Le sfilò la maglia ed il reggiseno e si incantò a vedere la pelle chiara della ragazza, i seni sodi, i capezzoli più scuri.
Con delicatezza, a differenza dei gesti fatti in precedenza, vi passò sopra le dita, seguendone la forma circolare. Era come se il mondo si fosse fermato, non sapeva perché, ma la testa non girava più, come se lo supplicasse di avere un attimo di lucidità, come se lo supplicasse di tornare in se, di fermarsi e lasciare quell'auto.

Quell'attimo durò poco: la ragazza lo spinse su di se e lo baciò con foga.
La mente di Cesare si annebbiò subito, e tornò ad essere solo istinto, tornarono ad essere due corpi nudi, sudati, all'interno di una macchina nel parcheggio sul retro di una discoteca e nulla di più.

                                          *

"Ti stavamo cercando, dov'eri finito?" Urlò Nelson per sovrastare la musica non appena Cesare rientrò in discoteca.

"Ho fatto un giro fuori" Rispose lui, senza aggiungere altro.

La ragazza era già tornata dalle amiche, dopo avergli scambiato un ultimo occhiolino.
Si sentiva sporco, non solo perché era sudato per la discoteca e per quello che aveva appena fatto in quell'auto.

Era sbagliato, era vuoto. Come se quel gesto, così sentito istintivamente, gli avesse lasciato una grande soddisfazione solo per l'atto in sé e qualche secondo dopo di esso, e poi, si fosse portato via tutto.
Tutto ciò che lo rendesse vivo, diverso, unico.

Si sentiva un guscio vuoto, ogni traccia di amore, desiderio, speranza, buttata via.

Capì di non essere solo quello: Cesare non era fatto per essere istinto fine a se stesso.
Era fatto per qualcosa di più alto, qualcosa che comprendesse anche il suo spirito nobile e a volte leggermente tormentato.

"O mi fate bere ancora o ce ne andiamo, mi esplode la testa qui dentro".
Disse, guardando i suoi amici.
C'erano anche Frank e Dario che, probabilmente durante la sua assenza, si erano ricongiunti al gruppo.

"Oppure ce ne andiamo a bere da un'altra parte" Disse Frank, ridendo.

E si, quella era la scelta migliore.

                                          *

Erano tutti seduti, alle tre del mattino, sullo spiazzo di Monte Donato, Bologna dritta davanti a loro.

I colli mettevano un filo di pace al suo animo turbolento, così come le luci della sua amata città, in lontananza.

Gli altri parlavano, del più e del meno, discorsi che passavano dall'essere profondi a grandi risate collettive.

Cesare era un po' in disparte, una bottiglia di un qualche liquore in mano.
Non gli importava cosa fosse, voleva solo dimenticare la sensazione di vuoto e sporcizia che aveva addosso.

"Direi che può bastare per oggi, non credi?" Disse Nicolas, avvicinandosi a lui, levandogli la bottiglia di mano.

Cesare fece spallucce, non aveva importanza, non in quel momento.

"Andrà meglio, lo sai?" Gli disse l'amico, sedendosi al suo fianco.
"Troverai anche tu il tuo posto definitivo, ma sei già sulla buona strada e lo sai anche tu"

Cesare si alzò di scatto, scosso da un conato di vomito.

Corse verso il cespuglio più vicino a si svuotò, o almeno iniziò a farlo.

Nicolas, al suo fianco, gli mise una mano sulla schiena, accarezzandolo piano.

"Andrà meglio Cesi, andrà meglio".

Lettere quasi mancateWhere stories live. Discover now