Evelyn

18 1 0
                                    

In salotto tutti stavano guardando un film.
«Che ne dite di andare alla ricerca di una cena ?»

Mamma assentì immediatamente «Per me va bene; per voi, ragazzi?»
Jace non esitò nella risposta «Anche per me! ».

Andai in camera a vestirmi; misi il solito: jeans blu scuro, camicetta chiara, Converse nere e il braccialetto della fortuna. Io e Jace lo avevamo uguale, ogni anno lo cambiavamo; stesso negozio, stesso colore dell'anno precedente.
Per un po' avevo smesso di crederci: fu quando i nostri genitori si separarono. Allora Jace e la mamma hanno preparato la torta al cioccolato e abbiamo fatto un fortino con le coperte, i cuscini e i nostri pupazzi preferiti. Rimanemmo abbracciati tutta la notte in quel fortino, invulnerabili; due bambini al sicuro tra le braccia della loro mamma.
La mattina dopo andammo a comprare il nostro terzo braccialetto. Da allora li tenevamo conservati in una scatola, sotto il mio letto, e li indossavamo ogni volta prima di uscire.

Sorridevo come un'ebete a quei pensieri mentre mi  sistemavo i capelli prima che Jace  arrivasse in camera mia per prendere il braccialetto.
Sentii bussare «Eve! Posso entrare? »
La domanda fu solo una finta formalità poiché entrò senza il minimo assenso.
« Sentiamo. Cosa ha fatto stavolta? » chiese sulle spine, incrociando le braccia al petto.
« Nulla, Jace. Davvero. », dissi, ma al solo sentirlo nominare una fitta mi travolse lo stomaco: volevo vomitare e allo stesso tempo sentivo un leggero pizzichio agli angoli degli occhi.
« Ho sentito Mia. Mi ha detto che lui, da quando sono via, esce la sera, si ubriaca e non fa sapere più nulla di sé. »; trattenni le lacrime.
«Anche per giorni a volte» dovetti aggiungere.
Sentivo delusione, rabbia; verso me stessa. Mi sentivo un idiota.
Si sedette sul letto accanto a me e mi fece appoggiare al suo petto, mentre mi carezzava la testa. Non era la prima volta che mi faceva soffrire in quel modo. E ogni volta mi giustificavo dicendo che era solo troppo... lui. In realtà ci stavo fin troppo male, e sapevo anche il motivo del mio malessere; o almeno lo ipotizzavo.
« Ho paura che mi tradisca, Jace. Che per tutto questo tempo io sia stata solo la fidanzata da mostrare alle feste. Che in realtà non provi nulla per me. ».
Credo di non ricordare neanche quante volte Jace è arrivato a minacciarlo, quasi a prenderlo a pugni. Prometteva di spaccagli la faccia. Non lo ha mai preso seriamente.
« Eve cosa ti ho sempre detto? Lui è il classico newyorkese che se la spassa tra mille club notte e giorno; non sa e non vuole rispettarti: lo avrebbe già fatto altrimenti. Per te non ha significato nulla quella sera? Ci passi ancora sopra? Dopo tutto? »
Alzò il tono della voce. Era deluso. Deluso da me. È sempre stato così quando si parlava di lui.
Mi alzai dal letto, rompendo il nostro abbraccio e passando un mano tra i miei capelli biondo cenere.
« Jace smettila! Ho intenzione di andarci a parlare, il prossimo fine settimana . Andrò a casa sua e se sarà il caso romperò con lui, ma per ora ho solo bisogno di conforto, non che mi urli in faccia!»
Doveva smetterla di rinfacciarmi tutto. Ero abbastanza matura da capire cosa non andasse. O almeno così credevo. In quel momento cuore e caos prevalevano su logica e ragione.
« Ho esagerato ma sai che ho ragione. Credo solo che dovresti farti rispettare Eve: non ti considererà più la sua ragazza ma sa che ti deve molto. Sarebbe già dietro le sbarre a quest'ora» concluse , per poi prendere la scatola sotto il letto. È incredibile quanto tempo fosse già passato.
Sentii i suoi occhi su di me. Vi lessi apprensione, preoccupazione; al contempo spensieratezza, gioia. Era lunatico come un bambino.« Carina quella camicetta! Perché non mi suona familiare? Sei andata a fare compere senza di me? Sono offeso!», mi prese in giro.
Terminammo il piccolo teatrino mettendo i braccialetti.
« Sei pronta? ».
« Sì, sistemo il trucco e scendo. ».

Il riflesso delle stelleWhere stories live. Discover now