Morirò per te... un giorno

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"La Meter gli posò una mano sulla spalla < Date a questa gente ciò che merita, Christopher. E date a voi stesso ciò che meritate. Andate a riprendere la vostra Isadóra >

Christopher scosse il capo"

- Moloko Vellocet
Kajira: la schiava ribelle.

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Di notte, fissando l'acqua scura, durante una passeggiata sul ponte nei pressi del castello di Langfjorden Christopher osservava la sua immagine riflessa, con la dannata e insistente voglia di fare un tuffo giù.

Aveva chiesto a tutti di esser lasciato in pace, da solo, con la sua malinconia.

Osservava quel cielo stellato e desiderava di poter volare, sopra ogni convinzione, al di sopra di ogni persona e sperava di intravedere lei, la sua sagoma, di riconoscerla tra mille, tra un mare di individui, sarebbe bastato anche guardarla per un piccolo ed insignificante attimo da lontano.

Ripensó ai giorni in cui non conosceva nulla di quella piccola Kajira impaurita, dai capelli rossi. Ne era solo affascinato, forse ossessionato, ma ora sapeva di esserne innamorato.

Ora la Kajira era cresciuta... era una donna.

Aveva imparato ad accettarne l'assenza; a rispettare la sua decisione, sicuro che l'unica donna che amava non sarebbe mai tornata da lui. Ma se sarebbe tornata non sarebbe stata lei... non più la stessa.

Aveva aspettato per molto la persona giusta, colei che le sarebbe stata accanto per tutta la vita. Ma lui aveva rovinato ogni cosa.

Che ne sarebbe stato di loro? Del noi che era pian piano nato tra errori, tristezza, ma anche passione e mal celato amore ?

Ciò che di lei rimaneva erano solamente i ricordi nitidi che Christopher custodia.

Un brivido lo scosse da capo a piedi.

Christopher prima di incontrarla non conosceva il bene, né l'amore, bensì era cosciente dei danni che questi erano soliti procurare. Era cresciuto senza sentimenti di alcun tipo, gli anni avevano cancellato ciò che di buono rimaneva in lui.

Sembrava strano il fatto che colei che portava in se il tocco incantatore delle fiamme, la forza immane del vento, la bontà della terra e la bellezza del mare avesse scelto lui. Lui che prima di incontrare Isadóra era... narcisista?

No.

Solo non era in grado di amare qualcuno.

Ora però aveva perso quell'amore, rischiando di impazzire, rischiando di far scoppiare quel cuore straziato.

Aveva voglia di morire.

Urlò frustrato.

Si chinò per afferrare un sasso e scaraventarlo nel lago sperando di liberarsi di quell'amore che creava solo sofferenza facendo crollare speranze e desideri.

Distruggendo il suo universo.

Lui riusciva a capirla però, ammetteva di aver sbagliato, ne era pienamente consapevole.

Faceva le scelte al posto suo, l'aveva picchiata, umiliata, pretendendo dalla sua Isadóra chissà che.

Ed adesso rimaneva solo l'anima tormenta di un uomo e un cuore ancora devoto alla sua musa.

Christopher era ormai invecchiato, fili d'argento stonavano fra la sua chioma dorata, sul viso, rughe che prima non c'erano.

Il vuoto che lo circondava aveva scavato una voragine nel petto del povero uomo colpevole solo di aver trovato l'obbiettivo della sua esistenza nel mondo, caso e maniera sbagliata.

Tentò per un attimo di restare lucido, provò a... ragionare, ad essere indifferente al dolore...

Fino a che non si rese conto di esser servito a niente.

Di essere niente senza lei.

Un secondo urlo ruppe la quiete della notte.

L'impulso di farsi del male lo colmava.

Ma... forse un angelo nascosto nel vento, impietosito, gli impose di rientrare.

Ritornò nel castello.

L'atmosfera nella struttura pareva tetra e priva di vita.

Con passo lemme decise di recarsi nella sua stanza per addormentarsi, ma gli arti inferiori non gli diedero ascolto.

Si trovò senza motivo alcuno di fronte alla stanza di Isadóra.

Non ebbe il coraggio di tornare indietro.

Si avvicinò alla porta e l'aprí.

La fragranza di lei era sparsa nell'aria.

Camminó fino al suo letto.

Dio quanto faceva male senza di lei... la sua assenza si sentiva ogni istante di più. 

Aveva creduto giorno dopo giorno che tutto questo male l'avrebbe fortificato... ma non era così.

L'istinto ebbe la meglio: afferrò il cuscino della sua amata e respiró forte il suo profumo.

Il cuore di lui riperse a battere per poi bloccarsi nuovamente.

Maledí codesta notte che aveva appena raccolto i cocci dei suoi sogni infranti, di una vita solo immaginata.

Maledí il troppo desiderio. Ma non riuscì a maledire quella donna dai riccioli di fuoco; causa dei suoi mali.

Maledí il destino affidando poi a questo le colpe dei suoi dispiaceri.

Improvvisamente però, seppe cosa fare: avrebbe strappato le ali a quel destino infame, lo avrebbe sfidato e si sarebbe ripreso la sua Isadóra.

Una volta per tutte.


Kajira: la schiava ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora