0.5 Fimmta Söng - Kveðja

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«Sire, il suo servitore mi ha comunicato che voleva parlarmi. Posso fare qualcosa per lei?», non perdendosi in futili e superficiali saluti, Brandir andò dritto al punto, sapendo in cuor suo che non sarebbe stata di certo la gentilezza e la formalità a far parlare Vatikrd; ma dubitava che persino la sua fredda schiettezza potesse suscitare in lui un qualche barlume di reattività. Eppure, nonostante il suo tono deciso e le parole piene di sicurezza, la sua voce era ammaccata da una nota dolente, come un riflesso incondizionato del suo cuore palpitante che sanguinava per la condizione in cui imperversava colui che considerava quasi più un amico che suo sovrano.

Percependo la voce dell'uomo alle sue spalle, Vatikrd si voltò con estenuante, struggente, sofferente lentezza, ma sempre tenendo il volto chinato tanto che solo il profilo perfetto del pallido naso longilineo poteva essere scorto nella chioma d'ebano che risplendeva come un cielo notturno alla luce delle due lune.

«Brandir. Sei arrivato, finalmente...». Il suo tono fievole quasi si perse nell'aria, vanificato dal sibilo strisciante della notte, le parole trasportate tra un refolo di vento e l'altro. Poi tacque, come se la sua stessa voce fosse spirata via insieme all'alito di brezza che scuoteva lentamente i suoi capelli, smuovendoli in dolci onde, che parevano rievocare un'atmosfera grondante di sanguinosa sofferenza.

«Ho ricevuto il suo messaggio, Sire. Perdoni l'attesa, dal momento che non sono riuscito ad arrivare subito, ma-».

«Perché ci hai messo tanto? Ti ho aspettato così a lungo...». Una pausa. «Pensavo che non saresti più giunto, pensavo che-...», un'altra pausa, quasi più tesa della prima. Vatikrd pareva non aver udito le parole che l'altro gli aveva rivolto, quasi la sua mente fosse intrappolata in una realtà tutta sua, discosta da qualsivoglia legame con il mondo concreto.

«È successo qualcosa di grave, sire? Igour mi ha avvertito delle Manifestazioni che hanno principiato ad apparire, ma se questo ciò che lo tedia, sono abbastanza sicuro che vi porremo rimedio al più presto.».

«Qualcosa di grave, eh? Qualcosa di grave... di grave... le Manifestazioni? Le Manifestazioni...!». Una voce farneticante, convulsa, faceva da cornice a quei segreti sussurrati alla notte.

«Sire, ha scoperto qualcosa che ci possa aiutare?», tentò di nuovo Brandir, cercando di non prestare attenzione a quella situazione che appariva ai suoi occhi tanto assurda quanto improbabile.

Un borbottio concitato, eppure silenzioso funse da risposta a quella vana domanda.

«Sire...?».

E fu il silenzio a fargli da eco, questa volta.

«Se la mia domanda non è per lei troppo indiscreta, potrei domandarle se le è capitato qualcosa?».

Brandir spazientito, si avvicinò maggiormente, e senza riflettere, nella fretta concitata di dare una spiegazione al comportamento folle di Vatikrd, dimentico di ogni etichetta e buon costume, gli si ricolse direttamente, quasi urlando il suo nome nel tentativo di riscuoterlo da quella condizione di trance in cui sembrava essere caduto.

«Vatikrd, mi vuoi spiegare cosa ti succede? Perché ti comporti così? Qual è il problema?». Una raffica di dubbi vorticosi invase la sua mente, tanto che non seppe distinguere le parole dai pensieri.

«Nulla, non mi succede nulla». Lo sguardo assente. «Non è quello che succede a me che conta, in questo momento. Devi andartene, scappare lontano, e portarle con te».

«Che cosa stai farneticando? Perché dovrei scappare, e dove poi?». Perplessità traboccava copiosa dalle parole di Brandir, che non solo si sentiva disorientato dal tono di voce che il suo sovrano aveva assunto, ma anche dalle parole che gli rivolgeva. Mai prima di allora aveva provato un così grande senso di spaesamento, mai prima di quel momento così tanti dubbi lo avevano assalito.

I Canti di Neeïrmorv - SulphiraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora