La Natura Matrigna

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Come ti senti, madre, dopo aver rinnegato le tue promesse al tuo più giacile figlio?
Starai ridendo di me, lì, sulle miti colline di Recanati.
Io, invece, dovrei ridere per tutte le aspettative che mi sono dato, negli anni. Ma tu, crudele come sei, mi hai sempre respinto. L'acqua di una cascata è meno pensante del tuo respiro sul mio collo. Un collo lieve, malato di malinconia, sempre pallido perché eroso dal vento fresco d'autunno.
Quando guardavo fuori dalla finestra tu mi disturbavi, con quel tuo fascino barcollante.
Ho osservato a lungo la selva oscura che descrisse Dante, ho cercato molte volte di insidiarmi nelle cavità del labirinto di Dedalo; ho trovato macabri orizzonti in ambedue i casi.
La selva è tua serva, natura che germoglia rapida e ispida sulle pareti delle tenebre. Il labirinto del Minotauro è mostruoso quanto ciò che contiene, e tu sei padrona di tutto questo. Mandi ragazzi innocenti a venir sbranati da un animale con le fauci larghe due braccia, e sostieni che la tradizione non può essere infranta perché, dopotutto, la tradizione è ciò che tiene in piedi la nostra civiltà.
Ma, madre, quale civiltà? Quella colma di una belva feroce, più di un Minotauro, chiamata natura? Esattamente, codesta è impaziente di imprigionare altri nella mia stessa trappola; codesta sei tu, manipolatrice di animi ed estrapolatrice di positività. Questa civiltà non fa altro che farmi sentire solo come una primula in inverno.
Il mio sentimento, anzi, non è mai stato crudele nei tuoi confronti: ti ammiravo, guardavo la tua vita piena di furore crescere, ma io non crescevo. Osservandoti a lungo ho colto le tue più cattive intenzioni, le tue assai maligne ingiustizie.
Perchè non mi è stato concesso giocare con gli altri bambini? Ero un fanciullo in giovane età, e tu mi hai privato del più bel fiore della mia vita.
Ho visto la giovinezza volare via con gli stormi di uccelli che migravano verso est senza intenzione di tornare. I miei momenti felici sono stati rubati dalla tua frenesia, o dalla mia?
Rispondi, o madre spietata.
Rispondi, o sarò costretto a urlare.
Riaspondi, o dovrò fondere le mie mani nel terreno fino a toccare il cuore della Terra, ammesso che l'abbia, per strapparlo e chiederti ciò di persona.
Ti pongo davanti la vita di Teresa, ragazza che vedevo tutte le mattine parlare con suo padre sul carro, trainato da bianchi cavalli preziosi, che tu hai dato in dono alla sua famiglia. La sua vita, umile, semplice, malata, l'hai portata via tu. Come tutti i fiori, anche lei è appassita, ma tu l'hai calpestata e ne hai strappato i petali. Teresa, la mia cara Teresa, con la quale non parlavo mai per timidezza, è lì adesso, vicino a dove nasce ogni speranza.
Tu l'hai portata via dove regna la tua bontà; i vivi non sapranno mai dove.
Ti chiedo di pensare, o di non far pensare troppo gli altri. Io sono costretto a sedere qui, oggi, per una colpa solo mia; ho pensato e ripensato, volendo tutto questo. Quel passero che ha il costume uguale al mio, invece, quando invecchierà, non si pentirà di aver balzato la sua giovinezza, perché quello che ora è condotto a fare lo ha deciso il suo istinto. Sono affranto dalle mie decisioni perché so che mi vergognerò di esse, quando sarò vecchio, ma ora, che mi trovo ancora nella cauta giovinezza, ne sono contento. Ma se la giovinezza non l'ho mai incontrata, perché parlo di lei? Sono nel suo bel mezzo, fiorito, ma quei fiori non sono per me. Posso parlarne solo per riflesso; non capirò mai cosa significa essere felici giocando con la palla di cuoio che tuo padre ti ha regalato al compleanno, o andando in oratorio con gli amici e incontrare le suore che ti fanno i complimenti per il tuo nuovo completo della domenica.
L'oratorio, luogo che osservo e da cui sento provenire voci gioiose quotidianamente. Non lo vedrò mai con gli occhi dei miei coetanei. Io gli do le spalle, lui forse non le ha mai date a me.
Ma questa sei tu, madre cattiva, che mi fai vedere le cose solo per la loro negatività. Ma, in onesta sincerità, una giovinezza giovane e felice non l'ho mai desiderata; perché, chi non ha un paio di scarpe e non conosce la loro funzione e utilità, le desidera? Chi non ha le scarpe e non conosce le loro funzionalità, non spende tempo per capire. Chi non ha le scarpe, si adatta. Chi non può permettersi le scarpe nuove di zecca, non se le compera, vive nel ricordo delle vecchie e logorate.
Madre, non mi hai donato le scarpe ma dei pedi per indossarle, perché tanta crudeltà?

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