All'inizio ridevo un po'

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Era la fine del 2019 quando da Wuhan arrivavano alcune informazioni su questa nuova influenza: il Coronavirus. Ecco che digitando quelle undici lettere su google si trovavano tantissimi articoli in lingue diverse sull'argomento. Qualcuno era già esperto sull'argomento, qualcuno che nemmeno sapeva di cosa si stesse parlando, eppure pubblicava, scriveva, digitava e diffondeva. Dov'è nato il covid-19? Dai serpenti, dai pipistrelli, da un laboratorio segreto e nascosto in chissà quale antro del mondo, dalla sporcizia, dalle persone, da un complotto, dal governo e da qualunque cosa di cui si continua a non sapere. Beh il 90% di questi scrittori trattavano la futura pandemia come una banalissima malattia. Il mondo, l'Italia e le persone accanto a me la vivevano con grande tranquillità ed io ero la prima. 

L'unica cosa a fare la differenza era la scuola, la società e la sua reazione nei confronti del primo popolo colpito e che da quel momento è diventato il fautore del male del mondo. Beh, lo stesso popolo che fino al giorno prima si è distribuito per il mondo e ha sfamato e intrattenuto così tante persone e famiglie a testa bassa e spesso ricoperti da etichette che da allora sono diventate un'offesa. Forse potremmo già aprire una grande parentesi e domandarci per quale motivo il prodotto cinese non va bene mentre quello made in Italy è così bello e poi potremmo risponderci attraverso tante curve economiche riguardanti i consumatori, i prezzi, i costi di lavoro e tutto ciò di cui io sono tanto inesperta quanto il 99% della popolazione criticante. Quel marchio di fabbrica imposto da compratori europei e non ha però influito su tantissime variabili umane e sociali di cui noi non siamo a conoscenza, ma continuiamo lo stesso a riempirci la bocca e a puntare le dita. 

Ecco in seguito alla scoperta del nuovo covid in tanti hanno cominciato a puntare le proprie dita contro il popolo cinese, il popolo diffusore di una brutta malattia che comunque mi fa un po' ridere, ma questo non mi limita a fare del bullismo sugli altri. Ma se non fa nulla perchè e dove trovo il pretesto? Il pretesto è nascosto ovunque, purtroppo c'è l'esigenza di sfogare il proprio io sempre e comunque contro gli altri, anche se manca una ragione vera. Allora i ragazzini cinesi soprattutto nel centro delle città cominciano ad essere allontanati dai coetanei, i passanti guardati male, minacciati e derisi, quindi le scuole cominciano a ripensare alle proprie priorità e a mettere in campo alcune mosse difensive.

E io ho sbagliato, ho agito ingenuamente pensando solo a ciò che stava vicino a me e ciò che a me e solo a me interessava davvero, ma ho sbagliato, sono caduta nella massa di chi non ci credeva e ora invece ha preso uno schiaffo dritto in faccia. 

Ricordo quella mattina, ricordo i volti dei ragazzi che fino ad allora conoscevo solo attraverso le voci di corridoio, ricordo dov'erano seduti e chi ha parlato di più. Quel giorno la mia classe era in gita e io avevo una supplenza in una terza, una di quelle classi piuttosto vivaci e riconoscibili a cui nessuno aveva lasciato qualche cosa da fare per occupare il tempo durante la mia presenza. In aula professori, la mattina alle 7.45, il clima chiacchiericcio era dei più canonici, si respiravano le solite lamentele a base di quotidianità e di alunni che non consegnano compiti; è tutto normale. A rompere il ritmo della normalità e dei sorsi di caffè della macchinetta è il registro delle supplenze e la mia firma accanto alla richiesta, poi la docente di classe che mi avvisa che i ragazzi possono sfruttare il tempo per ripassare, ma me lo dice con il sorriso sulle labbra, quell'espressione che tutti facciamo all'idea di lasciare agli alunni la libertà di occupare il tempo come meglio credono, perchè siamo consapevoli che ne usciremo con il mal di testa. Io però non sopporto le urla: io non urlo e non mi piace sentire urlare, perchè è nella pace che possono convivere il ragionamento e la serenità. Per queste ragioni le propongo di portare ai suoi alunni un excursus su questo fantomatico coronavirus, così da placare eventuali atti o idee malsane o preoccupazioni atte solo ad occupare le menti dei ragazzi inconsapevoli. Per loro era un momento di pausa dalla quotidianità e per me era un modo per evitare drammi e caos in una classe descritta in modo particolarmente accattivante. Sapevo di avere del tempo, alla terza ora, per prepararmi un pochino alla lezione, leggere qualche articolo o fonte autoritaria, creare una scaletta per arrivare davanti a loro pronta, o così credevo di essere.

Ricordo di aver svolto regolarmente le prime due ore in una delle mie classi nelle quali insegno italiano; due ore piacevoli e stancanti, come la normalità prescrive: i ragazzi sono vivi, agili e spesso instancabili, quindi, posti davanti ad argomenti vividi, non riescono a trattenere le proprie opinioni e le lasciano cadere come una tempesta ventosa e risuonante.  Fatte quelle due ore mi ero spostata di nuovo in aula insegnanti e avevo fatto ciò che mi ero ripromessa: mi sono seduta al computer, ho digitato frasi come:    "cos'è il coronavirsu" e poi ho sfogliato decine di articoli tutti molto simili. Le idee uscivano a fiumi davanti a quelle letture, pensavo agli stimoli da offrire agli alunni e cominciavo ad annotarmele. Ho letto per tanto tempo, fino ad accorgermi che mancavano tre minuti alla campanella, così ho raccolto gli appunti, preparato la borsa, bevuto un sorso d'acqua e sono scappata verso il bagno, così da avere ancora un minuto per fare le scale e arrivare alla classe interessata.  Ho fatto tutto: un minuto dopo il suono della campanella ero fuori dall'aula con la porta fortunatamente ancora chiusa e ho atteso che si aprisse, che la docente uscisse e che i ragazzi respirassero un momento prima di ricominciare. Sono entrata a gamba tesa, seguendo i timori che ogni volta mi rincorrono quando entro in una classe a me sconosciuta dove ho paura che la vivacità prenda il sopravvento. La classe lo percepisce e reagisce in modo piuttosto imbarazzato e giustamente stizzito. Dopo qualche occhiataccia soprattutto da parte loro mi calmo e smetto di reagire acidamente ad ogni piccola e futile provocazione. Come sono solita fare do agli alunni la possibilità di scegliere se fare dei compiti, ripassare o lavorare da soli o se seguire la lezione di attualità preparata. Spesso i ragazzi preferiscono la prima opzione, che li rende liberi di organizzarsi come meglio credono, ma soprattutto di interagire con i propri amici. Quel giorno accadde il contrario, scelsero volontariamente di conoscere qualcosa di più sul covid-19, così chiesi loro di raccontarmi cosa sapevano dell'argomento, dove lo avevano visto, letto o sentito e subito vennero proposte le idee più comuni: il virus è una malattia respiratoria nata da alcuni animali in un mercato di Wuhan, letale solo per le persone anziane, fisicamente critiche e con patologie pregresse in corso. Analizzando i dati allora proposti dalla rete sembrava che morissero l'anno più persone a causa della comune influenza rispetto a questo virus e forse si stava un po' esagerando.  Le mascherine non servono e tutta questa paura ha permesso alle aziende produttrici di venderne tante e produrne ancor di più. Insieme abbiamo analizzato ogni sintomo raccontato nelle fonti, abbiamo parlato dell'uso dei gel disinfettanti e delle mascherine e tutto in quel giorno sembrava una barzelletta e io ero il capocomico. Poi abbiamo anche discusso le ragioni dei bulli che stavano agendo contro persone di origine cinese e i ragazzi stessi hanno sottolineato come tante persone cinesi di seconda generazione non siano mai stati nel paese natale dei nonni o genitori, ma non per questo l'opinione pubblica si sia fermata. Questo era quello che più mi interessava: calmare i timori e frenare i soprusi.

Ho sbagliato e ogni giorno, adesso, mi pento così tanto di tutta quell'ironia, ma oggi non è più ieri. 

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⏰ पिछला अद्यतन: Mar 22, 2020 ⏰

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