Capitolo 13

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Pensieri impuri


"Il piacere è un peccato,

ma qualche volta

il peccato è un piacere"

~ George Byron


Travor

Per la prima volta, da quando condividevo il loft con Tess, quella mattina mi alzai che lei era già uscita.

Quando raggiunsi la cucina, sul piano dell'isola in cemento, trovai un post-it verde sul quale c'era scritto "sono all'acquario" con un piccolo smile sbilenco, e un piattino con sopra una brioche – era una di quelle confezionate, ma apprezzai comunque il gesto.

Sorrisi addentando la mia colazione, poi presi il foglietto, ammirando la sua scarabocchiata calligrafia, e lo misi in uno dei cassetti della cucina insieme a tutti quelli che aveva scritto in precedenza. Non so perché non li buttavo, in effetti era un gesto ridicolo, ma sta di fatto che continuavo a collezionarli come se fossero delle dannate figurine per il mio album.

Finita la colazione buttai tutto nel lavandino e lanciai un'occhiata al grande orologio che occupava un terzo della parete. Quel giorno non mi sarei dovuto presentare in agenzia, sarei dovuto andare negli Hamptons, per occuparmi delle foto di quel maledetto matrimonio, a cui mi aveva obbligato a presenziare Giselle.

Al solo pensiero mi venne acidità di stomaco.

Il mio già effimero buon umore scomparve, così decisi di non pensarci più e mi diressi in bagno per fare una doccia.

Aprii l'acqua e aspettai che diventasse calda, nel mentre calai i boxer e feci pipì.

Sotto al getto bollente chiusi gli occhi e permisi all'acqua di sciogliere i nodi di tensione che mi bloccavano collo e schiena. Afferrai un flacone a caso di bagnoschiuma ed inizia ad insaponarmi. Quando inspirai mi resi conto di aver usato il sapone di Teresa. La stanza si riempì di profumo di lavanda e qualcosa a sud si mosse.

Abbassai lo sguardo sulla mia erezione ed emisi un grugnito di rimprovero verso me stesso.

«Ma che cazzo!» ringhiai.

Ero ridicolo ad eccitarmi solo per il profumo di un donna – Una ragazzina, mi ricordò la mia coscienza.

Diedi una testata contro le piastrelle della doccia.

Teresa, Teresa, Teresa...

Tess stava diventando un chiodo fisso e la situazione mi stava sfuggendo di mano. Non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me stesso, ma quella ragazzina incominciava a piacermi. Era simpatica e divertente, mi piaceva passare del tempo con lei, e il fatto che mi considerasse "il suo Angelo" mi faceva sentire fottutamente compiaciuto.

Quando le avevo chiesto cosa fosse l'oggetto che stringeva tra le dita sapevo benissimo di cosa si trattava, ma ero curioso di sapere perché lo aveva tenuto per tutto quel tempo. Scoprire che lo considerava la sua "ancora", che fosse un oggetto così prezioso per lei... beh, mi aveva fatto sentire strano.

Pensare al giorno precedente non mi aiutò, perché la mia mente andò subito al ricordo di come mi si era avvinghiata addosso in sella alla mia moto, e la mia erezione invece che placarsi si risvegliò ingorda.

Con la testa ancora posata contro le fredde piastrelle, chiusi gli occhi e con la mano insaponata iniziai a scendere sul mio corpo. Scivolai sulle fossette addominali, fino ad arrivare all'inguine, poi da lì continuai stringendo in una stretta il mio membro.

Broken - Come feniciWhere stories live. Discover now