- Ragazzi, - iniziò Harry solennemente lanciando un’occhiata a Louis per poi sederglisi accanto sempre con il suo solito modo pacato. – mi dispiace comunicarvi - .

- Cazzo, Harry non sei passato?! - . I ragazzi guardavano il più piccolo con espressioni a metà tra lo stupore e il dispiacere, perché non si poteva negare che Harry, nonostante tutto, avesse dei buoni voti.

- Sta’ buono, Malik. – lo zittì Niall tirandogli un pezzo del pane che stava ingurgitando.

- Continua, Styles. – lo esortò Liam mettendo un braccio attorno al collo di Zayn per farlo stare calmo. Harry aveva sempre pensato, da quando li aveva conosciuti durante la prima visita della Bluewood, che tra di loro ci fosse del tenero.

- Dicevo, mi dispiace comunicarvi che dovrete sopportare pure me quest’estate in vacanza con voi. – sorrise, finendo finalmente il discorso, Harry che era al settimo cielo, pronto per la vacanza che tutti e cinque avevano organizzato nei minimi dettagli mesi prima.

- E bravo il mio Haz. - . Louis gli scombinò i capelli sorridendo, seguito a ruota dagli altri ragazzi, poi gli mise un braccio attorno alla vita facendo sorridere il più piccolo.

 
Una volta a casa, Louis si mise ad aprire tutte le persiane della casa che continuava a voler tenere chiuse quando erano fuori casa, e Harry si buttò a peso morto sul divano, un po’ provato dallo stress di fine quadrimestre. Adesso poteva riposarsi e passare gli ultimi giorni di scuola a divertirsi.

- Vado a fare una doccia, Loubear. – sorrise alzandosi.

- Ti preparo il pranzo? – propose Louis avvicinatoglisi, appoggiando delicatamente le mani sui fianchi magri del riccio riducendo vistosamente la distanza dei loro visi.

- Uhm… Io non ho molta fame, se vuoi prepara per te. - . Harry si dileguò via da quel contatto che gli faceva venire i brividi, lasciando Louis al centro del salotto, che si mise subito a riordinare (una fissa diceva Harry) iniziando con il sistemare la borsa di scuola di Harry nella loro camera.

Passando nel corridoio sentì lo scroscio d’acqua seguito dal suono roco della voce di Harry che canticchiava How To Save A Life, sorrise e poi si rifugiò in cucina a preparare il pranzo, anche se non sapeva bene che cosa avrebbe messo sotto i denti. Alla fine optò per dei semplici pancakes. Harry li adorava e sperava di convincerlo a mangiare un po’.
 

Quando Harry uscì dalla doccia, si sentiva molto più rilassato. Si passò un asciugamano sui capelli che si erano inumiditi con alcuni schizzi, e si infilò i boxer. Scorse il suo riflesso in uno specchio che alcune settimane prima Louis aveva insistito ad appendere sul muro perché secondo lui era impensabile avere un bagno senza specchio, ma forse Harry avrebbe preferito vivere in una casa sprovvista di specchi.

Si avvicinò lentamente al suo riflesso tendendo una mano avanti e facendola scontrare con il vetro freddo e un po’ condensato per il calore. Accarezzò con un polpastrello i contorni della sua immagine riflessa. Odiava quel riflesso così magro, non si sarebbe mai sentito a suo agio in costume, quella estate.

Quella estate che avevano programmato i cinque ragazzi insieme, elettrizzati all’idea e, a quel punto dell’anno, trepidanti per l’attesa. Louis gli aveva detto che stare al sole faceva bene, però Harry si immaginava steso sul telo, accanto ai ragazzi che scherzavano insieme, e i passanti che squadravano quell’orrendo ragazzo così magro. Lo avrebbero giudicato. No, Harry non aveva mai sopportato gli sguardi delle persone; prima, durante e dopo la malattia.

Lo sguardo di Harry andò a posarsi sui suoi capelli. I ricci erano tornati quasi lunghi come prima, ma erano più morbidi, aveva notato. Quei ricci, Harry lo sapeva bene, facevano impazzire ancora di più Louis che ogni volta che era seduto sulla poltrona del salotto e si ritrovava Harry seduto tra le sue gambe, gli affondava le mani dentro i capelli; oppure quando, la mattina si svegliavano uno accanto all’altro, con i capelli appiccicati alla fronte sudata, dopo una notte d’amore.

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