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Abito in una ridente cittadina a nord di Roma, ci si può arrivare tranquillamente in un ora di macchina oppure prendendo la linea ferroviaria scendendo a Ladispoli. Cerveteri è un posto magico per chi sa apprezzarne il valore. Molte persone odiano questo paese, dicono che è pieno di gente che non sa stare al suo posto, che non si fa i fatti propri, un buco senza niente (è tutto un dire questo) e chi più ne ha più ne metta. Ma io non sono qui per parlare dei difetti di Cerveteri e dei suoi abitanti, sono qui per far capire cosa mi spinge a rimanere qui nonostante i fatti che sono accaduti alla luce del giorno. Abito al centro storico, se salgo in terrazza posso ammirare la torre dell'orologio, un antica costruzione del 1734 con un singolare orologio a 6 ore appartenente alla nobile famiglia Ruspoli. Il quadrante si affaccia proprio davanti al palazzo del principe in piazza santa Maria maggiore e serviva per monitorare l'ora di inizio e di fine del lavoro dei contadini. L'altro quadrante invece si affaccia verso le campagne, ora coperte da svariati palazzi costruiti più tardi, annunciava ai braccianti la fine del lavoro. Sempre dalla terrazza, ponendo lo sguardo a sinistra dell'orologio, si può ammirare il viale alberato che porta al piazzale delle tombe. Una lunga pista asfaltata accompagnata da numerosi pini al lato della strada. In lontananza alcuni palazzi provano timidamente a coprire i monti ceretani, ma la loro grandezza si stende sovrana fino al mare che si può vedere benissimo alle mie spalle. Alla destra invece, a primo impatto si può vedere la salita che porta al cimitero vecchio. Qui a Cerveteri ci sono due cimiteri, quello vecchio, cioè quello costruito per primo, e quello nuovo. Prima della salita si può scorgere una fetta di piazza Aldo Moro, dove è presente un parcheggio al centro della piazza - non visibile dalla terrazza - e i giardini che portano alla parte bassa del paese. Prendendo sempre come riferimento l'orologio e dandogli le spalle, in lontananza posso vedere il mare, le campagne, il palo della rotatoria, la torretta - è cosi che chiamiamo Torre Flavia - e sulla destra la strada di Zambra che porta al Sasso. Ponendo lo sguardo in zone limitrofe si può ammirare lo splendore della boccetta, uno dei quartieri più antichi di Cerveteri. Basta farci una breve passeggiata per immergersi nella storia di questo paese. Qui si possono visitare via dell'arco scuro, l'antico forno a legna, la chiesa di sant'Antonio, il belvedere, la vecchia biblioteca, i vecchi merli dell'antica città. Qui il tempo sembra essersi fermato, anche le case sono di vecchia fattura e più ci si immerge, più si fa antico. Un paio di volte all'anno le strade della boccetta, e non solo, si riempono di colori sgargianti grazie all'infiorata. Un antica tradizione che ben pochi paesi qui in Italia hanno mantenuto. Le strade di Cerveteri in questi giorni si riempono di disegni colorati dai fiori, seguito poi da una processione con una grande partecipazione del paese. La vicenda in questione si svolse intorno ad aprile e maggio, precisamente vide il suo culmine l'otto maggio, festa del patrono qui a Cerveteri. In quel periodo presi l'abitudine di fare lunghissime passeggiate a via degli inferi per poi uscire al piazzale delle tombe per ammirare il tramonto presso la tomba dei Tarquini. Via degli inferi si raggiunge tranquillamente prendendo la strada che va al cimitero nuovo, prima del piazzale del camposanto c'è un bivio: continuando a camminare dritti si va sul monte, girando invece verso sinistra c'è un "tunnel fatto di alberi" che porta alla necropoli attraverso via degli inferi. Se solo quegli alberi potessero parlare... Quando eravamo adolescenti, ai tempi un nostro amico, ora non più, trovò un uomo che si era impiccato su un albero in quella via. Vi lascio immaginare lo shock in un ragazzo di 14 anni che si trova davanti ad una situazione del genere. Ai tempi non potevo assolutamente immaginare che tutte le dicerie sul paese avevano dei piccoli fondamenti, ma di questo troverò spazio per parlarne più avanti. Il sentiero degli etruschi, cosi viene chiamato è la via che conduce agli inferi. E' un normalissimo sentiero boschivo immerso nel verde con alte mura di tufo che costeggiano il fianco sinistro. Pian piano che si avanza le sterpaglie si fanno sempre più rade fino a lasciare lo spazio ad un sentiero quasi sgombro, gli alberi in compenso si infittiscono creando una zona d'ombra, nonché, un'atmosfera silenziosamente unica insieme alla parete di tufo. Più avanti un bivio ci costringe ad andare a destra, se si vuole continuare ci si trova davanti ad un vicolo cieco con un masso enorme che ostruisce la strada. Continuando quindi il sentiero ci ritroviamo a passare su un piccolo ponte di legno che permette di superare un ruscello praticamente asciutto. Siamo quindi arrivati ad un piccolo piazzale e ci ritroviamo finalmente a via degli inferi, un'antica strada costruita dagli etruschi che serviva a collegare la vecchia città alla necropoli. Ecco quindi spiegato il nome di questa via. Due alte mura di ruvido tufo si innalzano ai lati del sentiero. Qui si possono ammirare molte "rientranze" nelle pareti scavate nei tempi antichi. Tutto questo può essere contemplato grazie al lavoro del "GAR", un'associazione di volontari che ha ripulito l'intera area della necropoli. E come per magia ci si ritrova a fantasticare su un popolo e un'epoca scomparsi dalla terra ma ben presenti nella memoria. Durante queste lunghe passeggiate incontravo molte persone che portavano a spasso il loro cane, oppure facevano attività motoria. Le mura di tufo man mano si alzano sempre di più e coprono il sole che, in quel momento della giornata, era in procinto di sparire tra i monti. Si arriva quindi all'entrata della via che riporta sulla strada principale della necropoli. Dopo un breve tratto di strada, che si fa sterrata e non più rocciosa e piena di ciottoli, sulla sinistra ci sono i laghetti, invece continuando sul viale alberato si arriva al piazzale delle tombe. Per farvela breve è un enorme slargo in terra battuta dove ci si parcheggiano macchine e pullman di turisti che vengono a visitare la necropoli, che ricordo essere patrimonio dell'unesco. Spicca all'occhio un grande tumulo, è la tomba degli animali dipinti. Siamo quasi in dirittura di arrivo, la passeggiata prosegue per la via sepolcrale. E' la strada più importante della necropoli monumentale della Banditaccia e la attraversa da sud ovest a nord est, questa stradina è costellata da numerose case dei morti intarsiate nel tufo, ed è praticamente impossibile non rimanere di stucco la prima volta che la si visita, soprattutto se non si è del posto. Sulla destra, dopo alcuni minuti siamo finalmente arrivati alla tomba dei Tarquini, pensate che questa tomba è appartenuta a questa famiglia per ben otto generazioni, praticamente quasi duecento anni! Mi rendo conto che mi sto dilungando troppo in futili descrizioni, spero possiate perdonarmi per aver speso un po' di righe per descrivere il motivo per cui ritengo che questo posto sia casa mia ed è per questo che, come già detto in precedenza, nonostante i fatti che mi appresto a narrare non riesco ad abbandonare. Ero seduto, come mi era solito fare in quel periodo, sullo steccato di una delle tombe presenti in quel piccolo campo a venerare il sole che tramontava dietro i monti, quando vidi con la coda dell'occhio arrivare una ragazza e si fermò anche lei ad ammirare quello splendido tramonto. Cari i miei lettori è da qui che la vera storia inizia e spero solo che io sia in grado di raccontarvela nel modo giusto.

La nebbia di maggioWhere stories live. Discover now