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Act 1: the taste of solitude

Sedici anni.
Finalmente li aveva compiuti, si sentiva felice tanto quanto ansioso.
Adesso poteva fare molte più cose e in molte di esse era anche considerato un adulto. Adesso poteva anche essere arrestato, ma non è fantastico?

In realtà, la sensazione di avere così tante responsabilità sulle sue spalle, insieme agli anni che passavano così velocemente che nemmeno se ne accorgeva, gli metteva una tale angoscia che provava a colmare con i palloncini colorati, i dolci e i bicchieri di carta.

Se dobbiamo dire la verità, Jisung nemmeno voleva organizzarla quella festa. Non aveva mai avuto tanti amici ma, secondo il suo migliore amico Felix, quella sarebbe stata l'occasione per farsene alcuni, quindi perché non invitare tutte terze, quarte e quinte della scuola nella propria casa per festeggiare il compleanno di una persona che conoscevano a malapena? Inizialmente era un po' scettico a riguardo, e lo era anche in quel momento, ma Felix aveva insistito tanto da convincerlo e ormai non poteva più tornare indietro.

Era terribilmente ansioso, e ad avercelo il sostegno del migliore amico! La sera prima l'aveva chiamato dicendogli che non avrebbe potuto prendere parte al party perché si era preso una brutta febbre. Inizialmente le insicurezze di Jisung gli avevano fatto pensare che fosse una scusa per non trascorrere del tempo insieme, perché si era stancato di lui e cose del genere... ma quando quella mattina aveva sentito la voce nasale di un Felix raffreddato cantargli "tanti auguri", i suoi dubbi erano crollati e aveva capito che si era trattato solo di un caso sfortunato.

Così si era affidato a se stesso, aveva preparato cibo e snack da solo e si era occupato anche delle decorazioni, uscendone abbastanza soddisfatto: i due palloncini a forma di uno e sei erano attaccati ad uno dei muri del soggiorno, mentre sugli altri tre vi erano attaccati degli striscioni e il pavimento era pieno di palloncini.
Per quanto potesse sembrare infantile, era il genere di cose che Jisung amava. Era tutta la vita che sperava di avere una festa così e finalmente, malgrado fosse un po' insicuro a riguardo dato che conosceva a malapena gli invitati, poteva averne una.

Nel frattempo che aspettava che arrivasse l'ora dell'evento, era un fascio di nervi. Aveva fatto avanti e indietro per la stanza per almeno una decina di volte, per assicurarsi che tutto fosse al suo posto, poi quando si accorse fosse tutto okay si sedette sul divano.

Non era per niente calmo, continuava a fare su e giù con la gamba destra, incapace di stare fermo.
Sua madre scese le scale velocemente nella sua tenuta da infermiera e gli si avvicinò.
"Ho il turno di notte, l'ho preso apposta così posso lasciarvi da soli." disse, lasciandogli un bacio sulla fronte, poi si
diresse alla porta. "Buona fortuna e non bevete troppo, mi raccomando!"

"Figurati! Buon lavoro!"

Il sorriso che Jisung aveva dipinto sul proprio volto scomparve non appena la madre varcò la soglia della porta di casa. Era così preoccupato. Se la festa non fosse piaciuta? Se l'avessero trovata noiosa?
Di essere monotona non sembrava. C'era il cibo, da bere e la musica. Che altro serviva ad una festa? Jisung non vi era mai stato ad una, poteva basare le sue conoscenze solo su quelle delle serie tv che guardava da bambino.

Il tempo passava. Gli invitati sarebbero dovute arrivare quindici minuti fa, invece nemmeno un'anima viva.
Jisung iniziò a preoccuparsi. Magari tutti erano soliti a presentarsi con qualche minuto di ritardo alle feste... per tranquillizzarsi un po' stabilì che mangiare qualche patatina non gli avrebbe fatto male.

Dopo, era passata un'ora, nessuno era ancora arrivato e la ciotola degli snack era completamente vuota. Forse avevano solo capito male l'orario. Già, probabilmente avevano capito "dieci" invece che "nove". Sicuramente.

A Jisung ci volle un'altra mezz'ora per capire che nessuno sarebbe mai venuto.
Con quel pensiero si era ritrovato seduto per terra, con la testa poggiata sul divano e le lacrime che gli scorrevano lungo le guance, mentre si chiedeva cosa ci fosse di sbagliato in lui. Perché tutti lo odiavano? Perché non poteva avere degli amici? Immaginava già tutte le prese in giro che avrebbe dovuto subire una volta che avrebbe dovuto incontrare il rientro a scuola. "Il ragazzo che ha invitato tutta la scuola ad una festa ma che è così sfigato che non si è presentato nemmeno un cane."

Sapeva che il motivo per cui nessuno fosse venuto era che l'organizzatore della festa era proprio lui. Insomma, tutti andavano alle feste, anche di persone a cui non avevano mai rivolto la parola, quindi era lui il problema.
Nessuno voleva vederlo, si sentiva inutile.

E quante lacrime che versò quella sera. Si era anche truccato bene, ci aveva impiegato più di un'ora. Tempo sprecato, dal momento che adesso il suo trucco era tutto sparso sulle guance, senza una forma ben precisa.
Era ancora seduto sul pavimento, affianco a lui la ciotola rovesciata di patatine e tutte le briciole per terra, quando sentì suonare al campanello.

Sperò con tutto se stesso fosse sua madre, che da un momento all'altro aveva deciso di lasciare il lavoro e tornare a casa, così avrebbe passato la serata a piangere tra le sue braccia mentre lei gli ripeteva quanto i ragazzi della sua età fossero idioti e che non doveva lasciarsi condizionare dall'evento di quella sera.

All'inizio nemmeno voleva andare ad aprire. Si sentiva così triste che non aveva neanche la forza di alzarsi.
Poi, quando il campanello prese a suonare insistentemente, avrebbe fatto di tutto pur di interromperlo, così si mise in piedi e si diresse verso la porta.

Quando l'aprì, si sarebbe immaginato di vedere chiunque, tranne la persona che aveva davanti in quel momento.

Birthday| MinsungWhere stories live. Discover now