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Dov’è, dov’è che giunge al termine un sogno?Inoltre, quand’è che inizia? Descriverlo con dei termini sembra futile, magari si potessero trasportare le sensazioni sulla pelle dell’ascolto

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Dov’è, dov’è che giunge al termine un sogno?
Inoltre, quand’è che inizia?
Descriverlo con dei termini sembra futile, magari si potessero trasportare le sensazioni sulla pelle dell’ascolto.
Forse è questo ch’avrei dovuto tentare, un po’ come la sorte.
È bene che sia sincera, per coscienzaㅡse dovessi averne unaㅡ riguardo all’intero corso d’una vicissitudine importante della mia essenza.
Incolpare una parte soltanto è piacevole, sì.
È una metodologia per salvarsi dall’accusa, ma attenua per poco il problema. Perciò, puntare l’indice della mia mano sinistraㅡch’ora è senza anelli d’oro a sostenerlaㅡ contro una giovine, stesa sopra ad un letto eterno, altro non è se non il timore dell’altra di parte. Ah, quanta l’amarezza.
Dalle iridi alle labbra, fino ai polpastrelli delle dita nervose. È spiacevole non essere l’unica etichetta che si vorrebbe essere  sull’involucro della propria testa.
Lo scorrere del tempoㅡch’esista anch’esso oppure che sia un’illusione alla pariㅡ è comunque tastabile sotto al peso dei piedi.
Nonostante l’arrivederci, o l’addio a seconda di come lo si voglia recepire, io persevero ad articolare male il pensiero.
Ciò causa altrettante conseguenze, come
i soliti errori grammaticali nell’esposizione d’una ㅡsappiatelo per beneㅡ sola parola.
Ed infine l’effetto più disarmante, ㅡma armato per farmi guerraㅡ ossia l’inettitudine caparbia d’aver torto attraverso il rigurgito fisso in gola di sputare suoni, versi, ritornelli, romanzi.
Assolutamente il vuoto, niente di niente!
Luoghi che mi scrutano come se sapessero, pronti a sentenziare dall’autonomia del vento ed io che altro potrei fare? Pazienza.
Ho voluto talmente bene ad un’amica simile, l’unica ch’avessi veramente ㅡin assoluto, rispetto alle conoscenze disparate ed oggigiorno ritenute soltanto tali, forse sempre per mia rinunciaㅡ dall’estate in cui mia madre m’ha messo al mondo.
Un odio e t’amo disperato, una Lesbia che m’ha teso l’immenso giusto per porgere domanda di restituzione prima dell’adoloscenza, suppongo.
S’è reincarnata però: la ferita sulla vetta del volto s’accenna a presentarsi in me, più in basso. L’ha scelto ieri l’altro, precisamente sul ricamo della biancheria marmorea
ㅡcome lei durante l’atto paradossalmente appartenuto alla vitaㅡ ch’ha sporcato.
Non lo so che intenzione l’animi, no.
Neppure come reagire, che dirle se ancora può udire.
Dorme insaziabile con l’occhio destro puntato nel mio profondo, invece di assimilarlo l’ha morso sul ventre.
Ha urlato d’orgoglio, non l’è bastato.
Il dolore s’è sparso per avere dimora.
L’ha inviata la sua volontà, purché almeno sappia versarsi vendetta sul pomo.
È la giustizia, c’ha ragione. Ma lei ha innumerevoli esempi che le espongano che non esiste, almeno non in questa società.
Perché probabilmente se fossimo l’una la lupa dell’altra, già m’avrebbe divorata ed intenta a gettare le ossa altrove, tre ne avrebbe invasi col fiuto per giocarci. Cosicché, l’avrei compiuto io in questa postura eretta e quest’ululato di sillabe?
‹Sì› percepisco che risponderebbe, quasi strappandosi persino l’aldilà di dosso.
Che voglio? Tante, forse troppe inutilità.
Ma fra tutte, desidero che fiorisca più di prima, che parli il mio linguaggio e finalmente che scelga un’allocuzione da trascinarsi ovunque.
D’altro canto, comunque m’immergo nell’acqua gelida della vasca in cui insaponare le maglie e lei a sgorgare sguardi più giù, in un flusso ch’avrei sicuramente apprezzato di più sul testo.
Perdono, nessuna delle due chiederà.
Ormai è presto tanto quanto è tardi.

Elogio funebre Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang