Il primo giorno di scuola

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17 settembre 1993

Caro Diario,

oggi è la prima volta che ti scrivo, e voglio scriverti quando ho un dubbio o un insicurezza.

Ti scrivo da oggi perché cambio scuola, passo da scuola pubblica a unico indirizzo a scuola privata, come quelle americane.

In questi momenti, mi manca mamma, anche se non me la ricordo, so solo che era bellissima. Papà dice che ci assomiglio, a parte per il fatto che io ho i capelli rossi, come papà.

La divisa non mi dispiace. Ho la giacca blu con i bordi gialli, la camicia bianca sotto e la cravatta gialla a righe blu. L'unica cosa che non sopporto è la gonna. Meno male che una volta a settimana ci possiamo vestire come vogliamo.

Ci si sente

MAX

Arrivata a scuola, ho scoperto che dovevo fare un test, perché dovevano capire il mio livello di studio.

Arrivavo da un liceo scientifico, quindi ero abbastanza preparata.

Fatto tutti i test, conobbi la mia guida, che era anche la mia spina nel fianco.

Sophia era la solita ragazza viziata di turno. Teneva i capelli sciolti, li legava solo per fare educazione fisica. Aveva la carnagione bianca come il latte e gli occhi scuri.

«Ciao, sono Sophia Ranbaldi, rappresentante degli studenti e del comitato studentesco.

Tu devi essere Maxime Mass...»

«Masseriani»

«Piacere. Hai un nome particolare, di dove sei?»

«Sono Italiana, ma mia madre era di origini inglesi.»

«Era? Mi dispiace...»

«Vabbè fa niente, io non l'ho conosciuta. Comunque, mi puoi far vedere la scuola? Sono elettrizzata!»

«Frena l'entusiasmo ragazza, capisco che è una scuola nuova per te, ma ti devi calmare.»

Iniziamo a camminare per il corridoio, e noto che tutti la guardano si può dire terrorizzati. Lì capisco che ha un brutto carattere, anche se vincente.

«Di là c'è l'aula di scienze, è molto grande e piena di cose scientifiche, come provette, elemen...HEY! Come ti permetti di sbattermi in contro! Sai chi sono io?!»

«Sì. Scusa Sophia, non...»

«Non cosa?! Non mi avevi visto? Non mi dire!»

«Ti ricordo che non sei la Regina Elisabetta, può capitare a tutti di scontrarsi» disse una ragazza.

Era bellissima, con gli occhi azzurri e i capelli neri come la pece. La pelle di un marroncino abbronzatura d'estate. Al polso aveva più bracciali di non so che cosa.

«Statti zitta Olivia, nessuno ti ha interpellata»

«Chi questa ragazza? Suppongo una del tuo gruppo di stronzette.»

In quel momento, mi sentii offesa, e capì che Olivia era l'unica che riusciva a tenere testa a Sophia.

Gli risposi subito, come se fossi stata attraversata da un fulmine: «NO!»

Sophia mi guardò scioccata, se l'avessi insultata.

Appena un secondo dopo suonò la campanella della prima ora.

Le prime due ore passarono infretta, ma la terza fu quella che mi stravolse la giornata.

Subito dopo la terza c'era la ricreazione, e non sapevo con chi stare, non avevo ancora trovato un amico o amica.

La terza ora era l'ora di scienze, dovevo cambiare classe, e alla fine mi sedetti accanto ad Olivia.

«Ciao, piacere Maxime.»

«Tu sei quella che stamattina era con l'avvoltoio Sophia. Perché mi parli? E soprattutto, perché ti siedi accanto a me?»

«Non sono come lei, sono totalmente diversa da lei. Stamattina ero con lei solo perché era la mia guida, sono nuova.»

«Mi dispiace che ti sia capitata lei...Scusa la domanda, ma perché hai cambiato scuola?»

«Andavo in un liceo scientifico, mi hanno dato una borsa di studio per questa scuola, quindi...»

Ci fu un momento di silenzio, entrò il prof e iniziò la lezione.

Al suono della campana, me ne stavo andando da sola, quando mi sento chiamare: «Maxime, ti va di fare merenda insieme?»

In quel momento, credo di aver fatto un sorriso gigantesco, e dissi un grande sì.

Andammo in mensa, dove già c'era una coda lunghissima, ma molto scorrevole.

Ci sedemmo in un tavolo, dove c'erano altre ragazze.

Erano tutte molto diverse tra loro, ma al tempo stesso molto legate.

«Ragazze, lei è Maxime, una ragazza nuova.»

«Ciao a tutte, se volete mi potete chiamare Max.»

«Ciao Max, mi chiamo Mia» disse la prima ragazza. È alta, con i capelli ricci e la carnagione olivastra. In testa aveva un cappello con la visiera messa dietro la testa.

«Io sono Iulia» disse un'altra ragazza. Ha gli occhi azzurri come il mare, la pelle scura come il caffè, e i capelli legati in uno chignon in alto.

«E a me non la presenti la nuova arrivata?» disse una ragazza dietro di noi.

Aveva la pelle chiara, ma era molto abbronzata in faccia, come se avesse passato l'estate tutto il tempo sotto il sole. Aveva gli occhi marroni, se fossero due chicchi di caffè

«Scusa, non ti avevo vista, Emma, lei è Max, Max, lei è Emma.»

«Piacere.»

«Piacere sorella.»

E mi diede un abbraccio come se ci conoscessimo da sempre.

«Emma è una ragazza molto affettuosa, te ne renderai conto» mi disse Olivia.

Mi sentivo molto a disagio in mezzo a loro. Tutte si conoscevano già da un anno, ed io mi intromettevo nella loro amicizia.

«Allora Max, quanti anni hai, e soprattutto, quali sono le tue passioni?» mi chiese Iulia.

«Ho diciassette anni, e le mie passioni sono la musica, lo skate e la cucina. Le vostre?»

«In comune abbiamo tutte l'età, l'odio per Sophia Renbaldi e lo skate.» Mi disse Emma.

«Ti inserirai bene nel nostro gruppo.» mi disse Olivia.

Mentre mangiavamo e parlavamo per conoscerci meglio, sentiamo qualcuno avvicinarsi:

«Ho visto che ti sei inserita nel gruppo delle sfigate, me lo immaginavo.»

Quella voce era riconoscibile a chilometri di distanza.

«Sophia, mi dispiace ma non sono in grado di reggerti per dieci minuti, figuriamoci tutto il resto del liceo.»

Ci fu un silenzio tombale e... (-Lucio, che stai facendo? –chiese Max interrompendo la storia. Lucio, che nel frattempo fece sbucare fuori dal nulla pop-corn col caramello, disse - Questa storia sembra un film, e mi è venuto un certo languorino- "Max" - Vabbè, comunque, dov'ero rimasta? Ah, sì...) e tutti si voltarono a guardarci. Le ragazze mi guardavano scioccate, e Sophia era rossa come un peperoncino per la rabbia.

«Scoprirai chi vale di più, e chi vale di meno.»

«Preferisco stare con gente simpatica e altruista che con gente viziata e narcisista.»

Sophia si girò e se ne andò infuriata. Le ragazze mi iniziarono a dire che avevo avuto molto coraggio, e che me la sarei trovata contro da lì in poi per qualsiasi cosa: «Tranquilla, ti aiuteremo noi a combatterla, ci proviamo già da tre anni!».

Scoppiammo in una risata collettiva, e ci iniziammo a dare il cinque. Per la prima volta, mi sentivo felice.

A fine scuola, ci salutammo, e da lì iniziammo ad uscire insieme tutti i giorni, per tutto l'anno, o almeno, così speravo.


La lettera di premorteWhere stories live. Discover now