesse del male, la paura che Alexander fosse ferito a morte, ma sopratutto... la paura per aver compiuto un atto così estremo.

John sembra prendere confidenza con l'abbraccio, comincia a stringermi più forte facendomi sentire il suo affetto.
- Non piangere. Supereremo tutto.-

-Papà?!-

La voce di Alexander arriva fredda e tagliente.

- Cosa state...-

Mi sottraggo all'abbraccio tirando su con il naso, poi mi asciugo le lacrime con il dorso della mano.

- È tutto okay, Juliet è solo sotto pressione.- spiega John posandomi una mano sulla spalla tremolante.

Alexander mi lancia un'occhiataccia per nulla rassicurante.

- Vado a svegliare Catherine.-

Vedo John sparire su per le scale.
Alexander rimane fermo immobile a fissarmi con occhi impassibili.

-Perché sei andata da lui?-

-È successo. Stavamo parlando e...-

- Se c'è qualcosa che non va, vieni da me.-

-Sei geloso di me che mi faccio abbracciare da papino o sei geloso che papino voglia più bene a me che a te?-

Lui però mi afferra dal vestito e mi attira a sé.

- Non sto scherzando. Se c'è qualcosa che non va, devi parlarne con me.-

La sua mandibola si serra dura, facendosi spigolosa.

- Non ti devo proprio niente. Avevo bisogno di parlare con lui, non con te.- sputo decisa.

Alexander si allunga verso la mia nuca per circondami la testa con l'interezza della sua mano. Mi spinge contro il suo petto.
La canottiera gli sta larga e finisco per affondare la faccia nella sua pelle che profuma di buono.

-Sta attenta. Ti tengo d'occhio.- dice sorridendo.

Io però faccio ancora fatica a riderci su.

💫

La sera andiamo in questo ristorante di cui mia madre parla da giorni. E cosa scopro? Scopro che il pasticcio che prepara lei, in confronto alla vera pasta, non avrebbe neanche il diritto di essere chiamata "pasta."
Alexander come al solito non mi degna di una misera occhiata, vorrei poter dire la stessa cosa di me. I miei occhi sfuggono continuamente nella sua direzione, dall'altra parte del tavolo. Stasera è ancora più attraente del solito: indossa una camicia bianca, il suo viso è leggermente abbronzato e le sue labbra sono gonfie ed arrossate dal sole.
Se ha detto a suo padre che mi ama, per chi la sta facendo la recita del "giochiamo ad ignorare Juliet"? Per mia madre?
O per me? E se quello fosse proprio il suo carattere?

Sto diventando paranoica, forse è merito di mia madre che non sta un attimo zitta, non fa che lamentarsi perché non può bere vino... fortuna che il cibo è buono perché sennò non sopporterei di stare qui con loro un secondo di più.
A fine cena John va a pagare, mia madre fila in bagno a fare l'ennesima pipì, mentre io ed Alexander aspettiamo fuori dal locale affollato e rumoroso.

-Sei bella con i capelli mossi.- mormora allungando la testa verso la mia guancia.

Sento le farfalle solleticarmi lo stomaco ogni volta che mi parla. Ma quando mi guarda in questo modo.. beh, vorrei baciarlo.

- Oh siete qui.- dice mia madre raggiungendoci.

No, sono andata in Spagna per davvero stavolta

Sono stanca e non vedo letteralmente l'ora di tornare a casa, ma lei decide che il suo pancione deve crescere ancora.
E fa i capricci per il gelato.

-Dio non la sopporto.- sbuffo sottovoce mentre ci incamminiamo verso l'auto.

-Tu fai i capricci di prassi, figurati se fossi incinta.- ridacchia Alexander camminando a fianco a me.

Mi fermo a guardarlo.

Cosa? Si è immaginato anche solo per un attimo che io lo fossi? Lui lo vorrebbe?
Non inorridirebbe al pensiero?

-Che c'è, che ho detto?- mi osserva con fare disorientato.

No, ma cosa mi salta in mente...l'ha detto tanto per dire.

Così ci infiliamo tutti e quattro in macchina per raggiungere la gelateria.
John è terribilmente lento alla guida, ha bevuto qualche bicchiere di vino e per precauzione va ai venti chilometri orari.
Io e Alexander siamo seduti nel sedile posteriore, è buio e solo Dio sa quanta voglia ho di prendergli la mano.
Per un attimo mi stupisco quando sento le sue dita cercarmi nel buio.

- Vieni più vicina.- sussurra sottovoce.

Il primo brivido.

Le sua mano però non la tocca neanche la mia, arriva dritta sotto al mio vestito. Lo sento cercare la porzione del mio fianco che si scontra con le mie mutande.
Deglutisco tenendo gli occhi fissi su mia madre.
Se si gira siamo fottuti.
Perché lui me le sta tirando giù.
Le mutande.
Rimango immobile come una statua di cera, quando mi accorgo che Alexander mi sta fissando torvo.
Sollevo prima una gamba poi l'altra lasciandogli la libertà di sfilarmele completamente.
Finiscono a terra.
E lui mi guarda di nuovo.
Lancio un'occhiata allo specchietto retrovisore: John guida distratto mentre mia madre parla a macchinetta.
Mi chino a raccoglierle, poi gliele passo in silenzio, come fossimo complici di un piccolo furto.
Lo vedo con la coda dell'occhio.
Le mette in tasca, poi sorride soddisfatto.

Santo cielo, se sei strano.

Arriviamo alla gelateria che mia madre ha sapientemente selezionato, c'è tanta di quella coda che vorrei mettermi a piangere.
Neanche lo voglio il gelato, io.

-Sei nervosa?- chiede Alexander osservandomi attentamente.

-Fai te.- sbotto io.

- Che è successo?-

Una montagna russa.
Prima mi hai provocata con quel massaggio, poi tuo padre mi ha ricordato di quella notte e sono scoppiata a piangere. Stasera devo subire mia madre e le sue voglie, mentre tu mi levi le mutande e te le intaschi ogni volta che ne hai l'occasione.

No, ma tutto a posto.

- Vorresti baciarmi?- domando ad un certo punto, quando lo scopro fissarmi le labbra con quegli occhi così belli che mi mandano in confusione.

Alexander ovviamente ha già la risposta pronta.

- Chiedimelo e, forse, avrai un bacio.-

Stronzo.

Mi guardo in giro con discrezione. Mia madre e John sono lontani, immersi nella lunga fila davanti alla gelateria, perciò senza chiederglielo, raggiungo le sue labbra invitanti e perfette. Alexander non emette un movimento, così intrappolo sotto ai denti il suo labbro inferiore. Lo succhio appena, tentando di farmi strada con la lingua nella sua bocca. Vorrei sentire la sua lingua calda giocare con la mia, ma lui non sembra del mio stesso avviso.

-È pieno di bambini. Datti una regolata, Juliet.-

Stavolta però non mi sta rimproverando, mi rivolge un un sorriso inaspettato.

Non riesco a non dirglielo.

- Sono felice anch'io, Alexander. Solo se tu lo sei.-

Ed è proprio guardarlo sorridere come in questo momento, a rendermi felice.

Sono imbambolata come una deficiente, così persa nei suoi occhi che quasi non mi accorgo di ricevere una forte spallata che mi fa barcollare.

Alexander mi afferra prontamente dalle braccia e mi impedisce di cadere.
Nella calca una ragazza molto alta non mi ha vista e mi è finita addosso.
Vabbè che sono piccola, però...
Lei si scusa mille volte, poi però si volta verso Alexander e lo guarda come se avesse appena visto un'apparizione divina. Le sue ciglia prendono a sbattere rapide quando lui si passa lentamente la lingua sul labbro inferiore.

E prima che io possa dire qualcosa, lei ridacchia con le amiche e se ne va.

Sbuffo rumorosamente.
Okay, sono gelosa.

A scuola Alexander veniva considerato quello "strano" e con Karoline che aveva messo in giro le voci che fosse gay, le ragazze lo guardavano sì, ma non così sfacciatamente.
Lo so che è bello, però che diamine...

- Non fare l'imbronciata ora...- mormora sfiorandomi con la mano gelida la coscia scoperta.

- Non c'è una ragazza, dico una, che riesca a non metterti gli occhi addosso..-

- A stima direi che l'abbronzatura alla fine dona più a me che a te.- mi prende in giro lui.

Ride, ma io non sto ridendo.

-Avevi detto che eri felice, no? Ora sei triste. Sbalzi d'umore, piccoletta?- chiede curioso infilando una mano nella tasca, l'altra tra i capelli scuri.

- Senti mi devono venire, non rompere.-

-Mhm, capisco.-

Faccio per voltarmi con l'intento di andare a dire a mia madre di muoversi, quando lui mi blocca dal braccio.

- Ti ci porto stasera.-

- Dove?-

- Al mare. A guardare le stelle.-

Okay, ora sto letteralmente scoppiando di felicità.

______


Quando arriviamo a casa decidiamo di aspettare un'ora prima di sgattaiolare via.

- Non prendi una giacca?- domanda Alexander guardandomi storto quando usciamo dalla villa.

- Ci sono trenta gradi, per favore Alex. Andiamo.-

- Tu non vai da nessuna parte. Tu vieni qui.-

Alexander riavvolge quel filo invisibile che ci lega e mi attira a lui stringendomi dai fianchi. È tutto buio intorno a noi, ma non ho bisogno di luce in questo momento. Con entrambe le mani accolgo il suo viso perfetto, i miei polpastrelli godono della morbidezza della sue pelle che si fa spigolosa quando raggiungo i suoi zigomi accentuati.

Poi finalmente mi bacia. Il mio cure viene accarezzato da mille piume, proprio nel momento in cui la sua presa intorno ai miei fianchi si fa più possessiva.

- Adesso puoi andare.-

Si lecca le labbra, come a trattenere il mio sapore.

-Stiamo andando a piedi?- chiede la pigrona che c'è in me mentre cominciamo a camminare l'uno di fianco all'altro.

-Secondo te ti faccio andare in giro di notte per stradine di cui non conosco neanche il nome?-

Scrollo le spalle.

-Non mi sono informato a dovere sulla sicurezza di questo posto, prendiamo un Uber.-

- E perché stiamo andando a piedi?-

Lo vedo fermarsi nel bel mezzo della stradina. C'è solo la luna.

- Faccio arrivare un'auto in piena notte davanti a casa, cosi quei due si svegliano e tu finisci a frignare perché non ti posso più portare da nessuna parte?-

Ah. Giusto.

-Ma la coperta? L'hai presa?- domando poi.

- E certo che l'ho presa.- mormora mostrandomela. - Se non ci penso io..-

Stiamo per cominciare a battibeccare, quando finalmente arriva l'auto.
Il tassista ci fa qualche domanda che capiamo a fatica, fa la solita battuta chiedendo se Alexander è il mio Romeo, ma lui dice di no.
Non mi indispettisce, perché in realtà lui ci tiene solo a specificare che si chiama Alexander.

- È qui?-
Domando titubante, quando veniamo scaricati letteralmente in mezzo al nulla.

-Sì è qui.-

- Non è che ci sono scogli o scalate strane da fare?-

- Ma non stai mai zitta?- dice dandomi un pizzicotto sui fianchi .

Lo seguo tra gli alberi finché questi non si diradano e finiamo in una lunga spiaggia bianca.
È buio pesto e fatico a mettere a fuoco quello che abbiamo davanti.

-Wow. Non sono mai stata in spiaggia di notte.-

Alexander stende la coperta poi si siede con le gambe al petto.
Mi accomodo accanto a lui e sollevo lo sguardo al cielo: la spiaggia è talmente isolata che qui le stelle si vedono benissimo.

- Alex se vedi una stella cadente...-

- Ti piace proprio credere alle cazzate, vero?- sbotta lui osservandomi attento.

-Ti odio.- mormoro mentre lui mi stringe a sé, sento il suo respiro delicato tra i miei capelli.

-Certo che potevi cambiarti e metterti comodo...- lo punzecchio accarezzando il tessuto pregiato della sua camicia bianca.

- Non ti va bene niente stasera, Juliet?-

-Ha parlato Mr. accondiscendenza!-

I nostri battibecchi fraterni finiscono nel momento esatto in cui le mie labbra cercano le sue. E non c'è niente di fraterno in tutto ciò.
Senza pensarci due volte mi ritrovo su di lui e sì, sono ancora senza mutande. Me ne accorgo solo quando gemo per il contatto doloroso nello sfregare contro la sua cintura.

- Juliet...-

- Non fare lo schizzinoso, è solo sabbia...- scoppio a ridere quando lo vedo buttare il suo sguardo riluttante in giro.

- È scomodo qui.- sputa senza troppi complimenti.

- E allora? -

I non smetto di ridere, ma lui sembra davvero infastidito.

- E se arriva qualcuno?-

- Ma non arriva nessuno, Alex...-bisbiglio scossa da un brivido di freddo.

Sì, l'idea della giacca forse era buona.

-Stai tremando. Sei sempre la solita.- mi rimprovera prima di alza in piedi trascinarmi con lui.

-Dove vai?-

-Vieni qui. Sciocca.-

Lo guardo sdraiarsi sulla sabbia, per poi afferrare la coperta.

-Mettiti su di me. La sabbia è umida, avresti ancora più freddo.-

Appena mi siedo a cavalcioni su di lui, Alexander mi avvolge completamente con la coperta, facendomi smettere di tremare.

- Meglio, piccoletta?-

- Sì... molto meglio.-

Così torniamo a baciarci come se non potessimo farne a meno, come se non lo facessimo tutti i giorni, come se non bastasse mai.
Come se in cuor nostro sapessimo che questa in realtà è una corsa e c'è un conto alla rovescia che sta per segnare lo scadere del tempo.

- Juliet...-

C'è una nota di rimprovero nel modo in cui Alexander pronuncia il mio nome, quando sfioro il cavallo dei suoi pantaloni.
Poi mi ferma con una presa decisa non appena provo a slacciarglieli.

- Ti ho detto di no.-

-Ma perché?-

C'è qualcosa sotto?

-Perché decido io. Sempre. Ti è tanto difficile da capire?-

Mi fa salire il nervoso, ma se mi arrabbio e lo provoco troppo, finiamo per litigare. Non voglio rovinare la serata per l'ennesimo capriccio.

- Hai davvero paura arrivi qualcuno?! E dai, è romantico...- mormoro con la mia vocina soffusa.

- Da quanto romantico è sinonimo di scomodo, bagnato e fastidioso?- chiede Alexander con occhi pungenti.

Sbuffo forte.
Perché non siamo mai d'accordo su nulla? E poi non me ne vuole dare vinta neanche una, oggi.
E se suo padre gli avesse detto qualcos'altro?

-Non mi piacciono i capricci, Juliet.-

Oh oh.

-Perciò ora farai la brava.-

Era prevedibile che mi fossi appena cacciata nei guai, ma non gli do modo di dire altro, le sue labbra sono troppo buone in questo momento.

- Non ho sentito la risposta, Juliet.-

-Sì. Ma...Che cosa devo fare?-

Alexander dapprima mi osserva attentamente, poi la sua bocca si allarga in un ghigno perfido.

- Facciamo un gioco.- annuncia slacciandosi i pantaloni.

Okay, sono tutta orecchie.

-Vieni qui sopra.-

E buio, ma non posso fingere di non vedere la sagoma ricurva sotto ai suoi boxer.

E quando mi afferra dai fianchi e mi posiziona proprio su di lui, lo sento così rigido tra le gambe che una vampata di calore mi attraversa dalla nuca fino alla punta dei piedi.

- Baciami.- ordina perentorio.

Oh, con piacere Alexander

Le nostre lingue impazzite sembra non vogliano stare al loro posto, la mia bocca non è più sufficiente a contenere la sua voglia di baciarmi. La sua lingua sembra di nuovo assetata del mio sapore: mi segna il lato del labbro, poi mi lecca quello superiore, per arrivare alla guancia, la mandibola, la curvatura del mio collo.

Mi sta di nuovo facendo impazzire con quella bocca.

Il mio corpo ha bisogno di lui in questo momento, ma so già che mi torturerà pur di non darmi cosa voglio.

- Alexander..-

I nostri baci non si fermano, le sue mani segnano tutta la mia schiena per arrivare al mio sedere e spingerlo con forza contro di lui.
Mi scappa un gemito di dolore quando affonda le dita nella mia pelle per strizzarlo forte.
- Cazzo, scusa.-
Ma le scosse concentrate nel mio basso ventre sono così intense che dimentico anche il dolore in questo momento.
Alexander mi invita a muovermi addosso a lui. Lo fa senza parlare, lo fa con le mani, imprimendo una forza pesante sui miei fianchi, tale da provocarmi una dolce sofferenza quando mi mostra il ritmo da seguire.
Lo sento pulsare, caldo, contro il mio clitoride ormai inumidito, mentre con i fianchi mi viene incontro, premendomi contro i suoi boxer.

Non c'è altro modo per placare questa sensazione di piacevole tormento, cosi mi struscio lenta su tutta la sua durezza, provocandogli un'espressione soddisfatta nel volto.

-Adesso voglio sentirtelo dire.-

-Alex...-

Abbandono il mio peso contro di lui, mi lascio andare ad una maggiore intensità di movimento, ma ad Alexander non basta.

-Dillo.-

Gemo quando le sue dita affondano duramente nella parte interna delle mie cosce con l'intento di tenermi stretta a lui.

-Ti voglio dentro.-

Lo sento diventare così grande sotto di me che mi si spezza il respiro.

-E io invece voglio vedere se sarai abbastanza brava.-

Oh, no.

-A fare cosa?-

I miei occhi prendono a vagare impazziti quando capisco il suo giochetto.

-Voglio guardarti venire.-

-Alex non capisco... hai ancora i boxer addosso.-

-Ho detto che voglio guardarti, non discutere.-

Allaccio la mia lingua alla sua, è così calda e buona che mi sembra di perdere il contatto con la realtà.

- Continua.-

- Alex ma cosa...-

Ho un sussulto quando comincio ad avvertire dei minuscoli brividi di piacere irradiarsi nella pancia.

-Non fermarti.- ansima senza battere ciglio.

Mi sento contrarre dall'interno.
Lo sto guardando con aria confusa, poi però il mio corpo sa già cosa fare.

- Cosa devo...-

E gli sto chiedendo cosa fare, ma in realtà non posso farne a meno.

-Secondo te cosa stai facendo, mhm?-

Maledetto, ti odio.

Mi fermo per guardarlo.
I suoi occhi sono due specchi lucidi che scintillano nel buio.

- Avanti, Juliet. Non farmelo ripetere.-

-Perché devo fare una cosa del genere?- ansimo muovendomi su di lui.
Ormai è il mio corpo a decidere e il mio corpo ha bisogno di lui adesso. Non posso fermarmi.

-Ti ho mai ordinato di fare qualcosa che alla fine non si è rivelato estremamente piacevole?-

Mai.

- Devi solo strusciarti addosso a me fino a venire. Non è difficile.-

Dio mio se è difficile stare al suo passo... Ma fare l'amore come le persone normali, no?

-Voglio te, non è la stessa cosa.- piagnucolo.

Alexander senza troppa gentilezza mi afferra dai capelli.

-Ti sembra che io stia scherzando?- Il suo sguardo duro mi fa avvampare.

- No io...-

-Il fatto è che mentre ti lamenti, ho i boxer completamente fradici.-

Mi sento pizzicare le orecchie da quanto mi imbarazza sentirlo parlare così.

-Ora continua.-

-No Alex.-

-Oh sì, Juliet.-

Il suo occhi sono stretti.
Lo sguardo è spietato ma lo sto facendo impazzire, lo vedo dalla sua bocca socchiusa.
Il labbro inferiore trema impercettibilmente, quasi incapace di resistere ai respiri lascivi che abbandonano le sue labbra.

- Tu fai tutto quello che ti dico io e già che ci sei, voglio sentirti dire il mio fottuttissimo nome.-

Che senso ha resistergli se tanto poi alla fine finisco per fare come mi ha ordinato?
Così chiudo gli occhi e mi lascio guidare dall'istinto. Alexander sa dosare ogni gesto, ogni parola, è come se tutto fosse finalizzato a farmi stare bene. Così bene da sembrare di impazzire.

-Guardati, sei solo una bambinetta obbediente.-

Mi scopro sconcertata nell'udire quelle parole così crude, ma il mio corpo ha deciso che quella è la strada per un orgasmo sconvolgente.
Sento il calore crescere a dismisura tra le cosce, mentre la sua durezza sfrega ruvida tra le mie pieghe bagnate. Mi aggrappo alla sua camicia,abbandonandomi con la testa sul suo petto, mentre Alexander continua a riempirmi e svuotarmi di parole.

Comincio a tremare avvolta intorno a lui. Non so quanto dura, ma vengo travolta da un piacere così forte che tutto il mio corpo sembra andare a fuoco.

- Tutto bene?-

- Sì..- rispondo ancora accaldata.

-Cazzo.- lo sento imprecare nel buio.

-Cosa c'è, Alex?-

-Ho fatto un macello nei boxer.-

-Oh. Ehm...-

-Hai dei fazzoletti qualcosa?-

Provo a rovistare nella mia borsa.

-Tieni.- Gli lascio un pacchetto di fazzolettini tra le mani.

C'è uno strano attimo di imbarazzo. Se avessimo fatto l'amore sarebbe stato diverso. Ora non mi sentirei così, provo quasi vergogna per quello che ho fatto.

-Ti è piaciuto?- chiede lui corrucciando la fronte in un'espressione dura.

- Sì ma...-

- Troppo umiliante?-

Mi sta imboccando le parole perché sa perfettamente che era quella la sua intenzione.

- Perché ti piace farmi fare cose di questo genere? Non è la prima volta che lo fai...-

-No che non è la prima volta. Ti ho messa in ginocchio dopo una settimana che ti ho conosciuta.- risponde secco.

Sposto gli occhi imbarazzata, sono urtata dal suo essere così cinico. Alexander distende le sopracciglia, sembra quasi preoccupato d'aver detto qualcosa di troppo.

- Non volevo dire... -

Lo guardo riabbottonarsi i pantaloni per poi alzarsi in piedi.
Lo seguo a ruota, poi glielo chiedo.
- E se fosse sbagliato?-

Non c'è stupore nel suo sguardo, mi chiedo come faccia a mantenere la calma sempre e comunque.

- Cioè vuoi dirmi che tolleri il mio essere sadico nel momento in cui voglio provocarti del dolore fisico, ma non sopporti che io ti voglia umiliare?-

E lo dice come fosse la cosa più naturale di questo mondo.

- Beh, la trovo la parte più difficile, sì.- ammetto fissandolo negli occhi.

Alexander curva il capo per osservami attentamente.

-Farti mettere in ginocchio e farti supplicare non è mai stato difficile.-

- Stai continuando, Alex e la cosa non mi piace.-
Mi inacidisco dinnanzi alle sue verità così taglienti.

-Non è mia intenzione offenderti, Juliet. Sto solo dicendo che l'hai sempre fatto, non pensavo ti desse così tanto fastidio.-

Stiamo immobili l'uno di fronte all'altro, finché lui non decide di provare a cingermi i fianchi.
Ma io mi ritraggo.

- Perché lo vuoi fare? Umiliarmi. Se dici di amarmi, non dovresti volerlo fare...-

Alexander però non si aspettava di vedermi fare quel passo indietro sulla sabbia.
Lo vedo da come mi guarda indispettito.

-Lo voglio fare perché mi piace.-

La sua voce è calma, quasi distaccata.

- Sì ma...perché? Non ti sei mai chiesto perché ti eccita così tanto?-

Incrocio le braccia al petto in attesa di una risposta.

-No.-

Questo "no" non è sufficiente per me, pianto i miei occhi nei suoi senza parlare. Deve dirmi di più.

-Io...penso faccia parte del mio essere sadico.-

Inizio a massaggiarmi le guance nervosamente, poi il collo.

- Alex, se dovessi scegliere tra farmi del male o umiliarmi, cosa.. a cosa potresti rinunciare?-

Alexander prima sembra confuso per la mia reazione così drastica, poi un piccolo ghigno fa capolino sulla sua bocca ricurva.

- Potrei rinunciare a farti del male Juliet, ma...-

Fa una pausa.
Il cuore mi martella nel petto.
Ho quasi paura.

- Ho bisogno di sottometterti.-

Ma che risposta è?
Le sue parole mi turbano.
E non perché sia cambiato qualcosa, mi sono lasciata fare di tutto da lui, perché con Alexander è sempre stato piacevole persino il dolore più insopportabile.
Ma non riesco a capire questa voglia di degradarmi.

Ne ha bisogno

-E...se io non volessi, Alex?-

Lo vedo chiudere gli occhi per un istante, come se provasse a cacciare via le mie parole dalla sua mente.

-Fammi capire, Juliet. Una cosa così intensa come il dolore fisico la puoi accettare, ma l'umiliazione non la capisci?-

Annuisco con decisione, provocando la sua espressione disorientata.

- Perché, Juliet?-

- Perché una cosa so che mi piace, l'altra... non lo so..-

- Non ti fidi di me?- replica prontamente.

- Mi fido di te, Alex ma... il dolore che mi provochi...non ha altre implicazioni al di fuori del sesso. Lo so che non mi faresti mai del male se non in quel contesto.-

Alexander muove un passo nella mia direzione accorciando le distanze.

- Come fai ad esserne sicura?-

-Pensi che non lo vedo come fai?
Tu provi a nasconderlo, ma quando lo facciamo io lo so che sei in apprensione. Hai paura che io non ti dica di fermarti e riesci a rilassarti solo dopo che ti supplico di farmi male.-

-Devo migliorare.- lo sento biascicare trai denti.

- No, non sto dicendo questo. Voglio dire che la violenza non è una cosa che ti appartiene nella vita di tutti i giorni, se non in quel frangente.-

- Certo che non mi appartiene. Voglio darti due cinghiate per farti eccitare non per farti piangere.-

Le sua onestà è così brutale che arriva sempre ad un soffio dal ferirmi sul serio.

-Ma con l'umiliazione.. è tutto un altro paio di maniche, Alex. Tu lo fai continuamente, con tutti. Ci godi a mettere le persone in difficoltà, a manipolarle a tuo piacimento.-

Siamo ancora distanti, ognuno nel suo spazio, quando lui mi rivolge uno sguardo così profondo da essere quasi perforante.

-Ti sto ascoltando. Continua, Juliet.-

-E se il dolore non ha implicazioni al di fuori del sesso, il fatto che tu voglia umiliarmi ce l'ha eccome. Perché non sarebbe qualcosa che rimarrebbe solo dentro alla sfera intima.-

Alexander non riesce più a nascondere l'incredulità.
-Cosa.. tu credi che io voglia maltrattarti o insultarti?-

Ed il suo tono di voce si arcua in una vibrazione quasi acuta.
Le sua fronte è un fascio di rughe per quanto ha corrugato lo sguardo. Mi scruta con occhi piccoli, quasi infastiditi.

- Mi consideri inferiore a te, Alex?-

L'espressione tesa di Alexander si risolve in una risata liberatoria.
-Seriamente? È questo il problema? Pensi che mi ecciti umiliarti e quindi hai paura lo faccia nella vita di tutti i giorni!? Certo che non ti considero inferiore a me, né a nessun altro. Non dirlo neanche per scherzo.-

Sembra quasi divertito nel dirlo, ma sotto sotto posso sentire il suo tono dispiaciuto, quasi offeso.

- Quello che diciamo o pensiamo quando facciamo l'amore resta lì.
Non c'è nessuna correlazione con il mio carattere o con la maniera in cui mi comporto con te nella vita di tutti i giorni.- spiega poi.

- E invece c'è.-

- Juliet è molto è più semplice di come credi. Mi eccita guardarti fare cose che ti mettono a disagio. Punto. Non c'è altro.-

Inarco un sopracciglio incrociando le braccia.
-Ne sei sicuro?-

-Sì. È solo una cosa meccanica.
Se ti guardassi leccare a terra, mi ecciterei all'istante.
È una reazione causa-effetto. Punto. Non ci sono altre motivazioni dietro alle mie voglie. Di certo non ti reputo inferiore né voglio che tu ti senta inferiore a me.-

- Nell'intimità vuoi che sia così, però.- continuo imperterrita.

-Beh... te lo già detto. Ho bisogno di sentirlo forte e chiaro il tuo desiderio di sottometterti a me.-

-Non vuoi un rapporto alla pari?-

Sul suo volto si dipinge l'assoluto controllo delle sue stesse emozioni. Un accenno di sogghigno beffardo fa capolino tra le sue labbra. Giusto un assaggio, quasi a rimarcare quanto sia pieno di sé.

- Perché tu lo vorresti? Mhm? Vuoi qualcuno che faccia sesso con te e basta?-

E spingere la sua fronte sulla mia non gli basta, deve anche puntarmi con i suoi occhi crudeli.

- Io...-

- Vuoi delle scuse? Perché penso che quelle dovrei dartele.-

Cosa? Cosa sta dicendo ora?

- In che senso??!-

-Quando ti ho conosciuto ero parecchio confuso su ciò che volevo da te. E sì, ti manipolavo.-

Scrollo la testa.
- Eri così stronzo...-

- Juliet sono sempre lo stesso. Sarò anche stronzo, ma non ti ho mai mentito. E mai lo farò.-

Resto un po' fredda ma mi lascio abbracciare.

- È una questione di ruoli. E tu sei fottutamente perfetta. Non te ne accorgi neanche.-

Alexander prova a cercare una sintonia, da qualche parte, nei miei occhi. Ci guardiamo per qualche istante, finché non riprende a parlare.

- Ma non c'entra nulla con la considerazione che ho di te. Ti rispetto e non ti considero minimamente inferiore a me. È solo che...mi hai detto tu che oggi avevi troppo male, quindi ho voluto... sono fatto così Juliet, non sarà una motivazione sufficiente ma le cose stanno così.-

Resto zitta ad ascoltarlo e lui sembra quasi preoccupato per il mio silenzio.

-È per le parole? Ho esagerato?-

- Se ora ci ripenso sì. Ma mentre eravamo lì, beh no. Mi piaceva.-

- E allora qual è la tua paura?-

Soffio forte. Mi chiedo se riesca a capirlo.
- Te l'ho detto, è una questione di rispetto.-

- Non sarei innamorato di te se non ti rispettassi, Juliet.-

Sono ancora frastornata, un attimo prima fredda, l'attimo dopo sono già in procinto di bruciare per lui.
Ma Alexander è sempre completamente lucido.

-A proposito di parole....Dicevi sul serio l'altro giorno quando eravamo in acqua... oddio.- mi metto le mani sulle guance per l'imbarazzo.

Alexander mi osserva confuso.

- Cos'ho detto?-

- A volte non te ne accorgi ma dici cose po' troppo...-

-Juliet forse non hai capito, se ti crea ansia ciò che facciamo o ciò che dico...-

Con un movimento lento mi sfiora dolcemente la fronte, poi tutto il mio viso è racchiuso tra le sue mani che premono sulle mie guance.

-No, Alex....è solo che... voglio che tu sappia che ci sono alcune cose che io non vorrò fare. Ti deve essere chiara questa cosa.-

- È non c'è nessun problema. Non ti forzerò a fare niente, lo vuoi capire?-

- Sì, ma non capisco perché tu hai questi pensieri, a volte...Ci pensi davvero alle cose che dici?-

- A cosa scusa?- chiede corrugando la fronte nuovamente.

- Hai capito benissimo di cosa sto parlando.- ribatto io a metà tra l'imbarazzo e l'incertezza.

Alexander però, scoppia a ridere in maniera così innocente che manda in confusione ogni mio corto circuito.

È davvero raro vederlo sorridere, figuriamoci ridere di gusto.
Non posso fare a meno di ammirare i suoi occhi farsi piccoli, i suoi tratti spigolosi addolcirsi.

-E secondo te non ci penso?!-

Continua a ridere e ora la cosa mi offende così tanto che riesco a malapena a parlare.

-Da quanto ci pensi!-

-Da tipo il secondo giorno che ti ho vista.-

-O mio Dio Alex!!!- mi allontano nella sabbia. Sono sconvolta.

-Che ho detto di male?-

- Non mi conoscevi neanche! Non ci posso credere, sei ...-

La mia faccia schifata parla chiara.

- Senti non so mentire, va bene? Cosa dovrei dirti?-

-Che mi ami e che non fai pensieri così tanto degradanti nei miei confronti!-

-Beh, ti avevo appena conosciuta e mi stavi decisamente sul cazzo.-

Spalanco la bocca in una smorfia incredula.

- Viva la sincerità. Sappi che il sentimento era reciproco!- sbotto incrociando le braccia.

Alexander assottiglia gli occhi e poi fa scivolare il pollice sul mio zigomo fino a ricacciare dietro al mio orecchio una lunga ciocca che mi copriva gli occhi.

-Ma nello stesso tempo sentivo di..desiderarti. In una maniera che non avevo mai provato prima.-

La sua voce così profonda mi trasmette i brividi, io però non cedo.

- Certo perché il diario di Mya non l'ho letto vero?-

- No, non hai capito Juliet.-

- Cosa c'è da capire.-
Mi sottraggo alle sue dita che provano a sfiorarmi il viso ancora una volta.

- Con lei ho fatto solo il bastardo.- sputa senza mezze misure.

- Ohhh con me nooo.-

-Ho sentito un legame con te, Juliet. Sin da subito. Come quella sensazione...-

- Cosa?-

- Di essere perfettamente fatti l'uno per l'altro.- dice infilando le mani nelle tasche.

- Lei si è fatta fare le peggio cose da te. Penso che fosse comunque perfetta per te.-

- Non sto parlando di complicità sessuale, Juliet. Ma non lo capisci?-

No, non ti capisco evidentemente.

-Ti ho detto cose che non solo non ho mai detto a nessuno, ma...probabilmente sono cose non dirò mai più a nessun'altra.-

Lo guardo scrollare la testa.

- E perché io?-

Questa domanda non troverà mai risposta, lo so.

Alexander però ha un attimo di esitazione, glielo leggo negli occhi.

-Ti ricordi quando...-

E ora la sua espressione si fa così seria che comincio ad agitarmi.

- Cosa...Alex mi devo preoccupare?-

-Ti ricordi quando ti sei trasferita a casa nostra...e hai scoperto che venivo già nella tua stessa scuola, ma non mi avevi mai notato?-

Sembra una vita fa.

- Sì.-

-Beh.. non è stata la stessa cosa per me.-

Non sto capendo.

- Che vuoi dire.-

- Quando ci siamo trasferiti qui da Manchester...-

-Ti sto ascoltando.-

Continua dannazione!!

- Tu facevi prima.-

-Okay.. e..?-

Alexander fa scivolare gli occhi sulla sabbia, sembra non abbia il suo solito coraggio in questo momento.

-Mi avevi già vista a scuola... questo vuoi dire?-

Mi porto una mano sulla bocca semi spalancata quando lui annuisce.

- C'erano tante ragazze ma tu.. sei stata l'unica che ho notato.-

-Oh.-

Sento le gambe tremare, mi devo sedere.

Mi accuccio sulla riva del mare, Alexander mi guarda contrariato.

-È per questo motivo che sapevi che le mie amiche mi nascondevano qualcosa e che Chuck mi tradiva con le sue compagne?-

- Sì.-

O mio Dio.

-Perché non me l'hai mai detto?!-

-Già pensavi fossi pazzo, non volevo che pensassi fossi anche uno stalker. Ti ho... guardata a lungo.-

-Non mi hai mai parlato però..-

La mia voce esce così accennata che lo scroscio del mare sembra coprirla.

-Dopo quello che era successo con Mya... L'ultimo dei miei pensieri era avvicinarmi ad una ragazza. A te. Avevo paura.-

-È per quello che mi allontanavi sempre...-

Mi si rompono le parole in gola.

-Alex...-

-Sì.-

Sollevo la testa per incontrare i suoi occhi luminosi nel buio.

-Perché ho come l'impressione di capire cosa vuoi dire?-

Alexander mi guarda in silenzio.
E io non posso fingere di non sentire quello scoppiettio scalpitante nello stomaco.
Forse non saremo perfetti, forse il nostro rapporto non sarà dei più normali, ma... io mi fido ciecamente di lui.

-Tu non mi lascerai mai, vero Alex?-

Gli sto chiedendo qualcosa di importante.

-Mai.-

E sentirlo così risoluto e senza esitazioni nel rispondere, mi fa avvampare il cuore.

-Io ci sarò sempre anche se le cose ... anche se tutta questa faccenda delle indagini dovesse mettersi male.- bisbiglia tirandomi su dalla sabbia.

-Cos'hai pensato la prima volta che mi hai vista?-

-Quello che penso tutt'ora, Juliet.-

- Cosa?-

Mi trascina a sé con così tanto vigore che finisco a sbattere contro la sua camicia ormai stropicciata.

-Non ho mai visto due occhi così belli.-

Risucchio un sorriso tra le labbra.

-È dopo che mi hai conosciuta? Cos'hai pensato?-

Lui però nasconde un ghigno.

-Non vuoi saperlo...-

- Voglio, Alex.-

- Sei sicura?-

Annuisco.

- A farti male. Molto male.-

La pausa viene interrotta solo dal rumore lento del mare.

-Non pensavo però di essere in grado di farti stare così bene.-

Scoppio a ridere.

-Davvero, io....non vorrei essere nella tua testa.-

-È l'inferno, te l'ho detto.-

Le sue parole mi colpiscono, perché è tremendamente serio quando le pronuncia.

-Ma ti amo Juliet, perciò quando sto con te...c'è sempre un po' di spazio per il paradiso.-

-Okay, ti sei fatto perdonare.-

Lo guardo osservare l'ora sul cellulare.

-Forse è meglio se torniamo. Sono già le due e mezza.. domani partiamo presto.-

Aggancio un dito intorno ad un passante dei suoi pantaloni.

- Alex ma tu sei sicuro che...-

- Io cosa? Non mi devi niente. Avanti, se facciamo tardi domani sarai stanca morta.-

- Okay.-

- Anzi, aspetta. Una cosa me la devi.- bisbiglia sottovoce, afferrandomi dalla nuca.

- Baciami, non smettere.-

🔥

-Camera mia o camera tua, piccoletta?-

Guardo Alexander fermarsi contro lo stipite della porta che conduce alla mia stanza.

-La mia, perché devo ancora finire la valigia!! Mi aiuti? Ah, e mi prendi dell'acqua? Ho la gola secchissima quel cibo era buono ma troppo salato!-

Non so chi ci sia ancora nei paraggi, spero solo che mia madre e John siano già a dormire.

Alexander sorride scrollando la testa.

- Arrivo. Vuole qualcos'altro, signorina?-

-Un altro bacio?-

Lui fa per avvicinarsi alle mie labbra, poi fa una deviazione per sfiorare il lobo del mio orecchio con la lingua.

- Solo se te lo meriterai. Te ne ho già dati troppi questa sera.

Ridacchio come una bambina, poi entro in camera mia con l'intento di finire la valigia.
Alexander ci mette un po' più del previsto, così esco sul balcone a godermi quella vista splendida per l'ultima volta.
Ma sento una voce.
Inconfondibile.

È John.

- Sono sicuro sarà così.-

- Non puoi esserne certo, papà.-

Oh, no. Non di nuovo!!!

-Questa cosa finirà e quando finirà Alex, starai solo peggio. Non potrai tagliare i ponti con lei e non vederla più. Anche se vivrete in posti separati..sarai costretto a vederla continuamente, ogni festa, ogni ricorrenza.-

-Lasciami rischiare no?-

Un respiro pesante quello di John, lo sento fin da quassù .

-Lo dico per proteggerti. E per proteggere Juliet-

Adesso scendo giù e lo insulto.

-Perché tanto tu dai per scontato che debba per forza finire.-

- Alex, avanti. Non fare finta che tu non lo sappia. Perché sei intelligente e realista. Lo stai fin troppo bene.-

Cosa? Cosa c'è da sapere?

John continua anche dinnanzi al silenzio del figlio.

- Voi siete giovani. Sei solo la sua prima cotta.-

-Quante volte devo dirtelo, papà?-

Il tono di Alexander sembra furioso ora.

- Di nuovo con questa storia? Che la ami? L'amiamo tutti Juliet. Ma...tu e lei siete troppo diversi.-

-È per questo che credi finirà? Perché siamo diversi?-

-Alex quanto pensi che durerà?Seriamente. Sii sincero. Sii te stesso. Dimmi una percentuale.
Ti conosco, tu sei troppo pragmatico e razionale per gettarti a capofitto in qualcosa del genere. Dammi un calcolo probabilistico. Lo so che l'hai già fatto.-

Cosa? Che sta farfugliando?

Digliene quattro a sto vecchio rincoglionito!

Faccio il tifo per Alexander nella mia testa ma... ben presto mi rendo conto che in realtà è proprio lui il primo a non fare il tifo per noi.
Per me e lui insieme.

Non sta rispondendo.
Perché non gli sta dicendo di andare al diavolo?

-Studierai per una decina di anni. Io l'ho fatta medicina Alex, non avrai tempo neanche per uscire la sera, sarai notte e giorno a studiare. Poi avrai i tirocini, le lezione, gli esami....pensi che lei nel frattempo non voglia uscire, divertirsi e poi mettere su famiglia?-

Alexander non sta rispondendo.

-Sposarsi, Alexander. Vorrà sposarsi.-

John lo dice con un tono di sfida. Quasi disgustato. E io mi immagino la faccia inorridita di Alexander.

Sento le lacrime spingere.

Maledetta sindrome premestrualer.

Certo che voglio sposarmi e avere figli quando sarò adulta! Ma che discorsi sono?

-Non ha senso pensarci adesso.-
Queste sono le ultime parole di Alexander.

-Ah, no? E invece che ferirla tra qualche anno, perché non lo fai ora così le dai modo di...
Alex, lasciala libera di vivere la sua vita come meglio crede.-

Il silenzio.

-Alex!-

I passi di Alexander si allontanano dal balcone, poi li sento su per le scale. Infine un tonfo.
Entra nella sua stanza sbattendo forte la porta.

-Vattene. Lasciami solo.-

Dice solo questo quando provo ad entrare in punta di piedi in camera sua.

Così torno nel mio letto e piango come non ho mai pianto in vita mia.

🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥🔥

Allora👇🏻

Finalmente dopo cento e più capitoli, i nostri cari protagonisti si mettono a parlare a cuore aperto di ciò che provano ❤️

Secondo voi Juliet sta tirando troppo la corda o fa bene a volere dei chiarimenti in merito a ciò che Alexander vuole da lei?

Il prossimo sarà un Alexander pov, così avremo anche il suo punto di vista...tenterò di approfondire maggiormente le sue sensazioni e i suoi sentimenti 🦋

Ovviamente best moment quando Juliet parte con la sviolinata su John 🤷🏼‍♀️🙈

Alla prossima  😘

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