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Possiamo essere felici?

«Chi era quello?».Dopo che aveva aperto la porta di casa, e aveva lasciato delicatamente Edoardo nel divano, una voce alle sue spalle con tono inquisitorio le stava facendo domande.

Lei sapeva benissimo chi fosse, d'altro canto aveva visto la sua macchina parcheggiata proprio dietro l'angolo.

«Un amico». Disse voltandosi verso di lui.
Aveva le braccia conserte, e uno sguardo un po' malinconico.

«Chi ti ha fatto entrare?».aggiunse, sapeva che ancora i rapporti con suo fratello non erano del tutto tornati alla normalità e dunque per ora era quasi impossibile trovarli insieme nella stessa stanza.

«Tua nonna, che mi ha detto di dirti che è uscite per prendere delle ultime cose per sta sera».

Era strano non trovare nessuno a casa, erano una famiglia quasi numerosa, e nonostante a tavola erano tutti riuniti, durante la giornata c'era un grande via vai.

«Va bene grazie».

Lo supero ed andò ad appendere i giubbotti nel appendiabiti all entrata.

«Si è divertito?».chiese indicando il bambino che ancora dormiva beato.

«Si,ogni volta che andiamo al parco si diverte molto».

«La prossima volta posso venire anche io?».

«Non è necessario che me lo domandi , se vuoi puoi farlo».le disse sorridendogli

«Ho detto ai mei genitori che ho un bambino di tre anni e mezzo».

Matilde si girò di scatto verso la sua direzione.
Non credeva che così presto quella certezza di creare una piccola famiglia, o che Edoardo potesse finalmente avere un padre, si sarebbe concretizzata.

«E loro cosa hanno detto».

Lui si grattò la nuca, non era di certo facile dire a qualcuno che aveva un figlio, così dal nulla di tre anni, senza aver avuto i fatidici nove mesi per metabolizzare la cosa.

«Diciamo che è stato un po' complicato, i mei mi hanno detto che sono stato un po' irresponsabile a lasciarti sola con nostro figlio, e che ero un idiota, però hanno visto le mie buone intenzioni, e domani ci vogliono tutti a pranzo da loro».

Matilde registro il messaggio nella sua mente, Riccardo davanti ai suoi si era dato la colpa per non aver fatto parte della vita di suo figlio, facendola passare come una vittima, quando invece era lei la carnefice.

«Riccardo...perché hai fatto credere che sei stato tu ad abbandonarci, quando invece non ne sapevo nulla?».

Lei si era avvicinata a lui, posandogli delicatamente una mano sulla spalla, a quel
Tocco Riccardo si irrigidì, non sapeva cosa dire ne cosa pensare, il suo cervello era completante in tilt.

«Credo...che alla fine sia meglio così».

E poi come se il tempo si fosse fermato, e non fosse successo nulla lei lo abbracciò.
Fù un abbraccio sincero, pieno di sentimento ed emozioni.

Lei non se lo aspettava si sentirsi così appagata tra le sue braccia, se avesse potuto scegliere non si sarebbe mai più staccata da lui, ma poi la realtà si imbatté, in quel  momento di una furtiva emozione che aveva aperto milioni di ricordi e fatto sbocciare nuove emozioni.
«Mammina».

Edoardo si era risvegliato da quel torpore momentaneo, e adesso chiedeva un po' di attenzioni.

Loro prontamente si sciolsero da quella stretta, e da quel momento ritornarono come prima.
Avevano riposto nel "frizzer" quei sentimenti che sembravano così sbagliati e senza alcuna briciola di tempismo.

A volte  la cosa migliore è complicare tutto.Where stories live. Discover now