Cap.3 - Im-bucato alla festa

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Appena scesero iniziarono a rimpiangere il riscaldamento alzato al massimo dell'auto. Di fronte si trovò una villetta modesta con il tetto basso e quasi piatto, che discendeva solo di fronte a un porticato dei più semplici, con colonne lisce, dal colore ocra. In stile neoclassico. Un nutrito gruppo di cespugli e dei cani tipo segugio che leccavano da una pozza a terra. Dopo un istante accanto alla pozza vide un tizio con una maglia sdrucita e sfibrata dei vecchi old-but-gold Gun's and Roses, asciugarsi la bocca.
Uno degli ospiti aveva rimesso il contenuto del suo stomaco. Con una smorfia Scott si affrettò a entrare, ben deciso a non rivolgere più lo sguardo a quello spettacolo.

Invece fu riconosciuto all'istante.
Quello con la maglia rock, ripresosi all'aria notturna, gli si avvicinò salutando allegramente. Troppo giovane per avere idea del logo sulla felpa, probabilmente l'aveva trovata a qualche mercatino dell'usato.

«Cazzo Scott che fortuna trovarti! Sapevo che ti eri ripulito. Non puzzi più di merda come l'ultima volta» ghignò.

Gli rivolse uno sguardo più accorto. Era un pusher, di quelli che spacciavano le cose migliori. No, quelli non erano per lui, ma per quanto gli bastava all'epoca, le merci meno sporche.
Il pusher sapeva benissimo che quando Scott tornava sul mercato della droga,come tossico, di solito spendeva di più per roba di qualità. E che già pochi mesi dopo invece ritornava ai tagli rischiosi, economici, a misture di pasticche ignote, a corto di fondi e di alternative.

«Se ti serve qualcosa sono carico, ho fatto il pieno oggi» glielo disse sottovoce, anche se in un posto simile la discrezione vera non occorreva.
A guardare chi adesso lo aspettava sulla porta, i suoi compagni di viaggio, non si stupì che lo pensasse di nuovo pronto a farsi una pista e a calare manciate di pasticche.
Come no.

«Sicuro. Torno dopo casomai.» Si strinse nelle spalle, percependo che il richiamo che lo irretiva sempre, più che un'abitudine, si riaffacciava.

Non era qualcosa a cui pensasse razionalmente. Era come stare su una canoa senza remi e usare le mani come pagaie. La corrente più forte vinceva sempre e la dipendenza era la scimmia più forte di tutte, in lui.
Lo era stata.
Qualcosa nella licantropia smaltiva all'istante tutto. Cosa avrebbe dato per un trip come si deve!
Non sarebbe più successo niente, ci aveva provato. Ne aveva prese talmente da ammazzare un elefante e nulla. Nulla a cui il suo portafogli arrivasse a pagare, in tutti i casi.

La prova più dura era l'altra.

I licantropi provano come gli umani eccitazione nel morso dei vampiri e viceversa. Stava per metterla alla prova questa sua ritrovata volontà.

Uno dei due junkie, CapelliCorti sulla porta già tremava. Gli fremeva la coscia sinistra, sotto al jeans che ondeggiava, come quegli schermi dei vecchi televisori quando l'antenna parabolica era scossa dal vento. Le sue dita erano dure e legnose contro il fianco, battendo a un ritmo solo suo. La "danza della scimmia" che iniziava a prendere CapelliCorti, stando di fronte a tutti quegli stimoli.

Per morire c'era un modo ottimo. Cercare di far finta di voler vivere sulla cresta dell'onda, mentre si annegava.
Quello era uno dei modi che Scott conosceva meglio.

Alla porta c'erano due uomini di colore, in completi neri e con occhi bui. Non sembravano fare nulla di particolare, ma dopo due frasi con gli autisti del SUV, che ripartirono poco dopo, li fecero passare.
Li aveva già incontrati, l'ultima volta proprio nell'Utah. Se aveva inteso bene appartenevano non a un vampiro solo ma a una sorta di agenzia di servizi privati, che, era chiaro, faceva anche quel genere di sicurezza molto segreta.

Sempre loro. Dovrò dirlo a qualcuno dell'MPE...

Il pusher li seguì dentro con uno schizzo di bava ancora appeso al mento e tutta la sua aria da adolescente troppo maturo. Si diluirono tutti e quattro nella folla, ognuno preso da qualcosa. Il pusher da clienti più concessivi, i blood-junkie veri dai loro veri rituali (droga, cibo, poi morso e sesso, probabilmente), il blood-junkie falso- ossia lui- alla ricerca di un vampiro di cui fidarsi, quelli che sapeva l'avrebbero tirata per le lunghe con il gioco.
Serve un piano. Beh, il piano è...qualcosa mi verrà in mente. Potrei anche svignarmela prima se fingo di stare troppo male per donare.
Visti i suoi precedenti questo voleva dire simulare di stare a un passo dalla morte ma poteva sistemare così la questione. Non voleva sapessero che era un contagiato CLS.

«Da quand'è che dormi con le pellicce di luna?»

Si voltò e vide l'espressione delicata e cortese di un vampiro vecchio stampo. Di quelli che usavano ancora il termine più assurdo per i lupi mannari e che non ti abbordavano fisicamente come se fossi già nella loro rete o la loro puttana. Utile per lui. Colse l'occasione.

«Vivo sotto la protezione di Maxwell, il capodipartimento dell'MPE»
«È molto comodo» sottolineò malizioso il 'molto'.
«Puzzi»
«Come detto, lui odora di licantropo e nella sua casa ce n'è più d'uno»
«Mi sembra sospetto.» Aveva tutta l'attenzione della sala, adesso. Lo sapeva.
Non c'erano tavoli, solo scarsa illuminazione, piastrelle e musica bassa, da alcova.

Momento decisivo per il suo alibi.

«So dove sono. La cosa importante è che lui non lo sappia. Se nascondi una cosa mettila in vista. Mai letto nelle trame dei romanzi?» lasciò trasparire quel sorrisetto di sempre, mite come un agnellino e umile come un servo. Metà dei vampiri sogghignarono abbastanza da lasciar vedere le zanne, un paio ripresero a leccare il collo alle loro amanti umane. Vide fra quelli che ridevano anche i suoi compagni di viaggio, adesso con in mano le cartine argentate,piene di droga, frutto di qualche scambio e CapelliLunghi sembrava un bambino in una gelateria. Ce ne sarebbero stati presto anche per lui se voleva reggere il gioco.

«Sono senza compagnia...» la voce del vampiro emerse nel tono annoiato che derivava dall'aver servito - come sapeva- alla corte di qualche re. Se ben ricordava.
Per quanto fossi strafatto all'epoca in cui me lo disse, non mi sarebbe venuto in mente sforzandomi nemmeno se avessi incontrato Maria Antonietta.
In effetti poteva essere solo stato il facchino in un hotel. Oppure avere sui cinquecento anni.
Non ho più memoria di questo dettaglio, pazienza.

«Preferisci le donne?»
«No.»

Era tutto ciò che serviva a Scott per andare a una trattativa decente. Il vampiro aveva l'aspetto di un signorotto d'altri tempi. Non nel vestire, che rivelava una moderna espressione di produzione di massa,con pantaloni scuri dalla piega stirata, scarpe sportive crema e una camicia avana. Di aspetto era interessante, sarebbe figurato sicuramente bene in uno dei dipinti delle epoche andate. Zigomi alti ma mandibola forte, un naso importante senza essere né aquilino né tozzo. Aveva occhi castani con riflessi verdi e la linea della bocca più accentuata sul labbro superiore. Il corpo doveva essere pesante per la sua data di nascita vera, mentre in questa non era nulla rispetto ai body-builder o ai lupi mannari che conosceva. Spalle grosse, braccia corpulente e fianchi larghi contribuivano a renderlo più che interessante, abbastanza sicuro di sé.

Con il suo 1,81 per molti meno kg di quanti avrebbe dovuto, morbidi capelli castani con un taglio anni Sessanta e occhi castano miele, lui sapeva di risultare più appena-passabile che bello. Ma quello probabilmente era un invito informale, non ne poteva dubitare vedendo come gli occhi del vampiro si socchiudevano luccicanti.

Fece uno sforzo in là con la memoria riesumandone il nome.

«Sì, Lucas. Sono senza compagnia stasera.» Decise di usare il proprio tono più asciutto, prediligendo quello che si aspettava l'altro volesse udire. Aveva a che fare, lo sapeva, con uno abituato a voler sentire solo il suono della sua voce «Mi serve la mia dose, prima.»

«Lo immagino. Si diceva avessi smesso con la B.C. E.» fece un altro passo mentre intorno nella sala il rumore cresceva. Allungò una mano a serrargliela tutt'attorno alla mandibola. L'altra gliela piazzò dritto su una natica, strizzando i jeans. Si incollò letteralmente, sentiva le ossa del bacino strusciare contro

«Ho un'altra cosa per te» gli premette il pube contro, rigonfio sulla patta. Quando fece per protestare, Lucas gli serrò la mano sulla faccia così forte da fargli scricchiolare l'osso, impedendogli di replicare.

Una ragazza con il caschetto nero molto di dubbio gusto, molto orrendo, molto piastrato si incuriosì, nel modo fastidioso e nervoso tipico di chi era già partito per un viaggio mentale. Era abbracciata a un giovane Rinato, un vampiro recente. Lui le teneva già la mano nel reggiseno, senza ritegno. La ragazza si sporse biascicando «Mi chiamo Ayda, vi va di unirvi a noi?»

Ora che vuole questa qui?

BLOOD TOXIECITY- IN PAUSAحيث تعيش القصص. اكتشف الآن