"Lui... lui non è mio amico", disse con voce strozzata.

Che libro aperto che sei, pensai ridacchiando nella mia mente.

"Ad ogni modo questa sera sarai presente ad un dibattito privato", mi concentrai sul darle istruzioni più serie ed importanti:"Ci terrei se non riportassi nel tuo libro tutto ciò che sentirai a questa cena".

Emily corrugò la fronte:"Se non devo riportarlo, come mai sono stata invitata a partecipare?"

Rallentai gradualmente la velocità dell'auto:"Cercherò di scoprirlo", trovai un posto libero e mi parcheggiai:"Ad ogni modo ero contrario alla tua presenza, ma poi ho pensato che il frutto del lavoro svolto su te stessa andava ricompensato", le sorrisi guardandola. La vidi arrossire:"Vuoi scrivere un libro reale? Allora è più che giusto tu veda di me quanto più puoi per scrivere al meglio il tuo romanzo".

Emily deglutì rumorosamente da poterla sentire perfino io:"Perché?"

Ma non le diedi risposta, le sbottonai la cintura di sicurezza senza neppure guardarla:"Sei pronta?"
Non ero tenuto ad assecondare ogni sua più piccola curiosità, tutto ciò che voleva sapere avrebbe solo che dovuto ottenerlo con il tempo ed il giusto prezzo.

Non ero mai stato il tipo di uomo a cui piaceva parlare di sé senza prima averci guadagnato qualcosa, ed ora, con lei che non mi avrebbe potuto dare nulla per disinteresse sessuale nei suoi confronti, aprirmi per darle qualcosa in più e rimanerne a mani vuote io non mi dava alcun piacere.

Scesi dalla macchina senza attendere alcuna risposta, per quanto detestassi fingere di essere il giusto cavaliere per ogni donna andai ad aprire lo sportello passeggero accorgendomi furtivamente che Emily aveva ritirato la sua mano dalla maniglia. Una cortesia che non mi aveva lasciato indifferente, considerato il genere di donne al quale ero abituato.

Attesi che Emily lasciasse la macchina per poterla scortare fino alla porta con il suo braccio incrociato al mio, in silenzio e con passo rallentato per via della sua poca disunvoltura nel camminare sui tacchi mi lasciai sfiorare dal suo profumo e dalla sua freschezza nel mostrare sempre quell'aria di stupore in visione di oggetti a lei nuovi.

"Certo che voi editori non badate a spese", esordì Emily guardandosi attorno.

"Alcuni sfizi dovresti poterli togliere anche tu", replicai lasciando che togliesse il braccio dal mio.

"Cosa vuoi dire?"

"Sei scrittrice ma per prima cosa sei donna, non ci sarebbe nulla di male se anche tu evitassi di badare a spese, ogni tanto".

Quando feci per bussare al campanello, la porta si aprì mostrando trionfante un gran sorriso da
padrona di cui Eva si era mascherata per accoglierci.

"Allora non mi ero sbagliata, avevo sentito delle voci qui fuori".

Bugiarda!

Esclamai con disprezzo nella mia mente quanto quella donna fosse priva di sincerità. Se avessi saputo sin dall'inizio con chi avevo a che fare prima di scoparmela, avrei evitato. Eppure, nella sua subdola falsità, avevo visto bellezza di donna che faceva impazzire ogni mia più piccola forma di perversione. E fu subito memoria in quel breve istante in cui ferma davanti la porta della sua villa con indosso il suo tailleur color panna mi fissava allargando quel sorriso dalle labbra dipinte di rosso che richiamava ancora una volta le mie libido.

Le avrei seriamente fatto male, l'avrei presa dai capelli come tanto desiderava farsi prendere da me e l'avrei sbattuta finché urla di pietà e resa alla guerra avrebbe pronunciato.

Ma poi pensai ad Emily, non perché dovessi renderle rispetto, ma preferivo lei vedesse il vero me in un momento differente da questo e forse mai.

"Buonasera Eva", così feci finta di nulla:"Spero di non essere in ritardo per la cena".

Giocherò al suo stesso gioco.

"Tu non sei mai in ritardo, mio caro".

Eva si era avvicinata per carezzare le spalline della mia giacca, dovetti forzare un sorriso senza immaginarla nuda e stesa sotto di me. Odiavo il fatto che nessuna donna, oltre lei, avesse potere su di me a tal punto da desiderare ardentemente un corpo nonostante sarebbe stato meglio evitarlo.

"Noi non lo siamo", la corressi voltandomi verso Emily che era andata di nuovo in stand-by:"Emily", la chiamai senza ricevere risposta:"Emily?" Ritentai risvegliandola come da un lungo sonno:"Che ti prende?"

Sbatté le palpebre velocemente:"N-niente", babettò poi guardò Eva:"Buonasera Signora Malbow".

Come immaginavo, lo sguardo che Eva aveva posato su Emily non era per nulla piacevole. La guardava con rivalità, fastidio, ammetterei ci fosse anche odio in quei suoi occhi così penetranti e chiari. Ma fui piacevolmente colpito da come Emily invece avesse ignorato quel modo di essere guardata, come se non le importasse se in Eva ci fosse dell'astio.

Per un attimo, con la speranza non fosse solo una sensazione del momento, iniziai seriamente a credere che quella ragazza così impacciata e timida sapeva come muoversi ed evitare di lasciarsi coinvolgere da loschi intrecci vendicativi.

Come tu mi vuoi - Russel McRoverguy Where stories live. Discover now