Capitolo 3 - Imprevisti

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Quel maledetto ufficio.

«Zackary, non correre per i corridoi», mi rimprovera la voce di mia madre.

Lei sta ancora uscendo dall'ascensore, io sto già correndo verso l'ufficio di mio padre, oggi abbiamo deciso di fargli una sorpresa.

La stanza dove c'è quell'enorme poltrona in pelle color avorio, quella su cui amo girare mentre i grattacieli che si intravedono dalle vetrate sembrano volteggiarmi attorno.

Quando arrivo all'ufficio presidenziale la scrivania di Layla, la segretaria di mio padre, è vuota, ma non me ne preoccupo.

«Zackary, questo posto è tuo, un giorno ci starai tu seduto su questa poltrona», mi ha detto mio padre proprio ieri, quando ho chiesto alla segretaria il permesso di entrare.

Non devo nemmeno bussare, ormai lo so.

Sono il padrone, così ha detto papà.

Spalanco la porta ansioso di catapultarmi sulla poltrona che tanto amo, ma resto impietrito sulla soglia.

Layla è qui, è seduta al contrario sulla mia poltrona, dà le spalle alla porta, ed è completamente nuda mentre saltella su e giù sopra qualcuno.

Non capisco chi sia fin quando lui non sporge la testa oltre il corpo della ragazza.

«Tutto a posto, Zack?», mi riporta alla realtà Kiljan.

«Certo», ribatto seccato dal suo tono preoccupato.

«Sei rimasto impalato davanti alla porta...», osserva il mio amico facendosi avanti per aprirla.

Tutto è come ricordavo, come l'ho lasciato l'ultima volta che sono entrato qui.

C'è persino ancora la poltrona in pelle color avorio.

Mi viene da vomitare.

«Quella», dico indicandola. «Falla sparire immediatamente dalla mia vista», ordino a Kiljan.

«D'accordo, ma dove ti siederai?», obietta il mio amico.

«È la stramaledetta sede di un'azienda di moda, ci sarà un'altra fottuta sedia!», sbraito piazzandomi davanti a una finestra per guardare fuori anziché la disgustosa poltrona.

Kiljan non dice più niente, ma sento le ruote della sedia scorrere sul parquet.

Qualche secondo dopo torna con un'altra.

Accendo il computer di mio padre, lo staff dell'azienda si è già premurato di fornirmi i dati di accesso e di creare un account per me.

Kiljan affianca una sedia alla scrivania e accende il suo portatile.

«Sei proprio sicuro sia quello che desideri fare?», indaga il mio amico dopo avermi girato l'ultima revisione dell'email redatta dai nostri legali.

«Lo sogno da quando ero un adolescente. Ho promesso a quel bastardo che gli avrei fatto chiudere quest'azienda, che lo avrei rovinato. Purtroppo è morto prima che ci riuscissi, ma almeno la soddisfazione di eliminare il marchio Holt dalla faccia della terra me la toglierò», rispondo deciso mentre apro il documento allegato per rileggerlo.

«Zack, tu non sei così. I dipendenti della Amy Clark ti adorano...», obietta ancora Kiljan.

«Quelli sono i miei dipendenti», lo interrompo secco. «Adesso lasciami rivedere questo dannato file.»

Kiljan finalmente capisce l'antifona e si dedica al suo lavoro mentre io leggo più e più volte il testo con cui comunicherò a tutti i dipendenti di mio padre che la Holt chiude i battenti e che dovranno trovarsi un'altra occupazione.

Verso le otto e mezza sento dei rumori provenire dalla stanza adiacente.

Immagino sia l'attuale segretaria di mio padre.

Anche Kiljan solleva lo sguardo.

«Deve essere arrivata presto per fare buona impressione», commenta il mio amico indicando la porta con la testa.

«Già... peccato che non le servirà a niente», osservo io. «Vai di là e dille che non voglio essere disturbato da nessuno. Per carità, non far entrare nemmeno lei, non ho intenzione di conoscerla e non potrebbe fregarmene di meno di sapere che faccia abbia l'ultima che ha fatto dei pompini a mio padre», aggiungo poi prima di tornare al testo del documento.

Sento i passi di Kiljan che si dirigono verso la porta, la voce della ragazza che lo saluta scambiandolo per me. Poi il pesante battente di legno si richiude e resto da solo, in silenzio.

Nel posto che più odio al mondo.

L'ufficio di mio padre.

Questa giornata migliorerà solo dopo che avrò premuto il tasto "invia a tutti" di questa maledetta email.

"Allora perché stai procrastinando? Avresti potuto inoltrarla prima che arrivasse chi che sia e andartene", mi rimprovero stringendo i pugni sulla scrivania.








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