Ordinary girl

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Era un caldo pomeriggio come tanti a Los Angeles. Erin passeggiava lungo i marciapiedi affollati, con gli auricolari nelle orecchie, diretta al suo supermercato di fiducia.

Era talmente persa nei suoi pensieri che realizzò con qualche secondo di ritardo di non riuscire più a vedere. Udì distrattamente lo stridio di freni, il tonfo di portiere sbattute e centinaia di altri rumori causati da un improvviso caos. Erin fissò d'istinto il cielo: né nuvole, né stelle, né altro. Restò impalata, con gli occhi sgranati e la bocca aperta, a fissare un cielo oscuro come non l'aveva mai visto. Intanto la sua playlist continuava normalmente, come se la città non fosse appena precipitata nelle tenebre.

Improvvisamente si accesero i lampioni. Ciò sbloccò la gente dalla paralisi: quasi tutti si misero a correre, per la maggior parte verso le rispettive case. Erin mosse qualche passo, incerta. Trovò confortante la vista dell'elettricità. Forse si trovava nel mezzo di un progetto militare o qualcosa del genere. Si appoggiò a un lampione per non essere travolta dalla folla terrorizzata. Osservò di buonumore le persone che correvano, talune urlando. Sicuramente il Governo si sarebbe scusato per il panico causato ai cittadini. Anzi, forse le spiegazioni erano già in corso.

Erin accese il cellulare. Fissò incredula l'orario. Non potevano essere le 00:00! La ragazza controllò l'orologio da polso: entrambe le lancette erano ferme sul dodici. Un grido carico di dolore la fece sobbalzare. Si accorse che la strada in cui si trovava era quasi vuota ormai, eppure urla simili al precedente provenivano da ogni parte. La ragazza, pallida e tremante, decise di avventurarsi in un vicolo deserto.

Udì degli strani versi provenire da dietro l'angolo. Si acquattò al muro, sbirciò e rimase raggelata: una mezza dozzina di zombie si stava cibando di un uomo! Le creature comunicavano tra loro in una specie di linguaggio primitivo ed emettevano rivoltanti rumori mentre mangiavano. Scricchiolii erano prodotti dalle loro ossa disarticolate, nascoste solo parzialmente da vestiti marci. La loro pelle, se ancora c'era, aderiva completamente allo scheletro ed era putrefatta. I capelli erano arruffati, pieni di sporcizia. I denti, sebbene pochi, erano gialli e affilati, come anche le unghie.

Erin non riuscì a trattenere un conato di vomito. Si allontanò più che poté e dette di stomaco su gambe che ormai la reggevano a malapena. Gli zombie l'avevano sentita! Indietreggiò meccanicamente. Gli occhi le si riempirono di lacrime, il cuore martellava furiosamente, la bocca arida e secca aspirava in singulti aria surriscaldata. Non poteva credere di stare per morire; le sembrava un'atroce ingiustizia!

D'un tratto un'ombra emerse dall'oscurità, superò l'umana e raggiunse gli zombie. La figura incappucciata reggeva una scimitarra per mano, che usò per decapitare in un baleno tutti i morti viventi. Dopodiché si avvicinò a Erin e le domandò: "Sei tu Erin Loomis?"

La povera ragazza annuì intontita, poi perse i sensi.

Quando rinvenne, si accorse di essere trasportata da qualcuno alla maniera dei pompieri. Emise un flebile lamento, tentando di fare mente locale.

"Oh bene, sei sveglia" esclamò una seccata voce femminile.

La sconosciuta depose Erin a terra con poca delicatezza. Adesso la ragazza poteva vederla in volto. Si trattava di una donna molto attraente: aveva una carnagione scura, espressivi occhi neri, capelli scuri di media lunghezza e praticamente ogni cosa di lei, dal volto all'abbagliamento, era bellissimo e sexy.

Erin notò che l'altra la guardava come se fosse spazzatura. Non poteva biasimarla: in confronto a lei era decisamente insignificante... insulsa. Si era sentita spesso in quel modo nei suoi venticinque anni di vita.

La sconosciuta sembrò leggerle il pensiero: "Davvero qualcuno così scialbo è destinato a salvare il mondo? Spero che Lucifer non mi abbia dato il nome sbagliato... Beh, con lui c'era Amenadiel, quindi forse sei più interessante di come appari. Dimmi, hai poteri speciali?"

Ordinary girlWhere stories live. Discover now