Capitolo 12

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My Angel


"I can fly

But I want his wings

I can shine even in the darkness

But I crave the light that he brings

Revel in the songs that he sings

My angel Gabriel"

~ Lamb (Gabriel)


Teresa

«Tieni».

Travor mi porse il casco ed io lo osservai incerta lanciando poi un'occhiata alla sua Harley. Ero già salita sulla sua moto prima, ma quello stesso giorno ero rimasta anche ospite a casa di uno sconosciuto... quello di accettare un passaggio su un mostro di metallo era stato il male minore.

«Sembra pericoloso...».

Trav mi lanciò un'occhiata inarcando il suo sopracciglio chiaro.

«Ci sei già salita».

Incrociai le braccia al petto senza minimamente accennare ad afferrare il casco.

«Non sarebbe meglio un taxi?».

Lo vidi contrarre la mascella ed alzare gli occhi al cielo. Quando puntò il suo sguardo spazientito su di me mi imbronciai.

«Tess», il suo sembrava un ordine e la cosa mi fece irritare.

Lasciò ricadere la mano con cui teneva il casco, le sue iridi verdi si incatenarono alle mie, mentre si facevano intense e qualche pagliuzza dorata le infiammava.

«Sembri pericoloso», mi corressi sotto al suo sguardo infuocato e cupo.

«Non sai quanto hai ragione piccola» commentò per poi salire in sella alla moto.

Rimasi imbambolata ad osservarlo. Come mi aveva appena chiamata? E poi, perché cavolo si era messo alla guida quando io avevo chiesto di prendere un taxi?!

Gli strappai dal braccio il casco, che aveva tenuto lì per tutto il tempo, e cercando di far emergere il mio lato razionale lo assecondai.

Che cosa mai mi sarebbe potuto succedere? Morire? La ero già, in parte.


«Non è ancora aperto», osservai quando arrivammo – sani e salvi – davanti alle porte dell'acquario.

Travor mi ignorò e con il cellulare all'orecchio proseguì fino ad arrivare ad una porta in metallo.

«Ciao. Si, siamo qui davanti».

Chiuse la chiamata e a forza si rinfilò il cellulare nella tasca posteriore dei suoi attillati jeans neri.

«Ieri sera ho sentito Ryan, il figlio del proprietario, mi ha detto di presentarci prima dell'apertura», continuava a non guardarmi ed io annuii anche se sapevo che non poteva vedermi.

Si voltò verso di me ed aprì la bocca, ma non fece in tempo a dire una parola che la porta in metallo si aprì con un agghiacciante cigolio.

«Ciao Travor, è un piacere rivederti».

Un ragazzo sulla ventina sbucò da oltre la soglia e porse la mano a Travor.

«Tu devi essere Teresa, piacere, Ryan Fray», si rivolse a me ed afferrai la sua mano.

Broken - Come feniciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora