Altrove

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Vengo svegliato dal sole che entra prepotentemente dalla finestra. È ancora troppo presto, ma praticamente sono andato a letto alle 10 di sera quindi non sono stanco. 

Apro la finestra e guardo verso il balcone di fronte; niente musica a quest'ora. In compenso gli uccellini iniziano a cantare e accompagnano i rumori della città che si sveglia: imposte che si aprono, madri che iniziano a pulire, rumori di stoviglie per la colazione, gente che corre al lavoro e ragazzi che rincasano cercando di non fare rumore. Non è poi così diversa da casa, da quella che chiamavo casa, non è poi così ostile, in realtà mi sento quasi accolto. 

Il mio stomaco inizia a brontolare e mi rendo conto che non metto qualcosa sotto i denti da troppo tempo. Negli scaffali in cucina trovo del caffè e metto su la macchinetta, pensando a come muovermi ora. Non posso restare per sempre qui dentro e non posso restare senza fare nulla, perché non so quanto tempo resterò e perché non ho portato chissà quanti soldi. Mentre cerco di farmi venire qualche idea controllo il cellulare e trovo chiamate perse da parte di mia madre e di mia sorella e messaggi in cui mi chiedono di tornare a casa, poi mi chiedono se sto bene e dove sono e mi dicono che mi vogliono bene. Già, cosa vuol dire voler bene in fondo? Vuol dire volere il bene dell'altra persona e io non ci credo che lei volesse solo il mio bene nascondendomi la verità. Ci sono anche messaggi dei miei amici e a loro decido di rispondere, rimanendo sul vago, giusto per tranquillizzarli e dirgli di non parlarne con nessun'altro, soprattutto con lui. Mi ha scritto anche lui, vuole parlarmi, vuole chiarire, vuole rimediare. Peccato che non ci sia niente da rimediare, perché quando qualcosa si rompe in mille pezzettini non puoi più ripararla senza danneggiarla ulteriormente. Guardo la sua foto del profilo, ha ancora quella foto di noi due, quella che io ho lasciato appesa al muro della mia stanza, assieme ad un altro paio di ricordi che fanno male. Decido di cancellare la sua conversazione perché vedere quella foto mi dilania ancora il petto.

Dopo aver scelto dei vestiti da mettere ed essermi dato una sistemata, decido di uscire per fare colazione e iniziare a prendere confidenza con questa città. Mi sento come un bambino che deve entrare per la prima volta in mare e non sa cosa aspettarsi, ha paura ma è anche eccitato. Ormai la città ha preso vita, le serrande dei negozi si stanno aprendo e i portoni lasciano uscire continuamente persone che vanno a vivere la loro giornata. E io che giornata vivrò? È strano non sapere cosa fare, dove andare, che scopo dare ai minuti che scorrono e che io ho sempre cercato di riempire. Ora invece mi sento così vuoto che anche riempire quei minuti mi sembra uno sforzo immane. 

Un po' la ricordavo Bologna, così bella e così calda, come il grembo di una madre a cui puoi sempre fare ritorno. Ed eccomi tornato infatti, lei non si ricorda di me ma nemmeno io ricordo molto di lei, quindi va bene così, ci riscopriremo a vicenda, ci guarderemo prima in modo circospetto e poi ci lasceremo andare e rideremo insieme del tempo passato, della vita trascorsa lontani.

Mi dirigo in un bar e ordino da mangiare e forse ero davvero molto affamato, perché mai una brioche mi era sembrata così buona. La cameriera mi sorride e io mi domando se sia solo gentile o se voglia provarci, ma in questo caso non ha alcuna possibilità, però cerco di sorriderle anche io perché penso che si meriti anche lei un sorriso.

Mentre continuo a gustarmi la colazione entra un ragazzo che sembra conoscere bene la cameriera e infatti si intrattengono in una conversazione al bancone. È uno di quei ragazzi che appena li vedi pensi: questo ascolta rock o fa rock. Ha i capelli ricci lunghi fino alle spalle e il tipico stile da ragazzo trasandato di chi ha un sacco da dire ma è troppo timido per farlo. Vedo che le passa dei volantini, forse le sta chiedendo di attaccarli alla cassa e non so perché mi incuriosiscano così tanto, ma decido che uscendo dovrò darci un'occhiata.

Quando vado a pagare c'è di nuovo la cameriera a sorridermi, ma stavolta forse non riesco a ricambiare il sorriso e la vedo un po' delusa. Osservo il volantino e vedo che è un annuncio di lavoro: cercasi commesso/a per negozio di strumenti musicali. È un segno del destino o solo una fortunata coincidenza, perché se c'è una cosa che amo è la musica e tutto ciò che la riguarda. La cameriera nota il mio interesse per l'annuncio e infatti mi chiede "Cerchi lavoro? Se sei interessato, conosco il ragazzo del negozio e posso dirti che ti troveresti bene, è un buon lavoro"

"Oh, sì, grazie, ancora non lo so, comunque me lo segno"

"Certo, pensaci sopra" mi dice in modo incoraggiante e stavolta sono io a sorridere a lei, perché credo sia una di quelle persone dall'entusiasmo contagioso. Esco dal bar e cerco sulle mappe l'indirizzo di questo negozio e vedo che non è molto lontano da lì, potrei farci un salto. Mentre mi incammino noto un bambino che sta imparando ad andare in bici con suo padre che lo tiene d'occhio e mi costringo a distogliere lo sguardo, prima di scoppiare a piangere in mezzo alla strada.

Arrivo al negozio di strumenti "rovere" e il nome già mi ispira un botto.

"Buongiorno" mi accoglie il ragazzo che avevo intravisto prima al bar e vedendolo da vicino conferma la mia idea su di lui, mi piace.

"Ciao, ho visto che cerchi qualcuno per lavorare qui e volevo saperne di più"

"Però, non pensavo che arrivasse qualcuno così in fretta. Comunque sì, si tratta di occuparsi del negozio e dei clienti e faremmo a turni durante la giornata, perché ho altri impegni che non mi permettono più di stare qui tutta la giornata. Ovviamente è richiesta una certa cura nei confronti degli strumenti, non possiamo rovinarli o romperli"

"Certamente, mi sembra comunque interessante come proposta; e poi io sono un appassionato di musica"

"Suoni?" mi chiede e io sorrido malinconico "Suonavo la chitarra, ma per lo più mi piaceva cantare" e lo vedo annuire, come se non volesse chiedere altro per non risultare invadente e gliene sono grato, è proprio quel tipo di persona con cui voglio rapportarmi ora: discreto e riservato. "Anche io suono, il basso, infatti è per questo che mi serve del tempo libero, ho le prove con la band"

"Hai una band? Che figo"

"Sì, siamo ancora agli inizi, ma secondo me c'è del potenziale" ed è così buffo mentre lo dice che mi fa ridere. "Allora, sei interessato al lavoro o no?" mi chiede e io mi guardo intorno e penso che potrei benissimo passare metà delle mie giornate nascosto tra questi strumenti musicali "Si, sono interessato" e così inizia un nuovo capitolo della mia vita. 




Ecco che iniziano le avventure del nostro eroe, avete già capito chi è il protagonista?

E il proprietario del negozio rovere? 😉

C'è ancora tanto da scoprire e spero di avervi incuriosito abbastanza da accompagnare il protagonista lungo il suo "viaggio".

Kissini da Sher 

Fuga nel passatoOnde histórias criam vida. Descubra agora