Memorandum - Elementali Vol.1

By MartinaAnnicelli

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[COMPLETA] Regione di Erem, la terra degli Elementali, nel mondo di Mahihen. Qui, per molti anni, le quattro... More

PROLOGO ~ IL MEMORANDUM
MAPPA DEL CONTINENTE
BESTIARIO
PARTE PRIMA ~ UNA PRINCIPESSA ~ 1. All'inizio del fiume, ai piedi della montagna
2. Ali nere
3. Sigilli
4. Il re degli elfi
5. Sconfitta
6. Disperazione
7. Abbandono
PARTE SECONDA ~ UNA GUERRIERA ~ 8. L'ammazzadraghi
9. Ritrovo
10. Lagren
11. Il piano
12. Nella tana del drago
13. L'alleanza, il cammino
14. Furia
15. Gli scritti sconosciuti
16. L'ingresso di Oek
17. Tarragon di Wodyn
18. Faccia a faccia
19. Tamagrad, due anni prima
20. L'alba su Domea
21. Una regina, un comandante
22. Quiete
23. Una nave per Jihod
24. L'erede di Abrak
25. Tre salamandre e mezzo
26. Le gemme di Yla
27. Incomprensioni
28. Un'altra strada
PARTE TERZA ~ UNA DONNA ~ 29. Priorità
30. Cambiamenti
31. Iride in volo
32. In trappola
33. Fischio d'argento
34. Vestol
35. Nel cuore di una salamandra
36. Il Consiglio
37. Ai voti
38. Erede dell'aria e dell'acqua
40. Mia regina, mio re
PARTE QUARTA ~ UNA REGINA ~ 41. Magia Nera
42. Nelle ombre dei nemici
43. Burattini
44. Deviazione
45. La resistenza
46. La battaglia della Città Fortificata
47. Il crollo di Lagren
48. Alla Montagna
49. Pušák'reskar
50. Amias
51. Verità e giustizia
52. La battaglia contro gli oscuri
53. Il burattinaio
54. Per Valdris
55. Etere Elementale
56. All'alba di una nuova era
57. L'era dei re
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI E NOTE AUTRICE
SPIN-OFF (Titolo&Cover reveal)
AGGIORNAMENTI SPIN-OFF
PLAYLIST

39. Lucciole

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By MartinaAnnicelli

Quando tornammo, la lintrea era terminata e tutti si erano riversati sul banchetto. Il liquore scorreva come l'Onn dall'altra parte della foresta e le risate e le urla si mescolavano alla musica più sfrenata.

Per Xels.

Egon stava ballando. Girava di braccio in braccio tra silfidi ed elfi e lui li stringeva tutti.
Egon. Che ballava con gli Elementali dell'aria.
Le feste potevano fare veri miracoli.

Eranthe e Khairo erano scomparsi, Gal e Renan stavano ancora mangiando, di Vernalis avevo perso ogni traccia. Siwel, invece, aveva preso da parte il figlio appena tornato, credendo che forse non avrei notato quel gesto; poi entrambi si allontanarono dai festeggiamenti, perché l'indomani sarebbe stata una lunghissima giornata e Siwel avrebbe fatto meglio a dormire profondamente.
Hyel e mia zia mi lanciarono un sorriso, il primo incoraggiante, la seconda sconcertata; avevano chiaramente frainteso la mia chiaccherata con Modrin.
Poco importava, in quel momento non avevo tempo per loro.

Perlustrai la piazza, passando in rassegna, irrequieta, i volti di ognuno.  Almeno finché, tra una giravolta e l'altra, Egon si parò davanti a me e fece per coinvolgermi nella danza. Aveva le gote arrossate.
Oh... Qualcuno non reggeva bene il liquore elfico.
«Quanto hai bevuto?»
Lui sorrise genuinamente. «Tutte quelle silfidi e gli elfi non hanno fatto altro che riempirmi la coppa» mi diede una pacca sulla spalla, «Voi sì che sapete come festeggiare!»
Prima che sfuggisse tra le braccia di un altro elfo ubriaco che voleva riportarlo a ballare, lo presi per un lembo della  casacca e lo tirai più vicino. «Lui dov'è?»
Egon singhiozzò. «È andato via.»
Il panico mi assalì, e lo strattonai  leggermente. «Che stai dicendo? Dove?»
«Là» indicò gli alberi al limitare del villaggio, «Ha detto che la ferita gli dava fastidio. Ha seguito il ruscello fino al fiume, lì fuori.»
Ottimo.
«Egon,» lo lasciai, «Dovresti andarci piano con il liquore.»

La salamandra mi liquidò con una risata. Sarei rimasta a godermi lo spettacolo del rigido capitano della guardia di Atlas che si divertiva con gli elfi, ma avevo questioni più importanti a cui badare.

Seguii il corso del ruscello ed eventualmente finii ai margini di Vestol, continuai a camminare finché non giunsi ai salici che nascondevano il sentiero per il villaggio, li oltrepassai e trovai il lago nel quale sfociava il fiume.
Lo spettacolo era magnifico. Il lago al chiaro di luna sembrava fatto d'argento liquido e tutt'intorno centinaia di lucciole danzavano su una musica che era tutta loro, lentamente, mentre in lontananza i canti elfici erano praticamente inudibili. Qualcuno si era occupato di  nascondere bene Vestol non solo agli occhi, ma anche alle orecchie.

Sulla sponda del lago, se ne stava in piedi una figura maschile che avrei saputo ritrarre alla perfezione. Atlas mi dava le spalle, si era tolto la casacca e il guanto e si era leggermente sollevato la camicia.

«Passi felpati, ma odore inconfondibile», disse.
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire che fossi io, perciò continuò a perlustrarsi il taglio sull'addome.
«Come va la ferita?»
«Bene.»
Quando lo raggiunsi si abbassò di scatto la camicia.
«Fa' vedere.»
Atlas scosse la testa, «Sto bene» e si piegò a raccogliere la casacca che aveva gettato sull'erba, quindi fece per indossarla frettolosamente.
Alzai un sopracciglio. «Lo sai? Si dice che l'acqua delle ondine abbia poteri curativi» mi accostai a lui e il suo calore naturale mi avvolse in un invito accomodante.
Atlas tentennò.
Inclinai il viso da un lato, «Che aspetti?»

Con un profondo sbuffo, Atlas si alzò la camicia e mi rivelò il fianco tumefatto. La ferita non era messa male, era ancora violacea, ma sembrava essersi pulita e risanata.
Allungai due dita e lo sfiorai, facendolo sussultare, poi tracciai i contorni del taglio, pensierosa. Un'altra cicatrice che si sarebbe aggiunta sul corpo da guerriero perfetto.

«Allora?» Fece lui.
Alzai lo sguardo, confusa.
Atlas scrollò le spalle. «La tua acqua. Puoi curarmi o no?»
Ah, già.
Feci di tutto per trattenermi, ma alla fine mi scappò un mezzo risolino. «Oh... Bugia» ritrassi la mano dalla sua pelle e lo guardai con innocenza, «Ero preoccupata. Egon mi ha detto che ti dava fastidio... Credevo che il taglio si fosse riaperto.»
Uno scatto brusco e Atlas si riabbassò la camicia. «E la tua spalla?»

C'era una strana contrapposizione tra la freddezza nei suoi gesti e la premura che traspariva dalle parole.
«Io sto bene.»
«Ah, sì?» Fu più veloce di me, non riuscii a fermarlo quando slacciò il cordoncino che mi teneva chiuso il corpetto, «Vediamo un po'.»
Oh. Mio. Xels!
«Atlas!» Urlai, dandogli uno spintone e poi richiudendomi il vestito, «Ma che fai!?»
Mio...
Non avevo le facoltà per rifare il nodo, perciò continuai a reggere il corpetto con le mani, prima che il vestito mi ricadesse sui fianchi scoprendomi l'intero busto fino alla vita.
Lui sembrò sconcertato dalla mia reazione. «Rilassati. Volevo solo vedere la ferita» alzò le mani, «Da quando siamo qui sei diventata pudica?»
C'era del sarcasmo nella sua voce?
Scossi la testa, indignata. «Sul serio?» Sospirai, poi abbassai lo sguardo. «Non indosso la fascia sotto al vestito.»
Avvampai.

Atlas non rispose, perciò mi azzardai a sollevare lo sguardo e notai i suoi occhi sgranati. Doveva aver elaborato cosa comportasse la mia confessione.
Wow.
Sembrava addirittura imbarazzato. Atlas Peiron. Con me.
Non era possibile.
Ma poi il rossore che pensavo gli avesse colorato le guance scomparve sotto ai lineamenti adirati.
Infatti...
«Indossi solo questo...Velo» prese un lembo della mia gonna, sprezzante, «... E hai lasciato che quell'elfo ti mettesse le mani addosso in quel modo?» Sfuriò.
Cosa?

Non poteva essere Atlas a parlare.
Alzai un sopracciglio. «Non mi ha messo le mani addosso! Stavamo solo ballando» scossi la testa, «Se non ti conoscessi, direi che sei geloso.»
Lo provocai. Eppure, il commento sarcastico, che mi sarei aspettata in risposta da lui, non arrivò; la salamandra, piuttosto, sbuffò e lasciò  il mio vestito, poi andò a sedersi ai piedi di un albero vicino al lago, nell'erba morbida.

«Che ci fai qui? Modrin non sarà molto contento della tua fuga... Con chi sfoggerà le sue doti nella danza?»
Ecco il commento che aspettavo.
Non seppi se mi fecero più ridere le sue parole o il tono con cui le aveva pronunciate, ma fui contenta di trasmettergli un pizzico della mia ilarità, che si tradusse in un sorriso accennato sulle sue labbra.
Riuscii finalmente a riallacciarmi il vestito sul petto e poi andai a sedermi accanto alla salamandra, non prima di essermi sfilata le scarpe, come aveva fatto lui, per affondare le dita dei piedi nei fili d'erba umidi e morbidi.

«Allora lo conosci il suo nome» ribattei maliziosa. Avevo sempre immaginato che Atlas storpiasse il nome di Modrin per puro piacere personale.
Mi sfiorò la spalla con la sua, involontariamente, mentre si contorceva seccato.
Girai leggermente la testa per guardarlo bene: il nuovo taglio di capelli gli scopriva il viso a destra, ma dal mio lato, a sinistra, il ciuffo lo copriva ancora.
Alzai una mano e gli portai i capelli dietro all'orecchio, rivelando l'ustione. Adesso andava meglio.
Atlas si voltò incuriosito dal mio gesto, per poco non mi si sospese il fiato quando mi accorsi che gli stavo ancora toccando i capelli.
Ritrassi la manco come se mi fossi scottata sul fuoco.

Lui, invece, continuò imperterrito a guardarmi, intrigato e confuso, con quell'increspatura tra le sopracciglia che nascondeva interi discorsi.
Cavolo.
Circondato dalla luce delle lucciole,  sembrava fatto interamente di fuoco e i suoi occhi d'ambra avrebbero potuto accecarmi. Ma io, stupida, non riuscivo a smettere di guardarlo, anche se sapevo che mi sarei bruciata.

«Lo sposerai?» Chiese all'improvviso.
Oh... Ecco cosa taceva nell'increspatura tra le sopracciglia.
Deglutii, senza interrompere lo sguardo ravvicinato che ci teneva legati. «Hai sentito la nostra conversazione?»
Atlas si irrigidì, i muscoli del collo ebbero un leggero spasmo, e pensai che rispondermi gli sarebbe costato un po' di sforzo.
«Ha mentito» esordì, gelido sia nel tono che nello sguardo, «Non ti ama davvero, vuole soltanto il tuo corpo. Ti sei resa conto di come ti ha toccata?»

Fantastico.
Modrin era stato così bravo a recitare che persino Atlas aveva frainteso tutto.
Scossi la testa.  «Ti sbagli...»
«Cazzo, Freya! Ma come puoi essere così ingenua?»
Sussultai. Era la prima volta che imprecava davanti a me.
Se ne accorse anche lui, e probabilmente la cosa non gli piacque, per cui rilassò la sua espressione collerica in una meno aggressiva. «Tu non sei stupida.»
«E tu non sai niente di quello che è successo tra me e Modrin, non trarre conclusioni affrettate!» Mi scoprii ad alzare la voce.
«No, è vero! Ma quello ti stava mangiando con gli occhi!» sfogò, poi strinse i pugni sulle ginocchia e quando scosse la testa i capelli tornarono a coprirgli il viso.
«Non è così, te lo assicuro...»
Fece schioccare la lingua sotto al palato. «Certo, vivi pure nella tua innocenza. Quell'elfo non aspetta altro che spogliarti e...»
«Per Xels, Atlas! Io e Modrin siamo già stati insieme!» Urlai.
Poi mi resi conto di ciò che avevo detto e pensai che sotterrarmi non sarebbe stata una cattiva idea.

Il silenzio della notte non mi era mai sembrato tanto assordante.
«Che significa?» Sussurrò. Le sue grida di rabbia furono solo un lontano ricordo.
Alzai un sopracciglio. Sul serio?
Lui rimase impassibile: attendeva.
Beh... Ormai non avevo più niente da perdere. «Sono andata a letto con lui.»
Atlas si prese un istante per metabolizzare l'informazione, poi continuò inespressivo. «Quando?»
Sospirai. «Quattro anni fa, alla Città delle Cascate.»
Mi rifiutai di guardarlo, girai la testa dall'altra parte per nascondergli il mio imbarazzo.
«Ma eri una bambina...»
Sbuffai una risata isterica. «Per favore. Avevo la stessa età che avevi tu quando sei stato con Audra, perciò non farmi la predica.»
Appena pronunciai quel nome mi si imporporarono le guance nuovamente, ma per la rabbia e la gelosia. Perché, sì, io ero dannatamente gelosa di quella salamandra così bella e così femminile, sapendo che io, invece, non lo sarei mai stata abbastanza.

Quei pensieri mi caricarono di un'improvvisa sfrontatezza. «A proposito...» mi voltai verso Atlas, «Com'è stato vedermi prendere le sue sembianze? Mi è parso che tu abbia apprezzato» sorrisi.
Atlas si adirò. «Non hai idea di cosa stai dicendo. È diverso. Non puoi giudicarmi.»
«E tu, invece, puoi farlo?» Inclinai la testa, ormai cosciente che la gara di sguardi accusatori non si sarebbe interrotta. «Che t'importa se sono stata a letto con Modrin?»
Lui non rispose.
Ero stanca del suo silenzio.
Mi protesi su di lui, «Ti svelo un segreto, Atlas. Sono una donna anch'io, come Audra. Prima o poi... con qualcuno sarebbe successo.»

La salamandra sussultò, poi si abbandonò con la schiena al tronco dell'albero, ristabilendo una certa distanza tra i nostri corpi.
Si portò un braccio sulla fronte, chiuse gli occhi e sospirò una risata ironica .«Già... Che stupido sono stato a desiderare che quel qualcuno fossi io.»

... Cosa?

«...Cosa?»
Mi paralizzai. Il mio cervello perse ogni capacità di elaborare ciò che stesse succedendo intorno a me. Il mio cuore, intanto, era partito, andato.
Atlas schiuse gli occhi e rise della mia espressione. «Allora sei davvero ingenua?» Deglutì. «Con Audra sono stato uno stronzo» ammise, «Era il mio compleanno, l'incoronazione era vicina... E anche la tua promessa di matrimonio» scosse la testa, «Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Stavo per diventare re, potevo avere qualsiasi cosa, qualunque amante, ma l'unica persona che volevo davvero al mio fianco avrebbe sposato un altro. Audra sapeva che non l'amavo, ma era convinta di riuscire a farmi cambiare idea. L'ho lasciata fare, ed è stato un errore. Lei ha sofferto e...anche tu» puntò gli occhi nei miei, «Hai sentito il suo odore su di me, sapevi ciò che era successo e io credevo che la tua reazione...» si toccò il labbro che gli avevo rotto la mattina dopo il suo compleanno, poi rise di nuovo «... Mi ha fatto pensare che forse avrei avuto una speranza.»
Ah...
Ormai tremavo come una foglia, ne ero consapevole e non mi sembrava vero.
Era una confessione... Una dannata confessione!
L'amore della mia vita era lì, davanti a me, che splendeva nella luce delle lucciole e mi aveva detto che per tutti quegli anni i sentimenti che avevo tenuto a bada, spaventata dal suo rifiuto, in realtà erano corrisposti.
Mi sentii l'essere vivente più stupido di tutto Mahihen. E anche il più fortunato... Sempre se non era cambiato nulla per lui. Dopotutto, stava parlando di sei anni fa.

«Atlas» mormorai, «Perché non me lo hai mai detto?»
Lui si fece serio. «Dovevi sposare un elfo... O meglio, devi» sbuffò, «Non lo so più, Freya.»
«Con Modrin...» balbettai, cercando le parole giuste, «Io...»
Mi interruppe, scuotendo la testa. «Non devi... giustificare niente.»
«No. Per favore, io ti ho ascoltato.»

Attesi che mi desse la possibilità di spiegargli tutto, perché non avevo niente da nascondergli, ma volevo che lui si sentisse pronto per ascoltarmi.
Mi sentii sollevata quando lui annuì.
«Una settimana prima che Modrin mi trovasse alla Città delle Cascate, era... Era l'anniversario del giorno in cui ti ho perso. Fino a quel momento ero stata brava a nascondere le mie tracce, ma sai...» sorrisi nostalgica, «Quello era l'anno in cui sarei diventata regina e noi avremmo firmato il trattato di pace.»
Deglutii, ma non bastò a mandare via il nodo in gola. Quando sbattei le palpebre, le lacrime iniziarono a scendere.
«Mi mancavi, Atlas. Mi sentivo persa. E così mi sono rintanata in una taverna, poi in un'altra e un'altra ancora. Ho combinato un po' di casini qua e là e ho mandato all'aria le mie coperture... Quando Modrin mi ha trovata ero un disastro, deperita e ubriaca e non lo riconobbi neanche. Mi ha aiutata a disintossicarmi e mi è stato vicino quando gli incubi di te che morivi davanti ai miei occhi diventavano insopportabili...» tirai su col naso e mi pulii le guance con una mano. Le polveri colorate che Eranthe aveva usato per truccarmi si guastarono totalmente.
«Abbiamo trascorso insieme diversi giorni, gli ho parlato dei miei piani e gli ho fatto capire che non sarei tornata per nessun motivo. Ma avevo paura, Atlas...Stavo per affrontare un viaggio difficile e non sapevo cosa ne sarebbe stato di me...» ammisi, «Io... Avevo bisogno di affetto. E Modrin ed io ci volevamo bene. Così, noi...»
Una cosa aveva condotto a un'altra e prima che ce ne rendessimo conto, io e Modrin ci eravamo baciati. E io avevo paura di morire senza aver mai conosciuto l'amore.

Ma non riuscii a dirglielo.

Per fortuna, Atlas comprese lo sforzo che mi costavano quelle parole. Abbassai lo sguardo, profondamente imbarazzata.
Lo sentii sospirare e sedersi meglio, finché il suo calore non mi accarezzò di nuovo.
«Lui... Ti ha trattata con rispetto?»
Oh, Atlas...
Mi si strinse il cuore a pensare che, nonostante tutto, il suo primo pensiero fossi io.
Annuii. «Sì. Anche quando la mattina dopo l'ho svegliato e gli ho detto che non sarei tornata a Vestol con lui. Che sarei andata avanti per la mia strada... E che tra noi non avrebbe funzionato.»
Mi venne da sorridere e ritrovai il coraggio di guardarlo. «Credo che lui  avesse capito, già allora, che io...» Ero innamorata di te.
Mi morsi il labbro.
Perché era così difficile ammetterlo?

Sospirai. Capii che dovevo ancora chiarire un'altra questione. La più importante.
«Prima, alla festa, suo padre ci stava ascoltando» mi guardai intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno, ma eravamo completamente soli, «Ci siamo allontanati per parlare in privato. Atlas, guardami.»
Lui obbedì, sebbene avesse ancora i nervi tesi.
«Non c'è niente tra noi. Io non lo sposerò.»

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