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Dormii molto quella notte

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Dormii molto quella notte.
Passò l'oscurità e poi anche il mattino, ed io non mi ero ancora svegliata. Non ne avevo voglia: ogni volta che sentivo che mi stavo svegliando, mi costringevo a serrare gli occhi e tornare al mio sonno.

Credevo fosse più facile lasciarmi andare nei sogni, e, per ancora un poco, non avevo intenzione di farmi vedere dal mondo.

Uriah non venne mai di persona, ma sentii la sua presenza nei richiami di Dora oltre la porta chiusa a chiave: mi supplicava di lasciarla entrare e di farmi aiutare, ma io non volevo. In realtà, mi faceva ribrezzo la sola idea di poter incontrare un volto umano.

Quindi, giunta la notte, ormai tutti avevano abbandonato la propria impresa, lasciandomi sola. Fu allora che il mio corpo si arrese, implorandomi di lasciare il letto e riaprire i miei occhi.

Mi lavai e mi cambiai per mia semplice vanità e poi mi lasciai ancora andare contro l'alta finestra, osservando le piccole gocce di pioggia scivolarvi contro. Una notte di tempesta, degna di un giorno di sangue come quello che era appena passato.

Uriah aveva ucciso cinque donne, due delle quali ancora bambine.
La sola idea mi disgustava, affliggeva e mi riempiva di odio profondo. Di lui, invece, non pensavo nulla, se non che fosse disgustoso come ogni singolo uomo che avessi mai incontrato sulla mia strada: mostri sporchi e affamati di potere, capaci di tutto pur di scoprire ciò che si celava fra le gambe di una donna.

Era una sensazione che mi sopraffaceva, di cui non avevo il controllo e che certe volte mi spaventava: temevo che, un giorno, sarei finita per uccidere qualcuno, solo per liberarmi, finalmente, da quella stanchezza che provavo.

Stanca di essere quella debole, stanca di essere la marionetta, stanca di essere femmina. Li avrei sterminati tutti.

Poi, un momento di quiete.

Con ancora la testa contro il vetro gelido, un pensiero inebriante rivelò i miei veri dubbi: ricordavo ciò che Uriah aveva detto, e cosa avevo sperato di dimenticare.

Le segrete: c'era qualcuno nelle segrete.

Strofinando con forza il dorso del mio orologio, mi rimisi in piedi e indossai un paio di pantofole comode. Non avevo idea di cosa avrei fatto, né se avesse il minimo senso, ma non mi importava: ormai, ero una barca senza remi alla deriva.

I corridoi era vuoti ed io camminavo verso una via che mi portava quanto più lontano dalle zone di ritrovo – sicuramente, le segrete sarebbero state lì. Più volte, però, mi ritrovai a guardarmi alle spalle, sentendomi quasi osservate e sul punto di essere scoperta.

C'era qualcosa – qualcosa nell'aria – che mi faceva tremare lo stomaco e respirare piano, come se sperassi di mimetizzarmi con l'ambiente.

Sto impazzendo mi dissi, rubando una candela dalla sua asta e lasciando la cera scivolare fra le mie dita, evitando di bruciarmi. La parte ad ovest della villa mi era del tutto nuova, per questo pensai fosse quella più giusta in cui indagare – diametralmente opposta alla mia stanza, sembrava il posto più adatto in cui nascondermi qualcosa. Infatti, trovai delle sbarre e nessuna guardia.

Ophelia | il cacciatore di stregheWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu